L'anestesia

di
genere
prime esperienze

- Buongiorno.

- Buongiorno.

- Si accomodi, prego.

- Grazie.

Chissà cosa c'è in quello sguardo. Sorpresa, diffidenza, timore, curiosità, apprezzamento. Boh. Facciamo boh, tanto è già passata oltre. Ammazza, però, questa è pure più alta di me, ho fatto bene a mettermi i tacchi una volta tanto.

- No signora - la blocco mentre sta per entrare in sala d'attesa - vada pure, non c'è nessuno.

- Ok grazie... e il dottore?

- Il dottore sta arrivando. Si scusa, ma ha avuto un problema con la macchina - le dico - ma intanto possiamo cominciare noi.

- Ah... va bene maaa... Vanda non c'è? - domanda.

- Temo che oggi sia il suo giorno libero.

- Lei è nuova?

- Beh… diciamo che sono part time, ma guardi che sono specializzata, sa? Anzi, per l'anestesia non poteva capitarle di meglio, gliel'assicuro. Si può dire che sono qui per questo.

- L'anestesia? Ma è un'otturazione...

- Ehm, no, temo di no... la carie è molto profonda, è una di quelle dette "a bomba", da fuori è un puntino ma dentro fa danni, e la sua è quasi arrivata al nervo, anzi forse bisognerà devitalizzarlo, di sicuro il dottore dovrà pulire molto bene.

- Ho capito... e quindi lei dovrebbe farmi l'anestesia... le confesso che sono già un po' agitata.

- Ma no, stia tranquilla... piuttosto, sta comoda? Certo, la poltrona del dentista non è mai comoda, ma questa è una delle migliori che ho visto, lo sa?

- Mi fa un po' paura l'ago sulla gengiva... - dice fregandosene del mio elogio della poltrona.

- Lì c’è una infiammazione, l’anestesia non prenderebbe. Tranquilla, niente gengiva.

La osservo in silenzio. E' chiaro che potrei cantarle Brividi a cappella o l'intera discografia di Ariana Grande e lei sempre all'anestesia e al trapano continuerebbe a pensare, conosco quel tipo di fissazione contro cui si lotta strenuamente per non farla diventare panico. Le rassicurazioni generiche non servono a nulla, bisogna essere professionali e basta, solo così si tranquillizza il paziente. Certo, quello sguardo di chi sta sul chi vive le dona, la fa sembrare meno indolente. No, indolente no, le dà un'aria meno oziosa, ecco.

- Senta, non vorrei offenderla, ma...

- Si figuri, dica pure... - rispondo.

- Mi aspettavo di trovare Vanda.

- Ah, capisco, non si preoccupi... ma oggi non c'è.

- Mi aveva dato...

- Cosa?

- No, nulla, mi aveva dato sicurezza l'altra volta... strano, lo sa che all'inizio ero convinta che fosse brasiliana?

- Ahaha... beh, sì, è molto, moltooo... diciamo empatica. Ma sa che ci è andata vicina, signora?

- Nel senso?

- Nel senso che il suo compagno è brasiliano, Nelson. Un bravissimo ragazzo, sa? Adesso è disoccupato, poveretto, anche se per me un lavoro lo troverebbe tutta la vita, guardi... Però non è uno di quelli che approfittano della propria donna che lavora, eh? Nemmeno per niente, fa un sacco di cose in casa, almeno la alleggerisce.

- Cioè?

- Cioè, cioè, c'è sempre qualcosa da fare in casa, no? Pensi che l'ultima è fare le sedie della cucina. Costruirle proprio, intendo, le ha fatte lui. Sono comodissime! E robuste poi, eh? Ci si sta tranquillamente in due.

- Lei come lo sa?

- Lo so perché le ho provate - rispondo - molto affidabili.

- Quindi lei li conosce, li frequenta...

- Beh, frequentare è un po' troppo, diciamo che un po' a fondo conosco lui, diciamo abbastanza a fondo.

- Ah... mi scusi se le ho detto quella cosa, eh? Però Vanda...

- Sì, lo so, fa quell'effetto. Gliel'ho detto, è empatica, ma poi...

- Ma poi?

- No, niente, celiavo.

Ma poi è ‘na sòla, signò, ecco quello che volevo dire. Tutto fumo e niente arrosto. Molto meglio il fidanzato, damme retta, mooolto meglio. Anzi, pure troppo.

- Perché diceva che il fidanzato di Vanda un lavoro lo troverebbe di sicuro? Che lavoro?

- Ah... uh, beh, secondo me il traliccio dell'Enel... ha presente i fili? quelli dell'alta tensione? Elettrodotti, li chiamano. Nelson il traliccio di un elettrodotto lo farebbe benissimo, è proprio il suo.

La osservo di nuovo, di nuovo tacendo. Secondo me niente di ciò che le dico fa un giretto nel suo cervello per essere interpretato, decodificato, assimilato. Entra da un orecchio e esce dall'altro. Parla con me senza ascoltarmi se non superficialmente, avvolta nella sua paura del dentista. Guardandola mi colpisce un pensiero che decido di non rivelarle, forse non le farebbe piacere. Però... però la preferivo come l'altra volta, ecco. Sto parlando dell’abbigliamento dell’altra volta: polo rosa e jeans sbiaditi. Signora mia, con questa camicetta non solo si capisce che non porta il reggiseno, si vede proprio! Deve avere i capezzoli come due bottoni. E adesso sono a riposo, figuriamoci quando... E poi, è vero che i jeans possono essere una rottura di coglioni, a volte, lo so bene, ma quella gonna è un po' troppo corta, no? Non in assoluto, voglio dire, ha delle belle gambe, lunghe, fa anche bene a mostrarle, no? Però c'è momento e momento, no? Per lo studio di un dentista non mi sembra un abbigliamento adeguato, no? Chissà come reagirebbe se le chiedessi "signò, lei che sceglie con cura i suoi abiti, com'è che proprio oggi ha deciso di vestirsi da mignotta?" Chi lo sa, forse una domanda del genere la scuoterebbe. Mah, ho i miei dubbi.

- Direi che possiamo cominciare, signora. Si rilassi però, la vedo preoccupata.

- Eh... un filino. Senti, posso chiederti una cortesia?

- Ma certo.

- Ci possiamo dare del tu? Mi fai sentire vecchia con questo "signora". Io mi chiamo Lucrezia...

Sorrido. Questo è il momento del sorriso di comprensione. Darsi del tu ci starebbe tutto. E' vero che io do quasi spontaneamente del lei alle persone più grandi, ma penso che me lo potrei proprio permettere il tu. Se non lo faccio è perché... beh, perché mi piace giocare. E parte integrante del gioco è che lei sia convinta di avere a che fare con una che è praticamente una ragazzina. Come si dice, Tempus Fugit, e chissà per quanto ancora potrò fare finta di avere quattro-cinque anni di meno. Non molto, mi sa, ma finché si può...

- Sì, lo so che si chiama Lucrezia - rispondo - ho letto la scheda. Io mi chiamo Annalisa, mi dia pure del tu, non c'è problema, io preferisco... sa, certe cose te le insegnano, è più professionale, l'età non c'entra...

- Quanti anni hai, Annalisa?

- Ventidue, perché?

- E sei già specializzata?

Cazzo, non ci avevo pensato. E adesso che le racconto? Devo assolutamente inventarmi una balla o l'operazione-Lucrezia rischia di andare a quel paese.

- Beh... sono tre anni di scuola infermieristica e uno di specializzazione, e poi io sono anticipataria...

- Ah... non hai fatto molta pratica, quindi.

- Le assicuro che di pratica ne ho fatta parecchia, oltre gli standard, direi... beh, siamo pronte?

- Sì, penso di sì - risponde con un sospiro rassegnato - che dobbiamo fare?

- Direi che questa gamba la può mettere a cavallo del bracciolo... ecco, così. E l'altra... ah, no, mi scusi, ritorni come era prima.

- Ma cosa...? Perché?

- Perché sennò come faccio a toglierle le mutandine?

- Eh?

- Sennò come la faccio l'anestesia? - domando.

- Ma se mi devi fare un'iniezione non basta spostarle? - chiede lei.

- Quale iniezione? No, no, non ci saranno punture, tranquilla, eee... sì, certo, si potrebbero anche scostare, ma potrebbe essere scomodo, io preferisco senza.

- O-ok, le tolgo, curioso però...

- No, lasci, faccio io... ecco.

- Sai che hai dei begli occhi, Annalisa? Forse dovresti sciogliere i capelli...

- Grazie! Anche lei ha begli occhi... i capelli, beh, così è più pratico, e poi lo trovo elegante...

Sì sì, gli occhi e i capelli. Come no. Come se non l'avessi notata l'occhiata dentro al camice quando mi sono chinata. Ha fatto bene, eh? L'ho messo apposta il camice del dottore, saranno almeno due taglie in più. Sì sarà visto che sotto non ho il reggiseno nemmeno io, immagino. Ma certo che si sarà visto, manca poco che si veda che non ho nemmeno le mutandine... Ci avevo pure pensato, eh? Ma avrei dovuto sbottonarmi un po' troppo, un po' troppo zoccola. Comunque, magari non era tanto, ma quello che doveva vedere l'ha visto. Chissà se quello che doveva pensare l'ha pensato.

- Ecco - le dico lasciando cadere le mutandine a terra con ostentazione - adesso può rimettere la gamba com'era prima, sul bracciolo.

Mi guarda con un po' di stranita diffidenza, ma esegue.

- Adesso l'altra la può... uh, diciamo poggiare lì, sul lavello. Non si preoccupi, è pulito, non ci si è sciacquato la bocca nessuno... brava, così. Un po' ginecologica come posizione, più che odontoiatrica, eh? Mi rendo conto, ma facciamo presto.

- Io, più che altro vorrei, ma... Annalisa... che...? Che fai? Ah...!".

Eeee signò, che fai, che fai. Capisco la sorpresa, capisco la perplessità, ma se una si piega e ti passa la lingua sulla fica cosa vuoi che faccia? Ti lecca la fica, no? Non penso che sia la prima volta. E non dire che non ci speravi perché di bagnato non c'è solo la mia saliva, laggiù. E daje, no? Belle cosce però, eh? Complimenti, è un piacere passarci le mani sopra, accarezzarle.

- Aaaaah...

Eh, complimenti pure al grilletto, ammazza che scatto. Nulla in contrario se infilo le mani sotto la camicetta, no? In alto, un po' alla cieca, con le braccia tese come in un tuffo. Ce l'ha presente i nuotatori quando si tuffano, no? Ahahahah no, io no, io so' 'na pippa, do certe panzate... Ma qui non si tratta di tuffarsi, qui si tratta di riempirsi le mani con... cazzo, lo dicevo che i bottoncini sono grossi. Peccato non avere il tempo di sbottonarla, sta camicetta, glieli mordicchierei proprio volentieri.

- Annalisa… - annaspa - tu sei… sei…

- Cosa?

- Sei pazza…

Palo, cazzo! Ci sei andata a tanto così! E dimmela quella parolina, che ci vuole? “Annalisa sei una troia”, costa tanta fatica dirlo? No! E’ una cosa semplice semplice e a me mi gratifica ‘na cifra.

- Cazzooooo…!

Beh, no. Dito, semmai. Il medio, per la precisione. Scusa se accelero un po’, eh? Mi piacerebbe prendermi un po' più di tempo e vedere se riesco a farla squirtare, ma non è che ci posso stare tutto il pomeriggio. Lo farei volentieri, giuro, ma proprio non si può.

Un attimo di time out. Giusto il tempo di estrarre quel dito così inzuppato e sostituirlo con il pollice. Mi aspettavo almeno un piccolo sospiro, però vedo che non... ah, ok, eccolo: "Ah....". Ora però è tempo che il medio scivoli un po' più in basso a cercare quella morbidezza, quella più piccola, prima che i suoi filamenti si asciughino, prima che lei si irrigidisca. Beh, ok, un po' si irrigidisce. La sorpresa, direi. Direi che tocca forzare un po', anche in questo caso non credo che sia la prima volta. Direi anche che è meglio ripristinare il collegamento lingua-grilletto.

Sempre un po' rigida ma reattiva, piccolo scatto del bacino. Amo vedere la scossa che provoca la mia lingua, mi esalta. Giù, adesso, è tempo di affondare dentro. "Ah... aaah!". "Le piace? A me fa impazzire quando me lo fanno", le dico staccandomi e guardandola negli occhi. Non è una domanda vera e propria, si vede da come si morde il dito che le piace. E' che ci tenevo a dirle che piace anche a me.

Questo invece si chiama eye contact, è una cosa che per la verità ho imparato facendo i bocchini, sin da quando ero teen. Ma il principio è lo stesso. Una mia amica era una maga: si fermava un secondo e ti guardava, e tu in quel momento capivi benissimo chi tra le due faceva il cazzo che le pareva e chi subiva.

Ed è durante l’eye contact che ti finirò, Lady Lucrezia, con i miei occhi a due centimetri dai tuoi. Guardami, se riesci a tenerli aperti, annusa il tuo odore sul mio muso, comincia a tremare quando porto anche l'altra mano giù in basso. Goditelo tutto il brivido che ti regala la paura di essere sventrata. Dimmi cosa pensa una donna come te a sentirsi ringhiare da una “ragazzina” pestifera “le troie come te mi fanno impazzire, mi fa impazzire fotterti a bestia”.

- Occazzooooo, mi fai… mmmm…

Ok, stop eye contact, bacio. Scusi la confidenza, eh? Capisco le scosse dell'orgasmo e capisco anche che talora non si ha il pieno controllo della propria voce. Figuriamoci, lo viene a dire a me? Ma se strilla così magari qualcuno si chiede che succede nello studio del dentista, magari si fa una cattiva reputazione, poveraccio.

La osservo bene ancora una volta, l’ultima volta, mentre sta ritornando da chissà dove. Nel mio immaginario, in momenti come questi, ci sono rientri da viaggi intergalattici, mi sembra spesso di essere finita altrove, chissà nel suo. Chissà dove finiamo tutte quando godiamo così. Chissà se si rende conto di quanto sia oscena a starmi davanti scarmigliata, spalancata così e con quelle tette che l'affanno alza e abbassa sotto la camicia. Dio se mi piacerebbe asciugarla, asciugare quella pozzetta sulla poltrona, ma s'è già fatto sin troppo tardi. Stacco un foglio di carta assorbente dal rotolo sul muro, glielo porgo. E' ancora mezza intontita, mica lo so se mi riceve.

- Tenga, le dispiace asciugare un po', ehm, lì...? - le faccio togliendomi il camice e rimanendole di fronte come mamma mi ha fatta.

Mi guarda mentre afferra la carta. Cioè, più che guardarmi mi scansiona. Strano come gli occhi e i capelli non le interessino più tanto, eppure un po' ci contavo che mi avrebbe presa per la coda e mi avrebbe incollata a sé, mentre gliela lappavo. Faceva anche parte del gioco sentirsi dire "piccola puttana adesso fammi godere". Vabbè, pazienza.

- E' molto più rilassata, ora, vero? - chiedo.

- Molto... non vuoi che... sì, insomma, che ricambi? - sospira.

- Eh, mi piacerebbe, ma tra un po' arriva il dottore. E poi mi parte il treno.

- Che treno? - domanda.

- Beh, il treno, no? Sarà per un'altra volta.

- Chissà se ci sarà un'altra volta - commenta.

- Chi può dirlo? Vedremo. Magari con più calma... magari usando il fidanzato di Vanda al posto della cannula aspiratrice. E' un'esperienza, sa? Se si supera il primo senso di soffocamento...

Mi rivesto con la vaga immagine negli occhi della cannula aspiratrice di Nelson che me la squarcia mentre io lecco lei. Eh… Cazzo che casino, la macchia al cavallo dei leggings si vedrà. Del resto le mutandine me le ha strappate il brasiliano e non ho un ricambio. Ma a proposito di mutandine...

- Se le può rimettere - le dico porgendogliele dopo averle raccolte da terra - e anche le gambe... sì, insomma, le può allungare sulla poltrona.

- Grazie - mi fa - ehi, che culetto però!

- Ahahahah, beh grazie, se non si hanno tette come le sue su qualcosa bisogna puntare, ahahahah...

- Non mi butterei tanto giù - risponde allungando una mano e pinzando il capezzolo in rilievo sotto la maglietta.

Ce li ho piccolini, ma sono due autentici maniaci, vi assicuro, maniaci e esibizionisti. Stringe un pochino fino a procurarmi quel dolore che ti fa desiderare di averne un po' di più. Faccio "ahi" mentre avverto la scarica calda e un nuovo senso di schiusura. Cazzo, così proprio non va bene. Per i miei leggings, intendo, per il resto andrebbe benissimo. Lei se ne accorge e sorride ironica, porta la mano giù in mezzo alle gambe, a sentire l'umido sui polpastrelli. Inspiro forte per dominarmi, per fortuna la mano passa altrove, passa leggera sul sedere, segue la fenditura tra le natiche.

- Il fidanzato di Vanda si è divertito anche qui? - domanda.

- Scherza? Ahahahah, a quest'ora stavo al pronto soccorso, mica dal dentista! Però vedo che ha colto le allusioni, non l'avrei detto...

- Le ho colte, le ho colte...

- Beh, io scappo - le dico dopo essermi sistemata lo zainetto - arrivederci signora Lucrezia, è stato un piacere.

- Arrivederci Annalisa, anche per me... ma, un attimo, scusa una cosa, sei certa che l'anestesia manterrà il suo effetto?

- Cosa? Ma qua... ah ma sì, ma sì, per un'otturazione basta e avanza.

scritto il
2022-05-27
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