Educazione in famiglia. Cap.: VII Che … porci
di
Andrea10F09
genere
incesti
In quel torrido e afoso pomeriggio si abbandonava senza vergogna o titubanza alcuna, al piacere più completo, più totale, liberando i suoi sensi come una agile puledrina, che sciolte le briglie, galoppa via libera. La nonna, con l’aiuto di Alcide, l’aveva guidata e consigliata a non aver rimorsi, a lasciarsi andare e condurre dall’istinto. In lei non c’era più il contrasto mente-corpo, ragione-istinto, pareva tutto stupendamente omogeneo, lanciato verso un unico chiaro verso, quello del piacere, della legge dei sensi, dell’istinto, dell’animalità presente in ognuno di noi. In fondo noi siamo come gli animali, ci accoppiamo proprio come le bestie, nello stesso modo, guidati dallo stesso impulso, senza distinguere età, consanguineità, genere. Probabilmente qualcuno ha inventato il sentimento col solo scopo di sublimare il sesso e tanti, come sciocchi, gli hanno creduto. Inoltre, la natura acuisce e guida anche l’istinto della maternità sin dalla nostra nascente idoneità; per cui la gioia della piccola di trovarsi feconda dopo ripetute, lunghe copule con il nonno era la risposta del suo ubbidire all’inclinazione; in aggiunta, come se non bastasse, è ancora la vita, eccelsa ed eccezionale scalpellina, che accompagna la nostra crescita verso la maturazione fisica, anche attraverso un apprendistato, un noviziato che principia già dalla nascita. Oggi, come ieri, la nostra vita è disciplinata da regole, ideologie, divieti, che ci imprigionano, ci legano, ci bloccano entro capsule costruite, edificate da interessi economici, dateci e imposteci per verità . Ieri contro gli oppositori, espropriazioni sacre, guerre sante, inquisizioni, scomuniche; oggi confische, lapidazioni a mezzo stampa di regime, indagini di servi insinceri e simulatori, etichettature.
Avevano fatto bene i genitori della ragazza ad allontanarla dall’ambiente della scuola nel periodo estivo a causa dell’impossibilità ad essere presenti nel percorso di conoscenza e di iniziazione sessuale, per affidarla saggiamente a due anziani e al loro ambiente di campagna. In quel luogo avrebbe avuto modo di aprire in allegria e senza paura, il libro della natura, senza essere usata, etichettata, umiliata e avrebbe compreso che l’uomo è figlio del piacere e non di altro; che lei, spensierata e solare, è figlia di quel momento, di quei sospiri e non di calcoli e provette. Per Tom ed Ariel non era incesto, ma training propedeutico alla sua spontanea maturazione sessuale, considerando che la castità e la verginità sono immagini-situazioni dell’ignoranza, della stupidità e dell’ipocrisia. Nel nostro nascosto diciamo , a quello che ci inizia sessualmente e a lui chiediamo, se siamo femmine, di essere ingravidate, perché, come , è stato poesia, magia, estasi, paradiso. I due adulti presentivano la sorpresa conoscendo la caparbietà della figlia, per cui dapprima accettarono intelligentemente il fatto e poi si affiancarono agli anziani nell’iniziazione, arrivando addirittura, in un seguito molto prossimo, a ritrasferirsi in quella fattoria per il bene del nascituro e della gestante, facendole seguire la scuola da esterna.
Vi era una profondissima quiete, un silenzio magico, quasi irreale in quell’ora all’ombra di gelsi; si avvertiva il tenue profumo della sorgiva vicina, la dolcezza e l’immobilità delle piante che davano ristoro a vite silenziose. Si lasciarono andare fra le braccia della natura. Sembrava tutto in perfetta armonia in quella cavedagna che conduceva ad uno slargo acquitrinoso come se tutto fosse stato creato per loro, abbracciando, custodendo e difendendo quel rituale iniziatico al culto di Eros. La signora adorava quel posto, il tepore dell’erba di campagna, i frutti dolciastri dei gelsi, le foglie verdi o ingiallite sparse lungo il sentiero. Aveva sempre amato quel manto verde, intepidito dal sole e quei filari verdi di viti, gelsi, peschi e peri che coprivano l’orizzonte, nascondendo il momento d’amore tra lei ed Alcide, perché con l’immaginazione, poteva correre e volare verso spazi infiniti. Poesia, visioni taciturne e distanti che richiamano alla mente momenti, papaveri e il frinire delle cicale. Non vi era tristezza in questo, ma solo dolcezza e abbandono sospeso tra ricordi e l’infinito. Immersa in quel paesaggio ricco di dolcezza e di poesia, lei, spirito libero, aveva condotto la nipote in quel luogo che profumava di magia per aprirla ad ulteriori esperienze e là, le avevano rintracciate i loro cari. In silenzio si erano avvicinati per contemplare, ammirare, quasi venerare i piccoli gesti delle due, trasudanti bellezza e grazia. Avevano visto una mano della piccola raccogliere il frutto dei suoi spasmi per portarlo alle labbra della donna e questa ricambiare il gesto con l’offrirle un seno, come una madre lo porge al neonato.
“Tua figlia, Ariel! Tua figlia!”
“Ho visto, mamma! Ho visto! Sono venuta qui con Tom e tuo marito, perché sapevo di trovarti con lei. Qui, in questo angolo di sublime armonia sono stata presa, … sono stata iniziata a capire e a conoscere e … come maestri ho avuto voi. Quella volta mi sono data analmente ad Alcide, prima che a Tom, poi ho conosciuto estasi continue e su questo manto erboso mi sono rivista in mia figlia.”
“Mamma, guarda!”
“Sì, figlia mia! Vedo che divarichi leggermente le stupende gambe di ragazzina che ti ritrovi, lisce, morbide, … calde, tornite, tanto che farebbero impazzire chiunque, anche senza sfiorartele e tu, non solo me le offri, ma addirittura, scostandole con grazia, porgi il centro del tuo piacere a tutti noi che ti scrutiamo, mentre la tua destra, lentamente e delicatamente, fa salire l’indumento che cela le tue tettine di adolescente. Avevo piacere che tua nonna ti accompagnasse all’altare dell’eros per svestirti delle falsità del mondo e, anche, perché non crescessi impregnata delle stupidità che circolano nell’ambiente in cui eri. La nonna ti ha preparato, istruita ed iniziata; probabilmente, da come il nonno ci ha riferito e descritto, sarai gravida, ma a me e a tuo padre piace e ci diverte l’idea di diventare nonni e di tenere sulle ginocchia un tuo moccioso piscione. Una domanda vorrei farti, bambina mia: sei disposta a vedere, conoscere, a fondo e bene, la porta da cui sei uscita, anche con l’oliarla, maneggiarla, tastarla ed esaminarla sino a renderla facile ad aprirsi, schiudersi per ricevere l’ospite, che anche tu desideri e che questa voglia si protragga e si rinnovi quando la brami?”
“Oh, Ariel! Tua figlia deve conoscere l’uscita, da cui è nata la sua storia e non solo, ma anche la chiave che aveva schiuso quel varco. Lei è pronta; la percepisco in trepidazione; l’avverto in attesa del tuo primo passo. Abbandonati, figlia mia, al desiderio di farti conoscere e donale, ora, la visione del tuo scrigno ubertoso, fertile e ricco di salse dopanti. Sfilati quelle mutandine bianche, scopri la tua peluria nera e mostrandole il paradiso, l’eden da dove è uscita … e tu, germoglio di lussuria e di gitana, vibrante, animalesca e selvatica sensualità, armonia di grazia e di giovinezza, inarcati e offri a tuo padre la porta santa, mentre tua madre permetterà alla tua lingua di titillare, vellicare, picchiettare, spingere, irritare, asportare e pulire le valve della sua conchiglia, impregnate di umori che le colano e fluiscono dal suo profondo. Vieni, nipote amatissima sul mio desco, caldo e soffice, e concedi ai tuoi genitori il privilegio di saziarsi, riempirsi e godere dei tuoi piatti. … e tu, figlio mio, scopala, fottila, rompila, scassala e se, per gli spasmi di piacere che le provocherai, scivolerai nel suo culetto per sfasciarlo, sfaldarlo o più sotto ancora, non preoccuparti: sono pronta a riceverti, ad estorcerti e strapparti la bianca, cremosa linfa; mentre la tua dolce metà, nel cercare di stringere e aspirare la piccola anguilla serpeggiante, sgusciante sui bordi della sua sarracenia purpurea, vomiterà, emetterà caldi liquidi paglierini sul volto della nostra Stefy.”
“Che … porci! Tre vacche e un toro, … tre femmine e mio figlio, che monta e sbatte la più giovane con le gambe chiuse sulla sua schiena!”
Che spettacolo vedere la piccola ondulare, incurvarsi, trasalire, tremare e oscillare per diventare preda inerme di piaceri intensissimi, accecanti, istintivi, spontanei, selvaggi, … quelli più naturali del mondo. Che donne, che madri che sprizzano sensualità da tutti i pori, che vivono un atto sino allo stremo, che rapiscono e trasportano con sé in mondi inesplorati una giovane penetrata da un maschio, suo padre, e questo -lasciatemelo dire- non è mai sinonimo di volgarità ma espressione di felicità, gioia, paradiso terreno, eden. Cosa c’è di più bello su questa terra e forse anche in cielo, dell’ammirare un giovane corpo d’adolescente, che è arte, armonia, bellezza, sensualità, contorcersi tra spasmi di beatitudine? È l’essenza stessa della vita, il vero motivo per cui vale la pena vivere.
Due copie di adulti, che seguivano le regole della natura in quell’angolo del mondo, stavano istruendo e guidando la piccola Stefania ad essere libera.
Avevano fatto bene i genitori della ragazza ad allontanarla dall’ambiente della scuola nel periodo estivo a causa dell’impossibilità ad essere presenti nel percorso di conoscenza e di iniziazione sessuale, per affidarla saggiamente a due anziani e al loro ambiente di campagna. In quel luogo avrebbe avuto modo di aprire in allegria e senza paura, il libro della natura, senza essere usata, etichettata, umiliata e avrebbe compreso che l’uomo è figlio del piacere e non di altro; che lei, spensierata e solare, è figlia di quel momento, di quei sospiri e non di calcoli e provette. Per Tom ed Ariel non era incesto, ma training propedeutico alla sua spontanea maturazione sessuale, considerando che la castità e la verginità sono immagini-situazioni dell’ignoranza, della stupidità e dell’ipocrisia. Nel nostro nascosto diciamo , a quello che ci inizia sessualmente e a lui chiediamo, se siamo femmine, di essere ingravidate, perché, come , è stato poesia, magia, estasi, paradiso. I due adulti presentivano la sorpresa conoscendo la caparbietà della figlia, per cui dapprima accettarono intelligentemente il fatto e poi si affiancarono agli anziani nell’iniziazione, arrivando addirittura, in un seguito molto prossimo, a ritrasferirsi in quella fattoria per il bene del nascituro e della gestante, facendole seguire la scuola da esterna.
Vi era una profondissima quiete, un silenzio magico, quasi irreale in quell’ora all’ombra di gelsi; si avvertiva il tenue profumo della sorgiva vicina, la dolcezza e l’immobilità delle piante che davano ristoro a vite silenziose. Si lasciarono andare fra le braccia della natura. Sembrava tutto in perfetta armonia in quella cavedagna che conduceva ad uno slargo acquitrinoso come se tutto fosse stato creato per loro, abbracciando, custodendo e difendendo quel rituale iniziatico al culto di Eros. La signora adorava quel posto, il tepore dell’erba di campagna, i frutti dolciastri dei gelsi, le foglie verdi o ingiallite sparse lungo il sentiero. Aveva sempre amato quel manto verde, intepidito dal sole e quei filari verdi di viti, gelsi, peschi e peri che coprivano l’orizzonte, nascondendo il momento d’amore tra lei ed Alcide, perché con l’immaginazione, poteva correre e volare verso spazi infiniti. Poesia, visioni taciturne e distanti che richiamano alla mente momenti, papaveri e il frinire delle cicale. Non vi era tristezza in questo, ma solo dolcezza e abbandono sospeso tra ricordi e l’infinito. Immersa in quel paesaggio ricco di dolcezza e di poesia, lei, spirito libero, aveva condotto la nipote in quel luogo che profumava di magia per aprirla ad ulteriori esperienze e là, le avevano rintracciate i loro cari. In silenzio si erano avvicinati per contemplare, ammirare, quasi venerare i piccoli gesti delle due, trasudanti bellezza e grazia. Avevano visto una mano della piccola raccogliere il frutto dei suoi spasmi per portarlo alle labbra della donna e questa ricambiare il gesto con l’offrirle un seno, come una madre lo porge al neonato.
“Tua figlia, Ariel! Tua figlia!”
“Ho visto, mamma! Ho visto! Sono venuta qui con Tom e tuo marito, perché sapevo di trovarti con lei. Qui, in questo angolo di sublime armonia sono stata presa, … sono stata iniziata a capire e a conoscere e … come maestri ho avuto voi. Quella volta mi sono data analmente ad Alcide, prima che a Tom, poi ho conosciuto estasi continue e su questo manto erboso mi sono rivista in mia figlia.”
“Mamma, guarda!”
“Sì, figlia mia! Vedo che divarichi leggermente le stupende gambe di ragazzina che ti ritrovi, lisce, morbide, … calde, tornite, tanto che farebbero impazzire chiunque, anche senza sfiorartele e tu, non solo me le offri, ma addirittura, scostandole con grazia, porgi il centro del tuo piacere a tutti noi che ti scrutiamo, mentre la tua destra, lentamente e delicatamente, fa salire l’indumento che cela le tue tettine di adolescente. Avevo piacere che tua nonna ti accompagnasse all’altare dell’eros per svestirti delle falsità del mondo e, anche, perché non crescessi impregnata delle stupidità che circolano nell’ambiente in cui eri. La nonna ti ha preparato, istruita ed iniziata; probabilmente, da come il nonno ci ha riferito e descritto, sarai gravida, ma a me e a tuo padre piace e ci diverte l’idea di diventare nonni e di tenere sulle ginocchia un tuo moccioso piscione. Una domanda vorrei farti, bambina mia: sei disposta a vedere, conoscere, a fondo e bene, la porta da cui sei uscita, anche con l’oliarla, maneggiarla, tastarla ed esaminarla sino a renderla facile ad aprirsi, schiudersi per ricevere l’ospite, che anche tu desideri e che questa voglia si protragga e si rinnovi quando la brami?”
“Oh, Ariel! Tua figlia deve conoscere l’uscita, da cui è nata la sua storia e non solo, ma anche la chiave che aveva schiuso quel varco. Lei è pronta; la percepisco in trepidazione; l’avverto in attesa del tuo primo passo. Abbandonati, figlia mia, al desiderio di farti conoscere e donale, ora, la visione del tuo scrigno ubertoso, fertile e ricco di salse dopanti. Sfilati quelle mutandine bianche, scopri la tua peluria nera e mostrandole il paradiso, l’eden da dove è uscita … e tu, germoglio di lussuria e di gitana, vibrante, animalesca e selvatica sensualità, armonia di grazia e di giovinezza, inarcati e offri a tuo padre la porta santa, mentre tua madre permetterà alla tua lingua di titillare, vellicare, picchiettare, spingere, irritare, asportare e pulire le valve della sua conchiglia, impregnate di umori che le colano e fluiscono dal suo profondo. Vieni, nipote amatissima sul mio desco, caldo e soffice, e concedi ai tuoi genitori il privilegio di saziarsi, riempirsi e godere dei tuoi piatti. … e tu, figlio mio, scopala, fottila, rompila, scassala e se, per gli spasmi di piacere che le provocherai, scivolerai nel suo culetto per sfasciarlo, sfaldarlo o più sotto ancora, non preoccuparti: sono pronta a riceverti, ad estorcerti e strapparti la bianca, cremosa linfa; mentre la tua dolce metà, nel cercare di stringere e aspirare la piccola anguilla serpeggiante, sgusciante sui bordi della sua sarracenia purpurea, vomiterà, emetterà caldi liquidi paglierini sul volto della nostra Stefy.”
“Che … porci! Tre vacche e un toro, … tre femmine e mio figlio, che monta e sbatte la più giovane con le gambe chiuse sulla sua schiena!”
Che spettacolo vedere la piccola ondulare, incurvarsi, trasalire, tremare e oscillare per diventare preda inerme di piaceri intensissimi, accecanti, istintivi, spontanei, selvaggi, … quelli più naturali del mondo. Che donne, che madri che sprizzano sensualità da tutti i pori, che vivono un atto sino allo stremo, che rapiscono e trasportano con sé in mondi inesplorati una giovane penetrata da un maschio, suo padre, e questo -lasciatemelo dire- non è mai sinonimo di volgarità ma espressione di felicità, gioia, paradiso terreno, eden. Cosa c’è di più bello su questa terra e forse anche in cielo, dell’ammirare un giovane corpo d’adolescente, che è arte, armonia, bellezza, sensualità, contorcersi tra spasmi di beatitudine? È l’essenza stessa della vita, il vero motivo per cui vale la pena vivere.
Due copie di adulti, che seguivano le regole della natura in quell’angolo del mondo, stavano istruendo e guidando la piccola Stefania ad essere libera.
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