La bella addormentata - Parte 1
di
SleepLover
genere
etero
Cloroformio M/F. Lettura: 20+20 minuti
DISCLAIMER: CONTIENE SCENE DI SESSO NON CONSENSUALE. QUESTA E' UN'OPERA DI FANTASIA, LO STUPRO E' UN REATO ORRIBILE PUNITO CON 6-12 ANNI DI CARCERE.
Milano, 7 febbraio 2022, ore 21
Piccolo.
Quel culo era veramente piccolo, e tondo; perfetto, come non ne esistevano altri. Andrea lo sbir-ciava compulsivamente, con la coda dell’occhio, attraverso lo specchio, mentre sollevava dei piccoli bilancieri nella palestra di provincia in cui andava ogni settimana. Notò che, anche quella volta, quelle natiche erano ben valorizzate dai leggins scuri, di buona marca, che la giovane ragazza portava. Altre volte, invece, erano un po’ nascoste dagli shorts da corsa, che però rivelavano le gambe snelle, dalla pelle leggermente abbronzata e senza imperfezioni. Mentre la guardava, cercando di non farsi notare, osservò che anche la biancheria era stata scelta con cura, visto che si intravedeva nessun segno su quella piccola opera d’arte. Sembrava che la scheda di allenamento della ragazza fosse stata redatta con l’intento di mettere in evidenza quel fondoschiena ipnotico: in quel momen-to, le “candele” da distesa che lei faceva, apparentemente senza nessuno sforzo, gli facevano veni-re la pelle d’oca. I capelli biondi, raccolti in una coda alta, erano sparsi sul tappetino, mentre gli occhi scuri erano concentrati nell’esercizio che continuava a ripetere con innata eleganza. Andrea si costrinse a distogliere lo sguardo, ed a dedicarsi alle sue “alzate laterali”. Ormai era solo per ve-dere lei che, ogni giovedì, si recava in palestra alle 8 di sera. Aveva appurato che lei andava una so-la volta alla settimana; a volte la ragazza non si presentava a quello che lui considerava il loro ap-puntamento, ed una parte della testa di Andrea provava sollievo nel non alimentare quella che per lui stava diventando un’ossessione.
Aveva tentato qualche timido approccio in passato, ma lei gli aveva fatto intuire, con tatto e genti-lezza, che non era interessata. Non si era stupito: non era mai stato bravo con le ragazze, ed in ge-nerale neanche con le persone, motivo per il quale la sua vita sociale era limitata a poche parole con i colleghi in pausa pranzo. Ma l’impresa sarebbe stata difficile per chiunque: Andrea aveva no-tato, con iniziale irritazione, qualche tentativo di abbordaggio da parte di ragazzi più giovani e più muscolosi di lui, ma lei aveva sempre dimostrato di preferire la tranquillità della solitudine. In compenso, un giorno era riuscito a sbirciare il nome della ragazza, Alice, sulla scheda che aveva la-sciato in entrata, ed aveva trovato alcune foto sui social: in palestra a pattinare, con le compagne di università, al mare. A queste ultime aveva saputo come dedicare la giusta attenzione.
Andrea vide la coda bionda dondolare verso gli spogliatoi, e cercò con un ultimo sguardo quel se-dere unico. Alice stava per andare sotto la doccia. Andrea cominciò a chiedersi se sarebbe stato possibile installare una microcamera nella doccia della palestra. L’idea glielo fece rizzare in pochi secondi, e dovette sedersi immediatamente per salvarsi dall’imbarazzo.
Milano, 14 marzo 2022, ore 22
Le giornate cominciavano ad intiepidirsi, ma la sera era ancora fresco. Andrea respirava l’aria friz-zante nel vicolo buio. Aveva capito subito che l’idea della telecamera non era attuabile ma, da quel giorno, non era riuscito a fare altro che pensare a come averla.
Indossava un passamontagna, che aveva comprato anni prima per andare in moto. Era riuscito a procurarsi il cloroformio su internet, pagandolo in bitcoin e facendolo recapitare ad un punto di ri-tiro per rimanere anonimo. Lo aveva provato: prima sul suo gatto, che si era risvegliato poco dopo, e poi anche su lui stesso, per stimare la dose corretta da usare. Il risveglio dal torpore era stato un po’ lento, ma la sostanza funzionava.
Aveva verificato che la ragazza, che tornava a casa a piedi, come scorciatoia faceva un breve per-corso, circa 100 metri, lungo una strada poco frequentata e male illuminata. Era lì che stava appo-stato, nascosto all’imboccatura di una laterale pedonale, con le spalle appoggiate al muro, a pochi metri dall’auto parcheggiata lungo la strada. Il cuore gli batteva forte: durante il giorno aveva avu-to continue erezioni, al pensiero di ciò che stava per succedere, ed ora ce l’aveva duro da diversi minuti. Ma doveva mantenere alta la concentrazione: lei poteva passare da un momento all’altro, sul marciapiede della strada principale, e lui avrebbe avuto pochissimi istanti per agire. Stringeva il fazzoletto imbevuto di cloroformio nella mano destra, respirava lentamente e teneva lo sguardo fisso verso la strada. I suoi sensi erano acuiti dall’adrenalina del momento.
Improvvisamente, dei capelli biondi. Lei camminava tenendo lo sguardo basso, e non si accorse che gli stava passando accanto. Lui esitò per un momento, poi si lanciò in avanti e la afferrò da dietro, cingendole il petto con il braccio sinistro. La ragazza, colta di sorpresa, gridò e cercò di girarsi verso di lui; Andrea, con grande lucidità, riuscì a premerle immediatamente il fazzoletto sulla bocca, per zittirla. Alice cominciò a divincolarsi ed a scalciare; ma non c’era nessuno che poteva sentire le sue urla spaventate, attutite dal fazzoletto. Andrea riuscì, con la mano sinistra, ad afferrare il sottile braccio destro ed a tenerla stretta a sè. Lei continuava ad agitarsi come un’anguilla, strattonando il suo braccio e dimenando la testa per cercare di liberarsi dal fazzoletto. Andrea viveva quei mo-menti concitati come in un sogno: mentre lei si contorceva, scalciando e sgomitando, lui immagi-nava i suoi occhi scuri ed aspirava il profumo dei suoi capelli appena lavati. Dopo lunghi secondi, Andrea percepì che il vigore di lei stava lentamente scemando: le sue grida, soffocate dal panno, gli sembravano gemiti di piacere… lui le lasciò andare il braccio e spostò la mano verso il ventre piatto della donna, spingendo le sue natiche contro il suo inguine. Alice si divincolava ed ansimava come un animale in trappola, strofinando ora il suo posteriore da sogno contro il sesso, durissimo, di Andrea. “Forse lo sta facendo apposta”, pensò lui: mentre lei, scalciando, muoveva le anche con-tro il suo cazzo, Andrea poteva distinguere al tatto le due piccole natiche e la fessura fra di esse. Nonostante immaginasse quel momento da giorni, le sensazioni che provava erano meravigliose ed incredibilmente intense: aveva fatto benissimo a mettersi dei pantaloni della tuta leggeri, senza i boxer. Dovette però concentrarsi per non rischiare di venire immediatamente, con quei glutei morbidi che strusciavano animosamente contro il suo membro.
Il cloroformio cominciava a fare effetto: Andrea percepì che le gambe della ragazza stavano comin-ciando a cedere, mentre i suoi movimenti si facevano più irregolari ed i suoi gemiti spaventati più sommessi: cominciava a pregustare il prosieguo della serata. La accompagnò a terra mentre lei scivolava in ginocchio; lui era ancora in piedi ed ora il suo cazzo premeva sulla sua nuca.
Ma fu proprio in quel momento che, da distante, vide dei fari avvicinarsi. In un secondo prese la decisione di non rischiare: la lasciò andare sull’asfalto del marciapiede e tornò a nascondersi nel buio del vicolo. “Cazzo”, pensò. Non ce l’aveva fatta, ma forse era meglio così: erano stati gli istanti più intensi della sua vita, e li aveva vissuti con lei; ora come ora non rischiava troppo di essere sco-perto e, se anche fosse successo, si sarebbe preso al massimo qualche mese per aggressione, con la sospensione condizionale della pena.
Ma l’auto passò oltre senza fermarsi; forse il guidatore aveva pensato che fosse un’ubriaca, oppure non l’aveva proprio vista. Andrea fece capolino dal suo nascondiglio, e vide che la ragazza, che gli dava le spalle, ora gemeva stando carponi, cercando di rialzarsi. La luce di un lampione lontano brillava sul suo posteriore perfetto, a forma di cuore, che Andrea non aveva mai visto in maniera così nitida.
Si avvicinò, si inginocchiò dietro di lei e la ascoltò ansimare. Si inginocchiò e la afferrò per il petto, tirandola verso di sé; la sua testa era ora contro la sua bocca. Inspirò nuovamente il suo profumo inebriante. Lei, pur confusa dai fumi dell’anestetico, cercò di girarsi, ma da quella posizione non poteva vederlo; e comunque il passamontagna proteggeva la sua identità.
Stava cercando di parlare. “Lasciami… chi sei…”, disse con la voce impastata dal cloroformio e dal-la paura. Andrea non poteva rispondere, o avrebbe rischiato di essere riconosciuto. Avrebbe voluto rassicurarla: sarebbe andato tutto bene, avrebbero solo passato una serata assieme. Toccandole in seno, le appoggiò nuovamente il fazzoletto sulla bocca. Lei gli afferrò disperata il polso e ricomin-ciò a scuotere la testa per liberarsi, ma le sue membra erano ormai deboli e le sue grida sembra-vano soffocati lamenti di piacere. Mentre Andrea la teneva stretta a sé, udiva i suoi gemiti diventa-re sempre più stanchi finché, dopo un ultimo sussulto, il suo corpo si abbandonò completamente fra le sue braccia. Andrea, sudato, chiuse gli occhi, ascoltò finalmente il silenzio ed abbracciò forte la sua innamorata.
Il calo di tensione lo fece subito tornare in sé. Si rese conto di essere lungo la strada, mascherato dal passamontagna, con una ragazza svenuta fra le braccia. Doveva sparire immediatamente. Si alzò, rendendosi conto che il corpo privo di sensi della ragazza, pur essendo così esile, scivolava da tutte le parti ed era difficile da trasportare. Riuscì comunque in pochi secondi ad aprire l’auto e a caricarla nel bagagliaio. Raccolse anche la sua borsa e, dopo essere montato in auto, si tolse im-mediatamente il passamontagna. Si diresse quindi verso la Brianza, dove aveva preso in affitto, da diverse settimane per non destare sospetti, una piccola casa singola. Mentre guidava, si sentì inva-dere da una lucida euforia; mentre ascoltava la radio a basso volume, un largo sorriso si stampò sul suo viso.
Raggiunse la sua destinazione dopo una mezz’ora. Parcheggiò nell’ampio garage e chiuse il bascu-lante. Non sentiva nessun suono provenire dal bagagliaio; si sentì quindi sicuro ad aprirlo. La sua involontaria passeggera era lì, dormiente. Se la caricò in spalla, stavolta più agevolmente, ed entrò in casa attraverso la porta di servizio. La portò nella camera, arredata con sobrietà; aveva prepara-to il letto matrimoniale con delle lenzuola chiare e pulite, sulle quali adagiò il corpo esanime di Alice, a pancia in su e con le braccia lungo i fianchi. Si sedette sul bordo del letto e la osservò, per qualche istante.
Era ancora in tempo per fermarsi, prima di fare cose che gli sarebbero potute costare care. Ma poi osservò quel corpo esile, le gambe sottili, il viso rilassato nel sonno con le labbra socchiuse. La ac-carezzò sulle guance, e decise che con Alice era giusto arrivare fino in fondo.
Andrea aveva preparato in camera uno stereo con alcuni CD che aveva scelto con cura: una sele-zione di cantautori italiani, una compilation di musica classica, un album di un gruppo di musica elettronica. Aveva pensato che avrebbe deciso sul momento quale ascoltare, ma alla fine pensò che avere una colonna sonora sarebbe stato di cattivo gusto, e preferì ascoltare il respiro regolare di Alice, che lo aspettava mansueta.
Si tolse il k-way e prese la polaroid che aveva comprato per l’occasione per scattare qualche foto da diverse angolazioni: non poteva fare a meno di un ricordo, ma usare il cellulare sarebbe stato da veri stupidi. Guardò le immagini e pensò che non avevano nulla a che fare con l’originale, ma che erano meglio di niente. Con un sospiro, decise quindi di procedere oltre.
Cominciò subito togliendole le scarpe da ginnastica. Non era un feticista dei piedi, ma toglierle il primo indumento gli diede comunque un brivido. Quando le tolse i fantasmini, sfiorando le sue ca-viglie, sentì subito il pisello tornargli duro; ormai gli faceva quasi male, a causa delle numerose erezioni che si erano susseguite durante quella serata. Si sentì un po’ impacciato mentre le toglieva il giubbino: lui stava comodo sul bordo del letto, ma per levarglielo doveva tenerla seduta, mentre il suo corpo inanimato continuava a cadere in avanti e di lato. Alla fine, riuscì a farle appoggiare la testa sulla sua spalla e, tenendola ferma, liberò le braccia dalle maniche e la rimise stesa, per poi scattare un altro paio di istantanee.
Indugiò poi con lo sguardo sul suo bel viso, le labbra sottili, e le accarezzò i capelli, questa volta sciolti, sparsi disordinatamente sul cuscino. Con la mano scese poi lungo il collo, fra i seni, sulla pancia, giù fino all’inguine. Non poteva resistere: con entrambe le mani, afferrò i leggins e glieli abbassò. La sensazione della sua pelle morbida sulle dita lo emozionò. Prima di toglierli comple-tamente, con una mano le accarezzò una coscia, la guardò nuovamente in viso e sentì una lacrima scendergli lungo la guancia. Strizzò gli occhi e scosse la testa per svegliarsi da quella specie di tor-pore momentaneo; sfilò completamente i leggins e li appoggiò sul comodino. Andrea si alzò e, al-lontanandosi di qualche passo, coprì con la mano alla sua vista il busto di Alice: ora ne vedeva solo le gambe, nude, ed il viso, ed immaginò ciò che stava per godersi. Tornò dalla sua ospite e le tolse la felpa, sfilandola dalla testa, e la maglietta. Ora Alice aveva solo il reggiseno sportivo e le mu-tandine. Con lo sguardo, Andrea accarezzò i piccoli piedi, le gambe affusolate, il delicato monte di Venere, la pancia piatta e leggermente incavata, sulla quale però non si vedevano i muscoli addo-minali; le ossa del bacino sporgevano leggermente, così come le ultime due costole. Il seno era piccolo, ma c’era. Il collo era bianco e delicato, il viso giovane, senza trucco. Fece in fretta altre fo-to: questa operazione toglieva un po’ di magia al momento, ma doveva farlo, e con cura, per non avere rimpianti in seguito.
A questo punto, la sua voglia era alle stelle, ma voleva gustarsi ogni istante al massimo. Cosa avrebbe fatto, adesso? Aveva pensato a lungo alla scaletta di quella serata, ma alla fine aveva de-ciso che era meglio improvvisare. Andrea era ancora vestito, ma non voleva spogliarsi completa-mente, non era ancora il momento. Si tolse quindi scarpe, calze e maglietta, rimanendo a petto nudo, e si stese accanto ad Alice, osservandone da vicino il profilo delicato. La sua espressione sembrava serena, il suo petto si alzava e si abbassava lentamente. Andrea si era fatto la doccia per prepararsi alla serata, sperava di non aver sudato troppo ora che era quasi giunto il momento di stare assieme. Appoggiò la mano sul suo ventre piatto, chiudendo gli occhi per ascoltare il suo re-spiro. Fece scendere lentamente la mano verso il monte di Venere: percepiva lo spessore degli ad-dominali diminuire man mano che si avvicinava alle mutandine. Appena ne toccò il bordo, si sforzò di fermarsi. Aprì gli occhi e decise che era giunto il momento di gustarsi il piatto forte. Si alzò in piedi e, tirando senza sforzo il braccio destro e l’interno della coscia destra della ragazza, girò il corpo asciutto di Alice sul fianco destro. Si fermò ad osservare il suo premio. La posizione rannic-chiata, e le mutandine nere brasiliane, davano una visuale perfetta su quel culo, un piccolo spetta-colo che la Natura gli offriva. Per diversi secondi, Andrea si sentì smarrito. Appena si riprese, con-trollò il viso di Alice, che continuava a riposare tranquilla. Si accucciò ai piedi del letto e, con la punta delle dita, sfiorò la pelle delle cosce lisce, per poi arrivare alle natiche. Le accarezzò poi con il palmo della mano, ed infine le strizzò leggermente. La sua commozione era sempre maggiore, e la sua eccitazione era più grande di quanto lui riteneva possibile. La posizione di lei era incredibil-mente provocante: scomposta, su un fianco, le gambe leggermente rannicchiate, ma non allineate, che lasciavano scoperto l’interno coscia e facevano intravedere lo slip fra le gambe. Parlò un po’ con lei. “Alice, sei la ragazza più bella del mondo. Stasera staremo insieme, e se vorrai, lo faremo… stasera e tutte le volte che ci va” Stavolta, decise di prendersi il tempo per fare diverse foto; fortu-natamente si era premunito con abbondanti fogli fotosensibili.
Dopo averle slacciato il reggiseno, senza toglierglielo, sentì il respiro di lei farsi più irregolare; le sue palpebre tremolarono, e le gambe si mossero leggermente. Si stava svegliando. Andrea non si turbò molto, visto che aveva sperimentato il processo e sapeva che aveva almeno un paio di minuti per agire. La osservò silenziosamente, con eccitazione, mentre lei si sforzava di aprire gli occhi e di cambiare posizione, tremando leggermente. Le sue gambe strusciavano fra loro; Andrea osservò in particolare i suoi piccoli piedi muoversi con eleganza, mentre imbeveva nuovamente il fazzoletto con il cloroformio. Alice, mugolando, era riuscita a rimettersi supina, portandosi una mano alla tempia e ondeggiando lentamente le gambe slanciate. Cercava di dire qualcosa: “Dove…aiuto…” Quando sentì Andrea stendersi su di lei, cominciò a lamentarsi ed a mulinare a vuoto le braccia sottili, aprendo gli occhi scuri. Andrea li guardò, consapevole del fatto che Alice ci avrebbe messo parecchi secondi prima di riacquistare la vista, che durante il risveglio era fortemente sfocata. An-drea era ora disteso su Alice: una gamba fra le sue, l’altra alla sua sinistra. Avvertiva, attraverso la stoffa, la coscia morbida muoversi contro il suo membro eretto; sul suo torace nudo, sentiva la pel-le vellutata della sua pancia e del suo petto. Alice cominciava ad agitarsi con più decisione, ansi-mando e riuscendo ad articolare qualche parola: “Lasciami… perchè…” Andrea la fissò in viso e le bloccò un braccio sopra la testa. Capiva che stava per svegliarsi completamente: con il fazzoletto le coprì quindi la bocca ed il naso, e fissò da vicino i suoi occhi lucidi e terrorizzati. Alice cominciò a gridare attraverso il fazzoletto: “Mmmmm… Mmmmm!” Quelle urla soffocate eccitavano incredi-bilmente Andrea, che si concentrò per percepire i movimenti spaventati del corpo di lei che, bloc-cata dal suo peso, cercava di sfuggire. La gamba sfregava forte sul suo sesso; ma Andrea, guardan-do la ragazza negli occhi vitrei, ed ascoltando i suoi lamenti indebolirsi, capì che ancora una volta le forze la stavano abbandonando: dopo alcuni, ardenti secondi, ne sentì la voce affievolirsi pian piano, e vide i suoi occhi rovesciarsi all’indietro. Quella vista lo eccitò tantissimo, ed egli non potè più resistere: l’ormai fiacco movimento della coscia di Alice contro il suo pube continuava a ma-sturbarlo ed egli, mentre sentiva mescolarsi nella sua testa tutte le emozioni più intense di sem-pre, schizzò nei pantaloni uno dei più violenti orgasmi della sua vita. Quando riaprì gli occhi vide Alice che, con un ultimo mugolìo, socchiudeva le palpebre: un fremito la scosse debolmente men-tre veniva nuovamente meno, ed Andrea, dopo averle tolto il fazzoletto dalla bocca, ne osservò con desiderio il viso rilassato e le labbra socchiuse.
(continua...)
DISCLAIMER: CONTIENE SCENE DI SESSO NON CONSENSUALE. QUESTA E' UN'OPERA DI FANTASIA, LO STUPRO E' UN REATO ORRIBILE PUNITO CON 6-12 ANNI DI CARCERE.
Milano, 7 febbraio 2022, ore 21
Piccolo.
Quel culo era veramente piccolo, e tondo; perfetto, come non ne esistevano altri. Andrea lo sbir-ciava compulsivamente, con la coda dell’occhio, attraverso lo specchio, mentre sollevava dei piccoli bilancieri nella palestra di provincia in cui andava ogni settimana. Notò che, anche quella volta, quelle natiche erano ben valorizzate dai leggins scuri, di buona marca, che la giovane ragazza portava. Altre volte, invece, erano un po’ nascoste dagli shorts da corsa, che però rivelavano le gambe snelle, dalla pelle leggermente abbronzata e senza imperfezioni. Mentre la guardava, cercando di non farsi notare, osservò che anche la biancheria era stata scelta con cura, visto che si intravedeva nessun segno su quella piccola opera d’arte. Sembrava che la scheda di allenamento della ragazza fosse stata redatta con l’intento di mettere in evidenza quel fondoschiena ipnotico: in quel momen-to, le “candele” da distesa che lei faceva, apparentemente senza nessuno sforzo, gli facevano veni-re la pelle d’oca. I capelli biondi, raccolti in una coda alta, erano sparsi sul tappetino, mentre gli occhi scuri erano concentrati nell’esercizio che continuava a ripetere con innata eleganza. Andrea si costrinse a distogliere lo sguardo, ed a dedicarsi alle sue “alzate laterali”. Ormai era solo per ve-dere lei che, ogni giovedì, si recava in palestra alle 8 di sera. Aveva appurato che lei andava una so-la volta alla settimana; a volte la ragazza non si presentava a quello che lui considerava il loro ap-puntamento, ed una parte della testa di Andrea provava sollievo nel non alimentare quella che per lui stava diventando un’ossessione.
Aveva tentato qualche timido approccio in passato, ma lei gli aveva fatto intuire, con tatto e genti-lezza, che non era interessata. Non si era stupito: non era mai stato bravo con le ragazze, ed in ge-nerale neanche con le persone, motivo per il quale la sua vita sociale era limitata a poche parole con i colleghi in pausa pranzo. Ma l’impresa sarebbe stata difficile per chiunque: Andrea aveva no-tato, con iniziale irritazione, qualche tentativo di abbordaggio da parte di ragazzi più giovani e più muscolosi di lui, ma lei aveva sempre dimostrato di preferire la tranquillità della solitudine. In compenso, un giorno era riuscito a sbirciare il nome della ragazza, Alice, sulla scheda che aveva la-sciato in entrata, ed aveva trovato alcune foto sui social: in palestra a pattinare, con le compagne di università, al mare. A queste ultime aveva saputo come dedicare la giusta attenzione.
Andrea vide la coda bionda dondolare verso gli spogliatoi, e cercò con un ultimo sguardo quel se-dere unico. Alice stava per andare sotto la doccia. Andrea cominciò a chiedersi se sarebbe stato possibile installare una microcamera nella doccia della palestra. L’idea glielo fece rizzare in pochi secondi, e dovette sedersi immediatamente per salvarsi dall’imbarazzo.
Milano, 14 marzo 2022, ore 22
Le giornate cominciavano ad intiepidirsi, ma la sera era ancora fresco. Andrea respirava l’aria friz-zante nel vicolo buio. Aveva capito subito che l’idea della telecamera non era attuabile ma, da quel giorno, non era riuscito a fare altro che pensare a come averla.
Indossava un passamontagna, che aveva comprato anni prima per andare in moto. Era riuscito a procurarsi il cloroformio su internet, pagandolo in bitcoin e facendolo recapitare ad un punto di ri-tiro per rimanere anonimo. Lo aveva provato: prima sul suo gatto, che si era risvegliato poco dopo, e poi anche su lui stesso, per stimare la dose corretta da usare. Il risveglio dal torpore era stato un po’ lento, ma la sostanza funzionava.
Aveva verificato che la ragazza, che tornava a casa a piedi, come scorciatoia faceva un breve per-corso, circa 100 metri, lungo una strada poco frequentata e male illuminata. Era lì che stava appo-stato, nascosto all’imboccatura di una laterale pedonale, con le spalle appoggiate al muro, a pochi metri dall’auto parcheggiata lungo la strada. Il cuore gli batteva forte: durante il giorno aveva avu-to continue erezioni, al pensiero di ciò che stava per succedere, ed ora ce l’aveva duro da diversi minuti. Ma doveva mantenere alta la concentrazione: lei poteva passare da un momento all’altro, sul marciapiede della strada principale, e lui avrebbe avuto pochissimi istanti per agire. Stringeva il fazzoletto imbevuto di cloroformio nella mano destra, respirava lentamente e teneva lo sguardo fisso verso la strada. I suoi sensi erano acuiti dall’adrenalina del momento.
Improvvisamente, dei capelli biondi. Lei camminava tenendo lo sguardo basso, e non si accorse che gli stava passando accanto. Lui esitò per un momento, poi si lanciò in avanti e la afferrò da dietro, cingendole il petto con il braccio sinistro. La ragazza, colta di sorpresa, gridò e cercò di girarsi verso di lui; Andrea, con grande lucidità, riuscì a premerle immediatamente il fazzoletto sulla bocca, per zittirla. Alice cominciò a divincolarsi ed a scalciare; ma non c’era nessuno che poteva sentire le sue urla spaventate, attutite dal fazzoletto. Andrea riuscì, con la mano sinistra, ad afferrare il sottile braccio destro ed a tenerla stretta a sè. Lei continuava ad agitarsi come un’anguilla, strattonando il suo braccio e dimenando la testa per cercare di liberarsi dal fazzoletto. Andrea viveva quei mo-menti concitati come in un sogno: mentre lei si contorceva, scalciando e sgomitando, lui immagi-nava i suoi occhi scuri ed aspirava il profumo dei suoi capelli appena lavati. Dopo lunghi secondi, Andrea percepì che il vigore di lei stava lentamente scemando: le sue grida, soffocate dal panno, gli sembravano gemiti di piacere… lui le lasciò andare il braccio e spostò la mano verso il ventre piatto della donna, spingendo le sue natiche contro il suo inguine. Alice si divincolava ed ansimava come un animale in trappola, strofinando ora il suo posteriore da sogno contro il sesso, durissimo, di Andrea. “Forse lo sta facendo apposta”, pensò lui: mentre lei, scalciando, muoveva le anche con-tro il suo cazzo, Andrea poteva distinguere al tatto le due piccole natiche e la fessura fra di esse. Nonostante immaginasse quel momento da giorni, le sensazioni che provava erano meravigliose ed incredibilmente intense: aveva fatto benissimo a mettersi dei pantaloni della tuta leggeri, senza i boxer. Dovette però concentrarsi per non rischiare di venire immediatamente, con quei glutei morbidi che strusciavano animosamente contro il suo membro.
Il cloroformio cominciava a fare effetto: Andrea percepì che le gambe della ragazza stavano comin-ciando a cedere, mentre i suoi movimenti si facevano più irregolari ed i suoi gemiti spaventati più sommessi: cominciava a pregustare il prosieguo della serata. La accompagnò a terra mentre lei scivolava in ginocchio; lui era ancora in piedi ed ora il suo cazzo premeva sulla sua nuca.
Ma fu proprio in quel momento che, da distante, vide dei fari avvicinarsi. In un secondo prese la decisione di non rischiare: la lasciò andare sull’asfalto del marciapiede e tornò a nascondersi nel buio del vicolo. “Cazzo”, pensò. Non ce l’aveva fatta, ma forse era meglio così: erano stati gli istanti più intensi della sua vita, e li aveva vissuti con lei; ora come ora non rischiava troppo di essere sco-perto e, se anche fosse successo, si sarebbe preso al massimo qualche mese per aggressione, con la sospensione condizionale della pena.
Ma l’auto passò oltre senza fermarsi; forse il guidatore aveva pensato che fosse un’ubriaca, oppure non l’aveva proprio vista. Andrea fece capolino dal suo nascondiglio, e vide che la ragazza, che gli dava le spalle, ora gemeva stando carponi, cercando di rialzarsi. La luce di un lampione lontano brillava sul suo posteriore perfetto, a forma di cuore, che Andrea non aveva mai visto in maniera così nitida.
Si avvicinò, si inginocchiò dietro di lei e la ascoltò ansimare. Si inginocchiò e la afferrò per il petto, tirandola verso di sé; la sua testa era ora contro la sua bocca. Inspirò nuovamente il suo profumo inebriante. Lei, pur confusa dai fumi dell’anestetico, cercò di girarsi, ma da quella posizione non poteva vederlo; e comunque il passamontagna proteggeva la sua identità.
Stava cercando di parlare. “Lasciami… chi sei…”, disse con la voce impastata dal cloroformio e dal-la paura. Andrea non poteva rispondere, o avrebbe rischiato di essere riconosciuto. Avrebbe voluto rassicurarla: sarebbe andato tutto bene, avrebbero solo passato una serata assieme. Toccandole in seno, le appoggiò nuovamente il fazzoletto sulla bocca. Lei gli afferrò disperata il polso e ricomin-ciò a scuotere la testa per liberarsi, ma le sue membra erano ormai deboli e le sue grida sembra-vano soffocati lamenti di piacere. Mentre Andrea la teneva stretta a sé, udiva i suoi gemiti diventa-re sempre più stanchi finché, dopo un ultimo sussulto, il suo corpo si abbandonò completamente fra le sue braccia. Andrea, sudato, chiuse gli occhi, ascoltò finalmente il silenzio ed abbracciò forte la sua innamorata.
Il calo di tensione lo fece subito tornare in sé. Si rese conto di essere lungo la strada, mascherato dal passamontagna, con una ragazza svenuta fra le braccia. Doveva sparire immediatamente. Si alzò, rendendosi conto che il corpo privo di sensi della ragazza, pur essendo così esile, scivolava da tutte le parti ed era difficile da trasportare. Riuscì comunque in pochi secondi ad aprire l’auto e a caricarla nel bagagliaio. Raccolse anche la sua borsa e, dopo essere montato in auto, si tolse im-mediatamente il passamontagna. Si diresse quindi verso la Brianza, dove aveva preso in affitto, da diverse settimane per non destare sospetti, una piccola casa singola. Mentre guidava, si sentì inva-dere da una lucida euforia; mentre ascoltava la radio a basso volume, un largo sorriso si stampò sul suo viso.
Raggiunse la sua destinazione dopo una mezz’ora. Parcheggiò nell’ampio garage e chiuse il bascu-lante. Non sentiva nessun suono provenire dal bagagliaio; si sentì quindi sicuro ad aprirlo. La sua involontaria passeggera era lì, dormiente. Se la caricò in spalla, stavolta più agevolmente, ed entrò in casa attraverso la porta di servizio. La portò nella camera, arredata con sobrietà; aveva prepara-to il letto matrimoniale con delle lenzuola chiare e pulite, sulle quali adagiò il corpo esanime di Alice, a pancia in su e con le braccia lungo i fianchi. Si sedette sul bordo del letto e la osservò, per qualche istante.
Era ancora in tempo per fermarsi, prima di fare cose che gli sarebbero potute costare care. Ma poi osservò quel corpo esile, le gambe sottili, il viso rilassato nel sonno con le labbra socchiuse. La ac-carezzò sulle guance, e decise che con Alice era giusto arrivare fino in fondo.
Andrea aveva preparato in camera uno stereo con alcuni CD che aveva scelto con cura: una sele-zione di cantautori italiani, una compilation di musica classica, un album di un gruppo di musica elettronica. Aveva pensato che avrebbe deciso sul momento quale ascoltare, ma alla fine pensò che avere una colonna sonora sarebbe stato di cattivo gusto, e preferì ascoltare il respiro regolare di Alice, che lo aspettava mansueta.
Si tolse il k-way e prese la polaroid che aveva comprato per l’occasione per scattare qualche foto da diverse angolazioni: non poteva fare a meno di un ricordo, ma usare il cellulare sarebbe stato da veri stupidi. Guardò le immagini e pensò che non avevano nulla a che fare con l’originale, ma che erano meglio di niente. Con un sospiro, decise quindi di procedere oltre.
Cominciò subito togliendole le scarpe da ginnastica. Non era un feticista dei piedi, ma toglierle il primo indumento gli diede comunque un brivido. Quando le tolse i fantasmini, sfiorando le sue ca-viglie, sentì subito il pisello tornargli duro; ormai gli faceva quasi male, a causa delle numerose erezioni che si erano susseguite durante quella serata. Si sentì un po’ impacciato mentre le toglieva il giubbino: lui stava comodo sul bordo del letto, ma per levarglielo doveva tenerla seduta, mentre il suo corpo inanimato continuava a cadere in avanti e di lato. Alla fine, riuscì a farle appoggiare la testa sulla sua spalla e, tenendola ferma, liberò le braccia dalle maniche e la rimise stesa, per poi scattare un altro paio di istantanee.
Indugiò poi con lo sguardo sul suo bel viso, le labbra sottili, e le accarezzò i capelli, questa volta sciolti, sparsi disordinatamente sul cuscino. Con la mano scese poi lungo il collo, fra i seni, sulla pancia, giù fino all’inguine. Non poteva resistere: con entrambe le mani, afferrò i leggins e glieli abbassò. La sensazione della sua pelle morbida sulle dita lo emozionò. Prima di toglierli comple-tamente, con una mano le accarezzò una coscia, la guardò nuovamente in viso e sentì una lacrima scendergli lungo la guancia. Strizzò gli occhi e scosse la testa per svegliarsi da quella specie di tor-pore momentaneo; sfilò completamente i leggins e li appoggiò sul comodino. Andrea si alzò e, al-lontanandosi di qualche passo, coprì con la mano alla sua vista il busto di Alice: ora ne vedeva solo le gambe, nude, ed il viso, ed immaginò ciò che stava per godersi. Tornò dalla sua ospite e le tolse la felpa, sfilandola dalla testa, e la maglietta. Ora Alice aveva solo il reggiseno sportivo e le mu-tandine. Con lo sguardo, Andrea accarezzò i piccoli piedi, le gambe affusolate, il delicato monte di Venere, la pancia piatta e leggermente incavata, sulla quale però non si vedevano i muscoli addo-minali; le ossa del bacino sporgevano leggermente, così come le ultime due costole. Il seno era piccolo, ma c’era. Il collo era bianco e delicato, il viso giovane, senza trucco. Fece in fretta altre fo-to: questa operazione toglieva un po’ di magia al momento, ma doveva farlo, e con cura, per non avere rimpianti in seguito.
A questo punto, la sua voglia era alle stelle, ma voleva gustarsi ogni istante al massimo. Cosa avrebbe fatto, adesso? Aveva pensato a lungo alla scaletta di quella serata, ma alla fine aveva de-ciso che era meglio improvvisare. Andrea era ancora vestito, ma non voleva spogliarsi completa-mente, non era ancora il momento. Si tolse quindi scarpe, calze e maglietta, rimanendo a petto nudo, e si stese accanto ad Alice, osservandone da vicino il profilo delicato. La sua espressione sembrava serena, il suo petto si alzava e si abbassava lentamente. Andrea si era fatto la doccia per prepararsi alla serata, sperava di non aver sudato troppo ora che era quasi giunto il momento di stare assieme. Appoggiò la mano sul suo ventre piatto, chiudendo gli occhi per ascoltare il suo re-spiro. Fece scendere lentamente la mano verso il monte di Venere: percepiva lo spessore degli ad-dominali diminuire man mano che si avvicinava alle mutandine. Appena ne toccò il bordo, si sforzò di fermarsi. Aprì gli occhi e decise che era giunto il momento di gustarsi il piatto forte. Si alzò in piedi e, tirando senza sforzo il braccio destro e l’interno della coscia destra della ragazza, girò il corpo asciutto di Alice sul fianco destro. Si fermò ad osservare il suo premio. La posizione rannic-chiata, e le mutandine nere brasiliane, davano una visuale perfetta su quel culo, un piccolo spetta-colo che la Natura gli offriva. Per diversi secondi, Andrea si sentì smarrito. Appena si riprese, con-trollò il viso di Alice, che continuava a riposare tranquilla. Si accucciò ai piedi del letto e, con la punta delle dita, sfiorò la pelle delle cosce lisce, per poi arrivare alle natiche. Le accarezzò poi con il palmo della mano, ed infine le strizzò leggermente. La sua commozione era sempre maggiore, e la sua eccitazione era più grande di quanto lui riteneva possibile. La posizione di lei era incredibil-mente provocante: scomposta, su un fianco, le gambe leggermente rannicchiate, ma non allineate, che lasciavano scoperto l’interno coscia e facevano intravedere lo slip fra le gambe. Parlò un po’ con lei. “Alice, sei la ragazza più bella del mondo. Stasera staremo insieme, e se vorrai, lo faremo… stasera e tutte le volte che ci va” Stavolta, decise di prendersi il tempo per fare diverse foto; fortu-natamente si era premunito con abbondanti fogli fotosensibili.
Dopo averle slacciato il reggiseno, senza toglierglielo, sentì il respiro di lei farsi più irregolare; le sue palpebre tremolarono, e le gambe si mossero leggermente. Si stava svegliando. Andrea non si turbò molto, visto che aveva sperimentato il processo e sapeva che aveva almeno un paio di minuti per agire. La osservò silenziosamente, con eccitazione, mentre lei si sforzava di aprire gli occhi e di cambiare posizione, tremando leggermente. Le sue gambe strusciavano fra loro; Andrea osservò in particolare i suoi piccoli piedi muoversi con eleganza, mentre imbeveva nuovamente il fazzoletto con il cloroformio. Alice, mugolando, era riuscita a rimettersi supina, portandosi una mano alla tempia e ondeggiando lentamente le gambe slanciate. Cercava di dire qualcosa: “Dove…aiuto…” Quando sentì Andrea stendersi su di lei, cominciò a lamentarsi ed a mulinare a vuoto le braccia sottili, aprendo gli occhi scuri. Andrea li guardò, consapevole del fatto che Alice ci avrebbe messo parecchi secondi prima di riacquistare la vista, che durante il risveglio era fortemente sfocata. An-drea era ora disteso su Alice: una gamba fra le sue, l’altra alla sua sinistra. Avvertiva, attraverso la stoffa, la coscia morbida muoversi contro il suo membro eretto; sul suo torace nudo, sentiva la pel-le vellutata della sua pancia e del suo petto. Alice cominciava ad agitarsi con più decisione, ansi-mando e riuscendo ad articolare qualche parola: “Lasciami… perchè…” Andrea la fissò in viso e le bloccò un braccio sopra la testa. Capiva che stava per svegliarsi completamente: con il fazzoletto le coprì quindi la bocca ed il naso, e fissò da vicino i suoi occhi lucidi e terrorizzati. Alice cominciò a gridare attraverso il fazzoletto: “Mmmmm… Mmmmm!” Quelle urla soffocate eccitavano incredi-bilmente Andrea, che si concentrò per percepire i movimenti spaventati del corpo di lei che, bloc-cata dal suo peso, cercava di sfuggire. La gamba sfregava forte sul suo sesso; ma Andrea, guardan-do la ragazza negli occhi vitrei, ed ascoltando i suoi lamenti indebolirsi, capì che ancora una volta le forze la stavano abbandonando: dopo alcuni, ardenti secondi, ne sentì la voce affievolirsi pian piano, e vide i suoi occhi rovesciarsi all’indietro. Quella vista lo eccitò tantissimo, ed egli non potè più resistere: l’ormai fiacco movimento della coscia di Alice contro il suo pube continuava a ma-sturbarlo ed egli, mentre sentiva mescolarsi nella sua testa tutte le emozioni più intense di sem-pre, schizzò nei pantaloni uno dei più violenti orgasmi della sua vita. Quando riaprì gli occhi vide Alice che, con un ultimo mugolìo, socchiudeva le palpebre: un fremito la scosse debolmente men-tre veniva nuovamente meno, ed Andrea, dopo averle tolto il fazzoletto dalla bocca, ne osservò con desiderio il viso rilassato e le labbra socchiuse.
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