Nonostante tutto (marzo 2006)
di
SilviaR
genere
saffico
Nonostante tutto era arrivata.
Dalla finestra aperta entrava la luce di marzo e i mandorli del viale
esibivano senza ritegno una imbarazzante, vigorosa fioritura. L'aria era ancora frizzante da far lacrimare gli occhi ma lei era arrivata, nonostante tutto, insieme alla primavera.
Era arrivata. Come tutti gli anni. Piu' o meno nello stesso periodo di
marzo. Da quando eravamo bambine.
Come tutti gli anni a passare una settimana al paese. Nonostante la scuola, che i suoi le facevano perdere. Era troppo importante per loro questo appuntamento con il paese, con le loro origini. Le nostre origini.
Io al paese ci sono rimasta, con la mia famiglia. Una delle poche. Poche
famiglie e pochissimi ragazzi. Un paese morto.
Forse anche per questo il suo arrivo ha sempre rappresentato per me una
gioia immensa, il ritorno della luce, il ritorno della primavera. La
primavera dentro di me. Di quella fuori ne ho quasi la nausea. Vivo in mezzo alla natura, dominata dalla natura, regolata dalla natura. La vita del paese è ancora scandita dal ritmo delle coltivazioni, dei raccolti, delle stagioni. Un mondo surreale. Per questo tutti quelli sani di mente se ne sono già fuggiti.
Ma lei era arrivata. E dentro di me una gioia e un'ansia incontenibili.
Ma non era la stessa degli scorsi anni. Questa volta c'era qualcosa di
diverso.
C'era che non avevo smesso di pensare a lei. Al suo profumo, alla sua pelle, al suo sapore.
Già, perchè l'anno scorso i nostri giochi di bambine si erano trasformati in qualcosa di diverso. Tutta la settimana avevamo parlato di come ci sentivamo cambiate, nel fisico e nei nostri gusti, nelle nostre sensazioni. Avevamo parlato dei nostri desideri e delle nostre paure, dei nostri timidi e
disastrosi primi contatti con i maschi. Chiamarli contatti è una parola grossa... diciamo sogni ad occhi aperti.
Ci eravamo confidate, ci eravamo volute mostrare i seni appena crescuti e i primi peli. E il lettone della stanza della nonna, all'ultimo piano, che ci aveva sempre accolte a chiacchierare nei lunghi pomeriggi, proprio l'ultimo
giorno ci ha trovate nude, ad esplorarci con le mani e con le bocche, a darci e prenderci piacere l'una con l'altra.
Quante volte da quel giorno mi sono toccata, ho goduto e mi sono leccata le mani cercando di ritrovare il suo sapore... Quante volte ho annusato, ho leccato le mie mutandine con gli occhi chiusi, immaginando di essere tra le sue cosce...
Quante volte mi sono toccata i seni incrociando le braccia, cercando un
contatto alieno che potesse ricordarmi le sue mani.
Ci siamo lasciate come al solito, nascondendo un lieve imbarazzo, piangendo come tutti gli anni. Ma a differenza degli altri anni non ci siamo piu' sentite.
Imbarazzo? Paura? Chi lo sa. Da parte mia non avevo smesso un solo giorno di pensare a lei e di masturbarmi. E mi immaginavo lei uguale a me.
Cosa era stata per me? Era stata la scoperta della mia omosessualità? O era stata la scoperta del sesso e del piacere semplicemente, visto che nè prima nè dopo ero mai stata con un ragazzo? Qualunque cosa fosse stata per me, non vedevo l'ora di rifarlo. Avrei avuto ancora tanto tempo per capire se ero gay o se avrei apprezzato gli uomini alla prima occasione valida.
Era arrivata. Nonostante tutto.
Perchè confesso che avevo iniziato a pensare che il suo silenzio potesse
portare alla scelta di non venire al paese. Le scuse le aveva tutte se
voleva... la scuola cominciava a diventare importante...
Ma era arrivata.
Con il cuore in gola sono andata a cercarla, felice di non doverlo fare
insieme ai miei, che erano già passati per i saluti di rito.
Il cuore che ha fatto un balzo ancora piu' grande quando l'ho vista cosi' diversa, cosi' cresciuta, cosi' donna. Forse anche io ero cambiata, ma non ci pensavo.
Un lunghissimo abbraccio, lacrime e baci sempre piu' lunghi e
pericolosamente vicini alla bocca e al lobo dell'orecchio mi facevano capire che nulla era cambiato, e che i miei timori erano vani.
Il cuore che si è quasi fermato quando l'ho sentita dire "lui è Marco, i miei lo hanno invitato a venire con noi".
In un attimo ho capito tutto, e le lacrime hanno continuato a scendere sul mio viso mentre mi presentavo.
Lei mi ha abbracciato di nuovo, e in un orecchio mi ha sussurrato "Scemotta.
Ti aspetto alle 5 nella stanza della nonna. Con Marco."
Non capivo piu' niente. Sono tornata a casa frastornata, troppe cose erano accadute in troppo poco tempo.
Solo una cosa mi rassicurava... oggi pomeriggio nella stanza della nonna
avrei scoperto qualcosa di nuovo... Non sapevo ancora cosa, ma sentivo che mi sarebbe piaciuto e che avrebbe trasformato di nuovo la mia vita...
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