Ricordi

di
genere
gay

La prima ed unica volta che Luciano si beccò un 4 al liceo, per un compito in classe di letteratura, non sapeva come tornare a casa... Un 4 non gli era mai successo e neppure ad alcun membro della sua famiglia.
"Lei mi odia", mormorò, "Cagna stronza e rabbiosa, mi odia; avrei dovuto avere almeno un 6."
Attraversò la strada e non fece il solito percorso; perdere un po' di tempo sarebbe stato meglio. Andò ai vecchi negozi all'ingrosso abbandonati sul lato est della città e fu là che la vide; gonna corta, gambe abbronzate e infinite, capelli ondulati e lunghi, portava una borsa di carta probabilmente con cibo e bevande. La vide andare a zonzo in quel luogo abbandonato, fermarsi in fondo ad un negozio all'ingrosso di legna, togliersi i sandali per salire la scala, invisibile, e sparire.
Incontrare qualcuno.
Era maledettamente intrigante; si riportò l’immagine della ragazza a casa e nei suoi sogni; si masturbò pensando a lei.
Il giorno dopo fece lo stesso giro e la vide di nuovo, era domenica ed il sessantesimo compleanno di Cordelia; un evento che non era permesso perdere, neppure per un secondo; inoltre Luciano amava sua nonna e voleva essere là presto, prima che la festa cominciasse.
Lunedì non c’era alcuna ragazza ma invece un ragazzo, lunghi capelli, bell’aspetto e la borsa dello stesso genere in mano; il suo scalare la scala era più veloce e rimase un po' più a lungo; avvicinandosi in silenzio Luciano fu in grado di vedere la sua espressione quando se ne andò. Il viso arrossato e trasognato, i vestiti un po’ in disordine, ondeggiando un po', un poco stordito. La ragazza aveva avuto la stessa espressione e non ci volle molto per indovinare quello che li aveva ridotti così.
OK, c'era qualcuno che probabilmente si nascondeva e gli amici gli portavano cibo. Nel mondo di Luciano le ragazze non si nascondevano in magazzini abbandonati fra i ratti. Anche i ragazzi non lo facevano ma almeno era una cosa che la sua immaginazione poteva credere.
Ci andò ogni giorno per avere la scusa di tornare più tardi a casa.
"Non mi piace che tu stia troppo fuori da solo, Luciano" Gli disse severa sua madre."
"Non sono da solo, ci sono degli amici... "
Questo gli guadagnò un'occhiata sorpresa; "amici" era una parola nuova nel sua vocabolario.
In una settimana tre ragazze diverse ed un ragazzo vennero a visitare l'uomo nascosto. Poi nessuno venne per due giorni e Luciano cominciò a chiedersi come mai. Alla fine di un venerdì molto noioso e caldo non riusciva a sopportarlo più a lungo, andò in un negozio di generi alimentari abbastanza lontano dal suo quartiere e comprò Coca cola, panini, biscotti. Esitando aggiunse una bottiglia di gin. E sigarette. Se doveva farlo doveva farlo bene.
"Troppo giovane per comprare alcol, ragazzo" disse il vecchio sdentato dietro la scrivania ma Luciano gli sventolò un biglietto da 20 euro sotto il naso e quello gliela diede.
Ritornò ai magazzini, il cuore batteva all’impazzata, rimase là per un po’ guardando in su. Non poteva fare altro... che pensare di una persona nascosta? Chi era, quanto era vecchio? Magari era pericoloso, magari era un fuggitivo ed il solo pensiero lo fece sbuffare; dannazione; doveva sapere.
"La curiosità uccise il gatto, Luciano" gli diceva suo padre.
Salì la scala tenendo la borsa in una mano ed entrò.
Odore di polvere, di calore e qualche cosa d’altro, qualche cosa di cui non aveva mai sentito prima l’odore.
Oscurità pesante, pavimento di legno con qui e là raggi di sole polverosi, vetri rotti, vecchi attrezzi dappertutto.
"Ehi! " si lamentò, con una voce di gola.
Sentì un frusciare vicino e mani forti lo trascinarono in un punto dove c’era una macchia di sole.
"Gesù... "
Un riso soffocato.
"Chi cazzo... " un altro riso soffocato ed una voce sbalordita che chiedeva "Chi cazzo sei?"
"Mi chiamo Luciano. Ho visto... nessuno veniva più; ho pensato che dovevi aver fame. Ti ho portato... "
Non riuscì a finire; delle dita gli carezzarono la fronte, pettinandogli i biondi capelli spettinati spostandoli per dare uno sguardo migliore.
"Gesù, un bambino."
"Non sono un bambino. "
"Sì, un grande ragazzo, sicuro. Che dannazione... " La voce sembrava divertita, non adirata, notò Luciano . "Come hai saputo che ero qui? " "Ho visto una ragazza salire l'altro giorno; poi il giorno dopo ed un ragazzo mercoledì." "Vuoi le dire che sei venuto qui a spiarmi ogni giorno?"
"Sì..., no, non proprio a spiare; ho pensato che era probabile che avessi bisogno di aiuto."
Ora poteva vederlo; più vecchio di lui, capelli scuri e più lunghi, disordinati, faccia forte e lunga, bocca dura ed occhi più blu, più scuri, più profondi dei suoi, come un mare profondo; un’espressione accorta e le dita che gli stringono le spalle.
"Cosa cazzo vuoi?"
Luciano non sapeva. Lui non sapeva ma sentì qualche cosa di nuovo nella voce del’uomo, qualche cosa che gli diceva che non avrebbe dovuto importunarlo, veramente no. Lui tenne gli occhi sulla bocca dura per un momento e la presa si allentò.
"OK, cosa hai portato?"
Luciano lo guardò mentre apriva il pacchetto delle cose che aveva comprato. "Gin? Chi te l’ha lasciato acquistare?"
Non era una vera domanda; e Luciano non si presa la pena di rispondere; lo guardava, comprese, vedendo i muscoli tesi sotto la pelle liscia ed abbronzata, come il ragazzo si muoveva come un grande animale selvatico; la sua bellezza. Gesù, cosa gli stava accadendo?
"Hai mai assaggiato il gin, almeno? Mi sembri fottutamente un bambino dei quartieri alti."
"L’ho provato a Natale."
"Ti è piaciuto?"
Inorridito, Luciano sentì un leggero rutto uscire dalla bocca, ed il ragazzo rise.
"Cosa vuoi, ragazzino?"
"Non sono così piccolo e tu... " Lo sguardo di Luciano errò sulle caratteristiche dure, la faccia si girò verso di lui, "non sei così vecchio."
"Sì, ok, sei vecchio come ti senti... "
Il ragazzo si alzò ed avanzò verso di lui, gli si acquattò di fronte intrappolando il mento di Luciano tra le sue dita. "Ok, l'ultima prova e dopo ti caccerò fuori a calci nel culo. Cosa vuoi?"
Luciano chiuse gli occhi sentendo l’odore del gin sulle labbra dell’altro, troppo vicine. "Cosa volevano gli altri?"
Un silenzio pigro cadde; un silenzio pauroso si riempì di rumori esterni, macchine sulla strada, uccelli che cantando, vento che soffia attraverso i vetri rotti ed il suo cuore che sembrava un tamburo nelle sue orecchie.
"Io non fotto bambini."
Luciano arrossì furiosamente.
"Smettila! Io non sono un bambino."
"No? Mai fottuto qualcuno, vero? Sono sicuro... "
Dita agili alzarono il suo mento, labbra contro il suo orecchio, un alito caldo gli provocava pelle d’oca dappertutto sulla sua pelle, la voce lo eccitava.
"Sono sicuro che non hai mai baciato nessuno. Non è vero? " "Naturalmente l’ho fatto."
Bugia patetica, il ragazzo rise, spietato. "Nemmeno una ragazza, uh?"
Le dita affondarono più profonde nel mento e lo trascinarono un poco più vicino. "Ok, ascolta, bambino; tu hai fatto qualche cosa per me; io farò qualche cosa per te. Ti permetterò di andartene intatto." "Solo un bacio", disse Luciano, tutto il suo corpo tremava, singhiozzi lo scuotevano; perduto, incapace di capire da dove veniva tutto, ma caparbiamente aggrappandosi al suo desiderio.
"Solo un bacio? Dopo te ne andrai via? Il genere di bacio che diedi agli altri?" "Sì."
Appena un bisbiglio, una calda esalazione contro la sua bocca. "A proposito, io sono Cris."
Luciano non ebbe tempo di rispondere; labbra strisciarono contro le sue, stuzzicando; e lui afferrò la testa del ragazzo e lo tirò più vicino, pigiò la sua bocca contro la sua, con forza sperando che Cris facesse il passo successivo perché lui non aveva idea di quello che avrebbe dovuto fare.
La calda umidità contro le sue labbra, una lingua che le allarga e le lecca; lui si lamentò indifeso, il fuoco sfrigolava in ogni piccola briciola suo corpo mentre la lingua strisciava nella sua bocca, invadendola; lui rese il bacio timidamente, impaurito di fare la cosa sbagliata ma un ringhio basso echeggiò dentro di lui e la lingua dell'estraneo si spinse più profondamente mentre lo spingeva giù finché non si trovò a giacere sulla schiena, una durezza scomoda che tirava i suoi jeans e lui tentò di raggiungerla per cercare sollievo, ci fece scivolare la mano mentre le labbra dell'estraneo lasciavano la sua bocca per il suo collo, il lobo dell'orecchio, i capelli e le morbide guance.
"Cazzo, hai il profumo di una ragazza, Luciano" disse una voce rauca. "Per favore, per favore, toccami, solo... "
Aveva sentito gli altri ragazzi a scuola, più vecchi di lui, parlare di quel momento in cui loro avrebbero fatto qualsiasi cosa, qualsiasi cosa al mondo, per far cessare la palpitazione nei loro pantaloni; anche lui lo voleva; e l'espressione sul viso indicava cosa sentiva.
"Gin, uh? E sigarette? Questa è la tua idea dei ragazzacci? Io non fumo" disse Cris. "Ma bevo." Si chinò in avanti, incombente su di lui, strisciando di nuovo le sue labbra contro la bocca di Luciano. "Ti sei mai fatto una sega?"
La risposta fu un bisbiglio. "Sì."
"Ok, ascolta... ragazzo... " Un dito tracciò una curva sulla sua mascella, il suo collo, la pelle lungo sotto il colletto della camicia. "E’ quello che stiamo per fare. Ti farò una sega, Ok? Dopo di ciò, fuori. E se qualcuno saprà che io sono qui... "
La minaccia non completata rimase appesa tra di loro e Luciano accennò col capo, solenne.
"Spogliati", disse Cris; e Luciano lo fece; rimase nudo, rosso d’imbarazzo sotto lo sguardo di Cris. "Ehi, forse dopotutto non sei proprio un bambino”, disse lui portandolo al suo grembo. "Vieni a farti vedere."
Cris fece errare le dita su un torace liscio, su spalle lisce, su anche strette, gambe magre e lunghe che allargò per permettergli di toccare ulteriormente, scivolare sotto un culo sodo e rotondo. Cazzo; lo voleva, voleva quello che non aveva mai avuto, un giovane ragazzo innocente e morbido, così facile, così desideroso. Quando il suo pollice accarezzò il cazzo duro, Luciano gettò indietro la testa e sospirò pesantemente, rabbrividendo, ad occhi semi chiusi, la punta rosa della lingua che si bagnava le labbra, respiri veloci e poco profondi.
‘OK, potresti ottenere anche di più, bambino’ pensò Cris, accarezzando con più forza vedendo il giovane corpo rabbrividire. Questa volta Luciano seppellì la faccia nel collo di Cris e si lamentò.
Fu trascinato in un altro angolo della stanza polverosa dove la luce non arrivava e sdraiato su un materasso sporco, baciato di nuovo; lui gettò le braccia intorno a quel collo per tirare più vicino Cris.
“Non ti spogli?" chiese e Cris uscì in una felice risata. "Curioso di vedere com’è l’aspetto di un vero uomo? Non hai un fratello maggiore? Papà non si è mai mostrato nudo?"
Il pensiero di papà nudo gli era alieno e lo spaventava; i padri lo facevano? Luciano aprì gli occhi e scoprì una scintilla di dolore nello sguardo scuro. Merda. Alcuni lo facevano, forse.
"OK, apri gli occhi e guarda; lo show è gratuito."
Luciano guardò; struttura alta, spalle più larghe delle sue, pelle un po' più scura, l’uomo probabilmente era vissuto molto all’aperto, pelle liscia, muscoli forti, corpo più peloso del suo, più grosso ed il suo cazzo... allungò una mano per toccarlo, affascinato ed il suo cazzo si indurì. Dio, stava per morire.
"Vedi qualche cosa che ti piace?"
"Tu sei... "
Non finì, si sentì improvvisamente imbarazzato e vergognoso, piccolo ed infantile; stava quasi per afferrare i suoi vestiti e fuggire, ma una mano forte lo tenne sul letto.
"Mai cominciare qualche cosa che non puoi finire", disse la voce di Cris, diversa, più morbida, più gentile. "E tu stai bene; tu starai bene, tu avrai molte ragazze, sei bello, abbi fiducia in me, io me ne intendo; solo che sei così fottutamente giovane, sai."
Labbra si schiacciarono di nuovo sulla sua bocca baciando via la vergogna, dita erravano sulla sua pelle ed anche Luciano cominciò a toccare, ansioso di sentire il calore, i muscoli duri, la pelle morbida per sentirla rabbrividire sotto le sue dita, sentì di nuovo quel ringhio e prese il caldo cazzo palpitante nella sua mano, si assicurò che fosse vero e sodo per lui, perché nessuno mai gliel'aveva dato prima.
Si toccò le labbra con le dita per sentire il sapore di Cris.
Stava diventando più ardito sotto l’abile tocco dell’uomo, più ardito e più eccitato; quasi gridò quando una calda lingua cominciò a leccare la lunghezza del suo cazzo, stuzzicando, colpi non compiuti che lo spedivano vicino, molto vicino alla pazzia e quando lui sentì un dito percorrere la piega del suo culo, spinse indietro selvaggiamente per prenderlo profondamente dentro.
Tutto si fermò.
"Ehi, ehi, ehi... Non farlo. Questo è qualche cosa d’altro, è diverso; sei è troppo giovane. L’inculata fa molto male."
Di cosa diavolo parlava Cris? Luciano lo voleva, lo voleva, non gli importava di dolore o roba del genere; si lamentò di nuovo, implorando, strofinando il culo contro la mano e Cris gli diede un'occhiata pensierosa e lunga.
"Non stai imbrogliando sull’età? " "N... no, vuoi vedere la carta di identità?"
Dita pensose gli accarezzavano il torace, la pancia, il cazzo scivolando di nuovo sotto il culo.
"Sì va bene, ad ogni modo io ero più giovane quando... OK, proviamo. Voltati; sullo stomaco."
Girando la testa, fra i capelli Luciano vide Cris rivestire le sue dita con... lubrificante e si chiese quale delle ragazze o dei ragazzi l'aveva comprato. Aveva importanza? Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e si lasciò andare alla sensazione; alla strana, fastidiosa e deliziosa sensazione di non prendere alcuna decisione, di abbandonare ogni volontà ed essere solo un corpo, un corpo aperto ad un altro corpo che lo allentava con dita insistenti; una voce che fa le fusa, una bocca che bacia, una spalla forte e nel suo orecchio sentì un calmante bisbiglio.
"Ehi, bambino, non sai che aspetto caldo hai, come sei bello, come sei stretto e liscio?" Stava dicendo Cris "Io sto per incularti, tu lo vuoi? Dimmelo perché quando ci sarò non penso ci sarà alcun ripensamento, sarà tardi, OK?"
Luciano morsicò la spalla forte e dura di Cris che guaì. "Piccolo bastardo!"
Luciano si lamentò per tutta il tempo che Cris impiegò per penetrarlo, minuti di squisita agonia finché non fu seppellito profondamente nel calore stretto del suo corpo tremante, Cris lo fece con calma; voleva farlo bene, farlo bene per la piccola cagna dei quartieri alti che gli aveva portato cibo, gin e sigarette perché fosse fottuto come gli altri lo erano stati. Per questo voleva farlo bene e lentamente, fermandosi abbastanza a lungo, facendo piovere baci sul giovane corpo tremante.
"Ehi, tutto Ok?"
"Sì, oh dio, per favore sì, fallo ancora!"
Al piccolo bastardo sensuale piaceva quando Cris si muoveva, quando Cris gli carezzava il cazzo, quando i denti di Cris gli graffiavano la pelle; avrebbe avuto segni dappertutto quella pelle senza peli e morbida; stava impazzendo.
"Ok, avanti ora."
E si mosse, piccole spinte lente e colpi morbidi finché il respiro del ragazzo non divenne più ansante e Cris lo sentì spingere indietro contro di lui, esortandolo a muoversi.
‘Sei sorprendente, baby’ pensò Cris mentre cambiava l'angolo della spinta seguente, solo una volta e fermandosi, lasciando che l’eco del grido di delizia svanisse nella stanza, poi inghiottito da un silenzio così caldo lui sentì il sudore correre giù per il suo corpo, brillanti stelle sotto le palpebre.
“Cosa... cosa fai?"
"Ancora? Lo vuoi ancora?"
"Sì, sì, sì, sì, sì, per favore, fallo ancora!." "Non ti fa male?"
(E si sarebbe fermato se lui avesse detto ‘sì?’ No di sicuro? Avrebbe proseguito senza ascoltare realmente la risposta …)
E lo fece di nuovo, e di nuovo, con il ragazzo che gemeva il suo nome, col piacere che saliva, col cazzo così duro da fargli pensare che sarebbe esploso e fece venire Luciano prima di lui, tenendolo mentre si agitava e gridava, sperma che sprizzaava sul materasso sporco; poi lui venne nel culo stretto con un'ultima spinta poco profonda e quello fu il più grande orgasmo che lo lasciò intirizzito e confuso; il ragazzo si addormentò nelle sue braccia, accoccolato contro di lui come un gattino, liscio e caldo.
Lui lo estrasse, lentamente, e respirò, niente sangue, un buon lavoro.
Gesù non aveva mai provato niente di così bello; non gli piacevano troppo giovani, non lo faceva mai, fotteva uomini e ragazze più vecchi di lui, ma ecco una cosa completamente diversa. C’era stata fiducia, troppa fiducia in lui, pensò mentre accarezzava i folti capelli di seta. Ora doveva cacciare il ragazzo dalla sua mente.
"Ehi", disse scuotendolo "Svegliati e corri fuori di qui! È tardi, non voglio che i tuoi genitori chiamino la polizia e ti trovino qui."
Luciano obbedì e si rivestitì, rabbrividendo per il piacere e l'esaurimento, muovendosi lentamente, fremendo; si rivolse a Cris e disse: “Grazie."
"Sì, grazie per il cibo e la bella chiavata. Stai attento, Ok? Sei fottutamente giovane e ci sono molti dannati bastardi qui intorno. Non fidarti di loro." "Sì."
"E non ritornare.”
Luciano accennò col capo; Cris l'aiutò a scendere la scala e lo guardò allontanarsi nel tramonto, un dolore strano nella pancia. Merda, doveva stare più attento. Ed andarsene.
Il giorno dopo Luciano ritornò ma Cris se n’era andato lasciando la bottiglia vuota di gin ed il materasso era ancora là. Luciano si sedette per un po’, ancora dolorante, tentando di non piangere perché lui aveva sperato... Lui aveva sperato che Cris fosse ancora stato là. Allungò la mano verso la bottiglia di gin, ce n'erano alcune gocce avanzate, le ingoiò e si lasciò cadere indietro, a braccia aperte, seppellì la faccia nel materasso sporco per cercare l’odore di Cris ed il suo, inondato di desiderio e si fece una sega.
20 anni più tardi dietro il vetro della reception vide l’uomo seduto di fronte a lui, lo sguardo blu scuro ed i ricordi lo sommersero. Cris non avrebbe ricordato, pensò, non aveva saputo niente di lui, per lui era stato solo un po’ di divertimento; ma dalle profondità ignote di quello sguardo scuro vide un sorriso che lentamente accendeva Cris che si alzò e mise una mano sulla spalla di Luciano.
"Ehi, ragazzo dei quartieri alti... Cosa c’è che non va?"
Si abbracciarono e Luciano lasciò che il suo corpo si sciogliesse contro quello di Cris. Chiuse gli occhi per un secondo per assicurarsi che fosse vero.
‘Sì’, pensò Cris, ‘sarà un lavoro facile.’
di
scritto il
2012-12-17
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