Sono la schiava sessuale della prof di matematica

di
genere
saffico

Storia vera, i luoghi e i nomi sono stati cambiati per ovvi motivi.

Mai avrei pensato di poter essere risucchiata in questo gorgo, ed ora non so più come uscirne. Mi presento, mi chiamo Sonia, sono un studentessa di un liceo scientifico milanese e sono diventata la schiava sessuale della mia prof di matematica. Ora mi direte: “Ma come è potuto succedere?” Sono stata vittima di una premeditata strategia organizzata dalla prof stessa. Il tutto cominciò durante una delle classiche gite scolastiche che si effettuano a scopo culturale in una delle belle città d’arte della nostra Italia. Durante il viaggio, in pullman, fantasticavo con le mie compagne quanto sarebbe stato bello organizzare dei pigiama party nelle camere alla sera, anzi, notte, e già facevamo progetti. Il primo dubbio mi venne al check-in, l’assegnazione delle camere, anziché con una compagna mi trovai accoppiata con la prof. Appena avuta la notizia mi sentii chiamare: “Spinelli, ho visto che siamo in camera insieme. Mi auguro che lei non sia sonnambula o altro.” Spinelli è il mio cognome, mi disse ridendo. “No, non si preoccupi, sono una dormigliona.” Gli risposi tanto per dirgli qualche cosa. Appena in camera, cominciai ad aprire la valigia, senza badare alla prof. Ad un certo punto entrai in bagno e la vidi nuda, in procinto di fare una doccia. La prof aveva sui 50 anni, ben tenuta, depilata anche tra le gambe, qualche chiletto in più ma che non le stava male addosso. “Ops.. perdonami, mi do una rinfrescata, devi fare anche tu la doccia?” “No, io sto bene così”. Tagliai corto. Dopo aver preso possesso della camera scendemmo per il pranzo e poi via per un giro in citta. Il pullman, dopo averci portati nei pressi del centro della città, ci lasciò ed iniziammo a camminare girando per chiese, monumenti e musei. Alla sera distrutte tornammo in albergo. Io ero stanchissima, mangiai qualcosa poi salii subito in camera per una doccia ristoratrice. Quando arrivò la prof, io ero già distesa sul letto con un pigiamino estivo, era maggio, e stavo chattando con le mie compagne nella chat di gruppo. Anche erano loro stanchissime, nessuna aveva voglia di pigiama party. “Sonia, io mi faccio una doccia, tu non dormire, ho voglia di fare 2 chiacchiere dopo.” Notai che stranamente era passata al nome, di solito in classe ci chiamava sempre per cognome, forse, pensai che vista l’intimità in cui eravamo, fosse normale. Sentii l’acqua della doccia scrosciare per un bel po’, poi spruzzi di profumo e alla fine la vidi uscire dal bagno. Si sedette sul letto vicino a me in accappatoio e con l’asciugamano che le avvolgeva i capelli come un turbante. “Ohh.. proprio mi ci voleva, ero stanchissima, ho i piedi che mi fanno male dal tanto camminare. Ma dimmi, sai fare i massaggi ai piedi? Ti va di massaggiarmeli un pochino?” “Prof, non so, non l’ho mai fatto.” Le dissi pensando di chiudere lì il discorso. “Dai non preoccuparti, prova, al massimo ti dico io come fare.” Allora mi sedetti sul letto e lei mi porse subito un piede da massaggiare. Io con grande imbarazzo e titubanza iniziai. Subito iniziò a dire che ero brava, che lo stavo facendo molto bene. Un piede, poi l’altro, ma mentre massaggiavo il secondo piede, lei, l’altro, me lo mise davanti alla bocca. Pensavo volesse giocare allora le dissi che non mi andava, ma lei continuava. Io spostai la testa e smisi di massaggiarle il piede. Lei quasi arrabbiata mi disse: “Stronza non hai capito un bel niente allora. Come mai pensi che tu sia finita in camera con me? Ti ci ho messo io di proposito. Hai una bocca ed una lingua che invoglia. Dai leccami i piedi e baciameli, e ricordati che nella mia materia sei tra il 5 ed il 6, non penso tu voglia avere l’esame.” Quindi me lo spinse sul viso quasi con forza. “Su bacia e lecca.” Mi ordino imperiosamente. Controvoglia lo feci. Il ricatto mi faceva paura. Cominciai a baciarglieli e leccarglieli. “Su, sali con la bocca, baciami e leccami le cosce.” Io, sempre più intimorita, ubbidii. Lei sembrava provasse più piacere a ordinarmi cosa fare che non per quello che le stavo facendo. Ad un certo punto mi prese per la nuca, e tenendomi per i capelli, premette il mio viso contro il suo pube. “Su dai, adesso fammi vedere come sai leccare.” Io ebbi un attimo di sgomento, il modo e il tono in cui me lo disse mi fecero paura. Senza replicare inizia a leccarla. Obiettivamente la su fica tutta depilata aveva un buon profumo, ma questo non mi aiutò, ero terrorizzata. Provai a infilare la lingua tra le sue labbra, il suo umore era dolciastro, era la prima volta che leccavo una fica. “Mmmm… si, si.. continua cosi, sei proprio brava, non sembra sia la prima volta, vero puttanella? Ora leccami il clito, schiava.” Ubbidii, la mia lingua andava in sincrono con i movimenti del suo bacino, finche non la sentii emettere un mugolio accompagnato da delle contrazioni del ventre. Aveva goduto. Pensai che a quel punto fosse soddisfatta, invece no. Con tono imperativo e modi risoluti mi disse di sdraiarmi sul letto. Si tolse l’accappatoio e completamente nuda venne sopra di me incollando la sua fica al mio viso, nella classica posizione di face sitting. “Dai, schiavetta, mangiala, ho visto che ti piaceva prima.” Cosi dicendo cominciò a cavalcarmi sfregando la sua fica sul mio viso. “Dai, lo so che sei una troietta, ho scelto te proprio per questo, fammi godere ancora.” Così dicendo aumento il ritmo della cavalcata fino a quando mi urlò: “Su dai, troia apri la bocca.” Io quasi come ipnotizzata la aprii senza battere ciglio ed improvvisamente un forte getto di liquido mi arrivo fino alla gola, tanto che dovetti deglutire per non soffocare. Dopo di ciò senza dirmi e farmi altro si alzò, andò in bagno a lavarsi. Pochi minuti dopo rientrò in camera e mi disse: “Spinelli buonanotte, dormi bene che domani la giornata è pesante. Ahh.. dimenticavo, questo sarà il nostro piccolo segreto.” Subito corsi io in bagno e cercai di lavarmi il viso tanto da togliermi il sapore e l’odore dei suoi effluvi vaginali. Ero impaurita e disgustata per quello che era successo, non sapevo cosa fare o pensare. Il fatto che lei non mi toccò o fece altro a me, come se fossi per lei solo un giocattolo, o meglio una schiava, come mi aveva apostrofato lei, mi fece pensare molto. La notte un turbinio di pensieri mi assalì. Che fare? Dirlo a qualcuno assolutamente no, anche se ero stata obbligata, sarei morta di vergogna. Poi, se la preside o altri ne fossero venuti a conoscenza chissà che scandalo che ne sarebbe scaturito. Pensai, quantomeno sperai, che la cosa non sarebbe più successa, quindi mi addormentai. Alla mattina sentii la prof che mi chiamava: “Su svegliati Spinelli.” Aprii gli occhi e lei era già in piedi nuda sopra di me. Senza dire altro si sedette di nuovo sul mio viso e mi disse con tono perentorio: “Su schiavetta fammi godere, sai già come fare.” La sua fica sul mio viso non aveva più la freschezza della sera prima, un odore di urina si mischiava all’odore del suo corpo. Senza che io potessi dire niente cominciò a sfregarsi contro la mia bocca e viso. Con le mani mi teneva la testa e la muoveva al ritmo del suo bacino. “Mmmm…. Si brava, la mia schiavetta ha capito cosa mi piace.. dai leccami fammi godere ancora, troietta!” Ad un certo punto mi ordinò di aprire la bocca e come la sera prima mi squirtò direttamente in bocca e sul viso. “Brava.. sempre meglio, impari in fretta vedo.” Si alzò e si infilò in doccia, ed io rimasi di nuovo a rimuginare su ciò che era successo. Ero ammutolita, non avevo il coraggio di dirle niente. Mi sentivo sporca. Finalmente lei uscì dal bagno ed io di corsa sotto la doccia prima che lei dicesse qualcosa. Mi lavai per un quarto d’ora cercando di togliermi da dosso l’odore del suo sesso. Appena uscii dalla doccia lei già era scesa per la colazione. Mi vestii e raggiunsi anche io il gruppo, feci colazione tutta taciturna, alle mie compagne, che mi chiedevano cosa avessi, risposi che avevo dormito male a causa del cambio di letto e chiusi li il discorso. Durante il giorno, grazie al divertimento con le compagne, un po’ dimenticai quello che era successo. L’incubo ritornò di nuovo alla sera. Dopo essere andate in un pub vicino all’albergo, quando rientrai in camera, la prof mi accolse in accappatoio. “Ciao Spinelli, ti sei divertita? Avete fatto le troiette in giro per la città? Su preparati, sai che devi far godere ancora la tua padrona.” Cercai di replicare che non volevo, che ero stanca, ma lei subito mi ricordò della mia non piena sufficienza in matematica. Mi si avvicinò e, senza che potessi dire altro, mi sbatté sul letto, si tolse l’accappatoio e nuda, si sedette, come da copione, sul mio viso. La scena seguì pedissequamente quella del mattino e della sera prima. Alla notte pensai come poter uscire da questa situazione, un mio rifiuto non l’avrebbe comunque fermata, forse avrei dovuto urlare? Forse, ma la cosa avrebbe allertato le camere vicine e sarebbe successo quello che io non volevo, ovvero rendere di dominio pubblico ciò che era successo. Mi addormentai pensando che purtroppo alla mattina si sarebbe ripetuta ancora la stessa situazione, e così fu. Lei non aveva pensieri per me, non mi toccava in nessun modo, non mi faceva neanche spogliare, non si preoccupava se io provassi piacere o disgusto, mi usava come fossi una bambola gonfiabile, ero la sua schiava sessuale. Il giorno dopo si ripartì per tornare a casa, dentro di me ero felice perché almeno questo supplizio sarebbe finito ma mi sbagliavo. Dopo qualche giorno la prof mi chiamò, in modo dolce e chiamandomi per nome mi disse: “Sonia, dovrei interrogarti. Non voglio che tu rischi l’esame di matematica. Vieni a casa mia, ti preparo sulle cose in cui sei più debole, così da fare una bella interrogazione.” Rimasi stupita per questa sua delicatezza, ed accettai di buon grado, pensai che forse si sentiva in obbligo nei miei confronti e volesse riparare a ciò che mi aveva fatto. Qualche giorno dopo mi chiamò e mi disse: “Sei libera lunedì pomeriggio? Ci vediamo e ti preparo per l'interrogazione, ok?” Bene, armata di buona volontà arrivai a casa sua puntualissima. La lezione scivolò via per un paio di ore benissimo, i concetti che mi erano un poco oscuri me le li chiarì in modo perfetto. “Ecco ora sei pronta per l’interrogazione.” “Bene, grazie prof. “ E feci per andarmene. “Sonia, non ti pare che mi devi qualche cosa?” Capii subito a cosa alludeva. Senza dire niente mi si avvicinò, mi tolse di mano lo zaino e mi ordinò perentoriamente di seguirla. Mi portò in camera sua e mi fece sdraiare sul letto. Si tolse velocemente la gonna portafoglio che indossava mostrando subito la fichetta tutta depilata. Non portava intimo. Come le volte precedenti mi saltò a cavallo e mi mise la fica davanti alla bocca e con le solite parole e ordini imperiosi mi obbligò a leccarla. Forse la voglia era tanta, sembrava impazzita, era un continuo di mugolii intervallati da parole ed offese per me e alla fine mi squirtò, come suo solito, nella bocca. Ormai il sapore dei suoi umori avevo imparato ad apprezzarlo, anche se non amavo lo facesse, ormai non mi stomacava più. Senza aggiungere altro mi disse: “Ciao, ora puoi andare, e ripassa quello che abbiamo visto oggi, domani ti interrogo.” Non sapendo se ringraziare o altro, mi ripulii alla belle meglio con una salviettina umidificata e uscii senza neanche salutarla. Il giorno dopo, come detto, mi interrogò, l’interrogazione andò benissimo così da avere una sufficienza piena. La scuola stava per finire, dall’interrogazione non avevo più avuto modo di incontrare da sola la prof. Un giorno mentre stavo uscendo da scuola, alla fine delle lezioni, mi squilla il cell. Era la prof: “Spinelli, fai finta di esserti dimenticata qualcosa e torna in classe. Prima però passa dalla palestra a prendere uno dei materassini per gli esercizi a terra.” Subito capii cosa mi toccava fare, ubbidii e con una scusa tornai indietro facendo quello che mi aveva chiesto. Lei mi aspettava in classe. Si era già preparata, scorsi le sue mutandine appoggiate sulla sua borsa e la gonna con la zip slacciata, bastava farla scivolare giù e voilà. “Spinelli, metti il tappetino a terra e sdraiati, se vuoi leva la maglietta, non vorrei inondarla tutta.” Ubbidii senza parlare, ormai non riuscivo più a ribattere ai suoi ordini. Lei vide subito che ero terrorizzata dalla situazione inusuale. “Non preoccuparti troietta, non verrà nessuno a disturbarci.” In un attimo mi fu sopra e cominciò la solita pantomima. “Dai schiava, leccami, lo sai che io sono la tua padrona. Devi farmi godere e basta.” I suoi movimenti del bacino divennero sempre più veloci finché non sentii il suo ordine perentorio: “Schiava apri la bocca.” Ed un getto arrivò fino in fondo alla gola bagnandomi anche viso e seno. Per fortuna la scuola da li a poco finì. Continuai a domandarmi di questa sua perversione, era una dominatrice? Una padrona? Lo faceva solo con me o lo faceva anche con altre? Si era costruita un harem di studentesse sottomesse? La vergogna mi proibiva di raccontarlo e chiedere ad altre se anche loro erano la nella stessa mia situazione. I pensieri mi lasciarono con l’arrivo delle vacanze, i mesi estivi passarono in fretta e a settembre ci trovammo tutte pronte ad affrontare il nuovo anno scolastico, soprattutto sicura che la storia con la prof fosse finita. Dopo qualche settimana dall’inizio della scuola, una sera mi squillò il cell: “Spinelli, sono la prof di matematica, devo vederti urgentemente, passa venerdì a casa mia.” Purtroppo mi sbagliavo. (Fine)



scritto il
2024-01-22
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