La convalescenza di mia madre (parte prima)

di
genere
incesti

Amelia era seduta, perfettamente immobile, a causa del dolore che le provocava ogni minimo movimento. Fuori dalla su auto la pioggia cadeva intensa e, nonostante il motore fosse spento e dal cofano uscisse del fumo, i fanali illuminavano ancora il ciglio della strada e parte del boschetto contro il quale aveva finito la sua corsa. Gli ultimi istanti del suo viaggio erano un po’ confusi. Stava tornando a casa, la pioggia battente le rendeva difficile vedere fuori dal parabrezza, in prossimità di una curva, toccando i freni, l’auto sbandò e non riuscì più a controllarla. Si aggrappo al volante con forza e chiuse gli occhi. Si sentì rotolare ed il volante stesso le fu strappato salle mani. Forti scricchiolii, l’airbag che scoppiava e poi più nulla. Si riprese dopo qualche minuto, era bloccata in auto dalla cintura di sicurezza, non aveva neanche la forza di urlare e chiedere aiuto, solo i fari della macchina ancora accesi che illuminavano l’ambiente circostante. Poi delle luci blu, capì che la stavano soccorrendo, ebbe solo il tempo di ringraziare i suoi soccorritori, poi svenne di nuovo. In un attimo la sua vita le passò davanti agli occhi come in un film. Il primo amore, la gravidanza giovanissima, il figlio, il padre del figlio datosi subito dopo aver saputo che lei aspettava, la fatica nel crescere un figlio sola, e poi via fino al momento dell’incidente. Quando si risvegliò nel letto dell’ospedale, la testa le duoleva, la gamba sinistra le palpitava e i polsi le davano delle fitte che si tramettevano per tutto il corpo. Il giorno dopo la diagnosi era commozione cerebrale, colpo di frusta alla cervicale, i polsi rotti, spalla lussata e vari ematomi sul corpo. L’avevano tenuta in ospedale per quasi un mese poi, visto un discreto miglioramento decisero di dimetterla. “Ehi mamma, pronta a partire?” “Si tesoro, non vedo l’ora di tornare a casa.” Suo figlio Paolo era appena entrato nella stanza, in attesa che l’infermiera gli portasse i documenti per la dimissione e le ricette dei farmaci per continuare le cure. Aveva 29 anni e abitava da solo a circa 20 km dall’ospedale. In questo periodo appena poteva sia di giorno che di sera non perdeva l’occasione di andare a trovare la mamma. Quando il medico che si prendeva cura di Amelia le disse che poteva tornare a casa ma che avrebbe dovuto avere qualcuno vicino che si prendesse cura di lei ancora per un po’ di tempo, Paolo non esitò a proporre alla mamma di trasferirsi da lui e prendersi qualche settimana di ferie. Non fu facile convincerla, ma le fece capire che il moderno appartamento da lui occupato, anche se piccolo, aveva gli accessi comodi per disabili e, visto che per qualche tempo avrebbe dovuto usufruire della sedia a rotelle negli spostatamenti per eviatare pericolose cadute, sarebbero stato più comodo per lei e più facile stare da lui. “Ho la macchina qui vicino, ma dovrai aspettarmi davanti all’entrata principale mentre vado a prenderla.” Amelia era finalmente felice di tornare a casa, da suo figlio. Come molti non amava stare in ospedale, sicura che a casa sarebbe stata meglio. Paolo la raggiunse, l’aiutò a salire in macchina e quindi infilò la sedia a rotelle nel bagagliaio. Il viaggio non fu molto lungo, appena arrrivati nel vialetto di casa Amelia chiese notizie della sua auto. “La tua macchina è da rottamare, sei stata molto fortunata a colpire gli alberi di lato anziché frontalmente, poteva andare peggio.” Sentendo il figlio parlare, Amelia aveva notato l’angoscia che traspariva dalle sue parole. Appena entrati in casa Paolo mostrò alla mamma come aveva predisposto la casa. “Ho spostato il tavolo da pranzo e ho messo un letto comodo per te, anche un comodino per le tue necessità, la prima porta a destra è il bagno, dai ammettilo, sei più comoda qui che nella tua casa su due piani.” “Si tesoro ma non volevo coinvolgerti.” “Dai, qui poi sono a cinque minuti di strada dal posto di lavoro nel caso avessero bisogno di me in ditta, quindi sempre disponibile per te.” Il fatto di avere vicino a lei il proprio e unico figlio, nonostante fosse ancora sofferente, le illuminò il viso, soprattutto al pensiero di averlo cresciuto un bravo ragazzo. “Si bambino mio, hai ragione, scusami.” Paolo si chinò verso la mamma e la baciò sulla fronte e aggiunse ridendo: “Forse non te ne sei accorta, ma non sono più bambino.” “Ma tu sarai sempre il mio bimbo, quello che piangeva se non ero abbastanza veloce a darle il mio seno da succhiare quando aveva fame.” “Già, peccato tu non possa più allattarmi adesso.” “Stai scherzando spero!” “Per niente cara mamma, nello stato in cui sei non sarà troppo facile ma potremmo trovare il modo.” Rispose Paolo sibillinamente. Poi prese ma mamma sottobraccio, la fece accomodare sul divano, le coprì le gambe con una coperta, accese la televisione e le preparò un the. Dopo aver sorbito la bevanda calda, forse a causa degli antidolorifici che le avevano somministrato all’ospedale prima di essere dimessa, si addormentò profondamente. Svegliatasi da un impellente bisogno di andare in bagno, sentento il figlio tramescare in cucina, lo chiamò per farsi aiutare. Questo fu l’inizio di una serie di problemi che si presentarono nella giornata. In qualche modo Paolo accompagnò la madre in bagno quindi chiuse la porta. Amelia cercò di alzare la gonna di maglina aderente che indossava in casa per comodità e abbassarsi le mutandine, ma con un polso ingessato e l’altro al collo si accorse che non ci sarebbe mai riuscita, si rese conto che non aveva altra scelta che chiamare il figlio. “Paolo, puoi entrare per favore? Potresti alzarmi la gonna ed abbassarmi le mutandine?” Mentre aspettava pazientemente fuori, il viso di Paolo divenne rosso quando sentì le parole della mamma. Ahimè questa era una cosa che non aveva valutato relativamente alla momentanea disabilità della madre. In 29 anni non le era mai capitato neanche di vederla in mutande e reggiseno e adesso l’avrebbe vista seminuda. Tanto per vincere l’imabarazzo cercò di risponderle in modo spiritoso, ed aprendo la porta del bagno le disse con un sorriso malizioso: “Ma mamma cosa penserebbero i vicini se ti sentissero in questo momento?” Comunque da gentiluomo, sforzandosi di non guardare, le alzò la gonna e le abbassò le mutandine fino alle caviglie facendola accomodare sul water, quindi uscì di nuovo chiudendo la porta. Amelia finalmente poteva espletare il suo bisogno fisiologico ma si sentiva un po’ a disagio sapendo che il figlio fuori dalla porta l’avrebbe sentita urinare, ma non era niente a confronto di quello che avrebbe dovuto chiedergli da li a poco. Appena finito il bisogno cercò asciugarsi ma non ci riuscì. “Amore, ho ancora bisogno dei tuoi servizi!” Era sull’orlo delle lacrime quando Paolo prese la carta igienica e la fece passare tra le gambe per asciugarla. Poi fu come ricevere una scossa di 10.000 volt quando la mano del figlio passò tra se sue labbra vaginali sfregandole dolcemente. “Mi dispiace tanto tesoro.” Disse in lacrime. “Mi vergogno davvero chiederti tutto questo, deve essere terribile per te.” Paolo le disse di non preoccuparsi, che non le dava fastidio. Il che era vero, infatti mentre le abbassava gli indumenti avrebbe voluto palpeggiarla un poco, ma non lo poteva farlo, comunque pensò tra se e se, che la mamma aveva proprio una bella patatina. Finito, gettò la carta igienica nel water ed autò la mamma a ricomporsi, quindi la riaccompagnò sul divano. Quanto a lei, ogni volta che in giornata chiedeva l’aiuto del figlio per fare pipì la vergogna le arrossava il viso e ancor di più, quando Paolo le passava la carta igienica tra le labbra della vagin,a le si rinnovava il sussulto allo stomaco. La peggior umiliazione accadde quando fu il bisogno “grande” a presentarsi. Si sentì morire quando la mano del figlio gli passò tra le natiche ed il buchino prima per pulirla, e dopo per il bidet. Alla fine della giornata non c’era parte inferiore del corpo di sua madre che Paolo non aveva esplorato. Mentre lei era ancora immensamente imbarazzata, lui lo era sempre meno, anzi scoprì come sua madre fosse ancora terribilmente bella e desiderabile. Quando fu il momento di andare a letto Amelia si accorse che c’erano ancora molte cose che non poteva fare, per esempio spogliarsi. Ella si sentì nuovamente a disagio quando Paolo iniziò a spogliarla togliendole la camicetta da dentro la gonna e facendogliela scivolare lungo le braccia. Il disagio aumentò quando lo vide dare un’occhiata non innocente al reggiseno e ciò che conteneva. Poi, mentre il figlio da dietro le sganciava il reggiseno facendoglielo scivolare dalle spalle, non potè non osservare il suo sguado che, dallo specchio della camera, era posato sui suo capezzoli, tanto che chiuse gli occhi sperando che Paolo non si accorgesse che gli si stavano indurendo. Quindi le fece scivolare la gonna e le abbassò le mutandine lasciandola completamente nuda in attesa si infilarle la camicia da notte. Una volta che ebbe finito, Amelia riaprì gli occhi sentendosi ovviamente più a suo agio ora che era vestita, ma mentre l’aiutava a sdraiarsi sul letto non potè fare a meno di notare un rigonfiamento sul davanti dei jeans di Paolo. Intui il motivo e si sentì arrossire dalla testa ai piedi. “…e soprattutto non esitare a chiamarmi di notte se hai bisogno di andare in bagno. Buona notte mamma.” Le disse baciandola sulla fronte. “Buona notte tesoro, e grazie ancora.” Paolo tornò nella sua stanza, si sdraiò sul letto e ripensando a tutto quello che era accuduto da quando erano tornati dall’ospedale e soprattutto a quello che sarebbe potuto accadere nei giorni successivi. Per quanto ci provasse non riusciva a dormire. Il corpo nudo della madre gli appariva appena chiudeva gli occhi. Mai in vita sua aveva pensato di vedere sua madre così come la stava guardando ora. L’aveva vista completamente nuda, con le braccia alzate per potergli infilare la camicia da notte, aveva ammirato i suoi seni ancora ben formati, la vita sottile, il ventre leggermente arrotondato, i peli del pube accuratamente rasati, i suoi fianche snelli e due gambe ben tornite che finavana con un bel culetto rotondo. Suo malgrado, mentre faceva queste considerazioni, si rese conto di avere un’erezione. Stessa routine il giorno successivo e l’altro ancora, sebbene fosse ancora un poco imbarazzata, Amelia si era abituata al fatto che il figlio la vedesse nuda. Il terzo giorno Amelia sentì il bisogno di farsi una doccia, allora chiese al figlio un consiglio su come fare per non bagnare il gesso. “Fammici pensare un attimo.” Paolo sparì in cucina e ritornò con la pellicola per avvolgere i cibi. Metterò uno sgabello nella doccia così potrai stare comodamente seduta, poi ti avvolgerò le fasciature con la pellicola.” Sembrava facile, ma era molto più difficile di come pensava. Dopo aver spogliato la madre, avvolto le fasciature nella pellicola la fece accomodare nella doccia. Lei era ormai consapevole di dover stare ancora completamente nuda davanti al figlio che, dopo essere sparito, riapparve con un costume da bagno. Amelia, quando lui la raggiunse, non potè fare a meno di trattenersi dalle risa. Infilatosi nell’angusto spazio della doccia, prese il doccino e dopo aver regolato la temperatura dell’acqua iniziò a lavarle i capelli con lo shampo e riasciacquarli più volte, il tutto tra momenti di ilarità condivisa. Questa situazione ludica allentò un poco i freni inibitori di Amelia, tanto che cominciò ad apprezzare il gioco. Per quanto sembrasse strano tutto funzionò bene fino a quando dovette insaponarle il corpo. Paolo prese il guanto di spugna ed iniziò ad insaponarle le spalle quindi la schiena fino al limite delle natiche. Amelia sapeva bene che dopo la schiena le avrebbe dovuto insaponarle il ventre e i seni e, conoscendosi bene, temeva il peggio. Quando il figlio le si posizionò davanti per insaponarla, i suoi capezzoli erano già turgidi al pensiero di ciò che sarebbe successo da li a poco, uno strano formicolio le cresceva tra le gambe. Cercò di controllare il suo respiro ed il battito cardiaco, sperando che il figlio non se ne accorgesse. Paolo, mentre continuava ad insaponarle il seno guardò la madre sconsolato e le disse: “Mamma scusa, ho provato a controllarmi ma non ci riesco.” Al momento Amelia non riuscì a capire il significato di tale uscita poi, prima che si chinasse per insaponargli le gambe e le cosce, vedendolo rosso in volto e con un rigonfiamento prominente nel costume, capì tutto, e dentro di se pensò: . Non sapeva cosa fare o rispondere, da un lato si sentiva imbarazzata e mortificata che la sua nudità potesse eccitare il figlio, dall’altro trovava abbastanza eccitante che a 50 anni potesse ancora stimolare sessualmente un ragazzo con la metà dei suoi anni, ed in particolare suo figlio. Però sapeva che la parte più difficile doveva ancora arrivare quando, oggetto dell’igiene, sarebbe stato il suo sesso. Si stava preparando mentalmente aspettando il momento, quando all’improvviso Paolo le disse: “Mamma dovresti aprire un po’ le cosce per permettermi di farti al meglio la toelette.” Paolo cercò di essere il più delicato e veloce possibile nell’insaponare quella parte, ma ad Amelia, sentendosi passare la sua mano tra le cosce prima, la fica ed il culo dopo, tremarono le gambe e, mentre passava il guanto sul suo clitoride, si accorse questi che era diventato molto sensibile. Nella sua vita aveva avuto pochi fidanzati vista la sua situazione di ragazza madre, solo delle grandi sedute di masturbazione, ma anche quando aveva avuto dei rapporti sessuali, non si ricordava di aver mai provato tanto piacere e desiderio. Segretamente non voleva che si fermasse, ma il suo respiro diventava sempre più affannoso e se non si fosse fermato, non avrebbe osato immaginare cosa sarebbe successo dopo. Smise di insaponarla ed iniziò a sciacquarla indirizzando il doccino prima sui seni, poi sul ventre alla fine sul suo sesso. Il contatto con l’acqua calda che le colava lungo il corpo ed il massaggio del getto, eccitata com’era, la portò all’orgasmo. Così, chiudendo gli occhi e stringendo i denti, iniziò a godere in silenzio. Le contrazioni, seppur trattenute provocarono in lei un fremito, Paolo accortosi chiese alla mamma: “Mamma che c’è hai freddo?” Amelia non sapeva se lui l’avesse capito quando l’aveva vista tremare ed irrigidirsi, ma non voleva dirgli che aveva goduto. “Si sto bene amore, sono solo un po’ stanca. Chiudi pure l’acqua ed asciugami, voglio andare a riposarmi un poco.” Una volta sdraiata sotto le coperte, continuava a pensare quello che le era appena successo. Sotto le mani di suo figlio, ha sentito il suo corpo di 50enne ricominciare a vivere, ridiventare donna. Chiuse gli occhi e si rese conto con stupore che il suo corpo voleva ancora provare piacere. Unica cosa che al momento glielo impediva era il fatto che non poteva usare le mani e le dita.
Alla visita di controllo, il medico curante di Amelia, visti i miglioramenti decise di togliergli i gessi sostiruendoli con delle fasciature rigide, così da dare un po’ più di mobilità alla mano e alle dita. . Ora che era un po’ più indipendente in alcune operazioni della routine quotidiana, Amelia provò a chiedere a Paolo di riaccompagnarla a casa sua. Poiché aveva bisogno ancora di aiuto per molte altre cose, come vestirsi e svestirsi, chiese al figlio di trasferirsi da lei, la sua cameretta era ancora intatta. Capendo che la madre aveva bisogno di riacquistare un po della propria quotidianità, accettò di buon grado. Fortunatamente anche il rapporto tra loro due era migliorato, Amelia non si sentiva più a disagio quando doveva mostrarsi nuda al figlio tanto che un giorno un po’ prendendolo in giro gli chiese delle sue continue erezioni. Era metà pomeriggio, erano sul letto dopo che lui l’aveva aiutata a fare la doccia ed asciugarsi i capelli, e come al solito non era riuscito a controllare la sua erezione mentre la lavava, ormai era diventato uno gioco sul quale scherzare tra di loro. “Amore hai ancora il pisello in erezione!” Paolo riferendosi al su sesso come forse una terza persona disse: “Ha una mente tutta sua, vive di vita propria, se lo ignoriamo probabilmente si ammoscerà.” “Non capisco amore come possa avere un’erezione. Sono tua madre dopotutto, e non c’è niente di sexy in me.” Quasi con noncuranza ma ribadendo un dato di fatto, Paolo cercò di dargli una risposta. “Immagino che una volta spogliata, il fatto che tu sia mia madre, si oscurato dal fatto che tu sei una bella donna, quindi accade quello che vedi.” Amelia lo guardo stupita. “Questa è la parte che non capisco, non so come puoi trovarmi attraente, soprattutto se penso alle ragazze che hai avuto e quelle che ti girano intorno.” Paolo la guardò sorpreso. “Certo che sei attraente, sei bella e sexy ed hai un fascino che molte ragazze giovani se lo sognano.” Questa improvvisa dichiarazione prese di sprovvista sia Amelia che Paolo. Lui non si aspettava di riuscire a dire ciò alla mamma. Un silenzio pieno di imbarazzo scese tra di loro, poi dopo essersi entrambi ripresi, Amelia ruppe il ghiaccio: “Quindi vorresti dire che… che.. “ “Che cosa?” “Accidenti, fai uno sforzo per capirmi, non è facile per me parlare di queste cose con mio figlio!” “Ok, vai, ti sto ascoltanto.” “Volevo dirti.. quando mi spogli e hai un’erezione pensi a quel genere di cose?” “Spiagati meglio.” “Quando mi vedi nuda hai voglia di.. Mannaggia, ho bisogno di capire, e tu non fai niente per aiutarmi. So che intendi molto bene quello che ti voglio dire.” Paolo allora con l’aria molto imbarazzata si alzò di scatto dal letto. “Tu sei mia madre!” Disse precipitandosi fuori dalla stanza lasciandola sola. Dopo due secondi si udì sbattere la porta d’ingresso. Cosa aveva fatto o detto di così grave per turbarlo fino a quel punto? Ok, l’aveva vista completamente nuda, le aveva lavato ed insaponato il corpo, ma era come le aveva detto che lei non capiva. Non capiva cosa potesse esserci in lei da far eccitare suo figlio, tanto da farglielo diventare duro ogni volta che la vedeva. Era triste che lui se ne fosse andato prima di aver risposto alla sue domande, ma allo stesso tempo contenta di aver osato fargliele. Rimanendo sola con lui già dalla sua preadolescenza, era stato suo il compito di spiegargli certe cose che riguardavano lui e le ragazze. Ricordava quanto fosse attento quando gli parlava. Era persino arrivata al punto di parlargli delle erezioni e delle polluzioni notturne che avrebbe avuto da ragazzino, spiegandogli che era tutto normale se a volte avesse avuto voglia di masturbarsi. Infatti un giorno osò chiedergli: “Hai mai avuto erezioni? Ti sei mai masturbato?” Alle sue domade diventò tutto rosso e abbassò la testa senza rispondergli. “Ho capito amore, è del tutto normale. Anche se sono tua madre puoi fidarti di me, non dimenticarlo.” Allora lui alzando la teste le chiese: “Ma è lo stesso per le ragazze?” Lei gli risose: “Per le ragazze non è la stessa cosa. Non hanno le erezioni di per se, ma hanno le voglie così come i ragazzi.” “E per le mamme?” “Si anche per le mamme, tesoro mio.” E non ne parlarono più. Era assorta nei suoi ricordi quando la porta si aprì e rientrò Paolo. Andò in stanza e si sedette vicino alla mamma. “Mi dispiace mamma, è stato piuttosto infantile da parte mia.” “No amore, è tutta colpa mia, non dovevo farti quella domanda.” “Solo che mi hai colto di sorpresa. Se vuoi posso rispondere alla domanda che mi hai fatto, alla domanda che ti tormenta da tempo. È abbastanza evidente l’effetto che fai su di me quando ti vedo nuda e ti lavo. Fino ad ora pensavo che la mia reazione fosse legata al fatto che tu fossi nuda. Mi sono anche rifiutato di ammettere che i miei pensieri fossero andati oltre, e che ciò fosse inappropriato nei tuoi confronti. Ma oggi devo dirti che sei bella, sexy, affascinate e sensuale, e che ovviamente mi dispiace che tu sia mia madre.” “Grazie per la tua franchezza, non mi aspettavo di meno da te. So quello che volevo sapere, ora non parliamone più.” “Al contrario, parliamone! Dato che hai sollevato l’argomento, ora tocca a me farti delle domande, non ti pare?” Aspettandosi il peggio, Amelia annui, sperando che non le avrebbe fatto delle domande troppo invadenti. “Va bene tesoro, chiedi pure.” “Quando ti ho lavata e ho toccato i tuoi seni e la…” “Alludi al mio sesso?” “Esattamente.” “Allora dillo apertamente.” “Scusa mamma, mi fa un po specie parlartene. Quando ho lavato il tuo sesso, le tue gambe, i tuoi seni, la tua schiena, i tuoi glutei, ti è piaciuto? Hai provato le stesse sensazioni che provavo io nei tuoi confronti?” Perfetto, erano le domande che temeva e si aspettava. A riparlare di queste cose Amelia sentiva il suo corpo vibrare, aveva difficoltà a controllarsi, aveva sensazioni mai provate prima. “Quando mi hai toccata, o meglio, lavata, ho dovuto concentrarmi per cercare di controllare il mio corpo, per non pensare alle tua mani che correvano su di me. Per fortuna fino ad oggi hai sempre finito prima che potesse accadere qualcosa in me, anche se a volte ci sei andato molto vicino, e a volte avrei voluto che tu non ti fermassi. Bene, fine della conversazione.” “Un’altra domanda, per favore.” Amelia si sentiva sempre più a disagio, sentiva il languido formicolio nel suo ventre crescere sempre più, doveva proprio farla finita con questa conversazione, ed anche in fretta. “Va bene, ultima domanda, ti ascolto.” “La prima volta che ti ho lavata, mentre ti sciacquavo il corpo con il doccino dell’acqua calda, ti ho sentita rabbrividire, mi sembrava strano che con l’acqua calda tu rabbrividissi. Alla mia domanda, tu mi hai risposto che era un po’ di stanchezza, non ti ho creduta neanche per un secondo, ora voglio una risposto schietta.” Aveva capito che in quel momento lei aveva goduto. Si sentì completamente persa. Tagliando corto rispose: “E va bene, finiamola qui, cosa vuoi sapere?” “Pensi che io abbia dimenticato le cose che mi dicevi da ragazzino sul sesso? Una volta ti ho fatto una domanda su le erezioni di donne e mamme, ti ricordi?” “Certo tesoro, una mamma non dimentica mai niente.” “Allora mi rispondesti, spiegandomi che loro non hanno una vera e propria erezione come noi maschi, ma hanno delle voglie e dei desideri proprio come noi.” “Si, è vero.” “La mia domanda è: Quel giorno avevi voglia? Hai goduto?” Da quando avevano cominciato la discussione, Amelia aveva rivissuto quel momento attimo per attimo tanto da sentirsi bagnare nuovamente. Alzò la testa e guardando il figlio fisso negli occhi gli rispose: “Si, ho goduto. Ora sei contento e soddisfatto?” “Contento non è la parola più consona, diciamo che sono l’uomo più felice del mondo. Anche se penso non sia merito mio, sono riuscito a farti godere.” “No amore, contrariamente a quello che tu pensi, c’è stato molto di tuo in tutto ciò.” “Bene mamma, ora che facciamo?” “Dobbiamo ignorarlo ovviamente, presto sarò in grado di badare a me stessa e potremmo lasciarci tutto questo alle spalle.” Paolo annui prima di rispondere. “Si, hai ragione, nessuno di noi dovrebbe pensare ancora a queste cose, forse sarà più facile quando non avrai più bisogno di me e non dovrò più vederti nuda.” Ora che la verità era venuta allo scoperto, Paolo si teneva a distanza dalla mamma, ma ogni volta che lei aveva bisogno e lui la vedeva nuda non poteva fare a meno di avere le consuete erezioni. A 29 anni Paolo di ragazze ne aveva avute, ma oggi pensava solo a lei, sua mamma. Fino a quella doccia fatidica, il pensiero della mamma non gli era mai frullato per la testa, fu solo con il passare dei giorni che si rese conto quanto era dannatamente sexy, questo era il problema. Nella sua testa c’era un conflitto mentale, vederla coma madre o donna sexy, o forse entrambe le opzioni, una splendida mamma sexy. Sola in casa Amelia iniziò a ripensare alla sua vita. Aveva diciannove anni la prima volta che era stata con un uomo, dopo pochi mesi rimase incinta. L’uomo a cui aveva dato la sua verginità era sparito nel nulla dopo la nascita di Paolo. Non era arrabbiata con lui per averla abbandonata, andarci a letto tutto sommato era stata una sua scelta, poi sentiva il figlio nato tutto suo. All’inizio era troppo occupata e troppo presa dal figlio per pensare ad un altro uomo, poi con il passare del tempo cominciò a sentirsi vecchia ed inadeguata, così si abituò al suo stile di vita monastico. Dopo quella discussione si era accorta che tra lei e Paolo era nata una certa distanza e nonostante era quello che avevano deciso, lei ci soffriva. Sebbene cercasse di scacciare i pensieri che le frullavano per la mente, alcuni avevano messo le radici. Non era facile per una madre dire ad un figlio che lo desiderava così come lui desiderava lei. Lei aveva cinquant’anni, lui ventinove, nonostante l’età, lui aveva avuto una vita sessuale molto più intensa della madre, e lei lo sapeva, ed era convinta che nel caso fosse accaduto qualcosa lo avrebbe deluso, questo la aveva spinta a mettere uno stop alla questione prima che fosse troppo tardi. La vita continuava con la solita routine, solo che una sera, Paolo, mentre la stava aiutando ad indossare la comicia da notte, si fermò ad osservarla nuda ed esclamò: “Dio mio, quanto sei bella!” Forse fu quel commento, o forse i pensieri che continuavano a girargli per la testa, in quel momento aveva capito quanto lo desiderava e che avrebbe ignorato la decisione che avevano preso insieme dopo quel colloquio esplicativo. “Tesoro, stanotte invece di dormire nella tua stanza, non ti andrebbe di dormire nella mia, accanto a me? Niente di inappropriato amore, solo che sono ancora un po’ intontita dagli antidolorifici e nel caso debba andare in bagno ho paura di cadere.” “Certo mamma, se questo ti può rassicurare. Dammi solo il tempo di cercare i pantaloni del pigiama, sai da tempo ho preso l’abitudine di dormire nudo.” Paolo allora aiutò la mamma a coricarsi poi, in un armadio nella sua cameretta, in mezzo a tanti suoi abiti vecchi, riuscì a trovare un paio di pantaloni del pigiama che la mamma, saggiamente, non aveva mai gettato. Tornato nella camera della madre, mentre si stava stendento ne letto vicino a lei, provò una delle sensazioni più strane che avesse mai provato. Rimboccarle le coperte e vestirla era una cosa, ma essere quasi nudo sotto le coperte insieme a lei era una cosa che non avrebbe mai pensato potesse accadere, neanche nelle sue più torbide fantasie. Restando entrambi distesi dalla propria parte del letto, chiacchierarono per un po’ tralasciando volutamente nel discorso i commenti alla loro situazione, poi spensero la luce. Paolo si addormentò subito, ma Amelia, sebbene fosse molto stanza non riusciva a chiudere occhio, non si sentiva a suo agio a fianco del figlio seminudo. Cercò delle posizioni più consone per dormire, ma il sonno non arrivava. Alla fine, la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò. Il suo subconscio le regalò un sogno erotico che forse era quelle che avrebbe realmente desiderato. Si vedeva distesa sul letto a gambe aperte mentre con le dita si solleticava la fica. Alzando lo sguardo e vide sulla porta della camera il figlio che la spiava spudoratamente. Le si avvicinò, poteva vedere il rigonfiamento dei suoi pantaloni, bramando al più presto di poter vedere la sua carne tesa. Quando si avvicinò allungo la mano per sentire il suo gonfiore. La sua eccitazione era alle stelle, lo vide spogliarsi, il suo cazzo era fantastico, non vedeva l’ora di assaporarlo. Ahimè, tutte queste sensazioni improvvisamente la risvegliarono. “Cazzo, non è possibile!!” Era calda, umida, non si era mai sentita così eccitata. Proprio quando nel sogno stava arrivando la parte più eccitante, puf, purtroppo nei sogni non si può riavvolgere il nastro. Amelia sospirò forte e nel girarsi nel letto appoggiò inavvertitamente la mano sul petto del figlio. Sempre con gli occhi chiusi in una sorta di dormiveglia, apprezzare il calore e la pelle nuda non riuscì ad alleviare la frustrazione che provava. I suoi pettorali erano lisci e sodi, il petto si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro. Quel movimento ritmico era per lei allo stesso tempo calmante ed eccitante, inconsapevolmente nell’accarezzarlo la sua mano era scesa fino all’elastico del pigiama. Si fermò bruscamente rendendosi conto di quello che stava facendo. Lo ascoltò mentre respirava e disse tra se e se: “Un giorno saprai quanto ti amo e ti desidero.” Il suo livello di eccitazione sempre al massimò iniziò a tentarla di nuovo e la spinse oltrei il punto dove prima si era fermata. Le sue dita trovarono un varco tra l’elastico del pigiama finchè improvvisamente non arrivarono a contatto con il suo pene moscio. Aprendo gli occhi si bloccò. Riuscì a distinguere tra le ombre della camera il viso del figlio, convinta che stesse ancora dormendo. Qualche cosa cominciava a muoversi nel pigiamo di Paolo e non era la sua mano. Rimase immobile mentre sentiva il pene del figlio crescere, sia in circonferenza sia in lunghezza. Non potè fare a meno di far scorrere la mano per tutta la sua lunghezza sentendolo pulsare tra le sue dita, mentre aumentava di volume. “Dio mio… dio mio…” Ripetè più volte dentro di se. Era passato così tanto tempo da quando aveva toccato il pene di un uomo! La sua vagina era fradicia, sentiva i succhi colargli tra le labbra fino alle cosce. Mentre ancora stava crescendo, fece scivolare le dita sul prepuzio, abbassandolo e mettendo in mostra la cappella liscia e calda, accompagnata da dei tenui gemiti usciti dalle labbra del figlio. Incoraggiata dal fatto che fosse ancora addormentato, fece scivolare la mano più in basso impugnando come meglio potesse causa la fasciatura, il sesso del figlio in modo da apprezzare quanto fosse duro e caldo. La disperazione di Amelia le aveva fatto gettare al vento la promessa di non andare oltre, e mentre lo masturbava, l’altra mano era scesa tra le sue gambe e le dita dentro la su vagina. Era così occupata nell’accarezzare il cazzo del figlio e di farsi scivolare le dita dentro vagina che, finchè lui non parlò, non si accorse che si era svegliato. “Non è giusto.” Disse lui con voce assonnata ed eccitata. “O mio dio, sono desolata amore, non so cosa mi ha preso.” Quindi cercò di togliere la mano, ma non ci riuscì, la fasciatura al polso glielo impedì. Uno strano silenzio cadde nella stanza, il suo viso era rosso fiammante, era troppo imbarazzata per dire qualcosa. Senti suo figlio muoversi, pensò che l’avrebbe lasciata sola, che si sarebbe alzato e se ne fosse andato a dormire nella sua cameretta. “Volevo dirti che non è giusto che tu procuri piacere a me e tu faccia tanta fatica a soddisfare te stessa. Non vorresti che io ti aiutassi?” Le chiese, mentre la sua mano accarezzava il ventre della mamma. Il respito di Amelia diventava sempre più affannoso e irregolare mentre la mano del figlio scendeva sul pube e tra le gambe ancora divaricate. Sentì un dito scivolargli dolcemente tra le labbra della vigina mentre con l’altra mano le accarezzava i glutei. Quando il dito penetrò profondamente nel suo sesso attorcigliandosi all’interno, quasi si mise a piangere, non potendo credere cosa gli stava permettendo di fare. Lei era incapace di resistere alle richieste che il suo corpo cominciava a reclamare, aveva fame di carezze e amore. “Amore come ce l’hai grosso!” Mormorò Amelia mentre impugnava nuovamente il cazzo del figlio. “Aspetta, fammi togliere questo maledetto pigiama.” Lei si fermò un attimo per permettergli di abbassarsi i pantaloni del pigiama, poi riprese a masturbarlo come poteva impedita dalla fasciatura, mentre lui inseriva nuovamente il suo dito nella fica della mamma madida di umori. “Mamma, vorrei molto fare l’amore con te, ma con le tue braccia ancora doloranti, non vorrei che per causa della la mia impazienza tu dovessi ritornare in clinica.” Le sensazione che le dava il suo corpo e le parole del figlio aumentarono il desiderio di Amelia. “Amore, voglio che tu faccia l’amore con me.” Accidenti, questa volta lo aveva detto apertamente. Lei stessa era sbalordita da ciò che aveva appena esclamato. Quella notte si arrangiarono come poterono, Paolo la fece godere più volte leccandola e lei ricambiò masturbandolo come meglio poteva fare, facendolo poi schizzare sulla pancia dove. Continuarono così, lui a leccarla sditalinarla e lei a masturbarlo, e soprattutto giocare durante la doccia, per altre due settimane, giorno in cui avevano appuntamento per la visita finale, bramando che dopo i loro contatti diventassero più intensi.
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2023-01-10
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