Ricordi di gioventù

di
genere
gay

1

Questa storia accadde alcuni anni fa. Benché non mi sia mai piaciuta la scuola, i miei genitori mi obbligavano a frequentarla e me la pagavano. Mi piaceva solo educazione fisica, perché ero nella squadra di calcio della scuola. Avevo circa diciotto anni, non mi ricordo bene.
Un giorno arrivai a casa mia e dissi al mio papà :
"Papà, non voglio proseguire con la scuola, non appena finiti gli esami mi metto a lavorare, voglio avere del denaro e fare quello che voglio, non ho la testa per andare all'università"
"Sei matto, Renato? Non ti rendi conto che senza studio puoi fare solo lavori con brutta paga e molto sforzo fisico, noi siamo tutti professionisti."
"No, ho già deciso."
"Va bene, se è così, lascia vedere se coi miei amici del Club posso ottenerti qualcosa, perché senza un titolo non c'è molto che tu possa fare.”

Pochi giorni dopo, dopo gli esami, mi disse:
"Renato, stavo parlando nel Club, con Umberto, ha un amico nelle ferrovie e forse può ottenerti un lavoro, ma vuole vederti, per capire cosa può cercare, verrai con me al club questo fine settimana.

Arrivammo al Club ed andammo in palestra. Mio papà mi portò dove stava Umberto, il suo amico. Non appena lo vidi ebbi la sensazione di averlo già visto, come si dice un "déja vu." Umberto aveva trentadue anni, di statura media, con un bel corpo abbronzato. Indossava una maglietta azzurro chiaro, incollata al corpo che disegnava dei pettorali ben formati e bicipiti da palestra. Portava short bianchi di lana larghi. I capelli erano raccolti in una coda che gli dava un aspetto sexy e virile.

Ci presentammo, parlammo un po' mentre facevamo un po' di allenamento alle macchine, poi accelerò e si mise a correre, io non mi perdevo un dettaglio, grazie allo specchio seguii prima il suo movimento, poi il suo pacco e questo cominciò a farmi tirare il cazzo.

Quando finimmo con gli esercizi andammo nello spogliatoio, l’armadietto di Umberto stava nella stessa nostra sezione, senza perder tempo si tolse maglietta e short rimanendo solo coi sospensori che a mala pena gli coprivano l’uccello e mi lasciavano vedere le sue due natiche ben tornite. Aveva un bel gonfiore ed il tatuaggio di un serpente a sonagli avvolto ad un palo, la coda cominciava nell'ombelico e si perdeva dentro il sospensorio. Come mi sarebbe piaciuto vedere la testa, pensai. Si mise l'asciugamano al collo e cominciò a parlare con mio papà di un viaggio che stava promuovendo.

Mio papà ed io ci spogliammo, la cosa era normale perché da bambino ci lavavamo insieme, fino a che non cominciarono a spuntarmi i peli là sotto. Anche il mio papà ha bel fisico ed un bel pene, più o meno come il mio, ma venoso, da 10 centimetri a riposo, semicoperto dalla pelle che lasciava vedere solo parte della sua testa a fungo. Mi sentivo orgoglioso di sapere che ero uscito da un posto tanto bello. Posso dire che più o meno sono la copia fedele di mio papà, la pelle un pochino più bianca e meno venoso.

Stando lì, davanti a mio papà, potevo solo vedere di sbieco Umberto, fino a che decise di togliersi il sospensorio. Lì stava il serpente! Umberto era completamente senza peli, per quello che potevo vedere la testa del serpente finiva alla base del suo pene e sembrava che dalla bocca aperta di questo uscisse quella verga. Ed una scritta sulla parte sinistra diceva; "Non morde" Era un avviso o un invito? Propendevo per il secondo.

Andammo alle docce, mio papà prese uno stallo all'inizio ed Umberto ed io andammo in due box uno di fronte all’altro ma verso la fine.

Io riuscivo a vederlo bene mentre si insaponava. Mentre si bagnava si girò con il cazzo verso di me, scuotendolo e vidi un dettaglio: un neo sulla pelle dell’uccello, verso la punta, come il mio istruttore di calcio: “Quei due devono essere fratelli", pensai. Quindi Umberto incominciò a lavarsi le natiche, aprendole verso di me, questo mi eccitò un po' e con dispiacere mi girai col viso verso la doccia facendo la stessa cosa con le mie natiche. Continuò insaponandosi e massaggiandosi i bei pettorali, l’addome definito e poi giocando col suo cazzo, pieno di schiuma, che massaggiava muovendolo avanti ed indietro.

Per rompere il silenzio e per paura che mio papà lo notasse, gli dissi: "Per caso, tuo sei parente di Ugo Valenza, l'istruttore di calcio?”
"Sì, è mio fratello minore."
"Ah.” sorrisi “Era l'istruttore della mia squadra di calcio, sembrate due gocce d’acqua. Esatti in tutto" gli dissi indicando col mento verso il basso.

Io mi insaponavo lentamente e mi massaggiavo le natiche aprendole bene. Poi sentii che mio papà mi diceva di fare in fretta, mi avrebbe aspettato nello spogliatoio. Non appena rimanemmo soli, lui mi disse: “Vedo che ti piace il mio tatuaggio, guardalo da vicino.” e venendo verso la mia doccia mi si mise davanti col cazzo in mano. "Mordimi il serpente, so che ti piace." Mi disse. Non l’avrei sperato, mi misi in ginocchio e mi avvicinai fino a che le mie labbra non toccarono la testa del serpente, ma sentimmo che qualcuno entrava nel bagno, ritornammo a risciacquarci ed andammo nello spogliatoio; lì davanti a mio papà, mi disse:
"Renè, lunedì alle 5 e 30 passa dal mio ufficio, il tuo papà ha il mio biglietto da visita, per vedere come posso aiutarti con quel lavoro."

Non appena salii sulla mia macchina incominciai a pensare ad Ugo, il mio istruttore ed a quella prima volta. Era l'ultima partita di campionato. Per passare ai play off la nostra squadra doveva vincere per due goal o più. Quando mancavano due minuti alla fine stavamo vincendo tre a uno, eravamo contenti di esserci quasi classificati, all'improvviso ci fu un attacco della squadra avversaria, affrontammo l'attaccante per togliergli la palla, calcai la palla per gettarla fuori dall'area, e pum, senza volere feci un’autorete. Vincemmo 3-2, ma fummo eliminati per differenza di goal. Nelle docce il capitano della squadra disse: "Bene Renè, ci hanno eliminati per colpa tua, bisogna punirti, che gli facciamo?”
"Cinque sberle sulle chiappe ognuno." Disse uno.
"Succhi il cazzo a tutti!" disse Stefano.
"Sì, meglio, bendiamolo e che cominci a succhiare, se indovina chi è, passa al prossimo e continua a succhiare e per ogni errore gli diamo una sberla sulle natiche"
"No!" Protestai ma fui subito bendato con una bandana e mi legarono le mani dietro con una calza.

Mi misero in ginocchio ed un cazzo incominciò a battermi la bocca, "Apri, coglione" e mi aprirono la bocca con forza, benché in realtà fosse una mia fantasia succhiare il cazzo ad alcuni di loro. Incominciai a succhiare quel cazzo che mi misero davanti. “Succhia come se fosse il tuo ‘biberon’" Mi disse uno, e così feci.

“Chi è?" “Marco.” dissi. "Negativo" ed una sberla mi colpì le natiche. Gridai senza sciogliermi. "Pino." dissi. "Corretto" dissero. Fu la volta del secondo, questo lo conoscevo, era il nero José, col suo cazzo scuro che riuscivo a vedere da una fessura vicino al mio naso. "OK, si vede che conosci bene il salame del nero, il prossimo" E così proseguii tra riuscite e sberle con Tommy, Marco, Raffaele, Enzo, Il Cinese, il grasso Bruno col suo uccello da otto centimetri e dopo mi toccò Leone, questo era un ragazzo magro ma con un bel uccello, lo guardavo sempre nelle docce e mi domandavo come poteva un tipo tanto poco atletico, avere un simile pezzo, capii subito chi era perché di quelli che mancavano era era l'unico ad averlo lungo, ma benché mi aspettassero sberle, dissi "Peppe", "Luciano" e "Carlo" per continuare a godere di quella verga grossa dalla testa fino alla fine, soprattutto ben grassa verso il centro, con le vene gonfie di sangue, dovevo allargare ben bene la bocca per non soffocare. "Bene, dato che hai sbagliato tre volte ora devi ricominciare." disse Leone, ma in quel momento arrivò Ugo, l'istruttore e disse:
"Ehi! Cosa succede?"
"È la punizione per l'autorete, mister" Disse Marco.
"Vestitevi, vi aspetto tutti nel mio ufficio"
Nell'ufficio rimproverò tutti, specialmente Marco che era il capitano. Quindi mi disse: "Renè, tu rimani, dobbiamo parlare. Gli altri vadano."
Rimanemmo soli nell'ufficio, Ugo, Fred, l'aiuto allenatore, ed io.
"È stato per punirmi per l'autorete, mi hanno obbligato a succhiare il cazzo a tutta la squadra." Spiegai
"Bene, se la punizione era succhiare tutta la squadra, manchiamo Freddy ed io, cosicché te ne rimangono due a per finire." E così dicendo quei due estrassero gli uccelli e si abbassarono i pantaloni fino alle ginocchia. Era un sogno che si avverava. Quante volte mi ero masturbato pensando di avere il cazzo di Ugo in bocca. Era una verga, come dire, delle dimensioni di 20 centimetri con una bella testa ed un neo nero sulla parte sinistra vicino alla testa.
"Prendi il mio cazzo e mettitelo in bocca." Senza indugiare mi sono chinato di fronte a lui, ho aperto la bocca prendendo pian piano quella testa, spingendo indietro con la punta della lingua la pelle, fino a che le labbra non hanno circondato tutta la testa bella rossa, lui mi prese per la nuca ed incominciò a muoversi lentamente, spingendomi fino a che non arrivai ad annusare il suo inguine; aveva un sapore salato, come di sudore ed odorava di maschio.
"Fai in fretta ad imparare." ed allora si avvicinò Freddy, lui ce l’aveva un po più scuro e con vene, un po' più magro e lungo ed incominciò a spingermi la testa verso quel cazzo che stava gocciolando la bava che raccolsi con la lingua, questa era più dolce e mi piaceva, per cui me la misi tutta in bocca di una volta. Così mi alternai tra i due, tentando perfino di mettermeli tutti e due in bocca, ma era chiedere troppo. All'improvviso Freddy incominciò a togliermi gli short, Ugo la maglietta ed incominciò a massaggiarmi le natiche ed il culo. Che bella sensazione, come quando mi masturbo e mi tocco là sotto. Incominciò a mettermi dentro un dito ed io strinsi il culo, perché il piacere era molto, mentre succhiavo Ugo.
Allora Freddy incominciò a leccarmi il culo facendo cerchi attorno all'entrata e dopo mettendoci la punta muovendola verso l'alto e verso il basso. Era la prima volta che mi leccavano il culo.
"Vedo che ti piace, ti piacerà di più quando ci avrai dentro l’uccello!" disse Freddy.
“No! Quello no, non l'ho mai fatto!”
“Ti prometto che nessuno lo saprà, rimane tra uomini" disse.
"E’ pronto, vado" disse Freddy, ma Ugo disse: "Aspetta Freddy, non così, facciamo un sorteggio per vedere a chi tocca questo culo vergine, testa o croce?"
"Croce" disse Freddy. Ugo cercò nella sua tasca una moneta e la tirò in aria. Io stavo pregando Dio che non fosse croce, ma quando la catturò con la mano ed l’aprì, gridò: "Testa, è mio!" Si tolse pantaloni e maglietta, mostrandomi il suo torso ben formato, con scarsi peli, eccetto attorno ai capezzoli e le ascelle; e senza pensarci troppo si mise dietro di me, si sputò sulla punta ed incominciò a battermi il culo vergine. "Cosicché non ti hanno mai preso prima?" "No, sei il primo" dissi, e mi piaceva che fosse quello perché stavo nella squadra proprio per quello "Bene, all'inizio ti fa un po' male, ma a poco a poco comincerà a piacerti, te lo farò pian pianino" ed appoggiandosi contro il tavolo mi prese per la vita ed incominciò ad infilarmi la punta, quando spinse un po' mi fece male e gli dissi "Piano, mi fa male."
"Non ho messo nient’altro che la punta, aspetta." e spingendo mi mise dentro la testa, mi fece molto male e dissi "Toglilo che mi fa male!” "No, ora sto fermo così il tuo culo si adatterà" ed aspettò un pochino, accarezzandomi l’uccello, incominciando a muoversi pian pianino, già cominciava a piacermi, sentivo che stava entrando pian piano, poi cominciò a muoversi più rapidamente. "Bene, puoi metterne un po’ di più." Gli dissi. "Come di più? Se l'hai già tutto dentro!” e cominciò a sbattere il suo addome contro le mie natiche. Freddy nel frattempo mise la verga nella mia bocca, era bello sapere di avere i miei due istruttori di calcio per me, con un cazzo che mi deflorava il culo ed un altro in bocca. Dopo un momento Ugo mi disse: “Prendila Renè, è tutta tua!” e rilasciò molti fiotti che mi riempirono il culo infilandomi il cazzo fino in fondo, uggiolando di piacere mentre mi mordeva il collo, diede poi un colpo finale che quasi mi fece perdere l’equilibrio.
Quando lo tirò fuori, Freddy disse: "Bene, ora tocca a me!” e prima che avessi il tempo di pensare, già avevo l'altro pene completamente dentro perché il latte di Ugo lo fece entrare come se niente fosse. Ugo allora mi afferrò l’uccello mentre io mi dimenavo all'unisono con gli spintoni di Freddy e quando questi disse che stava venendo, Ugo accelerò i movimenti sul mio cazzo e mi disse, "Andiamo, dammi il tuo latte!” aprendo la bocca affinché gli cadesse dentro e sui baffi, mentre Freddy mi riempivo del suo seme. "Che bel culo!" disse mentre me lo tirava fuori e mi baciava.
Questa fu la storia con Ugo e lo godetti per due anni perché Freddy fu trasferito in un’altra città.
"Forse il lunedì riuscirò a mettere anche il serpente del fratello nella mia grotta.” Pensai, mentre continuavo a carezzarmi il cazzo in macchina.

2

Arrivai all'agenzia turistica come d’accordo alle cinque e venti. Ero vestito molto formale, con giacca sportiva e pantaloni scuri. Quasi tutti erano già andati via. La segretaria mi fece passare ed Umberto gli disse che poteva andare via dopo aver messo il telefono sulla segreteria notturna, perché aveva una riunione molto importante con me e che non voleva essere interrotto.
Non appena vide che la segretaria era uscita dal parcheggio con la macchina, Umberto chiuse a chiave la porta, mise il cartello "Chiuso" e spense le luci di accoglienza. Chiuse a chiave anche l'ufficio ed accese solo le luci più basse. Subito mi prese per le spalle e mi diede un bacio collocando furiosamente la sua lingua nella mia bocca e percorrendola con frenesia. Mi piaceva il sapore della sua bocca ed i suoi baffi mi solleticavano il naso ed il viso. Cominciò ad aprirmi la camicia ed a baciarmi il collo mentre sulla coscia sentivo il suo cazzo duro come un palo. Abbassai la mano e cominciai a toccarglielo.
“Si vede che ti piace la mia verga", mi disse, "e non hai paura del serpente, voglio che me lo succhi ma meglio che nella palestra ed ora qui nessuno c'interrompe. Toglimi i pantaloni per non sporcarli" Si sedette sopra la sua scrivania, io gli tolsi le scarpe ed il pantaloni, mentre lui si slacciava la cravatta e rimaneva solo in maglietta e boxer. Da parte mia mi tolsi rapidamente la camicia, i pantaloni e mi sedetti sulla sua sedia mordicchiandogli quello pezzo di carne attraverso i boxer. Ne indossava con gambe ben larghe, questo mi permise di tirarglielo fuori ed incominciai a succhiare l’uccello, o verga come lo chiamano, prendendo tutta la testa e passandoci sotto la lingua. Era una cazzo non circonciso come quello di Ugo.
“Tu e tuo fratello avete un neo nello stesso posto, mi sembra di succhiare il suo"
“È il simbolo della famiglia. Non sapevo che piacesse a mio fratello, ma se è così, non c'è problema, siamo in famiglia. Quando ci troveremo potremmo farlo insieme tutti e tre, sarà bello. Uuuy! Così giovane e succhi così bene, mio fratello ti ha allenato bene, vedo. Dai, mettitelo tutto in bocca e spingilo fino in gola.” Mentre col piede mi toccava il cazzo che stava sbavando e giocava coi miei coglioni, tentando di solleticarli sotto. Restammo così per un momento. Quindi disse: "Andiamo, lascia che lo succhi un po’, voglio darti lo stesso piacere." E scendendo dal tavolo si inginocchiò davanti a me.
"Com’è bella e grossa!", mi disse. Incominciò prendere il pene ed a passarci la lingua, dopo cominciò a succhiare fino a metterselo tutto in bocca, facendoci girare intorno la lingua, mentre con le sue mani mi alzava un po' le gambe, tentando di arrivare al mio culo che cominciava già ad agitarsi.Continuò con la sua lingua e cominciò ad accarezzarmi le due uova, mettendosele delicatamente in bocca e dopo continuò a solleticarmi il perineo, fino ad arrivare sull'orlo dell'ano, senza toccarlo; questo mi fece aumentare il piacere. Alzai le gambe appoggiandole sul bordo della scrivania e gli mostrai il mio culo, stringendolo ed allargandolo per mostrargli il mio desiderio di averlo lì. Si mise due dita in bocca e le bagnò, dopo di che le usò per disegnare cerchi intorno all’ano, facendomi stridere i denti di piacere. Senza aspettare oltre ne mise dentro prima uno e poi l’altro per rilassarmi il muscolo.
"Che bel culo liscio", e dicendolo lo leccò solleticandolo coi baffi.
Dopo un po' di massaggio mi fece alzare contro la scrivania, con le gambe aperte, pronto a riceverlo. "Forza, metti il serpente nella sua grotta", dissi e subito mi tolse i boxer e mi mise dentro tutta la testa, incominciando a muoversi lentamente.
“Ti piace, eh?"
“Sì, tanto" ed a poco a poco lui gli diede vita spingendo avanti ed indietro, mentre notavo che centimetro dopo centimetro quei venti centimetri erano miei. Restammo così un momento mentre lui mi mordeva la nuca e le orecchie. All'improvviso mi toccò il cazzo e mi disse: “Ed a quella verga non piacerebbe godere anche con un culo?”
"Sì, naturalmente.", dissi benché in realtà fossi stato sempre di passivo fino a quello momento. Allora tirò fuori l’uccello dal culo e mi disse: “Vediamo, portiamo quella panca vicino alla finestra.”
Poi mi disse di sdraiarmi sopra, prese un lubrificante da un cassetto della scrivania e me ne mise un po' sul cazzo e sul suo culo. "Così goderemo insieme" e senza dire altro mise una gamba ad ogni lato della panca e prendendomelo con una mano se lo mise nel culo lubrificato.
Pian piano si piegò sulle ginocchia fino a che tutto il mio cazzo si perse dentro lui, incominciò a salire e scendere, era bellissimo perché era caldo dentro e sentivo come si stringeva ed allargava contro il mio uccello. Mentre facevo l’esperienza da attivo, non appena lui accelerò, non riuscii a resistere e gli dissi: "Vengo" ma era già tardi, mi sciolsi versando fiotti di latte nel suo culo, ed allora lui mi disse: "Aspetta!" e senza tirarselo fuori incominciò a dimenarsi di più mentre se lo menava con la destra. Io godevo al vedere il serpente tatuato sul suo ventre che sembrava si muovesse sul palo, fino a che dando un lamento di piacere mi coprì il petto ed il viso del suo latte bianco e spesso. Godetti molto a quell'odore di sperma fresco, poi lui si alzò ed andò al bagno che stava dentro il suo ufficio tornando con della carta per pulirci.
Ci baciamo delicatamente e mi disse: "Bene, René, questo è un segreto tra noi due. Mi aspetto che si ripeta quando ti chiamerò. Domani vai dalla sig.ra. Bermudi, è mia amica ed è il capo del personale. Questo è il suo indirizzo, mi ha detto che devono assumere degli ausiliari, senza diploma non posso ottenerti qualcosa di meglio, ma alla fine, non è un lavoro pesante e tuo papà mi ha detto che ti sono sempre piaciuti i treni."
Me ne andai molto contento. Con suo fratello avevo preso il primo cazzo e col fratello godetti il primo culo della mia vita, non avrei mai dimenticato i Valenza.

3

Andai dalla sig.ra. Bermudi con la raccomandazione di Umberto, l'amico di mio papà. Lei fu molto gentile e mi disse che dovevevano passare sei mesi da allievo prima di poter passare ausiliario.
Stavo nell'ultima carrozza dei treni di merci, eravamo quattro allievi ed avevamo due tutor Lido e Gianni. Lido era un uomo di circa cinquanta anni, bassino e bianco di capelli, con molta esperienza di treni. Ci insegnò la teoria e le regole.
La pratica la facevamo con Gianni. Questo era un ragazzo, senza molta molta carne sulle ossa, né pancia. Era biondo con occhi verdi, capelli corti ed una comica barbetta. Era simpatico e raccontava sempre barzellette. Credo di essergli stato subito simpatico. Dopo una settimana di teoria dovevamo fare una settimana di pratica sui treni, con un altro tutor per poi incominciare da soli. Lido andò via con uno di noi, gli atri due con due altri, a me assegnarono Gianni perché doveva andare a passare alcuni giorni con la sua famiglia e casualmente un treno andava là. Al ritorno sarei stato da solo affidato ad un macchinista esperto.
Il treno sarebbe partito presto quel lunedì. Preparai la valigia con le cose indispensabili per una settimana. Il vagone era era abbastanza confortevole, sembrava un piccolo salone, non molto pulito ed un po’ scrostato, con gli attrezzi, le banderuole, ed i lampioni in un angolo, ma un sofà tipo futón ad un’estremità, un bagno, con sanitari e lavandino. C'era inoltre un tavolo con quattro sedie, buono per giocare a carte ed un contenitore con acqua potabile.
Quando arrivai Gianni mi indicò come guardare se la documentazione era in regola e mi aiutò a fare le manovre. Il treno aveva quaranta vagoni pieni di merci per il porto. Una volta partiti Gianni mi disse: "Ora abbiamo due ore e mezza fino al primo cambio di linee. Quando ci stiamo vicino il macchinista ci avviserà.” Cominciai a guardare fuori del vagone guardando la città e salutando la gente. Quando entrammo nella campagna il profumo dell’aria pura e dell’erba fresca mi colpì.
Dopo poco Gianni mi disse: “Devo pisciare." e senza dire altro tirò fuori il cazzo ed incominciò a pisciare fuori.
“Vediamo chi la getta più lontano" dissi e senza pensaci tirai fuori anch’io il mio ed incominciai ad orinare, ma vinse lui perché io non avevo molta voglia. Vidi che il suo era lungo e magro come la sua costituzione.
Poi disse: "Senti piccolo, scommetto che non sei capace di fare quello che faccio io!”
“Cosa?”
"Succhiarti da solo."
"Ho provato una volta ma per poco non mi è partito il collo e nonostante tutto mi mancavano 7 centimetri per arrivarci."
"Io lo faccio" e corse ad assicurarsi che la porta intercomunicante fosse chiusa e gli altri non sentissero.
Gianni aveva una peluria rada su tutto il petto ed il ventre senza una goccia di grasso. Si sedette sul futón ed incominciò a masturbarsi, all'improvviso fui sorpreso, prese i due piedi e se li portò dietro la nuca mettendo le ginocchia tra le braccia, si appoggiò all'indietro col culo aperto verso di me ed il cazzo di fronte alla sua bocca, lo prese in mano ed incominciò a leccarselo, poi si mise tutta la testa nella bocca dicendomi "Vedi che bello!"
Gli dissi che morivo di invidia e cominciai a masturbarmi alla vista di quella cosa nuova per me e in realtà molto eccitante.
"Forza” dissi “Mettimi la verga in bocca, mi piace." E mi avvicini al lato del futón.
Incominciò subito a succhiare la mia e la sua, alternativamente. "Che bel cazzo!” mi disse “Mettimelo nel culo." Non fu difficile, il suo culo stava all'aria e incominciai ad infilargli la testa lubrificata con la sua saliva.
"Ahi, che bello! Meno male che ti ho scelto per venire con me. Non mi sono sbagliato, spingi un po' più" disse e mentre lo diceva finii di infilare il mio pezzo di carne fino alle uova.
"Dagli forte che mi piace e stringimi le palle." Lo feci, presi quelle uova lunghe e villose con una mano, mentre con l'altra mi aggrappavo alle sue anche per non perdere l'equilibrio col movimento del treno. "Per essere il primo giorno di lavoro ed incominciare con questo bel lavoro, non è male" Pensai.
"Dagli forte che voglio avere dentro il tuo latte quando sparerò il mio!” Io lo tolsi quasi tutto lasciando solo la testa e spinsi poi sino ai coglioni; dopo varie scosse mi disse: "Dagli che vengo" Cominciò a masturbarsi più forte coi denti e le labbra afferrando la testa della cazzo affinché non gli scappasse una goccia, divorando tutto il suo latte; e subito io sciolsi il mio carico di una settimana senza chiavare. Dopo, leccandosi le labbra abbassò le gambe facendo uscire il mio uccello, ci lavammo dopo di che aprì la porta intercomunicante e continuammo a conversare, raccontandoci della scuola e discutendo anche un po' di calcio perché eravamo di squadre differenti, come se niente fosse successo.
Arrivammo a destinazione e prima che prendesse l'autobus per andare a casa sua, ci demmo un bacio nella bocca e ci promettemmo di rivederci non appena lui fosse ritornato nella mia città. Luigi, Renato (gli altri due) ed io andammo ad un motel vicino al porto, dove saremmo rimasti di riposo per tre giorni.

4

Arrivammo alle motel "Brezza del mare” vicino al porto, dove si fermavano gli equipaggi dei treni ed i marinai a riposare prima di riprendere il viaggio. Era un piccolo motel, a buon mercato, di circa 24 stanze, ognuna con due cuccette, per cui ci si potevano sistemare fino a 4 persone per stanza ed avevano un bagno grande condiviso ogni 4 stanze, con otto docce senza separatore e quattro tazze sanitarie e quattro orinatoi.
Condividividemmo la stanza in tre, poiché Gianni era andato a casa sua e sfortunatamente non faceva con noi il viaggio di ritorno. Loro due andarono subito alle docce e dopo si coricarono per dormire. Invece io uscii ad esplorare il motel, era un posto pulito, con un piccolo salone dove c’erano alcuni uomini con tatuaggi sulle braccia che giocavano a biliardo e bevevano birra.
Decisi allora di ritornare e farmi una doccia. Nel locale docce non c'era nessuno, perché era già tardi, ne scelsi una verso la fine, in modo da poter vedere di fronte chiunque entrasse. Quando stavo incominciando ad insaponarmi e giocare un po' col mio pene, entrò un ragazzo alto e magro, ma di buona costituzione. Subito richiamò la mia attenzione il fatto che avesse vari tatuaggi di ancore e fiori, due anelli nelle tette, una nel sopracciglio, una nel labbro inferiore e soprattutto un gran anello che gli pendeva dalla punta del cazzo circonciso.
“Ciao, non ti avevo mai visto! Non sembri un marinaio, sei dei treni?”
“Si” Gli dissi “Mi chiamo Renè, e tu?”
“Io mi chiamo Alberto. Che cosa guardi, ti piacciono i miei piercings?”
“Si, non avevo mai visto un anello nella testa del cazzo, non fa male?”
“Un po' all'inizio, come tutto, ma l'ho già da cinque anni.” E mi si avvicinò mettendolo all'altezza della mia mano.
"Se vuoi vederlo da vicino non aver paura, toccalo e se ti piace puoi mettertelo in bocca, il sapore del metallo è qualcosa di molto bello."
Dicendolo mi prese la mano e la mise sul suo uccello, questo mi fece perdere ogni vergogna ed incominciai a toccarglielo. Era un cazzo normale, niente di particolare, ma era circonciso, non aveva pelle sopra la testa che si vedeva completamente. Non osai prenderlo in bocca per paura che entrasse qualcuno nelle docce e ci sorprendesse, ma devo ammettere che ero già duro come un palo. Vedendolo Alberto mi disse: “Hai una bella verga , ragazzino” e senza dire altro si chinò ed incominciò a succhiarmi. Mi mise la lingua fra la pelle e la testa ma duramente poi, con le labbra carnose, spinse indietro la pelle e si mise tutta la testa in bocca, io gli misi una mano sulla nuca e con uno spintone gliela calai tutta in bocca, era bellissimo e lui succhiava come un vitello assetato di latte. Ma avevo paura che qualcuno arrivasse e gli dissi: "Andiamo da un'altra parte.”
"Sì, voglio divertirmi perché la nostra barca parte domani. Andiamo nella la mia stanza e ti farò una sorpresa, qualcosa che non dimenticherai più."
Mi piaceva l’idea, ci risciacquammo ed asciughammo rapidamente e con gli asciugamani arrotolati alla vita, con una mano davanti al cazzo per dissimulare l'erezione ed i vestiti nell’altra, andammo alla sua stanza.
Lì c’erano i suoi altri tre compagni di stanza.
“Hey!” Disse Alberto “Guardate che ragazzino ho trovato nelle docce, si chiama Renè e voglio che ce la spassiamo un po’ con lui che è nuovo di qui affinché goda della nostra ospitalità.” E dicendo questo tirò il mio asciugamano e mi lascio nudo in mezzo alla stanza.
Nella cuccetta situata verso l'estrema destra, vicino alla finestra, stava un tipo biondo con occhi molto azzurri, molto bello con il cazzo in mano. Il biondo lasciò il cazzo e venne a salutarmi, doveva avere circa vent’anni, con braccia ben tornite per l'esercizio giornaliero, con un tatuaggio sul braccio sinistro con alcuni simboli gotici e due natiche ben fatte e bianche, in contrasto con le gambe abbronzate per il sole dalle ginocchia in giù. Aveva una cazzo corto ma grosso ed era rasato.
L'altra era un tipo con capelli rossi ricci e quasi senza peli sul resto del corpo, eccetto una piccola striscia di peli rossi come il fuoco che andava dell'ombelico alla base del cazzo che sembrava un palo elettrico, magro ma lungo.
Nell'altro letto stava l'altro tipo, di circa quaranta e passa anni con peli sul petto ed una barbetta che mi piaceva. Aveva vari tatuaggi di cuori e spade ed una vergine sulle braccia, sulla schiena c’era un ancora enorme. Sul petto c’era una scitta "Il tubo" con una freccia che segnalava verso il basso, verso una cazzo enorme credo di almeno 25 centimetri, non avevo mai visto una cosa così grossa della larghezza del mio avambraccio.
“Ciao! Sono "Il Tubo"” Mi disse indicando il suo tatuaggio sul petto. “Mi piacciono le tue labbra grosse e rosse, devi dare delle succhiate molto belle, come tutti i ragazzini di oggigiorno, vieni e mettile sul mio tubo.” Mi avvicinai al Tubo con un po' di paura, non riuscivo neppure a chiuderci intorno la mano e quando me lo mise sul viso, mi diede colpì con l’uccello le guance e mi disse: "Apri bene la bocca, carino e succhiami per bene con quella boccona!" E dovetti aprirla bene perché aveva una testa enorme come un fungo gigantesco, quasi senza spazio per respirare misi il "tubo" in bocca, non riuscii a mettermelo subito in gola ma solo a succhiarlo a metà. Sentiva il suo sangue bombardare nelle grandi vene che correvano lungo il tubo. Cominciai a succhiarlo godendo del sapore della verga. Con la sua forte mano di lavoratore mi prese la testa e me la spinse facendomi quasi vomitare, ma sopportai da maschio perché non aveva mai succhiato una cazzo tanto grosso.
All'improvviso sentii che qualcuno cominciava a succhiarmi e quando guardai verso il basso vidi che non era Alberto, bensì il rosso che dopo seppi si chiamava Johnny. Era un esperto, mi prese il cazzo in mano e cominciò a masturbarmi con un movimento a vite, questo mi fece una tremenda sensazione e mentre mi ero abituato al cazzone del Tubo in bocca, mi concentrai sul doppio piacere di succhiare ed essere succhiato. All'improvviso il Johnny incominciò a succhiarmi le palle ed a giocare col mio culo che si stava contraendo, desideroso di entrare nel gioco, quasi senza che me ne rendessi conto avevo dentro due dita. All'improvviso Alberto gli disse: - "Johnny, quella verga è per me!"
“Non ti preoccupare, io mi incarico del suo culo che comincia già a chiedere carne." E senza dire altro si mise dietro di me, incominciò ad appoggiare il pene al mio culo e subito ci mise la testa, mi fece un po’ male perché come ho detto era grosso e spingeva contro il piccolo muscolo dello sfintere, ma come sempre poi mi abituai e dissi: "Bene per lo meno non è quel tubo che mi è toccato, perché mi avrebbe spaccato in due." Ma non sapevo quello che sarebbe successo dopo.
Nel frattempo Alberto si stava sorbendo il rosso che era soprannominato "Biscia." Un soprannome adatto, quello che aveva tra le gambe era una biscia, magra ma lunga come quella del Tubo, ma senza pelle. All'improvviso Alberto disse: "Tubo, comincia a lavorarmi che oggi voglio insegnare al ragazzo tutto quello che possiamo fare tra noi" e senza smettere di sorbirsi la Biscia, si mise un po' di lubrificante sul culo, mettendosi prima tre, dopo quattro delle sue dita.
Il Tubo me la tirò fuori della bocca ed andò dove Alberto l'aspettava e senza molto sforzo gli mise quel pezzo enorme nel culo, prendendolo per le spalle. Alberto diede un grido di piacere e gli disse: "Piano, Tubo, non tanto violento, mi fa male"
“Lascia fare, Grotta, che riesci a prendere questo ed anche di più!” E senza dire altro incominciò a metterci anche un dito e le sue dita erano grosse.
Dopo poco Alberto disse: "Tutto bene, sono pronto, ora lascia che mi metta la verga l'invitato." Lorenzo la "Biscia" si coricò su un materasso con quel palo in erezione e senza dire due parole Alberto ci si mise sopra senza infilarselo e volgendosi verso di me mi disse: "Dai Renè, mettimelo." Allora Johnny uscì da me ed io mi misi dietro Alberto, gli passai sopra il cazzo, sotto quel culo superaperto e spinsi la testa. Il mio cazzo si perse come se niente fosse in quel culo già ben largo dopo che Tubo l'aveva aperto, pensai: "Ora ci sta tutto un treno." Ben presto incominciai a muovermi alla follia e sentii che sotto il cazzo il puledro rosso stava carezzandomi le uova. Allora avenne una cosa inaspettata.
Alberto cominciò a baciare suo cugino Lorenzo, la Biscia e gli disse: "Cugino, ora mettimi anche il tuo."
"Adesso?" Dissi io,
"Si, ora, vedrai che può prenderne due" Mi disse Johnny.
Ed il Tubo mi disse: "Sí, prendi il cazzo della Biscia e fallo scivolare accanto al tuo, passata la testa ne entreranno due."
Fu una sorpresa, non avevo mai pensato che qualcuno potesse mettersi contemporaneamente due uccelli, feci come mi avevano detto e dovetti aprire bene le gambe affinché Biscia arrivasse sotto, abbassai una mano fino a raggiungere l'entrata del culo di Alberto e con l'aiuto di due dita glielo aprii un poco, riuscì ad inserire prima la punta e dopo tutta la testa ed anche un po' di più. Che bella sensazione sentii quando la mia testa sfiorava quella della Biscia, era come se ci stessimo carezzando cazzo contro cazzo, con la differenza che il culo di Alberto era ben caldo e piacevole e si muoveva tanto che noi non dovevamo fare niente di più. Era il paradiso. Ma l'inferno incominciò dopo.
Stavo godendo con Alberto e la Biscia, quando sentii una lingua fare circoli nel culo, gettandomi un liquido freddo che subito incominciò a dar piacere. E non tardò molto e sentii come un palo battere contro l'entrata dello sfintere e due mani che mi prendevano per le spalle tirandomi per farmi uscire da Alberto. Incominciai a sentire un grande dolore nel culo che si apriva sotto la spinta del cazzo gigantesco del Tubo, gridai di dolore e lui mi coprì la bocca con la sua grande mano spingendomelo dentro fino a metà, io piangevo di dolore e mi mordevo le labbra: "Piano che mi spacchi il culo!" Gridai.
Allora il Johnny si incaricò di darmi piacere ed assaggiarmi il cazzo mentre ero intubato, il dolore diminuì, il piacere aumentò e gettandosi in avanti. Il Tubo mi infilò quella mostruosità fino alla radice. Cominciai a sentire come se mi avessero anestetizzato. Mi sentivo come se quella cosa mi arrivasse in gola, ma internamente sentivo un gran piacere ed incominciai a muovermi con movimenti verso i lati, stringendo bene quel cazzo gigante col culo.
Mentre il Tubo mi teneva inclinato in avanti, Johnny mi mise il cazzo in bocca. "Che bello essere penetrato in culo ed in bocca contemporaneamente, come la prima volta con Ugo e Freddy" Pensai "Ma questa volta era come se ne avessi dentro due di dietro, non avrei mai pensato di sopportare una simile verga." Ad ogni spinta del Tubo, anch’io spingevo verso Johnny e riuscimmo a prendere un bel ritmo.
A parte questo non mi perdevo un dettaglio dell’inculata che i due cugini si stavano dando, all'improvviso Alberto si spostò da Lorenzo che tirò fuori il pene e venne a metterlo tra le natiche al Johnny, venendo subito. Johnny, sentendo quel cazzo vomitargli dentro la sborra, non potè resistere e mi gridò: "Succhia forte per prendere tutto il mio latte, carino" e spinse fino in fondo facendomi inghiottire quel latte caldo che mi scese in gola mentre sentivo il grido del Tubo: "E anch’io ti do il mio!" cominciando a tirarlo fuori quasi completamente e poi reinfilare con forza quel tubo, tremando tutto, gettandomi dentro tutto il suo sperma.
Senza tirarsi fuori il Tubo incominciò ad accarezzarmi le tette, mordermi il collo e non tardai a venire. Il Tubo mi fece girare e stampò un bel bacio nella mia bocca, riempendomi di saliva che odorava del mio culo caldo, mentre lasciava uscire il suo pene da dentro di me facendone uscire la sua sborra. Avevo il culo ardente e mi sembrava che l'avesse aperto come un tunnel, ma questa esperienza, non la dimenticherò mai.
Andammo ai servizi a farci una doccia. e dopo mi diressi alla mia stanza. Mi sembrava si notasse che avevo il culo ben aperto, quando camminavo sentivo di avere un vuoto enorme là sotto e che camminavo a gambe aperte. Stringevo le natiche perché non si notasse l’inculata che mi avevano dato.
Quando arrivi alla stanza il macchinista e l'aiutante stavano dormendo. Alberto ed i suoi amici se ne andarono alla mattina seguente quell'orgia. Noi passammo altri due giorni nel motel, tranquilli, attendendo che il nostro treno fosse pronto. Mi dava piacere quando mi sedevo e mi ricordavo dell’inculata che mi avevano dato e tutto il resto compresa la doppio penetrazione alla Grotta. Il giorno seguente stavo già meglio ed ero pronto per il treno.

5

Luigi doveva avere una trentina di anni, capelli castano chiaro, quasi biondi e occhi bruni chiari, con sopracciglia folte che quasi si univano ed una corta barba scura, incollata alla pelle, ben curata ed usava sempre un cappello di cowboy, quando non aveva il berretto da macchinista, per coprire i capelli che incominciava a perdere sulla cima della testa. Il giorno della partenza odorava di pulito, dunque usava un sapone ben profumato, non riuscii a vederlo nelle docce perché si era alzato presto e quando io mi svegliai i due erano già vestiti.
Faccemmo colazione al motel, Roberto prese un tè e quando salimmo sul treno, erano passati solo cinque chilometri quando Luigi mi chiamò con l’interfono e fermò il treno. Roberto aveva cominciato a stare male di stomaco ed aveva la febbre. Luigi chiamo il controllo e gli dissero di usarmi come aiutante per allenarmi anche a quello e comandarono a Roberto di andare a riposare nel vagone riservato a me.
Luigi mi spiegò cosa dovevo fare. Dopo poco cominciammo a conversare di altri temi. Della sua famiglia e delle sue avventure con donne. Luigi era sposato ma lui e sua moglie erano separati. Continuavano a vivere nella stessa casa, mantenendo le apparenze coi figli, come mi raccontò.
"Per questo ora ho quelle che incontro per la strada" cominciò a raccontarmi di una prostituta che aveva incontrato, cominciò a dirmi i dettagli ed io notai un movimento nei suoi pantaloni. Senza nasconderlo cominciò a toccarsi.
Guardandomi mi disse: “Neanche il tuo è addormentato.” Era verità, vedendo il suo cazzo cresceva, anche il mio aveva cominciato a crescere. Allora dissi: "Facciamo una scommessa tra uomini, vediamo quello chi ce l'ha più lungo, e quello che vince viene succhiato dall’altro, qui nessuno ci vede"
"Perchè no?" Senza pensarci due volte si aprì i pantaloni e fece uscire il machete. Era un bel cazzo dalla cappella rosso scuro coperta dal prepuzio che la stringeva. Sotto ci pendevano i coglioni, secondo i miei calcoli era lungo più o meno come il mio ma un po’ più grosso. Io tirai fuori il mio e li mettemmo uno di fianco all'altro. Erano più o meno dello stesso volume, cosicché dissi: "Credo che sia un pareggio.” Ci stavamo avvicinando ad un passaggio a livello e Luigi fece fischiare il treno, ci separammo senza alzarci i pantaloni, alcune persone dalla strada ci salutarono e subito dopo riprese la campagna coltivata e noi riprendemmo.
"Bene, dato che tu sei più giovane, tocca a te succhiarmi per primo, per rispetto agli anziani, inoltre sono il capo e tu devi fare quello che ti dico." Mi disse.
Non lasciai che finisse la frase, mi chinai e mentre lui conduceva il treno cominciai a succhiarlo, lentamente dapprima con la punta della lingua, facendo cerchi sul glande e dopo nell'area del frenulo, cosa che lo fece impazzire ed emettere un cigolio di piacere: "Ah Renè che bello, le tue labbra sono meglio di quelle di mia moglie o di qualunque puttana, si vede che non è la prima volta che lo fai, prosegui" Ed io presi tutta la testa in bocca.
"Se sapesse che succhiare è stata la prima cosa che ho fatto in questa vita e che l’ho fatto a tutta una squadra di calcio" pensai. Proseguii e lui incominciò a muoversi lentamente, mettendomene di più fino a toccarmi la gola ed io annusavo quei peli neri con un bel profumo di sapone di rose.
All'improvviso mi disse: "Lasciami toccare le tue belle natiche!" Mi fece girare, cominciò a toccarmi le chiappe mettendo subito un dito nell'occhio del culo e mi disse: "Che buco del culo aperto e bello hai, lascia che papà lo goda che questa cazzo non gode un culo da tanto!" E dicendolo mi abbassò i pantaloni, mi inclinò in avanti e mi mise dentro il cazzo fino alla radice con un colpo solo. Mi fece un po’ male per la violenza e perché non avevo ancora del dolore dalla inculata precedente. Poi, dato che mi piacciono le cose morbose, gli dissi: "Dai, voglio manovrare il treno mentre mi inculi" e lui disse: "OK, vediamo", si sedette sulla sedia del macchinista e mi fece sedere su di lui. Misi le mani sulla leva e mi mossi su e giù aiutato dal movimento del treno. Questa volta non sentii male perché mi aveva allargato abbastanza l’inculata di due giorni prima e stringevo il culo per potere sentire quel bell’uccello.
Quando stava quasi sul punto di venire mi disse: "Fai fischiare il treno che sto venendo!" ed io tirai la fune con forza e lo feci fischiare ad ogni fiotto che ricevevo. Quando ebbe finito mi girai, glielo infilai in bocca e spinsi fino a sborrare. Con mia sorpresa lo bevve tutto: "Così non rimangono tracce” Disse.
Ci vestimmo, al paese seguente bisognava fare un cambio di linea e dovetti andare al mio posto. Roberto stava già meglio e mi disse che voleva tornare al suo posto. Io rimasi lì per tutto il rest0 del tragitto riposando e cambiando binario quando serviva fino a che non arrivammo nella nostra città.
Quando arrivai a casa, mio papà mi disse:
"Figliolo hai visto che fatica quel lavoro? Questo succede a chi "non studia."
"Sì, papà, è duro ma è ben divertente, tutti sono amichevoli ed uno conosce cose nuove in ogni viaggio, mi piace lavorare in ferrovia."
Proseguii per quasi tre anni, viaggiando e chiavando ad ogni fermata, perché è incredibile quanti ce ne sono in ferrovia a cui piacciono il cazzo ed il mio culo. Umberto lo visitavo spesso nella sua casa, perché viveva solo, ed in un'occasione, suo fratello Ugo venne da lui e ci fu un giorno di piscina molto divertente, ma questa è un'altra storia.
Il Tubo lo vedevo a volte quando andavo al bar "Gli Orsi Pazzi", dove faceva il barista e dava shows erotici, perché aveva lasciato la barca e lavorava con le unità del porto, mi salutava contento, in un'occasione ci trovammo in un altro motel e tornò ad incularmi non appena fummo soli.
Poi venni licenziato per esubero di personale e rimasi senza lavoro, allora dovetti incominciare a lavorare nelle costruzioni come aiutante di un ingegnere, ma anche questa è un’altra storia. Sono passati alcuni anni da tutto questo ma nonostante ciò ricordo con piacere il tempo in cui lavorai in ferrovia.
di
scritto il
2013-01-22
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