La hot pot di Hòlmavìk (seconda parte)

di
genere
saffico

Poche battute per inquadrarci geograficamente. Lei è veramente islandese e lavora qui in guest house. Io le spiego che sono giapponese, ma che vivo in Italia, e mi accorgo dalla sua espressione che, rispetto alla sua isola romita, Italia e Giappone non sembrano poi così differenti; probabilmente le sembrano equidistanti.
Sì, qui siamo più vicini alla Groenlandia che alla Scozia o alla Norvegia e, alla sua mente, poca differenza, in fondo, passa tra sud Europa ed estremo oriente.
Il nostro interesse è reciproco e mi sorprendo a considerare che lei è nata e vive su un’isola agli estremi confini occidentali dell’Europa, mentre io provengo, come i miei lineamenti narrano, da un’isola agli estremi confini orientali dell’Asia.
Un paio di spanne di cartina geografica ci separano, eppure ora siamo così vicine da percepire i diversi sentori delle nostre pelli.
E le differenze cromatiche appaiono magnificate. La mia sfumatura gialla esplode visibile come un’aurora boreale, quasi a contatto con la sua pelle rosa chiaro.
Allargo un braccio dietro alla sua testa e continuiamo a chiacchierare mentre sotto il livello dell’acqua, con le dita le accarezzo una spalla.
Fra poco inizierà il turno in cucina e servizio tavoli della guest house e si è concessa un breve e tonificante momento di relax prima del lavoro.
Le mie carezze fanno effetto e la giovane nord europea mi guarda con rapito desiderio mentre il suo corpo è scosso da piccoli brividi al contatto con le mie dita che la toccano sulla spalla come tentacoli di un aneone di mare.
Lei mi si stringe contro e con il braccio l’avvolgo e me la avvicino facendo aderire i nostri corpi.
Mi chiedo come sia la vita affettiva e sentimentale di questa ragazza cui palesemente piacciono le donne, come possa una lesbica esprimere e realizzare le proprie pulsioni in un paesino di un centinaio di anime in cui, mi appare ovvio, non ha una compagna.
Sperduta in un grumo di case disperso in un'isola a metà strada tra l'Europa continentale e i ghiacci polari.
Avrà mai avuto esperienze saffiche dal vivo? Avrà mai preso contatto con un'altra ragazza con un orientamento sessuale simile al suo qui in Islanda? E a quante altre donne avrà avuto occasione di fare le sue timide avances? Quante volte sarà stata rifiutata prima di incontrare me, una donna solo di passaggio che accetta le sue confidenze?
Vengo presa da una pulsione irrefrenabile, un istinto di protezione quasi materno e me la stringo al corpo. Con una mano le cingo i fianchi e con l'altra le prendo la nuca e avvicino il suo volto al mio.
Con delicatezza le bacio una guancia, poi uno zigomo, poi l'angolo dell'occhio, quasi in punta di cristallo.
Il suo sguardo si allarga in un'espressione di deliquio di tenerezza.
Cerca di baciarmi sulla bocca, ma poi, presa da un improvviso timore, mi tocca solo sul margine delle labbra.
Sono io, allora, ancora una volta, che devo dirigere la sinfonia, e inizio a sfiorarle le labbra con le mie; poi mi ci soffermo e la bacio, avvertendo, con la mia bocca, la cedevolezza morbida del suo bocciolo.
Le nostre labbra si uniscono, lentamente si schiudono e le lingue si toccano.
Meravigliosa superficie, impagabile sensazione la lingua di un'altra donna nel momento del primo bacio.
Se la piccola islandese sembra non avere proprio esperienza con le donne, almeno sa baciare e presto la stringo al mio volto e ci concediamo un lungo bacio alla fiorentina (il vero nome del bacio alla francese).
Sott'acqua le nostre mani si stringono, ma presto lascio la sua per prenderle un seno e accarezzarlo apprezzandone la giovane consistenza.
Quando la tocco lei ha un improvviso sussulto e mi si stringe ancora più addosso spingendo la sua lingua nella mia bocca.
La sua tetta è grossa, tonda e soda e le mie dita ci affondano con un piacere indicibile.
Con l'indice le strofino il capezzolo che sento già duro e sporgente e immediatamente dopo trovo la strada sotto il suo reggiseno per percepire direttamente sui miei polpastrelli la sua esplosiva eccitazione.
Lei ancora si attarda sul mio ventre, affondando le unghie nella mia pancia e sono io a prenderle la mano e indirizzarla verso i miei slip.
Ma lei mi sfiora soltanto attraverso il costume mentre sporgo la vulva verso la sua mano per invitarla a penetrarmi.
Con l'altra mano mi accarezza, avvolgendomi la schiena, ma non osa.
Il bacio finisce e restiamo a respirarci addosso, la punta del mio naso di fianco e a contatto con la sua, le nostre labbra ancora appoggiate sul tepore della bocca una dell'altra.
“Non ho fatto mai sesso con una donna” mi confida con un lieve sussurro.
“L'avevo intuito” le rispondo staccandomi da lei. Ci guardiamo negli occhi, vicinissime ed emozionate, e sotto il suo sguardo mi slaccio il reggiseno, lasciando le spalline al loro posto. Voglio che sia lei a spogliarmi, a scoprire il mio petto.
Lei infila la sua mano sotto le coppe e mi prende una tetta in mano, sollevandola con religiosa attenzione, come se maneggiasse una antica reliquia.
Resta a contemplarla, incuriosita dal mio capezzolo del colore del cioccolato, così diverso da quanto forse si aspettava.
Io fremo delle carezze di questa ragazza inesperta forse al suo primo contatto col seno di un'altra donna e, ad occhi chiusi, apro le labbra sporgendo la lingua, invitandola a un nuovo contatto tra le nostre umide fiammelle.
Lei prende fiducia e mi bacia ancora mentre mi spreme il seno; io infilo le dita nei suoi slip soffermandomi sui suoi peli, corti e soffici nell'acqua calda e protettiva.
Basta così poco e già Hjalta inizia a sospirare. I miei sono solo sfioramenti superficiali, ma ottengono un effetto esplosivo sulla ragazza, risultato che posso ponderare sentendola stringere la mia tetta tra le sue dita.
Serra le unghie e scioglie la presa in languide carezze. La sua lingua è un vortice nella mia bocca, ma lentamente la addomestico e le impongo il mio ritmo più pacato e carezzevole. Con la punta della lingua cerco la sua e strofiniamo le nostre appendici amorose come le alucce di un insetto al risveglio mattutino.
Poi la avvolgo e mi spingo verso la sua gola per sentire il sapore della sua saliva e darle modo di assaporare il mio, con un movimento accerchiante e grave come il suono di un oboe.
Con estrema facilità le slaccio il reggiseno e la cosa la stupisce rubandole una piccola risata. Come poteva non aspettarsi che anche ad occhi chiusi e con tre sole dita, dietro alla sua schiena, non sarei riuscita ad assediare il suo reggipetto?
Solo una breve pausa, perchè le dita dell'altra mano, abbandonato il soffice velluto sul suo monte di Venere, sono già scese tra le sue cosce trovando la via tra le grandi labbra per riconoscere la vetta del suo clitoride.
È un vero e prolungato gemito quello che si spegne nella mia bocca mentre sento i suoi fianchi farsi incontro alle mie dita per invitarmi a entrare in lei.
Nonostante l'acqua termale il suo vestibolo sembra bollente, rivestito di morbide secrezioni viscose. Le mie dita scivolano senza difficoltà nel suo pertugio e, stringendomi le cosce sulla mano, con un lungo mugolio strozzato, la piccola islandese raggiunge quello che forse è il suo primo orgasmo provocato dalle carezze di un'altra donna.
La sua stretta sul mio seno diventa quasi dolorosa, mentre la accompagno in quel limbo di rilassamento trapuntato di tenerezza che è quel breve lasso di tempo che segue l'orgasmo. Poi sembra letteralmente sciogliersi tra le mie braccia.
Con le dita ricalco i contorni delle sue piccole labbra, cingendo d'assedio il piccolo baluardo che ne svetta. Brividi e scosse dei suoi fianchi lentamente si spengono riconsegnandomi la giovane vichinga, languidamente arresa e disponibile.
La sollevo e me la porto sulle ginocchia, leggera nel fluido caldo, e continuiamo a baciarci e a palparci le tette in modo più decoroso.
Mi aspetterei a questo punto una sua iniziativa, ma la giovane è proprio alle prime armi e, tra imbarazzo e inesperienza, non prende alcuno spunto verso le mie cosce in paziente attesa, lasciandosi piuttosto avvolgere dai miei baci e dalle mie carezze.
Poi è già ora di andare a lavorare per lei e si alza dalla vasca dimenticandosi di avere il reggiseno slacciato.
Per un attimo contemplo la visione del suo seno, tondo e pieno, con quei capezzoli rosa chiaro che tanto mi stupiscono e mi affascinano nelle donne europee, ma subito Hjalta si copre, scoppiando a ridere, e si rifugia nel suo accappatoio, ritornando ad assomigliare a una orsetta polare.
“Io finisco il turno alle 23” mi sussurra, senza troppe aspettative.
E il suo radioso sorriso mi resta impresso nell'anima quando le rispondo: “Stanza 14, ti aspetto!”
Lei scappa via saltellando a piedi nudi, dimenticando le infradito mentre io resto combattuta se continuare da sola o tenermi la voglia di coccole.
Decido, con un po' di sacrificio, di tenere le mani a posto, pregustando la serata e aspettando il mio compagno, come sempre in ritardo.
Mi ricompongo i capelli, mi tolgo completamente il pezzo di sopra gustando l'acqua direttamente sulle tette e intorno ai capezzoli; mi lascio affondare sul fondo della vasca in cui mi sembra di poter riconoscere l'odore del sesso di Hjalta e resto in attesa del mio compagno olandese.
Direi che, per questa volta, visto l'evolversi delle cose, mi sento di poterlo perdonare.

(fine)
di
scritto il
2022-09-20
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