Escape Room - Parte 1/3
di
SleepLover
genere
etero
[Genere: Softcore, Thriller. Lettura: 8+8+8 minuti]
VALENTINA
Si svegliò in una spoglia stanza di ospedale. Una lucina rossa lampeggiava. Percepiva i muscoli intorpiditi, la vista offuscata, la bocca impastata. Poco a poco, la sua mente cominciò a ritrovare la lucidità. Cos'era successo?
Raccogliendo a sé le poche forze che aveva, si mise a sedere sul letto sfatto e si strofinò gli occhi. La vista stava ritornando. Si guardò attorno: forse non si trovava in un ospedale. La stanza, che sembrava ricavata in un prefabbricato, conteneva solo il letto ed era illuminata da una fredda luce al neon. Non vi erano finestre... e non vi erano porte. Lo sgomento la aiutò a svegliarsi completamente. Non c'era la porta.
Dove si trovava? Com'era arrivata lì? Faticava a ricordare. Era andata da Fabio, avevano bevuto un aperitivo, ma dopo non ricordava più nulla.
Si alzò, sulle gambe inizialmente malferme. Era ancora troppo intontita per avere paura. Le sembrava di trovarsi in un bunker. Oltre al letto non c'era nulla, tranne uno specchio. Si fermò ad osservarsi. Valentina era una splendida ragazza: formosa, con riccioli neri che le incorniciavano il bel viso. Indossava una camicetta ed una gonna corta, che aveva messo per la cena con Fabio. Era il loro primo appuntamento: lo aveva conosciuto ad un party di universitari, anche se lui aveva almeno dieci anni più di lei. Lui l'aveva colpita, e quando l’aveva invitata a cena aveva accettato volentieri.
Guardò la luce lampeggiante: indicava una piccola telecamera in azione. L'assurdità della situazione la colpì improvvisamente, come un pugno: ora sentiva la paura salire in lei. Battè i pugni sulle pareti in PVC.
"Voglio uscire!" gridò. "Fammi uscire!" Nessuna risposta. Gridò, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle gli occhi scuri.
Si sedette a terra, cingendosi le ginocchia con le braccia, gli occhi sbarrati davanti a sé. Nonostante il panico si stesse impossessando della sua mente, la raggiunse la sensazione che nell'ambiente che la circondava ci fosse un'anomalia. Respirando forte, Valentina cercò di riprendere il controllo di sé. Guardò meglio la stanza.
Sul pavimento erano evidenti due pannelli quadrati. Si avvicinò. Con circospezione, ne premette uno: si abbassò facilmente, come se fosse un pulsante. Ma non successe niente. Provò con il secondo: ancora niente. Le lacrime stavano tornando a bruciarle gli occhi; ma le asciugò. Premette i due pulsanti in contemporanea; un pannello sulla parete scivolò silenziosamente di lato: era una piccola porta. Con un grido di esultanza si alzò per uscire, ma la porta si chiuse di colpo. La paura cercò di prendere nuovamente il sopravvento, ma lei la scacciò via. Avrebbe trovato una via di uscita.
Premette nuovamente i due pulsanti, facendo ancora aprire la porta che si richiuse quando li rilasciò. Doveva trovare un modo per tenerli premuti. Si guardò intorno: il letto era saldato al pavimento, ed il materasso era fissato al telaio. Guardò lo specchio: non poteva essere rimosso, ma vedendo la sua immagine capì cosa doveva fare. Si tolse le eleganti scarpe nuove e le appoggiò sui due pulsanti. La porta si aprì, e stavolta non si richiuse. Oltre, si vedeva una nuova stanza illuminata dai neon. Valentina raccolse tutto il suo coraggio: dopo aver fissato lo sguardo severo nella telecamera, scalza, oltrepassò la soglia.
Il pannello si richiuse dietro di lei appena fu dentro la nuova stanza, vuota e male illuminata. Presa alla sprovvista, Valentina si girò, cercando di riaprirlo e dandogli poi due pugni. Si guardò intorno, furibonda: vide anche lì una telecamera ed uno specchio; nient’altro, ma su una parete vi erano numerosi anelli. Si rivolse alla telecamera. "Stronzo!" urlò con voce stridula. "Fammi uscire da questo posto di merda!" Appena il suo respiro affannoso si calmò, sentì il sibilo. Da un grosso foro su una parete sembrava uscire del gas. Poteva essere qualsiasi cosa, ma Valentina non voleva scoprirlo. Si guardò intorno: anche stavolta, non c'era niente che potesse usare. "Merda merda merda..." farfugliò, mentre si toglieva i collant. Li appallottolò e li infilò nel buco. Ebbe l'impressione che la fuoriuscita di gas si fosse arrestata, ma ora doveva aprire la porta: aveva individuato un pannello che probabilmente era scorrevole. La chiave, sicuramente, era in quei 25 anelli disposti su 5 file da 5. Ogni anello era contraddistinto da una lettera dell'alfabeto inglese. Provò a tirarne uno: uscì, per una decina di centimetri, legato ad una cordicella. Quando lo lasciò andare, la cordicella e l'anello tornarono al loro posto, richiamati da una molla. Uno alla volta, li provò tutti. Non successe nulla. Forse bisognava tirarne una coppia, come i pulsanti della stanza precedente. Ma stavolta, le coppie da provare erano 300, e lei non aveva tempo per provarle tutte. Pensò quindi alle lettere stampigliate accanto ad ogni anello. Provò i due anelli che rappresentavano la sigla della sua provincia (sempre che si trovasse ancora vicino a casa), ma non successe nulla. Cos’altro poteva provare? Era determinata ad uscire. Forse la trappola era stata preparata esplicitamente per lei? Provò con le sue iniziali... niente. Lanciò un'occhiata alla telecamera, che lampeggiava beffardamente. Chi la stava guardando? Avrebbe provato la coppia V-F... Valentina e Fabio. Tirò entrambi gli anelli, ed il pannello si aprì su una terza stanza. ma anche questa volta la porta rimaneva aperta soltanto finchè le cordicelle erano tirate. "Merda", disse un'altra volta. Si tolse la camicetta, mente lo specchio la rifletteva con addosso solo il reggiseno della terza taglia. Legò le due maniche della camicia ai due anelli, tenendo tese le cordicelle: la porta ora rimaneva aperta. Valentina, seminuda, guardò nella telecamera, mostrando il dito medio, probabilmente a Fabio, e si avventurò nella nuova stanza, sentendo la porta chiudersi alle sue spalle.
Pensava di sapere cosa aspettarsi da questa terza stanza, ma c'era una novità. Alcuni schermi mostravano le immagini riprese dalle telecamere. Erano sette; due di essi mostravano le stanze che aveva lasciato, in uno c'era lei stessa. E in un altro vi era una ragazza, alta e slanciata, che indossava anch’essa la sola biancheria. Forse, la “F” della stanza precedente non stava per “Fabio”: la ragazza nello schermo era sua sorella Francesca.
(continua...)
VALENTINA
Si svegliò in una spoglia stanza di ospedale. Una lucina rossa lampeggiava. Percepiva i muscoli intorpiditi, la vista offuscata, la bocca impastata. Poco a poco, la sua mente cominciò a ritrovare la lucidità. Cos'era successo?
Raccogliendo a sé le poche forze che aveva, si mise a sedere sul letto sfatto e si strofinò gli occhi. La vista stava ritornando. Si guardò attorno: forse non si trovava in un ospedale. La stanza, che sembrava ricavata in un prefabbricato, conteneva solo il letto ed era illuminata da una fredda luce al neon. Non vi erano finestre... e non vi erano porte. Lo sgomento la aiutò a svegliarsi completamente. Non c'era la porta.
Dove si trovava? Com'era arrivata lì? Faticava a ricordare. Era andata da Fabio, avevano bevuto un aperitivo, ma dopo non ricordava più nulla.
Si alzò, sulle gambe inizialmente malferme. Era ancora troppo intontita per avere paura. Le sembrava di trovarsi in un bunker. Oltre al letto non c'era nulla, tranne uno specchio. Si fermò ad osservarsi. Valentina era una splendida ragazza: formosa, con riccioli neri che le incorniciavano il bel viso. Indossava una camicetta ed una gonna corta, che aveva messo per la cena con Fabio. Era il loro primo appuntamento: lo aveva conosciuto ad un party di universitari, anche se lui aveva almeno dieci anni più di lei. Lui l'aveva colpita, e quando l’aveva invitata a cena aveva accettato volentieri.
Guardò la luce lampeggiante: indicava una piccola telecamera in azione. L'assurdità della situazione la colpì improvvisamente, come un pugno: ora sentiva la paura salire in lei. Battè i pugni sulle pareti in PVC.
"Voglio uscire!" gridò. "Fammi uscire!" Nessuna risposta. Gridò, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle gli occhi scuri.
Si sedette a terra, cingendosi le ginocchia con le braccia, gli occhi sbarrati davanti a sé. Nonostante il panico si stesse impossessando della sua mente, la raggiunse la sensazione che nell'ambiente che la circondava ci fosse un'anomalia. Respirando forte, Valentina cercò di riprendere il controllo di sé. Guardò meglio la stanza.
Sul pavimento erano evidenti due pannelli quadrati. Si avvicinò. Con circospezione, ne premette uno: si abbassò facilmente, come se fosse un pulsante. Ma non successe niente. Provò con il secondo: ancora niente. Le lacrime stavano tornando a bruciarle gli occhi; ma le asciugò. Premette i due pulsanti in contemporanea; un pannello sulla parete scivolò silenziosamente di lato: era una piccola porta. Con un grido di esultanza si alzò per uscire, ma la porta si chiuse di colpo. La paura cercò di prendere nuovamente il sopravvento, ma lei la scacciò via. Avrebbe trovato una via di uscita.
Premette nuovamente i due pulsanti, facendo ancora aprire la porta che si richiuse quando li rilasciò. Doveva trovare un modo per tenerli premuti. Si guardò intorno: il letto era saldato al pavimento, ed il materasso era fissato al telaio. Guardò lo specchio: non poteva essere rimosso, ma vedendo la sua immagine capì cosa doveva fare. Si tolse le eleganti scarpe nuove e le appoggiò sui due pulsanti. La porta si aprì, e stavolta non si richiuse. Oltre, si vedeva una nuova stanza illuminata dai neon. Valentina raccolse tutto il suo coraggio: dopo aver fissato lo sguardo severo nella telecamera, scalza, oltrepassò la soglia.
Il pannello si richiuse dietro di lei appena fu dentro la nuova stanza, vuota e male illuminata. Presa alla sprovvista, Valentina si girò, cercando di riaprirlo e dandogli poi due pugni. Si guardò intorno, furibonda: vide anche lì una telecamera ed uno specchio; nient’altro, ma su una parete vi erano numerosi anelli. Si rivolse alla telecamera. "Stronzo!" urlò con voce stridula. "Fammi uscire da questo posto di merda!" Appena il suo respiro affannoso si calmò, sentì il sibilo. Da un grosso foro su una parete sembrava uscire del gas. Poteva essere qualsiasi cosa, ma Valentina non voleva scoprirlo. Si guardò intorno: anche stavolta, non c'era niente che potesse usare. "Merda merda merda..." farfugliò, mentre si toglieva i collant. Li appallottolò e li infilò nel buco. Ebbe l'impressione che la fuoriuscita di gas si fosse arrestata, ma ora doveva aprire la porta: aveva individuato un pannello che probabilmente era scorrevole. La chiave, sicuramente, era in quei 25 anelli disposti su 5 file da 5. Ogni anello era contraddistinto da una lettera dell'alfabeto inglese. Provò a tirarne uno: uscì, per una decina di centimetri, legato ad una cordicella. Quando lo lasciò andare, la cordicella e l'anello tornarono al loro posto, richiamati da una molla. Uno alla volta, li provò tutti. Non successe nulla. Forse bisognava tirarne una coppia, come i pulsanti della stanza precedente. Ma stavolta, le coppie da provare erano 300, e lei non aveva tempo per provarle tutte. Pensò quindi alle lettere stampigliate accanto ad ogni anello. Provò i due anelli che rappresentavano la sigla della sua provincia (sempre che si trovasse ancora vicino a casa), ma non successe nulla. Cos’altro poteva provare? Era determinata ad uscire. Forse la trappola era stata preparata esplicitamente per lei? Provò con le sue iniziali... niente. Lanciò un'occhiata alla telecamera, che lampeggiava beffardamente. Chi la stava guardando? Avrebbe provato la coppia V-F... Valentina e Fabio. Tirò entrambi gli anelli, ed il pannello si aprì su una terza stanza. ma anche questa volta la porta rimaneva aperta soltanto finchè le cordicelle erano tirate. "Merda", disse un'altra volta. Si tolse la camicetta, mente lo specchio la rifletteva con addosso solo il reggiseno della terza taglia. Legò le due maniche della camicia ai due anelli, tenendo tese le cordicelle: la porta ora rimaneva aperta. Valentina, seminuda, guardò nella telecamera, mostrando il dito medio, probabilmente a Fabio, e si avventurò nella nuova stanza, sentendo la porta chiudersi alle sue spalle.
Pensava di sapere cosa aspettarsi da questa terza stanza, ma c'era una novità. Alcuni schermi mostravano le immagini riprese dalle telecamere. Erano sette; due di essi mostravano le stanze che aveva lasciato, in uno c'era lei stessa. E in un altro vi era una ragazza, alta e slanciata, che indossava anch’essa la sola biancheria. Forse, la “F” della stanza precedente non stava per “Fabio”: la ragazza nello schermo era sua sorella Francesca.
(continua...)
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