Domenico Cap.: III° Preparatelo

di
genere
prime esperienze

“Andate e preparatelo!” Un gruppetto di donne con zainetto in spalla e un trolley per mano, parcheggiata l’auto, si avvicinò all’abitazione. Suonarono, avvertendo che erano là per Domenico, che a quell’ora stava ancora dormendo. Era stata la madre a voler lasciarlo riposare sino a tardi per non stressarlo per l’ansia dell’attesa. In mutandine, dormiva, quando, chiamato e destatosi, si ritrovò osservato, squadrato da più persone, con la madre in disparte. Ancora insonnolito, interrogante, imbarazzato per trovarsi ispezionato e soppesato da occhi sconosciuti.
“Sveglia ragazzina, non far aspettare chi ti ha preso!” … e agguantatolo per le caviglie lo trascinarono giù dal letto. Con maniere rapide, brusche, sbrigative, lo vestirono con un camicie da paziente, di quelli che si legano al collo e sono aperti sulla schiena; gli sfilarono le mutandine e stesa una cerata, con gesti categorici e autoritari lo fecero stendere a pancia in giù con un buster sotto il pube per mantenergli rialzato il sedere.
“Domenico, loro sanno quello che fanno. Ti stanno preparando perché tu possa incontrare il padrone. Egli ti vuole lavato e mondato dentro e fuori, dietro e davanti.”
“Ehhh, che significa.”
“Ora ti faranno un enema di pulizia. Ti ricordi la peretta che subivi da piccolo? Beh, questa è un po’ più grande. Non lamentarti e consenti alla mistura di acqua tepida, sapone e olio d’oliva di invadere il tuo colon.”
“Che stanno facendo? Vedo …, mi …”
“Te lo stanno ungendo per introdurti quella cannula lunga e flessibile, che hai intravisto, per ricevere l’acqua saponata sino a quando ti sentirai .”
“Uhmmm, … hanffffffffffffffff, anfffffff …!”
“Respira a fondo!”
“Sento l’acqua entrare e fluire. Ohhhhhh, … ohhhh, … però … donne … Sai che … dai sogni …” dal contenitore la linea della mistura scendeva velocemente e si faceva sentire con i primi spasmi, che gli vennero alleviati per il massaggio che una femmina gli faceva al pene e ai testicoli. Si lamentava per le fitte e mugugnava per l’abilità delle mani nel dargli piacere. Prima di farlo scaricare e riportarlo per una ulteriore lavanda, gli fecero bere una caraffa d’acqua, in cui avevano disciolto delle pasticche. Attesa, evacuazione, sollievo, ancora brocca, ancora lassativo. Condottolo in piedi lo esaminavano, lo ispezionavano accertando che in alcuni punti necessitava di depilazione. Tra le gambe sentì un po’ di pressione. Gli chiesero di respirare a fondo e durante l’espirazione la pressione si fece più forte, fino a che il suo ano cedette e sentii un dito entrare per massaggiargli la muscolatura e l’interno. Imbarazzato, turbato, inquieto, con una mano silenziò la voce, mentre con l’altra nascose la sua rigidità inumidita e gocciolante. Fissò la madre per avere indicazioni, ricevendo mute rassicurazioni a pazientare, di accettare e di imparare a godere anche di quelle esplorazioni, di quelle palpazioni e delle scariche d’acqua, prima torbide, poi limpide, che iniziavano a scorrergli giù per le gambe.
“Abbiamo terminato con l’interno addominale. Apri la bocca: mostraci com’è e come sugge. Bene! Non importa se ho le mani sporche dei tuoi rifiuti: non amiamo sottilizzare. Lecca e pulisci! Sbrigati, che abbiamo ancora molto da fare per poter trasformati in puttana. Ora toglieremo quella leggera peluria che principia a farsi vedere. Su, vieni e seguici al tavolino del soggiorno.” Domenico andò dietro alle donne e alla madre che vollero prima fargli una endovena e poi esaminarlo e testarlo inarcato, chinato, a gambe distanziate, con un arto appoggiato al tavolo e successivamente saggiare le sue suzioni o le sue mucose anali. Il farmaco incominciava a dar frutti. La sua pancia borbottava, gemeva, pregava.
“Sali sul tavolo! Carponi, con le ginocchia distanziate! Ti inseriremo un giocattolo vibrante, che gonfieremo per permetterci di rasarti meglio lo scroto, il perineo, le guance del culo e di sbiancarti un po’. Percepirai un impiccio, ma serve. Signora, venga vicino e, a un mio cenno, cerchi di sfilarglielo. Dobbiamo vedere l’anello sfinterico di suo figlio pallido, quasi trasparente. Non si curi dei lamenti.” Gli mostrarono il gingillo grosso come un indice e dopo avergli unto l’ano, lentamente glielo infilarono, senza dargli dolore per mancanza di difficoltà a riceverlo, anzi avvertiva, riconosceva in quella penetrazione con la successiva espansione e dondolio, come quel momento caldo, vivo ed intenso, sperimentato nell’ultimo sogno. Sospirava, ansava, chiedeva e mentre glielo gonfiavano, lui si schiacciava, si comprimeva l’addome, come a voler imprigionare, legare, chiudere dentro le sue viscere quella prima malia. Non rifiutava, non respingeva, anzi non si sottraeva, come se, andando incontro a quell’ inserimento, soddisfacesse un suo bisogno, una sua necessità. Non provava ancora piacere, ma avvertiva solletico, formicolio, brulichio come quello avvertito nelle visioni datogli da piccole larve acquatiche. Senza avvedersene, inconsciamente si tastò scoprendosi completamente glabro, anche al pube e … fortemente eccitato. Constatò di avere una pelle liscia, vellutata, sericea, morbida come quella delle tettine di una ragazzina. Al palparsi, inoltre, rilevò che gli piaceva avvertire le sue mani scorrere, spostarsi e scivolare sul corpo, anche sui capezzolini, che scoprì appuntiti e fortemente sensibili alle carezze o ai pizzicori. Ora, nel proseguo della sua preparazione, come da accordi con il suo futuro padrone, erano le mani della madre con altre, che scivolavano, come anguille viscide, ondeggianti su di lui e, strisciandolo e lisciandolo, gli trascinavano schiume saponate, profumate di sandalo, dal volto ai piedi, soffermandosi sovente a sfiorare o pungere i suoi anfratti più nascosti, creandogli ulteriori stimoli e desideri. Che sensazione avere la madre come guida e madrina alla sua prima con il padrone. Pur sentendosi guardato, spinto da voglie, prese e strinse l’emblema della sua virilità nascente. Il mondo si offuscò, i respiri e i battiti cardiaci aumentarono e lui si ritrovò con le mani impregnate dei suoi profumi. Da annebbiato per il godimento avuto, confuso per gli eccitanti dategli e imbrattato del suo sperma cosparsogli, poi, sul fisico dalla nutrice, s’avvide di un’indicazione. Guidato, spronato e sorretto, accettò di accomodarsi su una sedia con una protuberanza dalle sembianze di un organo.
“Su, piccolo: il tuo padrone sta per arrivare. Fattelo entrare, impallati! Ti rammenti la visione? So che ti piaceva sederti su simile macchina, tanto che ti ritrovasti, al risveglio, l’addome coperto di liquidi viscosi.”
“Sì, ma quello era un sogno e questo … è reale e … sembra quello di un uomo quando … tira.”
“Non temere, entrerà, entrerà! Girati e metti le mani sull’assito della sedia. Lecca, insaliva e pensa quel paletto dentro di te; mentre io con l’aiuto della lingua farò rilassare, distendere, allentare i muscoli del tuo anello. Godi di quello che ti farò e sappi che gli schiavi devono saperlo fare. Ai padroni piace sentirsi penetrare da una lingua calda, scivolosa, delicata.”
“Ohhhhh, sììììììììììììììììììì! È … mamma, ohhhhhhh sìììììììììììììììììììììììì!”
“Voi tre, sollevatelo per le cavità poplitee e per le ascelle, mentre io lo posiziono. Tu, Domenico, spingi come a voler defecare. Ora oliamo questo giocattolo. Voi, calatelo lentamente. Deve sentirsi aprire; deve percepirlo entrare; deve sentirsi invadere; deve imparare a desiderare di sentirsi pieno, saturo per essere … conosciuto a fondo.”
“Ohhh ohh, … sta entrando. Lo sento dentro, sino … Ohhh, sono seduto. Ohhh sìììììììììììììììììììììì, l’ho preso! Mamma, ce l’ho fatta!” Lo avrebbero tenuto su quel piolo finché non fosse stato pronto, gestendone l’equilibrio; per curarne la luminosità delle mani e dei piedi e raffinarne con trasparenze le unghie, le labbra e la corolla anale. Con alcuni ritocchi al volto e alla capigliatura lo avrebbero reso agli occhi di estranei incantevole, un prezioso, raro giocattolo sessuale per adulti.
“Sei meraviglioso, ragazzo! Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Ecciterai e invoglierai alla libidine e alla lussuria anche i morenti. Ora, ragazzino, dopo che ti avremo disarcionato da quella sella, ci darai la tua pipì, che in parte centellinerai a piccoli sorsi, mentre il resto te lo spargeremo sul corpo per impregnarti del suo profumo. Il padrone vuole vederti, conoscerti grondante di rugiada dorata e abbellito da una t-shirt leggera, bianca sinonimo di innocenza e verginità, stretta in vita da un cingolo nodoso, idonea e preparata per favorire la conoscenza e il possesso del tuo didietro. Il cordone, che ti cingerà i fianchi, sarà usato per guidarti, per educarti a servire e, se utile al tuo asservimento, anche per punirti. Come frutto di tua madre sei uno schiavo, per cui, senza saperlo, appartenevi al suo padrone e lo sarai sempre. Sarà lei stessa a consegnarti a lui, dopo che avrai indossato dei calzari idonei a fare risaltare le rotondità e le armoniose linee delle tue natiche.”
“Sei pronto, figlio mio?”
“Sì, mamma! Sento tanti girini che si muovono e corrono, dentro qui. - schiacciandosi la pancia. -“
“Mi fa piacere il sentirti preso, ghermito dal fuoco dell’amore, del sesso che ci brucia, che ci arrostisce come animali allo spiedo!” e sorridendoli lo benedisse e, con un leggero puffetto sulle guance, lo fece calzare dei sandali che davano più flessuosità, più slancio ed eleganza al suo fisico.”
All'imbrunire della sera mentre si alzava la brezza, portando il profumo della giornata appena trascorsa, quel fiore, con i sepali appena dischiusi, fu offerto al padrone per essere da questi collocato nel suo giardino, come bocciolo da annusare, ammirare, godere. Il giovinetto aveva riconosciuto il suo padrone e a lui con movenze e gesti si sottomise.


scritto il
2022-12-03
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