Incontro notturno (dicembre 2005)
di
SilviaR
genere
sentimentali
Era notte, una notte stracolma di stelle, con una luna piena talmente
splendente che sembrava di poterla toccare con le mani. Ero alla guida della mia macchina, correvo in autostrada per incontrarti, correvo come una pazza perché tu, al telefono, mi avevi detto: "Parto adesso da casa, parti anche
tu e vediamo dove riusciamo ad incontrarci".
Mi avevi detto queste poche parole intorno alle 23 ed io ero partita senza pensarci su due volte, senza pensare soprattutto a come avrei giustificato domani questa pazzia. Correvo e mi sentivo felice come la prima volta che ti avevo visto a Bolzano sotto la neve. Correvo e non vedevo l'ora di raggiungerti per poterti abbracciare, stringerti forte a me, potere ancora
assaporare i tuoi dolci baci.
Ogni tanto ti chiamavo al telefono, ti dicevo: "Sono a Padova", tu
mi rispondevi che eri a Laives. Ti dicevo: "Sono a Vicenza", tu mi
rispondevi che eri a Trento. Ti dicevo: "Sono a Verona Nord", tu mi rispondevi che
stavi per arrivare al casello di Affi. Il tempo volava via veloce senza che me ne rendessi conto, anche la musica e le parole che uscivano dalla radio erano affrettate, mi facevano compagnia senza che neanche me ne accorgessi.
Affi è stato il punto dove le nostre strade si sono incontrate; erano le
00.35 quando il "bip bip" del Telepass, mi ha annunciato che ero arrivata al casello autostradale di Affi. Tu eri fermo col tuo "camion"
Mitsubishi nel parcheggio dell'area di servizio adiacente l'autostrada
proprio di fronte all'Autogrill.
Rivederti dopo tanto tempo è stato come rinascere ancora una volta, come un sogno è stato sedermi al tuo fianco ed accarezzarti il viso fissandoti negli occhi. Ti accarezzavo con dolcezza le guance e con le dita disegnavo figure sul tuo viso, rincorrendo i contorni degli occhi, del naso, delle labbra, delle orecchie, della fronte, del mento, del collo.
Ero come in estasi, rapita dalla dolcezza dei tuoi occhi bellissimi e dal velato sorriso delle tue labbra, ti sentivo ancora mio fino nel profondo del cuore. Non ci sarebbero state parole possibili e neanche immaginabili per farti capire quanto era profondo, intenso, completo, esaustivo, l'amore che in quel momento stavo provando per te. Lo sentivo fuoriuscire, come fosse
una cosa viva, da ogni poro della mia pelle.
Un silenzio irreale era sceso fra di noi, non si sentiva nemmeno il rumore delle macchine che certamente passavano accanto lungo l'autostrada. Si percepiva solo il rumore sordo, profondo e pulsante dei nostri cuori che, come impazziti, battevano in modo anormale e intenso nei nostri petti.
Eri dolcissimo e bellissimo, di una tenerezza che non saprei descrivere
tanto era intensa la luce che traspariva dai tuoi occhi e dal tuo volto.
Siamo rimasti così, immobili, a fissarci ed accarezzarci il viso per un tempo non quantificabile e sembrava che questo stato di quasi incoscienza non avesse mai fine.
Volevamo fare durare questo momento magico il più a lungo possibile tanto era bello e coinvolgente. I nostri corpi credo che in quel momento, facessero parte di un'altra dimensione, una dimensione non terrena, una dimensione fatta di puro spirito, una dimensione che ci librava nell'aria, in uno spazio fuori dal tempo che c'eravamo creati solo ed esclusivamente per noi.
La realtà del contatto delle nostre labbra, delle nostre bocche e delle
nostre lingue ci hanno richiamato come per incanto alla realtà. Ci hanno fatto capire che eravamo vivi, desiderosi di stringerci con forza,
desiderosi di assaporare fino in fondo i nostri baci, desiderosi di
compenetrarci uno con l'altro.
Volevamo sentire i nostri corpi appiccicati, desideravamo toccare con le mani la pelle per meglio godere quegli attimi cosi sublimi che il desiderio represso ci aveva portato ad accumulare. Desiderio represso l'uno dell'altro che solo ora cercavamo di recuperare in quegli attimi quasi avessimo paura che subito dopo la nostra vita avesse termine.
Ti baciavo, sospirando, con foga, ti leccavo tutto il viso, ti mordicchiavo le labbra, ti baciavo i lobi, il collo, il mento. Era bello sentire ancora la tua barba a contatto con la pelle del mio viso, delle dita, del palmo della mano. Ancora più bello era sentire le tue mani accarezzarmi la schiena, le tue unghie percorrermi la spina dorsale fino alle fossette sopra le reni, le tue mani accarezzarmi i fianchi sotto i seni.
Mi piaceva sentire i miei seni premuti contro il tuo petto, talmente schiacciati da farmi male, da farmi quasi mancare il respiro. La nostra voglia era davvero tanta, il desiderio di impadronirci dei nostri rispettivi corpi stava prendendo il sopravvento. Da un momento all'altro il nostro
istinto animalesco ci avrebbe portato a fare una pazzia proprio lì
sull'auto, senza minimamente pensare che eravamo parcheggiati in un luogo pubblico.
Un lungo e improvviso colpo di clacson di un TIR fracassone ci ha fatto sobbalzare e tremare di paura. Le nostre effusioni hanno avuto termine, i nostri corpi sono svaniti e tornati nella loro realtà. Improvviso e repentino è stato a questo punto il mio risveglio ad occhi sbarrati ed impauriti con il cuore che batteva a mille, con il corpo imperlato di un leggero sudore freddo.
Seduta tremante sul letto ho guardato l'orologio, le lancette fluorescenti mi comunicavano che mancavano 5 minuti alle 5 di mattina. Mio marito russava
tranquillo sdraiato accanto a me, aveva un sorriso beato e rilassato. L'ho guardato attraverso un altro mio sorriso sornione scrollando la testa. Mi sono coricata rimboccando bene le coperte per non prendere freddo ed ho capito che non avrei più dormito per il resto della giornata.
splendente che sembrava di poterla toccare con le mani. Ero alla guida della mia macchina, correvo in autostrada per incontrarti, correvo come una pazza perché tu, al telefono, mi avevi detto: "Parto adesso da casa, parti anche
tu e vediamo dove riusciamo ad incontrarci".
Mi avevi detto queste poche parole intorno alle 23 ed io ero partita senza pensarci su due volte, senza pensare soprattutto a come avrei giustificato domani questa pazzia. Correvo e mi sentivo felice come la prima volta che ti avevo visto a Bolzano sotto la neve. Correvo e non vedevo l'ora di raggiungerti per poterti abbracciare, stringerti forte a me, potere ancora
assaporare i tuoi dolci baci.
Ogni tanto ti chiamavo al telefono, ti dicevo: "Sono a Padova", tu
mi rispondevi che eri a Laives. Ti dicevo: "Sono a Vicenza", tu mi
rispondevi che eri a Trento. Ti dicevo: "Sono a Verona Nord", tu mi rispondevi che
stavi per arrivare al casello di Affi. Il tempo volava via veloce senza che me ne rendessi conto, anche la musica e le parole che uscivano dalla radio erano affrettate, mi facevano compagnia senza che neanche me ne accorgessi.
Affi è stato il punto dove le nostre strade si sono incontrate; erano le
00.35 quando il "bip bip" del Telepass, mi ha annunciato che ero arrivata al casello autostradale di Affi. Tu eri fermo col tuo "camion"
Mitsubishi nel parcheggio dell'area di servizio adiacente l'autostrada
proprio di fronte all'Autogrill.
Rivederti dopo tanto tempo è stato come rinascere ancora una volta, come un sogno è stato sedermi al tuo fianco ed accarezzarti il viso fissandoti negli occhi. Ti accarezzavo con dolcezza le guance e con le dita disegnavo figure sul tuo viso, rincorrendo i contorni degli occhi, del naso, delle labbra, delle orecchie, della fronte, del mento, del collo.
Ero come in estasi, rapita dalla dolcezza dei tuoi occhi bellissimi e dal velato sorriso delle tue labbra, ti sentivo ancora mio fino nel profondo del cuore. Non ci sarebbero state parole possibili e neanche immaginabili per farti capire quanto era profondo, intenso, completo, esaustivo, l'amore che in quel momento stavo provando per te. Lo sentivo fuoriuscire, come fosse
una cosa viva, da ogni poro della mia pelle.
Un silenzio irreale era sceso fra di noi, non si sentiva nemmeno il rumore delle macchine che certamente passavano accanto lungo l'autostrada. Si percepiva solo il rumore sordo, profondo e pulsante dei nostri cuori che, come impazziti, battevano in modo anormale e intenso nei nostri petti.
Eri dolcissimo e bellissimo, di una tenerezza che non saprei descrivere
tanto era intensa la luce che traspariva dai tuoi occhi e dal tuo volto.
Siamo rimasti così, immobili, a fissarci ed accarezzarci il viso per un tempo non quantificabile e sembrava che questo stato di quasi incoscienza non avesse mai fine.
Volevamo fare durare questo momento magico il più a lungo possibile tanto era bello e coinvolgente. I nostri corpi credo che in quel momento, facessero parte di un'altra dimensione, una dimensione non terrena, una dimensione fatta di puro spirito, una dimensione che ci librava nell'aria, in uno spazio fuori dal tempo che c'eravamo creati solo ed esclusivamente per noi.
La realtà del contatto delle nostre labbra, delle nostre bocche e delle
nostre lingue ci hanno richiamato come per incanto alla realtà. Ci hanno fatto capire che eravamo vivi, desiderosi di stringerci con forza,
desiderosi di assaporare fino in fondo i nostri baci, desiderosi di
compenetrarci uno con l'altro.
Volevamo sentire i nostri corpi appiccicati, desideravamo toccare con le mani la pelle per meglio godere quegli attimi cosi sublimi che il desiderio represso ci aveva portato ad accumulare. Desiderio represso l'uno dell'altro che solo ora cercavamo di recuperare in quegli attimi quasi avessimo paura che subito dopo la nostra vita avesse termine.
Ti baciavo, sospirando, con foga, ti leccavo tutto il viso, ti mordicchiavo le labbra, ti baciavo i lobi, il collo, il mento. Era bello sentire ancora la tua barba a contatto con la pelle del mio viso, delle dita, del palmo della mano. Ancora più bello era sentire le tue mani accarezzarmi la schiena, le tue unghie percorrermi la spina dorsale fino alle fossette sopra le reni, le tue mani accarezzarmi i fianchi sotto i seni.
Mi piaceva sentire i miei seni premuti contro il tuo petto, talmente schiacciati da farmi male, da farmi quasi mancare il respiro. La nostra voglia era davvero tanta, il desiderio di impadronirci dei nostri rispettivi corpi stava prendendo il sopravvento. Da un momento all'altro il nostro
istinto animalesco ci avrebbe portato a fare una pazzia proprio lì
sull'auto, senza minimamente pensare che eravamo parcheggiati in un luogo pubblico.
Un lungo e improvviso colpo di clacson di un TIR fracassone ci ha fatto sobbalzare e tremare di paura. Le nostre effusioni hanno avuto termine, i nostri corpi sono svaniti e tornati nella loro realtà. Improvviso e repentino è stato a questo punto il mio risveglio ad occhi sbarrati ed impauriti con il cuore che batteva a mille, con il corpo imperlato di un leggero sudore freddo.
Seduta tremante sul letto ho guardato l'orologio, le lancette fluorescenti mi comunicavano che mancavano 5 minuti alle 5 di mattina. Mio marito russava
tranquillo sdraiato accanto a me, aveva un sorriso beato e rilassato. L'ho guardato attraverso un altro mio sorriso sornione scrollando la testa. Mi sono coricata rimboccando bene le coperte per non prendere freddo ed ho capito che non avrei più dormito per il resto della giornata.
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