"Cena di classe"
di
Dumbo
genere
comici
Iniziamo per la quarta volta questo racconto, si per rendere ancora tutto un po' più comico, in questo periodo dove non ho tempo a causa del lavoro e riesco rientrare a casa solo per dormire, il computer: tra aggiornamenti, sbalzi di corrente e riavvii improvvisi continua a perdere il racconto scritto e a rifilarmi una vecchia lista della spesa scritta a gennaio.
Sono da poco single, i miei “amici” credono di essere la reincarnazione di cupido e mi organizzano in continuazione un appuntamento dietro l’altro. Forse ci sono anche scommesse clandestine con relativo montepremi per la persona che mi farà “innamorare”. La verità? Vorrei semplicemente starmene un po' da solo e godermi un po' quella libertà che non ho mai avuto, non single per sempre però 8 appuntamenti con 8 ragazze diverse in 3 mesi, tutti conclusi senza nulla di fatto in un periodo lavorativo complicato, stanno iniziando a stressarmi persino più della mia ex.
No, non sto raccontando uno di quei 8 disastrosi appuntamenti ora, bensì cosa mi è capitato per evitare l’ennesimo incontro non richiesto.
Tutti noi abbiamo avuto un’infanzia, con essa inesorabilmente i primi compagini di scuola: asilo, elementari e medie. Nel mio caso, un piccolo paese di provincia, i soggetti in questione sono sempre stati gli stessi in tutte e tre le scuole con qualche piccola variazione. Sono 16 anni che non li vedo e non li sento, ne ho intravisto qualcuno sui social, e di altri ho sentito qualche storiella qua e là. Sinceramente non ci sono mai andato molto d’accordo, ho sempre cercato di vederli il meno possibile e sono sempre stato bene anche senza di loro.
Puntualmente ogni anno verso giugno organizzano la cena di classe, dopo 16 anni forse è più coretto chiamarla rimpatriata, io ogni singolo anno mi sono sempre defilato tirando fuori impegni lavorativi (su 15 cene 13 ero sul serio a lavoro). Quest’anno per evitarmi un appuntamento con Tania (ora voi ed io abbiamo le stesse informazioni su questa Tania, solo il nome) ho accettato l’invito alla “cena di classe”.
Le prime cene erano organizzate in pizzeria, poi siamo passati alle feste in discoteca, alcune addirittura in qualche locare della riviera, gli ultimi incontri nella trattoria più scarsa e meno cara della zona. Mentre mi dirigo alla locanda designata in me vi erano due voci, una suggeriva di tirare il pacco e di andare altrove l’altra faceva leva sulla curiosità di vedere come sono diventati ora. Non ho fatto in tempo a scegliere la voce a cui dar retta, mi sono ritrovato nel parcheggio con questo gruppo di semi sconosciuti quasi accerchiati ad aspettarmi.
Intravedo qualche lineamento nelle facce, che poco alla volta mi fanno collegare i visi ai rispettivi nomi e cognomi. Alcuni irriconoscibili, altri hanno lo stesso viso di quando erano piccoli però coperto dalla barba e scoperchiato in alto dalla calvizie, a dirla tutta alcuni più che trentenni sembrano dei cinquantenni. Alcune ragazze sono state proprio devastate dallo sfornare figli in continuazione, Monica 5 figli, ha delle occhiaie che arrivano fino a metà guancia e il seno idem, flaccido e cadente, capelli abbondantemente grigi un vero e proprio rottame. Al contrario AnniKa del Costarica, che è stata con noi solo nel periodo delle medie, è in formissima, magra, snella, altra, capello rosso, seno rotondo e sodo. Messe vicino potrebbero sembrare madre e figlia, invece sono coetanee. Sette ragazze avevamo in classe, tre le uniche ad aver sfornato marmocchi, sui loro visi si potevano benissimo vedere tutte le notti in bianco che hanno passato, le altre ormai donne in carriera eleganti e truccate con la puzza sotto al naso, proprio come a scuola, avevano formato il gruppetto delle fighe appartate per loro conto. Tra di esse non poteva mancare naturalmente la mia prima cotta, Martina, le avevo dedicato i miei primi “lavoretti a mano”, ora è una avvocatessa di fama, vestita tutta elegante con il suo tailleur guarda tutti dall’alto del suo piedistallo.
Finalmente dopo quei interminabili e imbarazzanti saluti entriamo e ci sediamo a tavola. Insieme ai piatti di salumi e tigelle iniziano a circolare in tavola anche i primi racconti. Alessandro Laureato alla Bocconi con la lode, appassionato di lingue straniere, parla: inglese, francese, tedesco, russo, cinese. Che lavoro fa secondo voi? Il burattinaio per le strade in Polonia. Che ridere lavora in uno stato del quale non ha studiato la lingua. Andrea, da ragazzino era sempre tutto elegante, veniva a scuola sempre con la camicia e il suo papillon, ora assomiglia ad un barbone, alcuni commensali dicono che abbia problemi di droga, sicuramente ha problemi con il deodorante il bagno schiuma e forse anche con la lavatrice. Gli altri tutti abbastanza normali, abbiamo un gommista, qualche contadino, geometra, meccanico, elettricista, professore, insegnate di danza, un commercialista, si dai, forse qualche favore, o per lo meno qualche sconto lo riusciamo a portar a casa stasera.
La cameriera, più che salumi porta a tavola vino, io non bevo, non mi piace e poi devo guidare, altri invece apprezzano molto quel vinello economico da 2 soldi, a tavola sembrano tutti alticci, alcuni straparlano e urlano cose senza senso, l’unica sobria e la mia vicina, si di fianco a me si è seduta proprio lei, Martina.
Alcuni escono a fumare, altri si scambiano di posto per giocare a briscola (vecchi fuori e anche dentro) io resto quasi solo con lei. Quella che all’inizio poteva sembrare una normale conversazione alla fin fine si è trasformata in un vero e proprio interrogatorio nei mei confronti. Che lavoro fai? Dove lavori? hai famiglia? Fatto figli? Divorziato? Hai una ragazza? Ti vedi con qualcuna? Dove vivi ora? È casa tua? Manca solo il codice fiscale e può farmi la denuncia dei redditi direttamente lei. Con calma rispondo a tutte le sue domande, lei conclude dicendo di aver conosciuto una mia “ex” e di aver sentito grandi storie su di me.
Arriva il momento del dolce, tipica trattoria del nord Italia con dolci tipici: cannolo, pastiera o sorbetto. La famiglia che gestisce il posto è di origini siciliane e mi son fatto convincere a prendere il cannolo. Martina per tenere la linea non prende il dolce pero inizia ad accarezzare il cannolo nel mio piatto, gli e ne offro un morso, lei in maniera molto provocatoria lo mette in bocca, terminando la degustazione del mio dolce leccandosi la ricotta dalle labbra. Le domande degne di un commercialista ora si sono trasformate in un ben altro tipo di domande. Quante ragazze hai avuto? Lei fai urlare? Ti piace la passera? Hai un bel cannolo anche te? Questa volta do risposte del tutto forvianti e inverosimili e menziono il fatto di averlo grosso come un bimbo di 5 anni. La situazione si stava surriscaldando e per calmarla un po’ faccio un salto fuori con i fumatori. Prima di tornare per il caffè mi reco nel bagno a rifrescarmi le mani, appena mi avvicino al distributore di salviette entra Martina e dal suo sguardo capisco di non aver più scampo.
- Dai fammi vedere il tuo cannolo, voglio vedere quanto è grosso!
Son 4 mesi ormai che no batto chiodo, e nell’ultima settimana non ho nemmeno avuto tempo e voglia di farmi un lavoretto “fai da te”, potevo resistere?
Chiudo la porta a chiave, abbasso la lampo, il movimento di lei è stato in perfetto sincrono con il suono della cerniera, era già in ginocchio, mentre qualcun altro si stava già gonfiando. Calo pantaloni e i boxer facendolo balzare proprio davanti al suo viso, sorride lo afferra e se lo infila in bocca. Dopo tanti anni ho ricevuto le attenzioni del mio primo amore. Lei avocato di successo con la puzza sotto al naso è in ginocchio nel bagno di una trattoria intenta a strozzarsi con il mio pene. Una voracità vista solo in qualche porno, qualche sosta per prendere fiato per poi avventarsi nuovamente su di me, il peso che dondolava tra le mie gambe non vedeva l’ora di uscire, le metto una mano su la nuca e l’avverto che sto per venire. Lei non fa cenno di fermarsi, anzi aumenta il ritmo io non resisto più, il mio pene inizia a contrarsi e a riversarle in bocca tutto. Rallenta ma non si stacca fin quando non sente uscire più nulla, lasciandolo pulito come se me lo fossi appena lavato, lei si alza leccandosi le labbra, sistema il tailleur e come se nulla fosse accaduto esce dal bagno esclamando:
Lo sapevo che avevi un bel cannolo!
Un po' sconcertato sull’accaduto mi ricompongo anch’io e raggiungo gli altri per il caffè. La serata non finisce più, ormai è mezza notte e la cameriera non smette più di portare liquori, io ho davvero raggiunto il mio limite, mi alzo per salutare ed andarmene. Nemmeno il tempo dire ciao e Martina si autoinvita per farsi riaccompagnare a casa, ne sono ben lieto però quel gesto ha dato spunto anche ad altri di autoinvitarsi, tra cui Andrea. Sono stati i 20 minuti più lunghi della mia vita, per fortuna faceva caldo ed ho potuto tenere i finestrini aperti. Chi sa se l’odore di Andrea si leverà mai dai sedili della mia auto. Scesi tutti restiamo solo io e lei, porge il suo viso tra i sedili e mi dà le indicazioni per casa sua fissandomi in continuazione. Giunti mi ordina di parcheggiare e di aiutarla a portar su la borsetta.
Forse nemmeno un chilo di peso (non so come ho fatto a cascare in questo suo tranello, ma potevo io sottrarmi ad una richiesta di aiuto?) saliamo le scale che conducono al suo appartamento lei fa strada ondeggiando quel fondo schiena proprio davanti al mio viso, entriamo in casa appoggio la borsetta nel primo angolo libero che trovo. Faccio a malapena in tempo a voltarmi verso di lei, mi salta addosso ficcandomi la sua lingua in bocca. Le sue gambe strette con forza intorno alla mia vita, le sue braccia intorno al mio collo e le mie mani la sorreggono, palpeggiando il suo fondoschiena. Con la punta dell’occhio intravedo la camera da letto, un passo alla volata la raggiungo e la getto sopra il materasso. Le levo i tacchi, le sfilo pantaloni e perizoma ed avvento il mio viso tra le sue cosce. Mi stavo degustando quella cosina che da piccolo ho sempre immaginato e desiderato di lei, ma se mi fosse stata donata allora probabilmente non me la sarei goduta, e fatta godere, come lo so fare ora. Urla, Urla come una matta! Mai prima d’ora ho trovato una che strillasse così forte. Era eccitante, ma allo stesso tempo mi distraeva dal culmine del piacere dandomi fastidio. Temevo di trovare la polizia alla porta chiamata di vicini, dalle voci che ho sentito doveva avere una certa esperienza di cazzi, contatto i vari Tizio Caio e Sempronio almeno 30 deve averli provati, non mi spiego queste grandi urla. Pensavo di cavarmela con una botta e via, ma mi sbagliavo di grosso.
Ore 6:00 sono sfinito, il cazzo gonfio, arrossato e dolorante, le palle sgonfie e doloranti, il cuore non capisco se sta dormento o se ha avuto un infarto, la mascella a pezzi e la lingua completamente liscia e pulsante, non ero pronto ad una tale seduta di cardio fitness. Anche lei è messa abbastanza male, non so se oggi riuscirà a camminare normalmente o se si alzerà da quel letto. Io mi rivesto e scappo a casa, una doccia rinfrescante, antidolorifico, multivitaminico e dritti a lavoro, mi aspettano 16 ore in piedi.
Sono da poco single, i miei “amici” credono di essere la reincarnazione di cupido e mi organizzano in continuazione un appuntamento dietro l’altro. Forse ci sono anche scommesse clandestine con relativo montepremi per la persona che mi farà “innamorare”. La verità? Vorrei semplicemente starmene un po' da solo e godermi un po' quella libertà che non ho mai avuto, non single per sempre però 8 appuntamenti con 8 ragazze diverse in 3 mesi, tutti conclusi senza nulla di fatto in un periodo lavorativo complicato, stanno iniziando a stressarmi persino più della mia ex.
No, non sto raccontando uno di quei 8 disastrosi appuntamenti ora, bensì cosa mi è capitato per evitare l’ennesimo incontro non richiesto.
Tutti noi abbiamo avuto un’infanzia, con essa inesorabilmente i primi compagini di scuola: asilo, elementari e medie. Nel mio caso, un piccolo paese di provincia, i soggetti in questione sono sempre stati gli stessi in tutte e tre le scuole con qualche piccola variazione. Sono 16 anni che non li vedo e non li sento, ne ho intravisto qualcuno sui social, e di altri ho sentito qualche storiella qua e là. Sinceramente non ci sono mai andato molto d’accordo, ho sempre cercato di vederli il meno possibile e sono sempre stato bene anche senza di loro.
Puntualmente ogni anno verso giugno organizzano la cena di classe, dopo 16 anni forse è più coretto chiamarla rimpatriata, io ogni singolo anno mi sono sempre defilato tirando fuori impegni lavorativi (su 15 cene 13 ero sul serio a lavoro). Quest’anno per evitarmi un appuntamento con Tania (ora voi ed io abbiamo le stesse informazioni su questa Tania, solo il nome) ho accettato l’invito alla “cena di classe”.
Le prime cene erano organizzate in pizzeria, poi siamo passati alle feste in discoteca, alcune addirittura in qualche locare della riviera, gli ultimi incontri nella trattoria più scarsa e meno cara della zona. Mentre mi dirigo alla locanda designata in me vi erano due voci, una suggeriva di tirare il pacco e di andare altrove l’altra faceva leva sulla curiosità di vedere come sono diventati ora. Non ho fatto in tempo a scegliere la voce a cui dar retta, mi sono ritrovato nel parcheggio con questo gruppo di semi sconosciuti quasi accerchiati ad aspettarmi.
Intravedo qualche lineamento nelle facce, che poco alla volta mi fanno collegare i visi ai rispettivi nomi e cognomi. Alcuni irriconoscibili, altri hanno lo stesso viso di quando erano piccoli però coperto dalla barba e scoperchiato in alto dalla calvizie, a dirla tutta alcuni più che trentenni sembrano dei cinquantenni. Alcune ragazze sono state proprio devastate dallo sfornare figli in continuazione, Monica 5 figli, ha delle occhiaie che arrivano fino a metà guancia e il seno idem, flaccido e cadente, capelli abbondantemente grigi un vero e proprio rottame. Al contrario AnniKa del Costarica, che è stata con noi solo nel periodo delle medie, è in formissima, magra, snella, altra, capello rosso, seno rotondo e sodo. Messe vicino potrebbero sembrare madre e figlia, invece sono coetanee. Sette ragazze avevamo in classe, tre le uniche ad aver sfornato marmocchi, sui loro visi si potevano benissimo vedere tutte le notti in bianco che hanno passato, le altre ormai donne in carriera eleganti e truccate con la puzza sotto al naso, proprio come a scuola, avevano formato il gruppetto delle fighe appartate per loro conto. Tra di esse non poteva mancare naturalmente la mia prima cotta, Martina, le avevo dedicato i miei primi “lavoretti a mano”, ora è una avvocatessa di fama, vestita tutta elegante con il suo tailleur guarda tutti dall’alto del suo piedistallo.
Finalmente dopo quei interminabili e imbarazzanti saluti entriamo e ci sediamo a tavola. Insieme ai piatti di salumi e tigelle iniziano a circolare in tavola anche i primi racconti. Alessandro Laureato alla Bocconi con la lode, appassionato di lingue straniere, parla: inglese, francese, tedesco, russo, cinese. Che lavoro fa secondo voi? Il burattinaio per le strade in Polonia. Che ridere lavora in uno stato del quale non ha studiato la lingua. Andrea, da ragazzino era sempre tutto elegante, veniva a scuola sempre con la camicia e il suo papillon, ora assomiglia ad un barbone, alcuni commensali dicono che abbia problemi di droga, sicuramente ha problemi con il deodorante il bagno schiuma e forse anche con la lavatrice. Gli altri tutti abbastanza normali, abbiamo un gommista, qualche contadino, geometra, meccanico, elettricista, professore, insegnate di danza, un commercialista, si dai, forse qualche favore, o per lo meno qualche sconto lo riusciamo a portar a casa stasera.
La cameriera, più che salumi porta a tavola vino, io non bevo, non mi piace e poi devo guidare, altri invece apprezzano molto quel vinello economico da 2 soldi, a tavola sembrano tutti alticci, alcuni straparlano e urlano cose senza senso, l’unica sobria e la mia vicina, si di fianco a me si è seduta proprio lei, Martina.
Alcuni escono a fumare, altri si scambiano di posto per giocare a briscola (vecchi fuori e anche dentro) io resto quasi solo con lei. Quella che all’inizio poteva sembrare una normale conversazione alla fin fine si è trasformata in un vero e proprio interrogatorio nei mei confronti. Che lavoro fai? Dove lavori? hai famiglia? Fatto figli? Divorziato? Hai una ragazza? Ti vedi con qualcuna? Dove vivi ora? È casa tua? Manca solo il codice fiscale e può farmi la denuncia dei redditi direttamente lei. Con calma rispondo a tutte le sue domande, lei conclude dicendo di aver conosciuto una mia “ex” e di aver sentito grandi storie su di me.
Arriva il momento del dolce, tipica trattoria del nord Italia con dolci tipici: cannolo, pastiera o sorbetto. La famiglia che gestisce il posto è di origini siciliane e mi son fatto convincere a prendere il cannolo. Martina per tenere la linea non prende il dolce pero inizia ad accarezzare il cannolo nel mio piatto, gli e ne offro un morso, lei in maniera molto provocatoria lo mette in bocca, terminando la degustazione del mio dolce leccandosi la ricotta dalle labbra. Le domande degne di un commercialista ora si sono trasformate in un ben altro tipo di domande. Quante ragazze hai avuto? Lei fai urlare? Ti piace la passera? Hai un bel cannolo anche te? Questa volta do risposte del tutto forvianti e inverosimili e menziono il fatto di averlo grosso come un bimbo di 5 anni. La situazione si stava surriscaldando e per calmarla un po’ faccio un salto fuori con i fumatori. Prima di tornare per il caffè mi reco nel bagno a rifrescarmi le mani, appena mi avvicino al distributore di salviette entra Martina e dal suo sguardo capisco di non aver più scampo.
- Dai fammi vedere il tuo cannolo, voglio vedere quanto è grosso!
Son 4 mesi ormai che no batto chiodo, e nell’ultima settimana non ho nemmeno avuto tempo e voglia di farmi un lavoretto “fai da te”, potevo resistere?
Chiudo la porta a chiave, abbasso la lampo, il movimento di lei è stato in perfetto sincrono con il suono della cerniera, era già in ginocchio, mentre qualcun altro si stava già gonfiando. Calo pantaloni e i boxer facendolo balzare proprio davanti al suo viso, sorride lo afferra e se lo infila in bocca. Dopo tanti anni ho ricevuto le attenzioni del mio primo amore. Lei avocato di successo con la puzza sotto al naso è in ginocchio nel bagno di una trattoria intenta a strozzarsi con il mio pene. Una voracità vista solo in qualche porno, qualche sosta per prendere fiato per poi avventarsi nuovamente su di me, il peso che dondolava tra le mie gambe non vedeva l’ora di uscire, le metto una mano su la nuca e l’avverto che sto per venire. Lei non fa cenno di fermarsi, anzi aumenta il ritmo io non resisto più, il mio pene inizia a contrarsi e a riversarle in bocca tutto. Rallenta ma non si stacca fin quando non sente uscire più nulla, lasciandolo pulito come se me lo fossi appena lavato, lei si alza leccandosi le labbra, sistema il tailleur e come se nulla fosse accaduto esce dal bagno esclamando:
Lo sapevo che avevi un bel cannolo!
Un po' sconcertato sull’accaduto mi ricompongo anch’io e raggiungo gli altri per il caffè. La serata non finisce più, ormai è mezza notte e la cameriera non smette più di portare liquori, io ho davvero raggiunto il mio limite, mi alzo per salutare ed andarmene. Nemmeno il tempo dire ciao e Martina si autoinvita per farsi riaccompagnare a casa, ne sono ben lieto però quel gesto ha dato spunto anche ad altri di autoinvitarsi, tra cui Andrea. Sono stati i 20 minuti più lunghi della mia vita, per fortuna faceva caldo ed ho potuto tenere i finestrini aperti. Chi sa se l’odore di Andrea si leverà mai dai sedili della mia auto. Scesi tutti restiamo solo io e lei, porge il suo viso tra i sedili e mi dà le indicazioni per casa sua fissandomi in continuazione. Giunti mi ordina di parcheggiare e di aiutarla a portar su la borsetta.
Forse nemmeno un chilo di peso (non so come ho fatto a cascare in questo suo tranello, ma potevo io sottrarmi ad una richiesta di aiuto?) saliamo le scale che conducono al suo appartamento lei fa strada ondeggiando quel fondo schiena proprio davanti al mio viso, entriamo in casa appoggio la borsetta nel primo angolo libero che trovo. Faccio a malapena in tempo a voltarmi verso di lei, mi salta addosso ficcandomi la sua lingua in bocca. Le sue gambe strette con forza intorno alla mia vita, le sue braccia intorno al mio collo e le mie mani la sorreggono, palpeggiando il suo fondoschiena. Con la punta dell’occhio intravedo la camera da letto, un passo alla volata la raggiungo e la getto sopra il materasso. Le levo i tacchi, le sfilo pantaloni e perizoma ed avvento il mio viso tra le sue cosce. Mi stavo degustando quella cosina che da piccolo ho sempre immaginato e desiderato di lei, ma se mi fosse stata donata allora probabilmente non me la sarei goduta, e fatta godere, come lo so fare ora. Urla, Urla come una matta! Mai prima d’ora ho trovato una che strillasse così forte. Era eccitante, ma allo stesso tempo mi distraeva dal culmine del piacere dandomi fastidio. Temevo di trovare la polizia alla porta chiamata di vicini, dalle voci che ho sentito doveva avere una certa esperienza di cazzi, contatto i vari Tizio Caio e Sempronio almeno 30 deve averli provati, non mi spiego queste grandi urla. Pensavo di cavarmela con una botta e via, ma mi sbagliavo di grosso.
Ore 6:00 sono sfinito, il cazzo gonfio, arrossato e dolorante, le palle sgonfie e doloranti, il cuore non capisco se sta dormento o se ha avuto un infarto, la mascella a pezzi e la lingua completamente liscia e pulsante, non ero pronto ad una tale seduta di cardio fitness. Anche lei è messa abbastanza male, non so se oggi riuscirà a camminare normalmente o se si alzerà da quel letto. Io mi rivesto e scappo a casa, una doccia rinfrescante, antidolorifico, multivitaminico e dritti a lavoro, mi aspettano 16 ore in piedi.
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