Frammenti di una donna: le unghie di Flying Kitty
di
Yuko
genere
saffico
A spasso per le vie di Londra, due donne a braccetto.
Ridono, scherzano, si fermano a osservare una vetrina.
Una, dai capelli scuri, un po' più alta, asiatica; l'altra castana, un sorriso radioso, lo sguardo luminoso.
Giovani e innamorate una dell'altra.
E ogni tanto piegano le testa per incontrarsi nella carezza morbida dei loro capelli.
A volte si fermano, si girano una verso l'altra, si guardano e si abbracciano, si stringono affettuose.
Si baciano, incuranti degli sguardi di riprovazione, degli occhi curiosi di maschi di passaggio.
Vengono risucchiate in un laboratorio di decorazione e cura delle unghie.
Eccole, oltre la vetrina. Parlano e sorridono mentre due ragazze inventano ideogrammi sulle appendici cornee delle loro dita.
Sfumature virtuose di smalti profumati sulle unghie delle zampine della gattina.
I suoi artiglietti retrattili vengono domati e ammaestrati da cosmetici dalle tinte variabili.
Lunghe unghie ben curate, capolavoro sugli estremi delle dita allungate, brivido cromatico dopo l'incanto dei polpastrelli che ho apprezzato sulla pelle, che ho sentito affondare nei miei seni e nei miei glutei.
Taglienti come piccoli e micidiali rasoi mi hanno seviziato la pelle della schiena, si sono inoltrate fra i miei capelli quando hanno insidiato la mia nuca.
Mi hanno graffiato mentre la amavo per raccontarmi della violenza delle sensazioni che provava quando le ho strappato un orgasmo e poi un altro ancora.
La mia lingua le ha contate una ad una, quando ho succhiato le sue dita alla ricerca del dieci perfetto.
Le ho condotte sul mio ventre perchè riposassero tra le mie cosce, raccontando alla mia intimità i desideri di una hostess.
Le ho strette tra le gambe quando mi sono contratta al massimo del piacere per trattenerle dentro di me in un abbraccio senza tempo.
Unghie che hanno sedotto il mio clitoride.
Unghie che hanno scalato i miei capezzoli.
Unghie che si sono perse nei sentieri tenebrosi tra i miei capelli.
Ora ritornano vezzose e decorate. Splendono di riflessi e di colori.
Sfumature che dal verde smeraldo sciamano nel blu per terminare in vulcani di indaco.
Guardo le mie unghie e le mostro alla gattina.
Lei apprezza la mia tinta calda e mi fa cenno di estendere il trattamento anche alle unghie dei piedi.
Le ragazze sono già al lavoro. Ci sfilano i sandali e si prendono cura dei nostri piedi.
Scelte di smalti dai colori provocanti. Limette per tornire forme perfette, lenire le asperità.
Sublime sensazione il piccolo pennello che scivola e dà forma, allunga e rastrema.
Io guardo lei, accudita e riverita sulle cime delle sue zampette.
Lei guarda me, in eccitazione crescente per queste carezze sulle mie dita.
Mani gentili trasformano le nostre mani e i nostri piedi in gioielli di giada e d'oriente.
Storie di dragoni e serpenti del celeste impero.
Scaglie policrome di principesse della città proibita pronte per amarsi e concedersi tenerezze.
Soddisfatte paghiamo le gentili commesse e usciamo nel grigiore londinese.
Illuminiamo le nebbie del Tamigi con i nostri piccoli globi incandescenti, meteore colorate e lampi di aurora boreale.
Sempre a braccetto, le teste una contro l'altra, tra un bacio e una risata ci avviciniamo all'hotel in fondo alla via.
“Una stanza per due, please. Letto matrimoniale, se non le dispiace.”
Un inglese fluente, una richiesta esplicitata senza imbarazzo.
“Quanto vi fermate?”
“Poche ore.”
Ridiamo mentre saliamo in ascensore. Una pacca sul sedere, poco prima che le porte si chiudano, fanno strabuzzare gli occhi all'inserviente alla reception.
E ora siamo una di fronte all'altra, nude sul lettone e l'unico indumento che abbiamo addosso è questo smalto che ricopre le estremità delle nostre mani e quelle dei nostri piedi.
Con noncuranza mi guardo le unghie di una mano. L'odore dello smalto è ancora intenso e conturbante.
Nuda, il busto sollevato in posizione seduta; una gamba distesa e l'altra un po' piegata, il mio pelo spettinato e ribelle si impone dove le cosce si uniscono.
“Ti piace il mio smalto, chèrie?”
Chiedo alla mia amante accentuando una pronuncia français molto snob.
Lei mi guarda le mani, mi guarda i piedi. I suoi occhi attraversano il mio corpo soffermandosi sui miei seni e sul mio pube.
Poi sento il ruggito di un felino a caccia, e una pantera in calore si avventa su di me.
Mi ribalta e le sue unghie mi arpionano.
Poi le sue fauci fanno strage delle mie carni.
Ridono, scherzano, si fermano a osservare una vetrina.
Una, dai capelli scuri, un po' più alta, asiatica; l'altra castana, un sorriso radioso, lo sguardo luminoso.
Giovani e innamorate una dell'altra.
E ogni tanto piegano le testa per incontrarsi nella carezza morbida dei loro capelli.
A volte si fermano, si girano una verso l'altra, si guardano e si abbracciano, si stringono affettuose.
Si baciano, incuranti degli sguardi di riprovazione, degli occhi curiosi di maschi di passaggio.
Vengono risucchiate in un laboratorio di decorazione e cura delle unghie.
Eccole, oltre la vetrina. Parlano e sorridono mentre due ragazze inventano ideogrammi sulle appendici cornee delle loro dita.
Sfumature virtuose di smalti profumati sulle unghie delle zampine della gattina.
I suoi artiglietti retrattili vengono domati e ammaestrati da cosmetici dalle tinte variabili.
Lunghe unghie ben curate, capolavoro sugli estremi delle dita allungate, brivido cromatico dopo l'incanto dei polpastrelli che ho apprezzato sulla pelle, che ho sentito affondare nei miei seni e nei miei glutei.
Taglienti come piccoli e micidiali rasoi mi hanno seviziato la pelle della schiena, si sono inoltrate fra i miei capelli quando hanno insidiato la mia nuca.
Mi hanno graffiato mentre la amavo per raccontarmi della violenza delle sensazioni che provava quando le ho strappato un orgasmo e poi un altro ancora.
La mia lingua le ha contate una ad una, quando ho succhiato le sue dita alla ricerca del dieci perfetto.
Le ho condotte sul mio ventre perchè riposassero tra le mie cosce, raccontando alla mia intimità i desideri di una hostess.
Le ho strette tra le gambe quando mi sono contratta al massimo del piacere per trattenerle dentro di me in un abbraccio senza tempo.
Unghie che hanno sedotto il mio clitoride.
Unghie che hanno scalato i miei capezzoli.
Unghie che si sono perse nei sentieri tenebrosi tra i miei capelli.
Ora ritornano vezzose e decorate. Splendono di riflessi e di colori.
Sfumature che dal verde smeraldo sciamano nel blu per terminare in vulcani di indaco.
Guardo le mie unghie e le mostro alla gattina.
Lei apprezza la mia tinta calda e mi fa cenno di estendere il trattamento anche alle unghie dei piedi.
Le ragazze sono già al lavoro. Ci sfilano i sandali e si prendono cura dei nostri piedi.
Scelte di smalti dai colori provocanti. Limette per tornire forme perfette, lenire le asperità.
Sublime sensazione il piccolo pennello che scivola e dà forma, allunga e rastrema.
Io guardo lei, accudita e riverita sulle cime delle sue zampette.
Lei guarda me, in eccitazione crescente per queste carezze sulle mie dita.
Mani gentili trasformano le nostre mani e i nostri piedi in gioielli di giada e d'oriente.
Storie di dragoni e serpenti del celeste impero.
Scaglie policrome di principesse della città proibita pronte per amarsi e concedersi tenerezze.
Soddisfatte paghiamo le gentili commesse e usciamo nel grigiore londinese.
Illuminiamo le nebbie del Tamigi con i nostri piccoli globi incandescenti, meteore colorate e lampi di aurora boreale.
Sempre a braccetto, le teste una contro l'altra, tra un bacio e una risata ci avviciniamo all'hotel in fondo alla via.
“Una stanza per due, please. Letto matrimoniale, se non le dispiace.”
Un inglese fluente, una richiesta esplicitata senza imbarazzo.
“Quanto vi fermate?”
“Poche ore.”
Ridiamo mentre saliamo in ascensore. Una pacca sul sedere, poco prima che le porte si chiudano, fanno strabuzzare gli occhi all'inserviente alla reception.
E ora siamo una di fronte all'altra, nude sul lettone e l'unico indumento che abbiamo addosso è questo smalto che ricopre le estremità delle nostre mani e quelle dei nostri piedi.
Con noncuranza mi guardo le unghie di una mano. L'odore dello smalto è ancora intenso e conturbante.
Nuda, il busto sollevato in posizione seduta; una gamba distesa e l'altra un po' piegata, il mio pelo spettinato e ribelle si impone dove le cosce si uniscono.
“Ti piace il mio smalto, chèrie?”
Chiedo alla mia amante accentuando una pronuncia français molto snob.
Lei mi guarda le mani, mi guarda i piedi. I suoi occhi attraversano il mio corpo soffermandosi sui miei seni e sul mio pube.
Poi sento il ruggito di un felino a caccia, e una pantera in calore si avventa su di me.
Mi ribalta e le sue unghie mi arpionano.
Poi le sue fauci fanno strage delle mie carni.
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