Dominato da mia cugina Gaia (lotta, incesto e dominazione) - I parte
di
Giovanni333
genere
dominazione
Nota dell'autore: questo, all'opposto del racconto "La mia vita a Milano" è un racconto di dominazione femminile basata sul combattimento e la lotta. I protagonisti sono giovani, anche se maggiorenni. Buona lettura!
“Ma non la vedo da 3 anni…”, ripetei distratto, mentre la macchina sobbalzava, viaggiando verso Napoli a tutta velocità. “Non importa, zia ci tiene che tu ci sia”, rispose mia madre, “Fallo a lei come favore personale”. “E poi quando ti ricapita una cosa del genere?”, si intromise mio padre, muovendo il volante per cambiare corsia, “Starai tutta la notte da solo con tantissimi ragazzi….e ragazze. La festa dei 18 anni di tua cugina potrebbe essere una grande occasione per conoscere gente…”. “Marco! Cosa dici??”, mia madre reagì scandalizzata. Sogghignai. Volevo dirgli che di occasioni ne avevo moltissime all’università e che le avevo sfruttate tutte appieno, ma preferii tacere per non scatenare ulteriormente mia madre. Finalmente arrivammo. Gli zii abitavano in una villetta fuori Napoli, abbastanza elegante e con un bel giardino. Mia zia si avvicinò radiosa vedendomi. “Leonardo! Sei diventato un ragazzo bellissimo! Ma quanto sei diventato alto?? Non ti vedo più!”, “Sono 1.82 zia e dubito che crescerò ancora…”, “Ma scherzi! Fino ai 25 anni gli uomini crescono!”. Mio zio mi diede un paio di grossi baci. Lui si che era alto, avrà sfiorato il metro e novanta. È vero!”, commentò osservandomi, “Io ho preso almeno 3 centimetri dai 20 ai 25. E ne hai appena fatti 23…anzi auguri! Spero che ti sia piaciuto il nostro regalo”. Notai le valigie fuori dalla porta. “Già andate via?”, gli chiesi, sorpreso. “Si, qualche invitato è già dentro e tua cugina Gaia ci sta letteralmente cacciando di casa!”. Salirono in macchina dei miei. “Divertitevi e controlla Gaia”, mi disse zia ondeggiando la mano in segno di saluto, “Sei tu l’uomo di casa! Mi fido!”. Con queste parole la mia famiglia partì. Sospirai ed entrai nella villa. C’era qualche amico di Gaia, tutta gente che non conoscevo. Amiche indaffarate aiutavano a portare le bevande mentre i ragazzi fingevano di spostare sedie di fuori ma in realtà principalmente chiacchieravano. Ad un tratto la vidi e non potei trattenere un sussulto. Era cresciuta un poco dall’ultima volta e ora sarà stata 1.68 circa. I capelli castano chiaro incorniciavano un viso delicato e con un naso piccolo, alla francese, sopra al quale splendevano due occhi castani come nocciole. Notai subito che stava diventando donna. Indossava un paio di scarpe aperte nere con un piccolo tacco, una gonna plissé a vita alta nera e rosso scuro che le arrivava al ginocchio e un top halter rosso amaranto che le lasciava la pancia tonica scoperta e lasciava intravedere il seno. L’amaranto si abbinava perfettamente alla sua pelle abbronzata e riprendeva il colore del suo smalto su mani e piedi. Notai che lo stesso seno si era ingrossato e la sua seconda ormai era quasi una terza. Anche le spalle erano più grandi. Io la fissavo come un ebete e mi accorsi che quando mi vide anche il suo sguardo cambiò. “Ehi cugino! Grazie di essere venuto!”, mi accolse, stampandomi due grossi baci addosso, uno sulla guancia e l’altro vicino al collo. Forse era stato un errore, ma non potei trattenere un brivido. “Rilassati e prenditi da bere!”, mi invitò, “Ti presento qualche amico. Non le mie amiche perché se ci provi con loro poi te la dovrai vedere con me…”. Mi fece l’occhiolino e mi accompagnò fuori. Mi condusse verso alcuni ragazzi che si erano messi a bere della birra. Qualcuno di loro si era tolto la camicia visto il caldo asfissiante di settembre ed esibiva un torso nudo magro e tonico. Mia cugina mi lasciò e io iniziai a parlare con loro. Mi trovai subito benissimo. Si parlava di diversi sport e ognuno esaltava quello da lui praticato. Passarono almeno due ore e mi resi conto che, tra una chiacchera e l’altro, ero diventato un poco brillo. “Allora, allora…”, ad un tratto Gaia iniziò ad annunciare ad alta voce. “Questo pomeriggio faremo alcuni giochi di abilità e voi sceglierete il vostro gruppo. Poi daremo delle medaglie ai tre vincitori che avranno l’onore di avere un letto tutto loro per stasera – visto che non bastano per tutti – e potranno essere esentati dal karaoke dopo cena se lo vorranno. I tre giochi che vi proponiamo sono: li limbo, il gioco dei barattoli e un torneo di lotta per far contenti i maschietti. Ecco i tre spazi per svolgere le attività”. Gaia indicò tre spazi dell’ampio giardino: una distesa erbosa con un palo per il limbo, uno contiguo con delle palline e una catasta di barattoli di latta e un ultimo vuoto ma delimitato da una corda che formava un rettangolo. I vari ospiti, ridacchiando, si avviarono verso i rispettivi spazi. Il nostro gruppetto si lanciò uno sguardo di intesa e poi ci dirigemmo tutti virilmente verso lo spazio dedicato alla lotta. Mia cugina era troppo indaffarata con il catering e la spiegazione degli altri due giochi per badare a noi che eravamo solo cinque. Stabilimmo quindi che le regole erano di non finire mai al di fuori del ring e di non rimanere con la schiena a terra per più di sette secondi. Chi avesse messo un piede fuori dal ring o fosse stato bloccato a terra avrebbe perso. Guardai i miei avversari che erano coetanei di Gaia e constatai di essere il più alto, grosso e anziano tra loro. Mi tolsi anche io la camicia, rimanendo con le scarpe da ginnastica i jeans, come avevano fatto molti di loro. Un ragazzetto di nome Lorenzo, il più piccolo, mi guardò preoccupato. “Ragazzi Leonardo oggi ci distrugge…”, disse preoccupato. Io mi strinsi nelle spalle, rispondendo che non era detto. Ma in realtà anche io immaginavo di essere più forte. Il torneo iniziò e ben presto iniziarono le eliminazioni. Alcuni ragazzi si equivalevano, qualcuno era più forte, qualcuno più agile, ma comunque nessuno riusciva a tenermi testa. Nell’incontro contro il piccolo Lorenzo, non ebbi difficoltà a lanciare il mio avversario oltre il cerchio del nostro ring improvvisato. Nello scontro successivo, schienai e bloccai sotto il mio petto il ragazzo più forte del gruppo e via così, fin quando non combattei contro l’ultimo di loro, immobilizzandolo malamente con una mano dietro la schiena e costringendolo in quella posizione per sette secondi. Mi rialzai soddisfatto, fiero di me e sentendomi invincibile. In effetti il nuoto e la sala pesi mi stavano facendo diventare forte, riflettei, paragonando il mio fisico solido a quello sportivo ma mingherlino dei miei avversari. “Come va qui??”, chiese Gaia, facendo finalmente capolino. “Leonardo ha vinto”, rispose distrattamente uno del gruppo. Mia cugina mi guardò e qualcosa di famelico le guizzò nello sguardo. “Davvero? Che bravo. Si vede che è un ragazzo forte. Ma voglio provare anche io a lottare. Mi sarei iscritta a questo gruppo ma non ho avuto il tempo…”. I ragazzi sogghignarono. “Sicura cuginetta che vuoi lottare contro di me?”, le chiesi, spavaldo, pensando che scherzasse. “Oh si!”, rispose lei, entrando nel ring. Mi accorsi che non scherzava. La ragazza si tolse le scarpe e risultò ancora più bassa. Forse era leggermente più bassa di Lorenzo, il ragazzetto che avevo battuto con così facilità, ma dava l’idea di essere più “tonica” di lui. Le gambe in effetti sembravano quasi il doppio di quelle del ragazzo e i polpacci erano ben definiti. Anche le braccia sembravano più spesse e in generale, pur essendo lei magra, dava un’idea di solidità e robustezza ben diversa dai miei avversari. “Iniziamo!”, mi invitò lei, sorridendo dolce ma risoluta. “Non voglio farti male, quindi…”, iniziai a dire, ma improvvisamente non la vidi più davanti a me. Era sparita. Un secondo dopo mi accorsi che aveva ruotato intorno a me e adesso mi braccava il fianco. Provai ad allontanarmi ma fu lesta a prendermi da dietro, abbracciandomi il bacino e tirandomi a sé. La mia schiena nuda era placcata dal suo petto, mentre le sue braccia si chiudevano intorno al mio stomaco. Improvvisamente sentii che con sforzo mi sollevava e un secondo dopo mi lanciava a terra. Rovinai al suolo, sbattendo impietosamente la schiena sull’erba. Mi risollevai di scatto, incurante del dolore e arrossendo per l’umiliazione, mentre non solo i ragazzi del nostro gruppo ma anche gli altri iniziavano a parlare concitamente. “Non ti ho fatto male, vero cuginone?”, mi chiese lei, sfottendomi. Avevo il fiato corto. Non sapevo come aveva fatto a mandarmi a terra ma non potevo permetterlo ancora. Mi lanciai aggressivamente su di lei, provando ad afferrarle le mani e a spingerla, ma lei contenne la mia furia girandomi intorno e schivandomi. Ingine, quando meno me lo aspettavo, mi afferrò un braccio e si girò di scatto su sé stessa. Mi ritrovai a galleggiare in aria, vidi improvvisamente il cielo e poi risentii il dolore alla schiena che esplodeva nello stesso punto. Questa volta non mi sarei alzato tanto facilmente. “Faccio così? Conto fino a sette?”, la voce di mia cugina diceva. Improvvisamente vidi il suo piedino smaltato che mi calava sul petto, tenendomi fermo a terra. Era piccolo e grazioso, ma mi stava umiliando. Iniziai a respirare sempre più forte e a scalciare. Mi stava prendendo il panico e tutto era confuso. “Non è immobilizzato dite? Ok!”, Gaia diceva. Sentii il piede della ragazza che lasciava il mio petto e respirai più liberamente, ma subito percepii un dolore sulle braccia. Gaia mi era salita con i piedi sui bicipiti, bloccando il mio braccio sinistro a terra con il piede destro e viceversa. Alzando lo sguardo vidi le cosce muscolose della mia avversaria, le mutandine gialle sotto la gonna, il rigonfiamento delle tette e poi gli occhi angelici color mandorla che mi osservavano dall’alto, pieni di soddisfazione e di orgoglio. Ero totalmente bloccato e in realtà sentivo dolore ovunque. L’umiliazione era tale che stavo per piangere ma fortunatamente sette secondi passano in fretta. Gaia scese pochi secondi prima che scoppiassi e accolse l’applauso a lei dedicato con un inchino. “Grazie a mio cugino per avermi dimostrato per la prima volta che il mio corso di lotta femminile funziona!”, proclamò ad alta voce in mezzo alle risate e agli schiamazzi. Con qualche difficoltà mi rialzai. Nessuno si avvicinò a me e per un momento pensai di andarmene. Tutti ripresero a bere come nulla fosse, ma io mi sentivo morto dentro per la figuraccia fatta davanti a tutti. Ero stato davvero malmenato dalla mia cuginetta di 18 anni? La sola idea mi faceva dubitare della mia mascolinità. E se mi avessero fatto un video? Mi venne quasi da vomitare pensandolo. Iniziai a vagare per la casa senza meta, evitando il più possibile gli altri. “Leonardo!”, una voce mi chiamò da dietro. Era lei. Si era rimessa le scarpe ed era tornata nel ruolo dell’elegante festeggiata. “Tutto bene? Le mie amiche ti volevano parlare. Gli ho detto quanto hai vinto facilmente il torneo di lotta con i loro ragazzi…”, “Beh si, prima che tu…”, inizia a interromperla, ma lei mi sorprese, mettendomi un dito sulle labbra. “Nessuno qui è forte quanto te e io sto praticando difesa personale da anni. Questo dovrebbe riempirti di orgoglio, no?”. Ci pensai un attimo e l’idea mi consolò. Guardai negli occhi Gaia e vidi che era brilla. “Lo pensi davvero?”, le chiesi, “Secondo me hai bevuto…”. Lei rise, guardandosi intorno. Poi, assicuratasi che fossimo soli, si girò verso di me, poggiò il calice e mi mise il tacchetto delle scarpe sul piede. Emisi un sibilo di dolore, incespicando indietro, ma lei rincarò la dose afferrandomi il pacco e spingendomi. Sbattei contro il muro, con lei attaccata a me. Ero sconvolto. Mi afferrò la testa, portandola in basso, verso la sua altezza e iniziò a sussurrarmi all’orecchio: “Si, sono brilla Leonardo e stasera non risponderò delle mie azioni. Sei un figo cuginone e stanotte stai attento perché se non chiudi a chiave la porta potrei entrare in camera tua e violentarti”. Mi morse il collo e dovetti trattenermi per non urlare. Gaia mi lasciò di scatto, sorrise e se ne andò come nulla fosse. La mia eccitazione era troppo grande per tenerla nascosta. Si vedeva attraverso i jeans lontano un miglio. Mi precipitai in bagno per calmarmi e masturbarmi se necessario. Quel corpo, quell’atteggiamento, tutto mi stava dando i brividi. Ma era mia cugina! E per di più aveva chiare fantasie di dominazione nei miei confronti. Cosa avrei dovuto fare?
“Ma non la vedo da 3 anni…”, ripetei distratto, mentre la macchina sobbalzava, viaggiando verso Napoli a tutta velocità. “Non importa, zia ci tiene che tu ci sia”, rispose mia madre, “Fallo a lei come favore personale”. “E poi quando ti ricapita una cosa del genere?”, si intromise mio padre, muovendo il volante per cambiare corsia, “Starai tutta la notte da solo con tantissimi ragazzi….e ragazze. La festa dei 18 anni di tua cugina potrebbe essere una grande occasione per conoscere gente…”. “Marco! Cosa dici??”, mia madre reagì scandalizzata. Sogghignai. Volevo dirgli che di occasioni ne avevo moltissime all’università e che le avevo sfruttate tutte appieno, ma preferii tacere per non scatenare ulteriormente mia madre. Finalmente arrivammo. Gli zii abitavano in una villetta fuori Napoli, abbastanza elegante e con un bel giardino. Mia zia si avvicinò radiosa vedendomi. “Leonardo! Sei diventato un ragazzo bellissimo! Ma quanto sei diventato alto?? Non ti vedo più!”, “Sono 1.82 zia e dubito che crescerò ancora…”, “Ma scherzi! Fino ai 25 anni gli uomini crescono!”. Mio zio mi diede un paio di grossi baci. Lui si che era alto, avrà sfiorato il metro e novanta. È vero!”, commentò osservandomi, “Io ho preso almeno 3 centimetri dai 20 ai 25. E ne hai appena fatti 23…anzi auguri! Spero che ti sia piaciuto il nostro regalo”. Notai le valigie fuori dalla porta. “Già andate via?”, gli chiesi, sorpreso. “Si, qualche invitato è già dentro e tua cugina Gaia ci sta letteralmente cacciando di casa!”. Salirono in macchina dei miei. “Divertitevi e controlla Gaia”, mi disse zia ondeggiando la mano in segno di saluto, “Sei tu l’uomo di casa! Mi fido!”. Con queste parole la mia famiglia partì. Sospirai ed entrai nella villa. C’era qualche amico di Gaia, tutta gente che non conoscevo. Amiche indaffarate aiutavano a portare le bevande mentre i ragazzi fingevano di spostare sedie di fuori ma in realtà principalmente chiacchieravano. Ad un tratto la vidi e non potei trattenere un sussulto. Era cresciuta un poco dall’ultima volta e ora sarà stata 1.68 circa. I capelli castano chiaro incorniciavano un viso delicato e con un naso piccolo, alla francese, sopra al quale splendevano due occhi castani come nocciole. Notai subito che stava diventando donna. Indossava un paio di scarpe aperte nere con un piccolo tacco, una gonna plissé a vita alta nera e rosso scuro che le arrivava al ginocchio e un top halter rosso amaranto che le lasciava la pancia tonica scoperta e lasciava intravedere il seno. L’amaranto si abbinava perfettamente alla sua pelle abbronzata e riprendeva il colore del suo smalto su mani e piedi. Notai che lo stesso seno si era ingrossato e la sua seconda ormai era quasi una terza. Anche le spalle erano più grandi. Io la fissavo come un ebete e mi accorsi che quando mi vide anche il suo sguardo cambiò. “Ehi cugino! Grazie di essere venuto!”, mi accolse, stampandomi due grossi baci addosso, uno sulla guancia e l’altro vicino al collo. Forse era stato un errore, ma non potei trattenere un brivido. “Rilassati e prenditi da bere!”, mi invitò, “Ti presento qualche amico. Non le mie amiche perché se ci provi con loro poi te la dovrai vedere con me…”. Mi fece l’occhiolino e mi accompagnò fuori. Mi condusse verso alcuni ragazzi che si erano messi a bere della birra. Qualcuno di loro si era tolto la camicia visto il caldo asfissiante di settembre ed esibiva un torso nudo magro e tonico. Mia cugina mi lasciò e io iniziai a parlare con loro. Mi trovai subito benissimo. Si parlava di diversi sport e ognuno esaltava quello da lui praticato. Passarono almeno due ore e mi resi conto che, tra una chiacchera e l’altro, ero diventato un poco brillo. “Allora, allora…”, ad un tratto Gaia iniziò ad annunciare ad alta voce. “Questo pomeriggio faremo alcuni giochi di abilità e voi sceglierete il vostro gruppo. Poi daremo delle medaglie ai tre vincitori che avranno l’onore di avere un letto tutto loro per stasera – visto che non bastano per tutti – e potranno essere esentati dal karaoke dopo cena se lo vorranno. I tre giochi che vi proponiamo sono: li limbo, il gioco dei barattoli e un torneo di lotta per far contenti i maschietti. Ecco i tre spazi per svolgere le attività”. Gaia indicò tre spazi dell’ampio giardino: una distesa erbosa con un palo per il limbo, uno contiguo con delle palline e una catasta di barattoli di latta e un ultimo vuoto ma delimitato da una corda che formava un rettangolo. I vari ospiti, ridacchiando, si avviarono verso i rispettivi spazi. Il nostro gruppetto si lanciò uno sguardo di intesa e poi ci dirigemmo tutti virilmente verso lo spazio dedicato alla lotta. Mia cugina era troppo indaffarata con il catering e la spiegazione degli altri due giochi per badare a noi che eravamo solo cinque. Stabilimmo quindi che le regole erano di non finire mai al di fuori del ring e di non rimanere con la schiena a terra per più di sette secondi. Chi avesse messo un piede fuori dal ring o fosse stato bloccato a terra avrebbe perso. Guardai i miei avversari che erano coetanei di Gaia e constatai di essere il più alto, grosso e anziano tra loro. Mi tolsi anche io la camicia, rimanendo con le scarpe da ginnastica i jeans, come avevano fatto molti di loro. Un ragazzetto di nome Lorenzo, il più piccolo, mi guardò preoccupato. “Ragazzi Leonardo oggi ci distrugge…”, disse preoccupato. Io mi strinsi nelle spalle, rispondendo che non era detto. Ma in realtà anche io immaginavo di essere più forte. Il torneo iniziò e ben presto iniziarono le eliminazioni. Alcuni ragazzi si equivalevano, qualcuno era più forte, qualcuno più agile, ma comunque nessuno riusciva a tenermi testa. Nell’incontro contro il piccolo Lorenzo, non ebbi difficoltà a lanciare il mio avversario oltre il cerchio del nostro ring improvvisato. Nello scontro successivo, schienai e bloccai sotto il mio petto il ragazzo più forte del gruppo e via così, fin quando non combattei contro l’ultimo di loro, immobilizzandolo malamente con una mano dietro la schiena e costringendolo in quella posizione per sette secondi. Mi rialzai soddisfatto, fiero di me e sentendomi invincibile. In effetti il nuoto e la sala pesi mi stavano facendo diventare forte, riflettei, paragonando il mio fisico solido a quello sportivo ma mingherlino dei miei avversari. “Come va qui??”, chiese Gaia, facendo finalmente capolino. “Leonardo ha vinto”, rispose distrattamente uno del gruppo. Mia cugina mi guardò e qualcosa di famelico le guizzò nello sguardo. “Davvero? Che bravo. Si vede che è un ragazzo forte. Ma voglio provare anche io a lottare. Mi sarei iscritta a questo gruppo ma non ho avuto il tempo…”. I ragazzi sogghignarono. “Sicura cuginetta che vuoi lottare contro di me?”, le chiesi, spavaldo, pensando che scherzasse. “Oh si!”, rispose lei, entrando nel ring. Mi accorsi che non scherzava. La ragazza si tolse le scarpe e risultò ancora più bassa. Forse era leggermente più bassa di Lorenzo, il ragazzetto che avevo battuto con così facilità, ma dava l’idea di essere più “tonica” di lui. Le gambe in effetti sembravano quasi il doppio di quelle del ragazzo e i polpacci erano ben definiti. Anche le braccia sembravano più spesse e in generale, pur essendo lei magra, dava un’idea di solidità e robustezza ben diversa dai miei avversari. “Iniziamo!”, mi invitò lei, sorridendo dolce ma risoluta. “Non voglio farti male, quindi…”, iniziai a dire, ma improvvisamente non la vidi più davanti a me. Era sparita. Un secondo dopo mi accorsi che aveva ruotato intorno a me e adesso mi braccava il fianco. Provai ad allontanarmi ma fu lesta a prendermi da dietro, abbracciandomi il bacino e tirandomi a sé. La mia schiena nuda era placcata dal suo petto, mentre le sue braccia si chiudevano intorno al mio stomaco. Improvvisamente sentii che con sforzo mi sollevava e un secondo dopo mi lanciava a terra. Rovinai al suolo, sbattendo impietosamente la schiena sull’erba. Mi risollevai di scatto, incurante del dolore e arrossendo per l’umiliazione, mentre non solo i ragazzi del nostro gruppo ma anche gli altri iniziavano a parlare concitamente. “Non ti ho fatto male, vero cuginone?”, mi chiese lei, sfottendomi. Avevo il fiato corto. Non sapevo come aveva fatto a mandarmi a terra ma non potevo permetterlo ancora. Mi lanciai aggressivamente su di lei, provando ad afferrarle le mani e a spingerla, ma lei contenne la mia furia girandomi intorno e schivandomi. Ingine, quando meno me lo aspettavo, mi afferrò un braccio e si girò di scatto su sé stessa. Mi ritrovai a galleggiare in aria, vidi improvvisamente il cielo e poi risentii il dolore alla schiena che esplodeva nello stesso punto. Questa volta non mi sarei alzato tanto facilmente. “Faccio così? Conto fino a sette?”, la voce di mia cugina diceva. Improvvisamente vidi il suo piedino smaltato che mi calava sul petto, tenendomi fermo a terra. Era piccolo e grazioso, ma mi stava umiliando. Iniziai a respirare sempre più forte e a scalciare. Mi stava prendendo il panico e tutto era confuso. “Non è immobilizzato dite? Ok!”, Gaia diceva. Sentii il piede della ragazza che lasciava il mio petto e respirai più liberamente, ma subito percepii un dolore sulle braccia. Gaia mi era salita con i piedi sui bicipiti, bloccando il mio braccio sinistro a terra con il piede destro e viceversa. Alzando lo sguardo vidi le cosce muscolose della mia avversaria, le mutandine gialle sotto la gonna, il rigonfiamento delle tette e poi gli occhi angelici color mandorla che mi osservavano dall’alto, pieni di soddisfazione e di orgoglio. Ero totalmente bloccato e in realtà sentivo dolore ovunque. L’umiliazione era tale che stavo per piangere ma fortunatamente sette secondi passano in fretta. Gaia scese pochi secondi prima che scoppiassi e accolse l’applauso a lei dedicato con un inchino. “Grazie a mio cugino per avermi dimostrato per la prima volta che il mio corso di lotta femminile funziona!”, proclamò ad alta voce in mezzo alle risate e agli schiamazzi. Con qualche difficoltà mi rialzai. Nessuno si avvicinò a me e per un momento pensai di andarmene. Tutti ripresero a bere come nulla fosse, ma io mi sentivo morto dentro per la figuraccia fatta davanti a tutti. Ero stato davvero malmenato dalla mia cuginetta di 18 anni? La sola idea mi faceva dubitare della mia mascolinità. E se mi avessero fatto un video? Mi venne quasi da vomitare pensandolo. Iniziai a vagare per la casa senza meta, evitando il più possibile gli altri. “Leonardo!”, una voce mi chiamò da dietro. Era lei. Si era rimessa le scarpe ed era tornata nel ruolo dell’elegante festeggiata. “Tutto bene? Le mie amiche ti volevano parlare. Gli ho detto quanto hai vinto facilmente il torneo di lotta con i loro ragazzi…”, “Beh si, prima che tu…”, inizia a interromperla, ma lei mi sorprese, mettendomi un dito sulle labbra. “Nessuno qui è forte quanto te e io sto praticando difesa personale da anni. Questo dovrebbe riempirti di orgoglio, no?”. Ci pensai un attimo e l’idea mi consolò. Guardai negli occhi Gaia e vidi che era brilla. “Lo pensi davvero?”, le chiesi, “Secondo me hai bevuto…”. Lei rise, guardandosi intorno. Poi, assicuratasi che fossimo soli, si girò verso di me, poggiò il calice e mi mise il tacchetto delle scarpe sul piede. Emisi un sibilo di dolore, incespicando indietro, ma lei rincarò la dose afferrandomi il pacco e spingendomi. Sbattei contro il muro, con lei attaccata a me. Ero sconvolto. Mi afferrò la testa, portandola in basso, verso la sua altezza e iniziò a sussurrarmi all’orecchio: “Si, sono brilla Leonardo e stasera non risponderò delle mie azioni. Sei un figo cuginone e stanotte stai attento perché se non chiudi a chiave la porta potrei entrare in camera tua e violentarti”. Mi morse il collo e dovetti trattenermi per non urlare. Gaia mi lasciò di scatto, sorrise e se ne andò come nulla fosse. La mia eccitazione era troppo grande per tenerla nascosta. Si vedeva attraverso i jeans lontano un miglio. Mi precipitai in bagno per calmarmi e masturbarmi se necessario. Quel corpo, quell’atteggiamento, tutto mi stava dando i brividi. Ma era mia cugina! E per di più aveva chiare fantasie di dominazione nei miei confronti. Cosa avrei dovuto fare?
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