La bastarda
di
Elvira la bastarda
genere
sadomaso
Capitolo sesto. Nonostante sapessi che fosse inutile lamentarsi del cibo, ogni tanto ci ricascavo, protestando perché era poco, perché non era gustoso, perché a volte era immangiabile. Volta per volta senza nemmeno pensarci 2 volte, i miei genitori mi punivano lasciandomi digiuna. Per quel pasto, per quella giornata, per più giorni. Una volta anche per una settimana. Al primo pasto utile mangiavo quello per cui avevo protestato. Poco importava se nel frattempo si era guastato. Anche inacidito finiva nel mio stomaco. Così impari, mi dicevano. Quando fui punita con una settimana di digiuno mi avevano dato un pezzo di pane di 5 giorni. Lo mangiai di 12 giorni. All'ennesima protesta, la mia matrigna mi disse :"adesso mi hai stufato, intanto ti becchi 2 giorni di digiuno ma l'altra domenica, mancavano una decina di giorni, ti farò saziare. Non avrai più motivo di lamentarti e sarà così ogni domenica". Esultai, almeno la domenica avrei mangiato bene. Già dal primo pomeriggio cominciai ad avere qualche dubbio. Presero una grande insalatiera in cui cominciarono a mettere tutti gli scarti del cibo. Pasta, sughi e brodo rimasti nei piatti e nelle pentole, i rimasugli del latte e dei biscotti rimasti la mattina nelle tazze, bucce, torsoli e scarti vari della frutta, le bucce delle patate, gli scarti della verdura sia cotta che cruda, rimanenze dei dolci, scarti di uova, gusci compresi, scarti di carne, scarti di pesce, lische e visceri compresi, scarti di molluschi, scarti di salumi, ossa di pollo, coniglio ed altro, l'olio della frittura, pezzi di pane duro, scarti di pizze, il vino e le bibite gassate, rimaste nei bicchieri o nei fondi di bottiglia, scarti di formaggio, cibi andati a male, gli scarti dei contorni, frutti marci e chi più ne ha più ne metta. La domenica il tutto fu macinato, poi frullato e quindi posto in una pentola e fatto cuocere. Ne uscì fuori un pastone puzzolente che anche i maiali avrebbero rifiutato. A pranzo me lo misero davanti, era circa un chilo e mezzo di roba. Rimasi bloccata per più di un quarto d'ora davanti a quel piatto non sapendo cosa fare. Poi ne misi un boccone in bocca e un attimo dopo lo risputai. Aveva un sapore orribile. Mi rifiutai di mangiarlo. Mi disse mio padre :"gioia mia, sai benissimo che per te rifiutare il cibo significa restare digiuna e quel cibo ti sarà riproposto al pasto successivo. Puoi rifiutarlo anche per 2 settimane. Resterai 2 settimane digiuna è quel cibo alla fine lo mangerei. Non è meglio che te lo mangi adesso, piuttosto che quando sarà da buttare? Perché tu lo mangerai, ti assicuro che finirà nel tuo stomaco, oggi o fra 10 anni ". In un rigurgito di orgoglio, rifiutai di mangiarlo e lo rifiutai anche nei 2 giorni successivi. Mercoledì avevo gli occhi che mi uscivano fuori dalle orbite dalla fame, non sapevo nemmeno io cosa sperare, la sera capitolai. Chiesi di togliere almeno la muffa che si era formata in superficie. Assolutamente no, mi disse la mia matrigna. Lo devi mangiare così com'è, c'è anche il boccone che hai sputato. Così impari a rifiutare il cibo. Non ne deve restare nemmeno una briciola, voglio vederti leccare il piatto. Rischiando più volte di vomitare alla fine riuscii a mangiarlo tutto. Immangiabile, disgustoso, doveva finire nella pattumiera, è finito nel mio stomaco. Qualche ora dopo mi venne un fortissimo mal di pancia, rimasi tutta la notte seduta sul cesso. Il bruttissimo sapore mi rimase in bocca per diversi giorni e la domenica successiva ebbi il bis. E fu così ogni domenica, quando le studiavano tutte per rendermelo ancora più disgustoso. Cominciai a passare tutte le domeniche sul cesso e la notte dovevo recuperare il lavoro non fatto. Poco importava se ero tutta scombussolata.
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