Educazione in famiglia. Cap.: VIII Un brindisi

di
genere
incesti

Cenavano nel portico con la musica offerta dal ruminare dei bovini, interrotta in più occasioni da scudisciate per allontanare moscerini. La figura nera in controluce si spostava, librandosi, dolcemente nell’aia in una danza che seguiva note silenti. Sembrava una giovane farfalla che collaudava l’apertura alare e la capacità di volteggiare. Ogni tanto le braccia che seguivano lo zigzagare delle rondini si abbassavano per accarezzarle lentamente e delicatamente il ventre, centro di ansia e di commozione o una mano spostava con tenera armonia una ciocca di capelli, come fosse la criniera di una giovane puledra che leggiadra galoppa libera fra i prati. L’aria era calda. Il sole incorniciava foglie e forme con strie dorate per creare figure in continuo variabile movimento, mentre dei grilli frinivano per arieggiare cunicoli. I presenti rapiti e deliziati fissavano emozionati quelle deliziose, angeliche movenze. Era bellissimo quel sederino dorato per i riflessi solari che si mostrava di più o di meno a seconda del volteggiare e dell’alzarsi dell’abitino. Quante intense e laceranti sensazioni, erano avvertite dai presenti; quanto erotismo impetuoso e dirompente attirava l’attenzione e il desiderio. Erotismo che non nasce dal peccato come vorrebbero farci credere, ma dal candore dell’innocenza che sprizza sensualità da tutti i pori. Tutta questa autentica forza della natura, può offrirla solo la giovinezza che fiorisce, che rapisce trasportandoti in mondi inesplorati e misteriosi. Alcide intuì il motivo di quelle carezze che scendevano da sopra l’indumento verso il pube, per risalire lentamente, da sotto, dirette al ventre e, là, soffermarsi per percepire. Non era lascivia, né lussuria, ma sentimento, intenerimento e gioia di avere una vita in crescita. L’Assunta, alzatasi da tavola, si diresse verso casa per ritornare, tenendo fra le mani, una coppa, gioiello-ricordo di famiglia, presa dalla credenza del tinello.
“Stefy, amore di nonna, vieni!”
“Sì?”
“Cara, ora sei una donna e a letto non puoi andare vestita. Consegnami il vestitino che ti feci per incontrare i tuoi e poi, da sopra il tavolo, versa in questa murrina di Murano tutta la tua pipì. Voi fate spazio sul tavolo e fatela salire. Non è buona usanza mettere a disaggio una persona. Svestitevi: che anche lei goda delle vostre nudità!” … e, dando l’esempio, anticipò i presenti.
“Che porci che siete! … già inalberati!”
“Non siamo noi a comandare, ma lui e …”
“Va beh, Tom. Va beh!” Il flusso si infrangeva sul vetro in mille piccolissime stille e, contro gli ultimi raggi solari, dava la parvenza dello scoppio di un mini-fuoco artificiale e come quelle si alzavano per scendere e bagnare, così il loro profumo prendeva ed eccitava.
“Stefy, cara, consegna a tuo padre il vaso, che lo passerà a tua madre e da lei al nonno per terminare il passamano da me. Dissetatevi tutti dell’ambrosia, ivi contenuta e bevete al frutto che la nostra piccola porta in grembo.” Un’ombra guardinga, ma veloce comparve e sparì dal volto di Ariel.
“Lo immaginavo, signora Assunta, che in questa casa e sotto la sua direzione, mia figlia sarebbe facilmente rimasta gravida, ma mi auguro che quel frutto possa avere una compagnia, dato che per rendere più serena e riparata la sua gravidanza, verremo a riabitare in questa casa. Io, figlia mia carissima, ti ho avuto con Tom, ma ritengo opportuno che anche il padre del mio, debba essere Alcide. Vieni figlia mia e ungimi con le mani dal volto ai seni, all’inguine della tua piscia. Che quel liquido benedetto sia vaticinio e premonizione per una mia nuova maternità.”
“Oh, mamma, che emozioni mi dai concedendomi di massaggiarti il volto, di percepire la tua lingua pulirmi le dita, vellicarmi i palmi, suggere la mano e che pelle setosa dai seni all’addome e poi … Ohhh, …il papà ti sostiene; i nonni ti osservano e gioiscono della tua proposta ed io ne sono felice. Per ringraziarti giocherò con le mie mani sulla tua fessura, sino a farti urlare, piangere, sussultare. Papà, tienila”
“Sì, figlia mia, … sììììììììììììììììììììììììì, … ohhhhhhhhhhhh sììììììììììììììììììììììììì!”
“Mamma, ha ragione la nonna: noi siamo figli del piacere. Educherò il mio virgulto a rispettare la natura e non la mente e le sue leggi innaturali. Guardami mamma, sono felice; sono una ragazzina gravida che sprizza gioia e serenità; che brama di essere seviziata, stuprata, scopata ogni giorno; che desidera essere messa allo spiedo e riempita nello stomaco e nell’intestino, che si auspica che quello che ho in grembo riceva massaggi caldi, calorosi, passionali e tanto umidi.”
“Che nipote troia! Pensa già a come far pervenire le coccole al nascituro e come viziarlo. Vieni donna a completare il rito del tuo ingresso fra il novero delle femmine libere, immorali, vacche e puttane. Seguimi nella stalla e sdraiati nella posta per te preparata. Mostraci il culo e guarda verso la canaletta di scolo. Su di te si ripeterà il rito che bambini compiono sulle vacche, quando riposano e ruminano.”
Oh, Stefy, … Stefy, … gioia, serenità e infinita dolcezza. Sei passata dall’adolescenza a femmina in breve tempo. Nei tuoi occhi c’è la magia dell’innocenza, della malizia e il candore della più sfrenata sensualità. Un serpente mucoso si è insinuato dentro il tuo giardino; mani ti conducono all’altare per offrirti al dio dell’eros. La purezza in te si mischia alla lussuria sino a trasformarti in una creatura angelica nei tortuosi e oscuri labirinti dell’istinto e della passionalità. È il tuo corpo che parla, che urla e brucia, che sta impazzendo perché vuole essere sfiorato, accarezzato, amato. Richieste giustificate e permesse anche dalla ragione e dall’anima, che, come cani fedeli, s’arrendono obbedendo al loro padrone.
Ohh, Stefy, … dolce Stefy, … quanta ragione hai ad allontanarti dalla morale calcolatrice ed ipocrita, perbenista e farisea che giustifica guerre e legalizza omicidi in nome della Patria. Che morale può essere quella che condanna il sesso libero in qualunque sua forma, definendolo mostruosità. Ma esiste delitto, colpa più grave dell’odio, dell’invidia e della gelosia? No, mia piccola candida Stefy, tu non hai il demonio in corpo, il demonio sta altrove.
Oh, piccola grande femmina, distanzia un po’ i glutei, mostra la tua rosa increspata. Già sorridi e godi nel vedere un birbante schizzarti, con un getto notevole e caldo, l’angolo del tuo paradiso e poi, per ulteriore gioco, bagnarti il viso. Altri seguono l’esempio, chi al culo e alla vagina e chi, al griffo della nuova vacca. Godi e ansimi, mentre la tua acerba linguetta, che tanti vorrebbero conoscere, asporta e riporta, fra le tue rosee labbra, saporite gocce dorate. Due uomini si stendono. Ti hanno fra loro. Non ne possono più. È colpa tua, … quanto gli hai irritati ed eccitati. Ti sollevano un arto per scivolare dolcemente al tuo interno, estorcendoti il fiato e un lamento e poi, aiutati dalle loro assistenti, tramite sussulti e vibrazioni, botte e picconate, urli e parolacce, spinte e strizzate, ti conducono in volo … estasi, paradiso, nirvana. Là, nello strame, sfinita, bagnata, ansante, torni in te per rimanere, per stare ancora infilzata, trafitta da quei perni coriacei, duri, legnosi, ma caldi, inebrianti, impudichi. Dormi piccola, dormi! Mille e poi mille parole non bastano a descriverti. Mille ed infinite poesie non potranno mai e poi mai far capire quanto è importante quello che fai. Con te correremo insieme e voleremo lontano verso nuovi orizzonti; lì ci fermeremo e resteremo per gioire dei nostri sensi, della nostra carne, della nostra animalità nella più spregiudicata, nella più vera libertà, lontani dal controllo della mente e della ragione e dai tabù della morale.

scritto il
2023-01-08
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