L’s story. Capitolo 44. Resa

di
genere
dominazione

Bamm!
Il “caro” fratel Ramiro, che mi voleva bandire perché secondo lui, ero sfondata e rotta, giace con un buco in fronte davanti al cancello della fortezza della Hermandad. Leòn aveva chiesto l’endura (suicidio per assenza di acqua e cibo) per chi mi odiasse e suo padre ha rifiutato: ora il mio spietato amore ha saldato il conto.

Abbiam lasciato l’isolotto in piena notte e vedo quanto è accaduto col binocolo, da un affossamento del terreno: Leòn è un paio di chilometri più avanti, invisibile nella vegetazione. Con me ci sono i tre cavalli.

Sono le 07:00 di venerdì 14 e i gauchos, i fratelli incaricati di seguire le mandrie, scappano da quel stavano facendo e rientrano precipitosamente nella fortezza.
“Forse dovremo stare nascosti per parecchie ore” mi aveva avvertita Leòn. Invece, dopo nemmeno un’ora, escono suo padre Bogumil e gli altri 3 anziani: bandiera bianca e avanzano a piedi nella vegetazione.
Giunta a distanza di voce, Leòn grida loro: “Arrendetevi”.
Anziani: “Cosa vuoi? Hai tradito la Fratellanza Socialista”.
Leòn: “La Fratellanza è una menzogna: quello che avete fatto in 25 anni a me e alla mia sposa, dimostra che il vostro ‘Quel che è tuo e mio. E quel che è mio è mio’ è una menzogna. Arrendetevi o mi prenderò quel che mi serve con la forza”.
Anziani: “Cosa ti serve?”
Leòn: “Sposterò il coordinamento e il trading in un altro Stato: sapete che solo io riesco a fare soldi: se non accettate farete la fame. Avete visto che in soli cinque giorni avete perso metà del capitale e finanza di tutte le comunità nel mondo. Voi diventerete una comunità come tutte le altre: e tutti dovrete lavorare nei pascoli. I tre ragazzi che mi aiutavano nella trading room verranno via dall’Argentina con me: risponderanno solo a me e potranno laurearsi. Mandateli subito qui. E guai a voi se vedo qualsiasi tipo di attività sospetta: ho ucciso sei di voi, ma vi ucciderò tutti se non ubbidite! subito!”.
Anziani: “Fai questo perché perché vuoi esser tu il nuovo Bogumil?”
Leòn: “No, mio padre resterà il Bogumil di questa comunità. Ma non ci saranno più altri Bogumil: io mantengo tutti voi, io ho deciso che la Hermandad Socialista è morta, io vi ordino di lavorare, e lavorerete tutti! Andate, entro 60’ li voglio qui!”.

Nessuna reazione dalla fortezza, anzi, tre giovani escono correndo verso dove si suppone sia nascosto Leòn e non sembrano affatto dispiaciuti di andarsene. Quando arrivano dove è acquattato Leòn, col binocolo intravedo in mezzo alla vegetazione abbracci e pacche sulle spalle. Leòn dà subito le istruzioni: l’elicottero andrà a Choele Choel ad aspettarci. Due delle auto blindate dovranno essere rese inservibili. La terza uscirà e verrà a prenderci. Uno dei ragazzi resterà nella Fortezza e sarà sostituito ogni 6 mesi: tutti avranno il tempo di studiare e laurearsi.

Al cenno di Leòn, vado da lui. Lui saluta Trueno e io Sumisa: i cavalli si allontanano assieme, liberi, nella prateria: la loro storia sembra proprio come quella tra Leòn e me. Il terribile Ase, invece, resta con Leòn fino a quando arriva la jeep blindata: Ase guaisce fortissimamente come saluto a Leòn, poi si allontana, libero. Noi andiamo in direzione opposta a quella che tutti si aspetterebbero,

Da Choele Choel facciamo un lungo volo in elicottero, di parecchie ore, con la lancetta del carburante che scende… Finché, dopo 5 ore, Leòn dice: “Lì, atterra nell’eliporto oltre quelle villette”. Siamo a Punta del Este, Uruguay. Ci cambiamo con le cose che i ragazzi han preso dalla Fortezza: per fortuna c’è tutta la mia valigia e ho parecchie calze di ricambio. Devo spogliarmi davanti a loro tre, metto il tailleur che avevo all’andata, autoreggenti bianche come la camicetta e decolleté con tacco 9 cm sottile, completino intimo minimale e bianco: mi guardano intensamente, non solo Leòn, e arrossisco!

Poi, in taxi fino al vicino aeroporto di Montevideo, io con le ginocchia unite strettissime e una mano che blocca l’apertura della gonna a portafoglio.
L’unico passaporto “vero” è il mio, quelli della Hermandad sono… diciamo “attrezzati per ogni emergenza”. Realizzo che, in quegli ultimi giorni alla fortezza, Leòn aveva calcolato tutto: il volo per Malpensa da Carrasco decolla alle 13:40 e siamo in orario. Siamo tre maschi ed io nella cabina Premiere di Air France: arriveremo a Malpensa quasi 24 ore dopo.

In quelle ore conosco sempre meglio il mio marito e padrone: è già al lavoro con p.c. e cellulare. È una macchina da guerra e, da come gli danno retta i ragazzi, deve essere intelligentissimo. In volo chiama Giovanni, il Provveditore e capo della comunità italiana: gli detta un’infinita serie di cose che serviranno per essere operativo prestissimo. I due ragazzi vivranno al secondo piano della mia villa, non al primo, dove stiamo noi le sottomesse, per non distrarsi. Leòn ed io, invece, vivremo in mansarda assieme, e non dormirò più con le altre mie sorelle. Sono troppe novità e, prima che mi venga mal di testa, mi accuccio accanto a Leòn e dormo.

Mi sveglio mentre atterriamo allo scalo di San Paolo in Brasile e mi accorgo che mi ha sbottonato completamente la gonna e mi si vedono tutte le gambe fino su, alla pancina. Scatto e cerco di coprirmi, ma una mano gentile di Leòn mi ferma: “Mostrati amore mio, loro due sono come di famiglia, hanno pochi anni più di te, ti mangiano con gli occhi da quando ti han vista e alla Fortezza non gli è stato permesso di… conoscerti: perché i Fratelli sapevano che questi ragazzi erano più legati a me che alla Hermandad”.
Io: “Mio signore, ma io non li conosco… mi vergogno, non mi ribello se lei lo vuole, ma...”, scatto e nascondo il viso contro la sua spalla, ma ubbidisco e resto in mostra.

Leòn: “Allora facciamo così: te li presento e poi fate amicizia, parlate di quel che volete… In aeroporto gli ho già procurato un piccolo vocabolario spagnolo-italiano, magari li aiuti a imparare la tua lingua. Sai quanto si sono accarezzati la patta mentre dormivi? Su, sii buona con loro… Allora, questo davanti a noi a sinistra si chiama Raul, l’altro Adrián. Sono bravi ragazzi, mi aiutano nella gestione del trading dei bovini e di tutto il resto”. Io sono rossa come un pomodoro, ma hanno il vocabolarietto aperto e mi porgono la mano e devo staccarmi dalla spalla di Leòn.
Io: “Piacere di conoscervi, mi chiamo Elle”, con gli occhioni verdi bassi.
Raul: “Io Raul. Tu multo bella e dulce Ele, tu sembra sorella de Chakira”.
Adrián: “Mio nome Adrián. Tu più bella que Chakira: tu occhi verde e gambe più lunghe!”
Leòn: “Y aùn no visteis que culito tiene! ja ja ja!”.
Loro tre ridono, quel che ha detto Leòn l’ho capito persino io… gli do’ un pugnetto sulla spalla ma… sorrido anche io per i complimenti.
Io: “Grazie, e grazie per la vostra delicatezza”.

Leòn ride, si sta divertendo il birbante! Traffica con il cellulare e poi mostra trionfante una foto di Shakira al mare: “¿Cual es la mejor? Ja ja ja!”. Tutti a guardare la foto, poi:
Raul: “Ele, tale foto non possiamo giudicare multo bene”
Adrian: “No, Chakira sta con bikini y tu vestida, non ci è possibile confronto”.
Io riabbasso gli occhi, ho capito bene dove vogliono andare a parare, resto immobile. Sono molto alti e forti, anche se non quanto Leòn. E sono educati, anche se birichini. Mi vergogno, cerco gli occhi di Leòn, lui mi fa di “sì”, con la testa. Umiliata, mi alzo: Leòn al mio fianco, loro due nelle poltrone davanti. Porto le mani sopra la testa, in modo da non potermi difendere né coprire. Spero non entri nessuno. Leòn capisce i due ragazzi no.
Leòn “Se puso asì sin defensa para que le quiteis la ropa. Os ruego, delicadeza y educacion”.

Fanno di sì con la testa e già due mani gentili vanno a slacciarmi la gonna, che cade ai miei piedi. Adrian si alza, mi sfila delicatamente la giacca del tailleur, quindi sbottona attentissimo la camicetta: resto in reggiseno, perizoma, calze e tacchi alti. Anche Raul è in piedi, mi porge la mano per farmi girare su me stessa. Hanno un visibile rigonfiamento dei jeans.
Raùl: “Ele... por favor... ¿podemos todo?… ¿sì?”. Taccio. Vorrei sprofondare. Due manone gentili mi slacciano il reggiseno, altre due abbassano il perizoma… Non ce la faccio: mi copro il seno con un braccio e la patatina con una mano. Cerco di nuovo gli occhi di Leòn: sorride, contento e beato di umiliarmi! Uffi!

Leòn: “Ti sono cresciuti un pochino dei peletti…”
Io: “Mio signore sono mortificata, non c’erano estetiste… non mi picchi per piacere”.
Intanto i due hanno cominciato ad accarezzarmi dappertutto, per fortuna con carezze delicate… che purtroppo mi piacciono.
Leòn: “La mia schiava deve essere la più bella, non puoi certo presentarti così alla villa…”
Io: “Mio signore, sono mortificata… non ho neanche le strisce Veet… non mi sgridi, sono stata somara e ho sbagliato…” (però di peletti ne sono spuntati solo pochissimi, sottili e piccolissimi, ma uffi!). Era un trucco per distrarmi, perché Adrian chiede: “Ele sei tuta baniata… tanto baniata ne la figa… ¿porque?”. Tremo per l’imbarazzo, ma Adrian mi spinge piano un ditone nella vagina… e io miagolo, sottovoce, ma mi avranno sicuramente sentita.
Raul, invece, si è affezionato al mio sedere: lo accarezza, lo palpa, mi apre piano le natiche e coccola il buchino… se lo gusta proprio... e io, che dietro son diventata sensibilissima a forza di essere usata, miagolo di nuovo.

Ma Leòn, mi dice in modo secco: “Giù! Offriti”. Devo ubbidire. Piego un ginocchio, poi l’altro, siedo sui talloni, scosto le ginocchia, allaccio le mani dietro la schiena.
Raul: “Es una esclava perfecta… Leòn, puedo… ¿sì?”. Riceve l’assenso, si sbottona e abbassa i jeans freneticamente offrendomi un uccellone in completa erezione davanti al viso: mi accorgo di provare un sottile piacere quando mi desiderano così tanto, ma mi pento di quel pensiero e lo scaccio. So cosa ci si aspetta da una come me: schiudo le labbra, guardo Raul: sembra che sia lui a volere adorare me! Prendo a leccarglielo, dai testicoli alla punta. Lui geme, geme forte… si siede. Ne seguo la seduta, lo imbocco, succhio senza usare le mani… lo spingo dentro: non lo ha grande come Leòn, riesco a imboccarlo tanto, fino in gola. Succhio tenendo gli occhi fissi nei suoi, umiliata ma, adesso, anche eccitata.
Raul: “Caray que guapa eres… yo.. yo… aaahhh”. Spruzza, ma proprio tanto che devo inghiottire svelta per continuare a respirare. Mi sorride, felice… gli piaccio proprio tanto, mi accarezza il viso, e… “Gracias preciosa”.

Intanto, Adrian si è seduto accanto al suo amico, ha già calato tutto e ha una splendida erezione pure lui: lo ha circa uguale a Raul, proporzionato e grande… Leòn: “Amore mio, ma quanto ti piace fare bocchini? In Giamaica non eri così calda prendendo cazzi in bocca!”

Io: “Ma… mio signore… mi avete addestrata voi così… mi avete educata a far divertire gli uomini, a dare piacere a tutti… con i bocchini mi sento importante, realizzata… ma se mi dice così mi fa sentire una donnaccia!”
Leòn: “Ah, ah, ah! Ti stavo prendendo in giro... è bellissimo vedere che godi con un cazzo in gola, su! Piuttosto sai dire a un taxista dove andare per l’estetista di Marta? Ci sono anche negozi di abbigliamento per uomo?”, Faccio appena in tempo a dire “Sì, credo di sì” che la mano gentile di Adrian mi attira sul suo sesso: adesso lo ha proprio gonfio!
Non faccio in tempo neanche a leccarglielo, insalivarlo per farlo entrare meglio, che lo sento già in gola: non c’è stata violenza, ma determinazione sì: me lo ha spinto tutto dentro accarezzandomi i capelli biondi!

Succhio, sono nuda ai suoi piedi, con le mani giunte dietro la schiena... spero che non mi si smaglino le calze e… succhio, con quella mano che non si toglie dai miei capelli e mi dà il ritmo a lui gradito. Anche Adrian comincia a gemere, ma resiste, sembra voglia godersi la mia bocca il più possibile. Provo a muovere avanti e indietro la testa, mi blocca: deciderà lui quando… io devo solo sottomettermi e lasciarmi usare, è lui che comanda e guida, io posso solo succhiare guardandolo negli occhi. Purtroppo, mi sono rimessa a miagolare… forse perché mi intriga sentirmi così, dolcemente costretta. Finalmente Adrian perde il controllo e spruzza… ma anche io godo, godo nel fare bocchini, godo quando mi riempiono la bocca, godo per il sapore del seme… godo come una svergognata! In questi mesi sono talmente cambiata che non riesco a capacitarmene.

Quando Adrian si rilassa sulla sua poltrona, sento battere sulla mia spalla la mano di qualcuno che amo. Anche Leòn vuole la sua parte: si è chiaramente eccitato nel vedermi sottomessa e usata. Ricorderete che è umanamente impossibile accogliere tutto il sesso del mio padrone. Quindi, lo supplico: “Mio signore… il permesso di usare anche le mani”. E poi c’è un secondo problema: avrò probabilmente un orgasmo violento anche solo succhiandoglielo. Perché quest’uomo io lo amo, ne ho subìto l’influenza dalla prima volta che l’ho visto, me ne sono innamorata quando mi ha presa e, dopo i giorni passati assieme in Argentina, lo amo con tutta me stessa
Cerco di prenderne il più possibile in bocca, rischio di slogarmi la mandibola… e glielo succhio e accarezzo con tutto il mio cuore: il mio signore mi onora presto, con un fiume di seme, provocandomi un orgasmo tipo terremoto.

Lui deve lavorare, io sono stanca: mi manda a dormire nuda tra i due ragazzi: nel dormiveglia, uno mi succhia un capezzolo l’altro mi fa tenere l’uccello in mano. Ci si risveglia qualche ora dopo, allo scalo di Parigi. Chiedo e ottengo il permesso di rivestirmi, tra poche ore atterreremo a Malpensa.

A Malpensa sono le 10:00 circa e Leòn ha già fatto venire un’auto. Si va prima al grande Centro Commerciale: per me 4 ore di trattamenti, per i ragazzi due abiti interi e qualcosa di casual, per Leòn un abito nero e il consueto mantello nero con cappello stile borsalino.
Ci si ritrova davanti al bar più bello: sono irriconoscibili, tre fighi da urlo! Alti, forti, vestitissimi… e, da come mi guardano anche io non devo essere male, nonostante sia così piccina e, in mezzo a loro, sembri una bambina.
Leòn vede i miei occhi famelici rivolti alla pizzeria preferita da Claudio e da me e… ho il permesso di mangiare la pizza! La mangiano anche loro e si stupiscono dei mille sapori napoletani.

Tornati in auto, mi fa mettere il suo collare, il più bello che ho. Siamo pronti, si va!
In auto spiega ai due ragazzi che le schiave italiane sono belle, molto più belle di tutte le altre nazioni. Che sono buone e, quando amano, si donano con tutto il cuore, la mente e il corpo. Che loro due potranno averle tutte, ma prima devono capirle, non devono avere fretta e devono cambiare modo di trattarle. Dovranno essere gentili, educatissimi e mai farle piangere: nel caso una schiava si rifiuti o si ribelli c’è già chi ci pensa.

Manca poco: a minuti Leòn farà il suo ingresso nella villa, seguito da due begli aiutanti e una piccola schiava… innamorata.

COntinua
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scritto il
2023-01-16
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