Mai da sole in America Latina

di
genere
dominazione

Mi trovavo in America Latina per lavoro e per questo motivo percorrevo, quotidianamente, molti chilometri con la mia auto. Una sera stavo transitando sulla strada statale che conduceva alla città dove alloggiavo in albergo e ancora avevo molta strada da percorrere, quando improvvisamente fui fermata da una pattuglia della polizia.
Non avevo commesso alcuna infrazione, ma mi chiesero i documenti per un normale controllo. Fui molto imbarazzata quando mi accorsi di averli dimenticati in albergo quella mattina. Dissi agli agenti che avrebbero potuto semplicemente telefonare in albergo, per verificare subito le mie generalità, ma decisero di portarmi alla stazione di polizia.
Dopo pochi minuti giungemmo in un piccolissimo paese, la stazione di polizia era una piccola casa a due piani, entrammo e mi fecero attendere in una stanza. Entrò un poliziotto, salutò i due agenti che ripartivano per il loro lavoro e quindi si rivolse a me chiedendomi di esporre l’accaduto. L’uomo, né bello né brutto, era forse un mio coetaneo e si dimostrò molto gentile, restammo soli in quella casetta di poche stanze e pensai che tutto si sarebbe risolto in fretta e che sarei rientrata in città al più presto.
Il poliziotto mi disse che data l’ora tarda, avrebbe telefonato all’albergo solo la mattina successiva e che avrei dovuto trascorrere lì la notte. Mi si gelò il sangue, ma ancor più quando disse: “Su questa strada transitano molti europei trafficanti di cocaina. Per favore, si spogli completamente! Devo effettuare una perquisizione corporale su di lei.”
Mi opposi con decisione ma desistei subito quando lui appoggiando la mano destra sullo sfollagente che aveva appeso al cinturone, disse: “Per favore, non mi costringa a usare questo, ho l’autorità per farlo.”
Non mi spogliai completamente, ma l’uomo mi ripetè l’ordine e così restai senza neppure un indumento. Si infilò dei guanti in lattice, mi fece allargare le gambe e inclinare in avanti adeguatamente. Sentii le sue dita che mi penetravano, esplorò meticolosamente la mia vagina esercitandovi una certa pressione, lentamente, forse troppo lentamente e pur non volendo iniziai a bagnarmi.
Lui, accorgendosene, ritrasse la mano ed iniziò ad esplorarmi l’ano con due dita, molto esperte e mi dilatò sapientemente. L’ispezione si stava protraendo da un paio di minuti, stavo per godere, mi imposi con tutte le mie forze di non farlo, ma ciò non fece altro che amplificare lo stimolo, ebbi un orgasmo che non riuscii a nascondere e ondeggiando il bacino cercai di ottenere una maggior pressione dalle dita del poliziotto.
Lui terminò subito l’ispezione e, sarcasticamente, disse: “Siete tutte uguali voi europee, non sapete trattenervi e rubate i vostri orgasmi anche ai poliziotti che fanno da soli il turno di notte! Ma sò io come insegnarvi la lezione.”
Poi con fermezza disse: “Adesso vada in quella stanza, si faccia una doccia, troverà tutto l’occorrente!”
Non me lo feci ripetere e facendo la doccia pensai con molta ansia a cosa mi avrebbe fatto e in cosa sarebbe consistita la lezione. Ero molto informata riguardo i metodi delle polizie sudamericane e iniziai a provare paura, pensando che quell’uomo doveva essere estremamente sadico, che mi aveva trattenuta volontariamente in modo da procurarmi l’orgasmo, per poi avere il pretesto per darmi una lezione. Mi immaginai già insanguinata, con naso e denti rotti, con molte contusioni e qualche frattura e speravo di cuore che non avesse osato spegnere alcuni mozziconi di sigaretta sul mio corpo, magari sulle parti intime.
Tutto era possibile, ma ciò avrebbe avuto seguito, appena fossi stata liberata sarei corsa all’ambasciata a denunciare le torture subite e lui avrebbe fatto molti anni di galera. Forse, visto il tipo di uomo che era, non mi avrebbe torturata, ma mi avrebbe costretta a procurargli alcuni orgasmi con la lingua, mi immaginai con disgusto mentre infilavo la mia lunga lingua nel suo ano e lui che mi avrebbe ordinato di muoverla e spingerla più a fondo… Ero terrorizzata, ma per darmi coraggio, mi imposi di pensare che la lezione consisteva nella seconda ipotesi, che era di molto preferibile alla prima.
Terminai di fare la doccia, mi asciugai con un ampio telo usa e getta di carta bianca e indossai una corta vestaglia, senza bottoni, e delle rudimentali calzature, dello stesso materiale e colore.
L’uomo mi chiamò, ordinandomi semplicemente: “Venga!” lo seguii senza dire una parola e se l’avessi fatto, avrei sicuramente balbettato frasi sconnesse.
Mi condusse nel suo ufficio, prese una lunga corda e mi ordinò: “Si distenda su quella scrivania! Dovrò legarla ben stretta!” Sbiancai in volto e iniziai a tremare. Il poliziotto agiva con precisione e sicurezza, certamente non ero la sua prima vittima, passivamente mi feci legare con tecnica molto sofisticata e in pochi minuti mi ritrovai completamente immobilizzata, utilizzando corde di varie misure, mi aveva legato anche le dita delle mani e quelle dei piedi, ogni mia articolazione era bloccata; ero distesa nuda su quella scrivania, con le gambe allargate e le ginocchia che puntavano in direzione del mio seno, in suo completo potere e letteralmente senza poter muovere un solo dito.
Da un cassetto prese una palla in gomma dura e munita di due lacci, me la infilò in bocca legandomela poi dietro alla nuca e da quel momento non avrei più potuto parlare neppure balbettando.
Non osavo più pensare a ciò che stava per accadermi e forse tra pochi istanti sarei morta di paura. L’uomo sembrava rilassato e anche eccitato, aveva perso il suo aspetto marziale, guardò l’orologio e con un tono di voce malizioso disse: “E’ quasi mezzanotte e da adesso alle cinque di domattina avrai molto tempo per riflettere e imparare la lezione. Conoscerai già, credo, i metodi della polizia locale…” e volle ricordarmeli per una ventina di minuti, durante i quali ascoltai di bastonature, bruciature e applicazioni di corrente elettrica, col risultato che mi trovai in preda di un forte terrore, “… però si tratta di metodi ormai in disuso da tempo e che venivano applicati per i reati politici…” istantaneamente mi sentii quasi salva e un po’ più sicura del fatto che sarei riuscita a sopportare qualsiasi altro tipo di lezione, anche per varie ore, “… su di te ho deciso di applicare un metodo nel quale sono un vero esperto, è una vera passione per me, sottopongo a questo trattamento tutte le donne che passano di qui durante il mio turno di notte, purché per me risultino attraenti; non lascio segni di violenze, quindi ho la certezza di non essere denunciato e ti assicuro che la tua vita cambierà dopo che avrai provato…”
Fece una pausa e mi sforzai di immaginare il trattamento senza però riuscirvi “… così immobilizzata, a subire, in modo molto professionale, una lunga ed estenuante seduta di… solletico.”
Il terrore che avevo provato fino ad allora cessò di colpo e se non avessi avuto quella palla in bocca, avrei certamente riso di quello stupido giochino che il poliziotto si accingeva a compiere su di me. Era sicuramente un uomo molto depravato, ma ora avevo la certezza di cavarmela molto bene e ridimensionai notevolmente la sua figura e il suo ruolo, cosa credeva di farmi? Voleva umiliarmi e tormentarmi col solletico?
In fondo il solletico lo conoscevo ed avevo avuto modo di provarlo varie volte, sia da bambina con le amiche che da adolescente, ricevendolo da qualche ragazzo un po’ stupido che arrivando da dietro mi faceva fare un salto pizzicandomi ai fianchi.
Squillò il telefono, restai un paio di minuti da sola e riflettei riguardo alla situazione in cui mi trovavo; pensai che presto sarebbe stata mattina, che avrei dovuto restare rilassata, cercando di dare meno soddisfazioni possibili al poliziotto e che dopo tutto avrebbe potuto capitarmi di peggio.
Però… fino ad allora avevo ricevuto il solletico solo poche volte, per pochissimi secondi, spesso sopra i vestiti e soprattutto avevo potuto muovermi, strillare e anche reagire, mentre adesso i tempi sarebbero stati molto lunghi e così legata e immobilizzata, ero completamente impotente in balia del poliziotto.
Mi imposi di mantenere la mia dignità, per niente al mondo mi sarei fatta dominare dal suo sadico solletico, ma fui cosciente che non sarebbe stato semplice, che avrei provato sensazioni sconosciute delle quali non potevo prevedere le mie reazioni e che indubbiamente sarebbe stato un atroce supplizio.
Il poliziotto terminò la telefonata di lavoro, notai per la prima volta la sua targhetta identificativa, Pablo Gomez, questo era il suo nome; si diresse verso di me ed iniziò a dare sfogo ai suoi istinti, lentamente, con molta calma utilizzò le sue dita sfregandomele delicatamente all’addome. Ebbi un primo sussulto che riuscii abilmente a controllare, facendomi credere di riuscire facilmente a sostenere la situazione, poi, forse vedendomi in vantaggio, decise di dedicarsi ai miei fianchi e io iniziai a fremere, non potevo controllarmi, ma riuscii ancora a non emettere alcun suono, ciò gli avrebbe fatto troppo piacere e io avevo deciso di non cedere.
I miei propositi erano ben fermi, pur soffrendo molto quella tortura ero decisa a restare in silenzio, ciò nonostante, gli stimoli erano sempre più forti e dopo alcuni minuti mi resi conto di essere stata sconfitta e iniziai a gemere pronunciando suoni composti da m, h e a, che però poteva benissimo esser confusa con altre vocali. “mmmmmmhhhaaaaa…. mmaaaahhhhh…….mmmmmmmmmmmmmmmm……….. hhhhhaaaaaaaaaaaaaaaaa…. mmmmmmm…”
Questa era l’unica reazione che potevo permettermi e che pronunciavo in varie tonalità e cadenze.
“Ah… vedo che non sei insensibile ai miei metodi…” disse Pablo, molto soddisfatto di sé “… ma questo è solo l’inizio, ti condurrò in territori inesplorati e sono certo che ti piacerà.”
Mi solleticò ogni centimetro di pelle, utilizzando anche una piuma per le orecchie, il naso e le labbra, avendo molta cura di non avvicinarsi troppo alla zona genitale e risparmiandomi i piedi, che probabilmente erano il suo bocconcino finale.
Adesso fremevo di continuo e mugolavo quasi incessantemente, mi stavo bagnando abbondantemente e compresi che attraverso il solletico, Pablo, voleva eccitarmi sessualmente oltre i miei limiti e ci stava riuscendo in pieno! Avevo la vagina in fiamme e gonfia, nonché la sensazione di avere un palloncino pieno d’acqua proprio lì, inoltre il mio clitoride, dotato di un ampio prepuzio, aveva notevolmente aumentato il proprio volume e inusualmente era uscito dalla propria sede, trovandosi ora eretto e turgido.
Mi resi conto che la mia unica via di sollievo a quel supplizio era quella di avere un orgasmo. Quindi iniziai a contrarre l’ano, ritmicamente, visto che ciò era l’unico movimento adatto allo scopo del quale potevo servirmi.
Stavo per fregare Pablo, ma la sua esperienza era troppo avanzata, infatti si accorse subito di ciò che stavo facendo e bloccò il mio tentativo, che certamente aveva previsto, con una tecnica che utilizzò abilmente e con successo.
Con un apposito divaricatore mi dilatò l’ano, il massimo possibile, i miei muscoli erano completamente stirati e ogni forma di contrazione, seppur minima, era preclusa. Mi sentii perduta e da quel momento in poi avrei solo potuto subire e mugolare, cose che mio malgrado stavo già ampiamente facendo.
Pablo si assentò un momento e al suo rientro mi disse: “Hai dei bellissimi piedi, con un arco molto pronunciato, ben curati e senza neppure un callo…” e infatti mi recavo dalla pedicure anche due volte alla settima, i miei piedi erano veramente ben fatti, calzavo il 35 ed ero molto soddisfatta di essi; quelle parole sembravano essere quasi un complimento, ma ora la mia ipotesi era fondata e trovò riscontro in quella frase, decisi di prepararmi al peggio, anche se non riuscivo a concepire come sarebbe stato lo stimolo che avrebbe amplificato il mio supplizio, dato che ritenevo di esser già molto oltre i miei limiti sessuali.
Pablo continuò: “… e scommetto che hanno pure delle piante sensibilissime… vediamo se ho ragione…” Li solleticò meticolosamente, come aveva fatto con tutto il resto del mio corpo, ma in qualsiasi punto le mie piante venissero sfiorate dalle sue dita, mi restituivano un forte impulso nervoso che giungeva fino alla vagina.
“mmmmmmmmmmmaaaahhhhhh hhhhhaaaaaaaaaaa mmmmmmmmm…….. mha mmmmmaahhh……….”
Era veramente troppo, tremavo, fremevo e vibravo sempre di più, i miei gemiti erano sempre più forti. Al termine di quello straziante supplizio mancavano ancora una trentina di minuti, avevo perso la partita con Pablo, ero stata totalmente sconfitta. Ormai erano varie ore che bramavo l’orgasmo, ma non come adesso, stavo per esplodere, mi trovavo nella condizione che anche una sola goccia di acqua che, ipoteticamente, fosse caduta dal soffitto sul mio clitoride avrebbe potuto provocarmi l’orgasmo più sconvolgente di tutta la mia vita.
Iniziai a delirare pensando che a chiunque mi avesse anche solo sfiorato il clitoride in quel momento, gli avrei dato anche la mia auto nuova o che sarei diventata la sua schiava.
Giunsero le cinque e Pablo riprese il suo ruolo di poliziotto, iniziò a liberarmi, avvisandomi: “La invito caldamente a non toccarsi e a non procurarsi l’orgasmo, una volta che l’avrò liberata, né qui, né per strada o sarò costretto ad arrestarla con l’accusa di atti osceni in luogo pubblico!”, poi mi rilasciò dicendo semplicemente: “Può andare.”
Ero furibonda verso di lui e verso me stessa, non dissi niente, la tortura alla quale mi aveva sottoposta faceva ancora lo stesso effetto, che sarebbe durato finché non avessi avuto l’orgasmo, decisi di non rischiare e mi affrettai a raggiungere l’albergo.
Salii velocemente le scale e una volta in camera iniziai a masturbarmi selvaggiamente, utilizzando anche tutti gli oggetti di forma adeguata reperibili nel mio bagno.
Addirittura usai anche il mio piccolo telefono cellulare a vibrazione, che dopo essermelo inserito nella vagina, feci squillare fino all’esaurimento delle batterie. Sbavavo e godevo, e continuai a farlo per tutta la mattina, finché non mi fui completamente sfogata, infine crollai distrutta sul letto e mi addormentai.
Al mio risveglio, ripensai all’accaduto, quasi con piacere e provando riconoscenza verso Pablo, che mi aveva condotto alla scoperta di quel lato della mia sessualità, mi feci un innocente ditalino… e pensare che fino ad allora mi ero sempre masturbata in modo molto casto, utilizzando il dito medio e mai più di una volta alla settimana o forse meno.
Trascorsero i giorni ed iniziai ad avere il desiderio di rivivere quell’esperienza, che purtroppo fui costretta a rievocare solo mentalmente, ma il solo pensiero mi eccitava irrefrenabilmente, costringendomi a lunghe masturbazioni quotidiane. Ero diventata molto favorevole alla masturbazione, giorno dopo giorno acquisivo sempre più esperienza del mio corpo e delle sue reazioni ai vari stimoli e spesso mi recavo in un sexy shop della città, per acquistare un nuovo elettrostimolatore, al quale non potevo più rinunciare dopo aver provato il telefono cellulare nella vagina.
La mia vita cambiò, cominciai a cercare sempre più uomini con cui avere relazioni esclusivamente di sesso, meglio se in situazioni in cui venivo dominata. Ma le sensazioni incredibili di quella volta non riuscii mai più a riviverle.

Per fare quattro chiacchiere: evoman@libero.it
di
scritto il
2022-12-07
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