Una questione di chimica - parte 1
di
SleepLover
genere
saffico
[Genere: Masturbazione, Lesbo. Lettura: 10+10 minuti]
“Ma - porca - puttana!”, scandì Anna ad alta voce. Se ne erano andati tutti e, una volta tanto, nessuno era lì intorno a giudicarla. Fortunatamente, la macchia sarebbe andata via con un buon lavaggio.
Già dal mattino, Anna aveva capito che sarebbe stata una giornata pesante: la signora delle pulizie era in malattia, ed alcune incombenze erano quindi ricadute su di lei, che lavorava nella segreteria dell’azienda farmaceutica. I ricercatori avevano lasciato tutte le loro porcherie nel laboratorio e se ne erano andati a mangiare, smentendo i clichè sugli scienziati che, innamorati dei loro intrugli e del caffè, lavoravano senza sosta ingoiando piatti take-away davanti al computer. Anna aveva recuperato provette, becher e burette piene di liquidi incolori ma maleodoranti e ne aveva svuotato il contenuto in un capiente bicchiere. Andò verso il lavandino per gettarlo, ma il forte odore le aveva fatto girare la testa; era inciampata su uno straccio lasciato a terra e si era versata addosso una buona quantità di liquido. La camicetta leggera le si era appiccicata al seno.
Disgustata, la prese con due dita e la avvicinò al viso, per annusarla: l’odore di disinfettante era forte e nauseante. Distolse immediatamente il viso, ma purtroppo non aveva modo di cambiarsi mentre era sul posto di lavoro.
Contrariata, decise che avrebbe lasciato il laboratorio disordinato come l’aveva trovato; del resto, non aveva più tempo: doveva andare a prendere Bianca a scuola. Prese le sue cose e uscì sul pianerottolo. Sentendo la testa stranamente leggera, come se fosse brilla, decise di prendere l’ascensore anziché le scale. “Spero che quelle schifezze non fossero pericolose”, pensò, “altrimenti quei fenomeni mi sentiranno!”
L’ascensore scendeva lentamente. Anna cominciò a percepire delle strane sensazioni, ed iniziò a muoversi nervosamente; quando le porte si aprirono, si precipitò fuori con fretta composta. Aveva la fronte velata di sudore. Attraversò impacciata il parcheggio e salì in auto. Chiusa la portiera, si concesse alcuni secondi per calmarsi. Cercò di rallentare il respiro, mentre si sentiva, in maniera apparentemente immotivata, come se avesse le farfalle nello stomaco. Cosa le stava succedendo?
Si sistemò i capelli scuri guardandosi nello specchietto, poi avviò la macchina e si diresse verso il liceo di sua figlia. Durante il breve percorso, sentì montare una innaturale eccitazione sessuale, mentre un piacevole calore le pulsava fra le gambe. Con difficoltà riuscì a mantenere il controllo sul suo corpo.
Si fermò nel parcheggio della scuola, in attesa di Bianca. Si guardò attorno: decine di giovani ragazzi sciamavano fuori dal portone. La sua eccitazione aumentò, il suo respiro accelerava. Ma la sua attenzione non era attratta solo dagli studenti ma anche, e soprattutto, dalle ragazze. Sorrisi bianchi, pelle liscia, braccia sottili; seni sodi e chiappe tonde. Si sfregò il viso e si guardò la camicetta. La macchia di bagnato era già svanita, l’odore di disinfettante sparito. Ma i vapori che aveva inalato stavano indebolendo le sue inibizioni, e amplificando i suoi desideri più reconditi, mentre la sua ipofisi inondava il suo sangue di cortisolo. La sensazione era piacevole, ma non era certo il momento adatto per avere certe voglie irrefrenabili. Pensò all’ultima volta che aveva fatto l’amore con suo marito, diverse settimane prima: a quarant’anni, purtroppo, si hanno poche energie da dedicare a certe attività. Sentì le guance che si arrossavano. Aveva, sostanzialmente, una gran voglia di fare sesso.
Poi vide lei. Passo elegante, viso giovane, lineamenti affilati, maglietta sportiva e leggins scuri che fasciavano perfettamente due lunghissime gambe. Un culo perfetto, quello che lei aveva sempre sognato di avere. La ragazza, non abbastanza giovane per essere una studentessa, aveva raggiunto l’auto e stava caricando un borsone in bagagliaio. Anna, fingendo di usare il cellulare, la fotografò. Poi la osservò da dietro, mentre armeggiava con il borsone, ancheggiando e dondolando i lunghi capelli biondi. Era bellissima, e l’eccitazione di Anna aumentò in maniera irresistibile. Respirando affannosamente, con le dita, cominciò lentamente a spostare l’orlo della gonna, scoprendosi le cosce. Le sue dita scivolarono verso il suo sesso. Nessuno si sarebbe accorto se lei avesse…
“Ciao ma’ ”, salutò Bianca, entrando in auto.
Anna si ricompose immediatamente. “Ciao Bianca”, rispose.
“Che cosa fai?” disse la ragazza, stupefatta. Anna le aveva stampato un bacio sulle labbra.
“Scusa, io… ecco, una madre non può neanche salutare sua figlia!” borbottò. Controllarsi era sempre più difficile.
“Senti, chi è quella?” chiese Anna, indicando distrattamente la ragazza che entrava in auto.
“Credo sia una supplente di ginnastica”, disse Bianca.
“Come si chiama?” chiese ancora Anna, con finto disinteresse.
“Tutto a posto, ma’?” rispose Bianca, perplessa. La donna avviò l’auto, imbarazzata.
Durante il viaggio, mentre Bianca si lamentava dell’insegnante di arte, Anna dovette concentrarsi per controllare l’orgasmo che stava montando nel suo ventre. Stringeva le cosce fra di loro, e con dei colpi di tosse cercò di dissimulare un paio di gemiti che le uscirono involontariamente, mentre sentiva un piacevole solletico fra le gambe. Lanciò solo un’occhiata alla scollatura di sua figlia, e fu solo concentrando il pensiero sul ricordo della supplente di ginnastica che riuscì ad evitare pensieri impuri su di lei.
Arrivate a casa, liquidò Bianca con veloci istruzioni su cosa scaldare al microonde e si chiuse in bagno. Seduta sul wc, recuperò la foto della giovane professoressa e finalmente fece correre le dita verso la sua vagina, calda e gonfia di desiderio, e dopo pochi secondi liberò un rumoroso orgasmo. Un momentaneo sollievo le fece ritrovare la lucidità.
La mistura che aveva creato involontariamente era un potentissimo afrodisiaco. Se fosse riuscita a ricrearla, sarebbe diventata ricca: fortunatamente, una certa quantità di liquido era ancora nel bicchiere, in laboratorio. Andò in camera e si cambiò la camicetta con una T-shirt pulita, ma il calore fra le cosce tornò a farsi sentire: l’effetto della sostanza non era ancora finito, e l’immagine del culo perfetto di quella ragazza bionda era ancora scolpita nella sua mente. Il solo pensarci le faceva pulsare di piacere il basso ventre.
Doveva trovare delle informazioni su di lei. Guardò velocemente se nel sito della scuola ci fossero notizie sulla donna, ma non trovò nulla. Doveva inventarsi un altro modo, e possibilmente in poco tempo. Le contrazioni impazienti del suo sesso fremente scandivano il tempo che aveva a disposizione. Riguardò la foto che aveva scattato… mentre si sfregava con decisione la figa, vide la targa dell’auto. “Sì!”, pensò. Fece una visura della targa sul sito dell’ACI, al costo di pochi euro. Mentre attendeva la risposta, i minuti passavano lenti: Anna si rotolava sul suo letto, presa da una lussuria adolescenziale e fantasticando di tradire suo marito con quella giovane donna. Il risultato arrivò, ma fu deludente. “Enrico Bissoli?” pensò Anna, contrariata. “Potrebbe essere il padre”, ipotizzò. Speranzosa, fece una ricerca su Google. “Bissoli scienze motorie”. Eccola! L’aveva trovata, negli elenchi delle sessioni di laurea dell’università della sua città.
Francesca Bissoli, 24 anni. Laureata pochi mesi prima.
Anna cercò subito il suo profilo Instagram. Foto in palestra, foto in discoteca, foto in costume… la sua mano stimolava energicamente il suo clitoride. Anna si augurò che Bianca non entrasse nella sua camera, ma ci vollero solo pochi secondi per arrivare nuovamente al climax del godimento. Riuscì solo in parte a soffocare i suoi gemiti di piacere. Ansimando, si rese conto che toccarsi guardando le foto di Francesca non era abbastanza. Avrebbe approfittato dello stato di euforia indotto dalla sostanza che aveva creato. Voleva godere fino in fondo in quel paradiso artificiale. Voleva di più.
“Ma - porca - puttana!”, scandì Anna ad alta voce. Se ne erano andati tutti e, una volta tanto, nessuno era lì intorno a giudicarla. Fortunatamente, la macchia sarebbe andata via con un buon lavaggio.
Già dal mattino, Anna aveva capito che sarebbe stata una giornata pesante: la signora delle pulizie era in malattia, ed alcune incombenze erano quindi ricadute su di lei, che lavorava nella segreteria dell’azienda farmaceutica. I ricercatori avevano lasciato tutte le loro porcherie nel laboratorio e se ne erano andati a mangiare, smentendo i clichè sugli scienziati che, innamorati dei loro intrugli e del caffè, lavoravano senza sosta ingoiando piatti take-away davanti al computer. Anna aveva recuperato provette, becher e burette piene di liquidi incolori ma maleodoranti e ne aveva svuotato il contenuto in un capiente bicchiere. Andò verso il lavandino per gettarlo, ma il forte odore le aveva fatto girare la testa; era inciampata su uno straccio lasciato a terra e si era versata addosso una buona quantità di liquido. La camicetta leggera le si era appiccicata al seno.
Disgustata, la prese con due dita e la avvicinò al viso, per annusarla: l’odore di disinfettante era forte e nauseante. Distolse immediatamente il viso, ma purtroppo non aveva modo di cambiarsi mentre era sul posto di lavoro.
Contrariata, decise che avrebbe lasciato il laboratorio disordinato come l’aveva trovato; del resto, non aveva più tempo: doveva andare a prendere Bianca a scuola. Prese le sue cose e uscì sul pianerottolo. Sentendo la testa stranamente leggera, come se fosse brilla, decise di prendere l’ascensore anziché le scale. “Spero che quelle schifezze non fossero pericolose”, pensò, “altrimenti quei fenomeni mi sentiranno!”
L’ascensore scendeva lentamente. Anna cominciò a percepire delle strane sensazioni, ed iniziò a muoversi nervosamente; quando le porte si aprirono, si precipitò fuori con fretta composta. Aveva la fronte velata di sudore. Attraversò impacciata il parcheggio e salì in auto. Chiusa la portiera, si concesse alcuni secondi per calmarsi. Cercò di rallentare il respiro, mentre si sentiva, in maniera apparentemente immotivata, come se avesse le farfalle nello stomaco. Cosa le stava succedendo?
Si sistemò i capelli scuri guardandosi nello specchietto, poi avviò la macchina e si diresse verso il liceo di sua figlia. Durante il breve percorso, sentì montare una innaturale eccitazione sessuale, mentre un piacevole calore le pulsava fra le gambe. Con difficoltà riuscì a mantenere il controllo sul suo corpo.
Si fermò nel parcheggio della scuola, in attesa di Bianca. Si guardò attorno: decine di giovani ragazzi sciamavano fuori dal portone. La sua eccitazione aumentò, il suo respiro accelerava. Ma la sua attenzione non era attratta solo dagli studenti ma anche, e soprattutto, dalle ragazze. Sorrisi bianchi, pelle liscia, braccia sottili; seni sodi e chiappe tonde. Si sfregò il viso e si guardò la camicetta. La macchia di bagnato era già svanita, l’odore di disinfettante sparito. Ma i vapori che aveva inalato stavano indebolendo le sue inibizioni, e amplificando i suoi desideri più reconditi, mentre la sua ipofisi inondava il suo sangue di cortisolo. La sensazione era piacevole, ma non era certo il momento adatto per avere certe voglie irrefrenabili. Pensò all’ultima volta che aveva fatto l’amore con suo marito, diverse settimane prima: a quarant’anni, purtroppo, si hanno poche energie da dedicare a certe attività. Sentì le guance che si arrossavano. Aveva, sostanzialmente, una gran voglia di fare sesso.
Poi vide lei. Passo elegante, viso giovane, lineamenti affilati, maglietta sportiva e leggins scuri che fasciavano perfettamente due lunghissime gambe. Un culo perfetto, quello che lei aveva sempre sognato di avere. La ragazza, non abbastanza giovane per essere una studentessa, aveva raggiunto l’auto e stava caricando un borsone in bagagliaio. Anna, fingendo di usare il cellulare, la fotografò. Poi la osservò da dietro, mentre armeggiava con il borsone, ancheggiando e dondolando i lunghi capelli biondi. Era bellissima, e l’eccitazione di Anna aumentò in maniera irresistibile. Respirando affannosamente, con le dita, cominciò lentamente a spostare l’orlo della gonna, scoprendosi le cosce. Le sue dita scivolarono verso il suo sesso. Nessuno si sarebbe accorto se lei avesse…
“Ciao ma’ ”, salutò Bianca, entrando in auto.
Anna si ricompose immediatamente. “Ciao Bianca”, rispose.
“Che cosa fai?” disse la ragazza, stupefatta. Anna le aveva stampato un bacio sulle labbra.
“Scusa, io… ecco, una madre non può neanche salutare sua figlia!” borbottò. Controllarsi era sempre più difficile.
“Senti, chi è quella?” chiese Anna, indicando distrattamente la ragazza che entrava in auto.
“Credo sia una supplente di ginnastica”, disse Bianca.
“Come si chiama?” chiese ancora Anna, con finto disinteresse.
“Tutto a posto, ma’?” rispose Bianca, perplessa. La donna avviò l’auto, imbarazzata.
Durante il viaggio, mentre Bianca si lamentava dell’insegnante di arte, Anna dovette concentrarsi per controllare l’orgasmo che stava montando nel suo ventre. Stringeva le cosce fra di loro, e con dei colpi di tosse cercò di dissimulare un paio di gemiti che le uscirono involontariamente, mentre sentiva un piacevole solletico fra le gambe. Lanciò solo un’occhiata alla scollatura di sua figlia, e fu solo concentrando il pensiero sul ricordo della supplente di ginnastica che riuscì ad evitare pensieri impuri su di lei.
Arrivate a casa, liquidò Bianca con veloci istruzioni su cosa scaldare al microonde e si chiuse in bagno. Seduta sul wc, recuperò la foto della giovane professoressa e finalmente fece correre le dita verso la sua vagina, calda e gonfia di desiderio, e dopo pochi secondi liberò un rumoroso orgasmo. Un momentaneo sollievo le fece ritrovare la lucidità.
La mistura che aveva creato involontariamente era un potentissimo afrodisiaco. Se fosse riuscita a ricrearla, sarebbe diventata ricca: fortunatamente, una certa quantità di liquido era ancora nel bicchiere, in laboratorio. Andò in camera e si cambiò la camicetta con una T-shirt pulita, ma il calore fra le cosce tornò a farsi sentire: l’effetto della sostanza non era ancora finito, e l’immagine del culo perfetto di quella ragazza bionda era ancora scolpita nella sua mente. Il solo pensarci le faceva pulsare di piacere il basso ventre.
Doveva trovare delle informazioni su di lei. Guardò velocemente se nel sito della scuola ci fossero notizie sulla donna, ma non trovò nulla. Doveva inventarsi un altro modo, e possibilmente in poco tempo. Le contrazioni impazienti del suo sesso fremente scandivano il tempo che aveva a disposizione. Riguardò la foto che aveva scattato… mentre si sfregava con decisione la figa, vide la targa dell’auto. “Sì!”, pensò. Fece una visura della targa sul sito dell’ACI, al costo di pochi euro. Mentre attendeva la risposta, i minuti passavano lenti: Anna si rotolava sul suo letto, presa da una lussuria adolescenziale e fantasticando di tradire suo marito con quella giovane donna. Il risultato arrivò, ma fu deludente. “Enrico Bissoli?” pensò Anna, contrariata. “Potrebbe essere il padre”, ipotizzò. Speranzosa, fece una ricerca su Google. “Bissoli scienze motorie”. Eccola! L’aveva trovata, negli elenchi delle sessioni di laurea dell’università della sua città.
Francesca Bissoli, 24 anni. Laureata pochi mesi prima.
Anna cercò subito il suo profilo Instagram. Foto in palestra, foto in discoteca, foto in costume… la sua mano stimolava energicamente il suo clitoride. Anna si augurò che Bianca non entrasse nella sua camera, ma ci vollero solo pochi secondi per arrivare nuovamente al climax del godimento. Riuscì solo in parte a soffocare i suoi gemiti di piacere. Ansimando, si rese conto che toccarsi guardando le foto di Francesca non era abbastanza. Avrebbe approfittato dello stato di euforia indotto dalla sostanza che aveva creato. Voleva godere fino in fondo in quel paradiso artificiale. Voleva di più.
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