Dominato da mia cugina Gaia (lotta, incesto e dominazione) - II parte
di
Giovanni333
genere
dominazione
Questa è la seconda parte del racconto. In attesa della terza e ultima spero vi piaccia.
Arrivai in camera brillo. Tutto sommato era stata una bella serata, pensai. Ero tornato a chiacchierare con il mio gruppetto e mi ero sforzato di non pensare più a mia cugina. Anche lei mi aveva evitato, tranne che per il brindisi ovviamente, quando mi aveva lanciato uno dei suoi sguardi famelici. Mi spogliai e mi buttai a letto, pensando a Gaia, all’università e a mille altre cose che si mischiavano tra di loro. Orfeo mi accolse subito e mi cullò per molte ore. Anche se ad un tratto mi parve sentire un rumore vicino a me, forse generato nel mondo dei sogni e non nella realtà, non mi svegliai mai. I miei occhi si aprirono solo con la luce del sole. Mi stiracchiai e misi seduto, sentendomi incredibilmente fresco. Per quanto avevo dormito? Il cellulare mi rispose: erano le 11, quindi avevo dormito 8 ore. Vicino a me c’era lo zaino che avevo portato per la notte. Indossai la canottiera e i pantaloncini neri che avevo portato e uscii dalla camera scalzo per non fare troppo rumore. La mia premura era inutile però perché la casa era deserta. Gli amici di Gaia erano già andati tutti via ed evidentemente io ero stato l’ultimo a svegliarsi. Arrivai in cucina e mi resi conto che era apparecchiato per una persona. “Buongiorno!”, mia cugina mi salutò, sorridente. Il mio intestino si contrasse. Era scalza e indossava solo un pantaloncino rosa corto, ancora più corto del mio se possibile, che le lasciava scoperte totalmente le gambe. Era incredibile quanto fossero solide e allenate. Sulla parte di sopra, l’unico suo indumento era un reggiseno dello stesso colore rosa che lasciava non solo il suo corpicino sportivo in bella mostra ma faceva anche intravedere il petto femminile sotto. Lo smalto rosso su mani e piedi era sparito ma era ancora truccata. I capelli erano legati all’indietro e lasciavano scoperto il volto aggraziato. “Ti ho preparato la colazione!”, cinguettò, mostrandomi la tazza di latte con cereali. “Grazie Gaia…siamo soli?”, bofonchiai emozionato, mentre il sangue mi saliva al cervello. “Certo! I nostri tornano alle 3, non ricordi?”, mi rispose lei, poggiandomi del miele vicino alla tazza. Mi accomodai e iniziai a mangiare, mentre lei mi ronzava intorno. “Ti sei divertito ieri?”, mi chiese, sempre gioviale. “Si, abbastanza…auguri ancora a proposito!”, le risposi. “Oh grazie, anche io ho passato una bellissima serata, e indovina qual è stato il momento migliore?”, Gaia non aspettò la mia risposta e si avvicinò a me lentamente, issandosi sopra il tavolo di marmo. Per poco non mi strozzai. Era vicinissima. Tracannai un altro sorso di latte e provai a mantenere un minimo di contegno. “Non lo so…qual è stata la parte più divertente?”, le chiesi. La ragazza guardò un attimo l’orologio, poi mi sorrise e spostò delicatamente la tazza da davanti a me, mettendosi al suo posto. Adesso avevo mia cugina esattamente davanti, seduta sul tavolo. I suoi piedi si posarono lentamente, quasi casualmente, sulle mie due gambe, vicinissimi allo scroto, come se tra tanti possibili posti avessero deciso che quello era il più comodo. Gaia appoggiò le braccia sulle cosce, inarcandosi leggermente in avanti, e subito le tornò il guizzo nello sguardo della sera prima. Mi sentivo braccato. “La parte che mi è piaciuta di più, cuginone, è stata ovviamente metterti sotto nella lotta…”, disse seria, squadrandomi. Il mio pene iniziò a gonfiarsi. Provai a chiudere le gambe per nasconderlo ma lei lo capì e oppose resistenza, costringendomi a tenere le gambe belle aperte. Ero diventato fucsia. “Beh sei stata brava ma anche fortunata…”, balbettai, non sapendo proprio come comportarmi. Lei sorrise: “Sai, Leo, abbiamo tante ore libere che potremmo impegnare in diversi modi. Vuoi la rivincita nella lotta? Oppure ti rassegni al fatto che sia io l’uomo di casa? Forse lo dovrei dire ai nostri genitori quando torneranno…”. Feci un respiro profondo, ferito ma anche eccitato da quella sfida che suonava come un pretesto. Scusa o no, non potevo tirarmi indietro. “Non ti conviene sfidarmi Gaia, io ieri non ti volevo fare male…ma sono pronto a farti passare un brutto quarto d’ora…”, risposi fiero, provando a ignorare il bozzo che mi si stava disegnando tra le gambe. Lei non lo ignorò e anzi, abbassando lo sguardo, sembrò apprezzarlo. “Era quello che speravo! Quale modo migliore di entrare nella maggiore età? Ti aspetto fuori…fai colazione con calma!”, disse, lasciandomi finalmente stare e allontanandosi. Mi era passata la fame e ormai pensavo più con l’uccello che con la testa. La sera prima avevo addotto mille giustificazioni con me stesso…dalla scusa che la parentela tra noi non fosse così diretta (non era mica mia sorella!) o al fatto che ci vedevamo poco. Ma la verità era che la volevo semplicemente scopare e, forse inconsciamente, in quel modo rimetterla al suo posto. Respirai profondamente e mi alzai, dirigendomi in giardino. L’aria era calda ma, essendo nuvoloso, non asfissiante; tirava anzi una piacevole brezza mattutina. Vidi che Gaia si stava riscaldando. Mi sorrise ancora e il cuore riprese a battermi nel petto. Era così piccolina; per quanto tosta non credevo che avrebbe retto molto contro la mia forza maschile. I nostri 15 centimetri di differenza erano troppi per lei da sovrastare, senza considerare il fatto che ero un uomo. Andai davanti a lei, scaldando le braccia, e poi mi tolsi la canottiera, rimanendo a torso nudo. Mi misi a flettere i muscoli delle braccia, che in realtà non erano proprio eccezionali, per intimorirla, ma lei sembrava più divertita che altro. “Avanti, cominciamo!”, mi invitò, avvicinandosi e iniziando a spingermi. Fui sorpreso da quella tattica, visto che avevo le braccia più lunghe ed ero più forte, ma accettai la sfida di buon grado e iniziai a spingerla a mia volta. Gaia arretrò, prima di due, poi di tre passi, e io soddisfatto aumentai ancora di più la pressione, quando improvvisamente accadde l’impensabile: la mia avversaria smise di spingere e si abbassò di scatto, lanciandosi in avanti e afferrandomi le gambe. Ero troppo alto per bloccarla e la mossa riuscì perfettamente. L’istante dopo, atterrai al suolo, con lei sopra la pancia. Vidi che stava per afferrarmi le mani e mi girai su un lato, provando a ribaltarla sul fianco. La buona notizia fu che riuscii a portarla sul mio fianco destro, ma la cattiva fu che lei riuscì a chiudermi le cosce intorno al busto, iniziando a stringere. Raramente avevo sentito un dolore così. Il fiato iniziò a mancarmi, mentre i fianchi venivano stritolati da quell’insospettabile potenza femminile. “No…no…”, balbettai, mentre le gambe della mia piccola avversaria mi soggiogavano. Strinsi i denti e provai a girarla schiena a terra. Fortunatamente ero molto più pesante di ieri e la mossa mi riuscì, ma lei non mollò la presa. Ora lei era a terra ma ero io ad essere intrappolato. Le mie mani provavano a intercettare le sue confusamente, senza una chiara strategia, mentre le tenaglie femminili continuavano a stringere e io non sapevo come fermarle. Per alleviare la pressione mi buttai un poco in avanti e finii con la faccia a pochi centimetri dalle sue tette. Avevo il fiatone. Sentii che Gaia rideva e subito dopo la mia testa venne tirata ancora più in basso. Improvvisamente il dolore ai fianchi cessò e ripresi a respirare, ma mi accorsi troppo tardi che la mia avversaria aveva semplicemente mosso le sue gambe verso l’alto. Con terrore vidi il suo piedino poggiarsi sul lato del suo collo, mentre le cosce letali si chiudevano intorno alla mia testa. “No…non stringere…”, dissi impaurito e con una voce irriconoscibile. Venni afferrato e rigirato con facilità. L’erba umida accolse la mia schiena, mentre la ragazza sopra di me si accomodava sul mio viso. “Cosa…cosa…”, bofonchiai con difficoltà, visto che la mia bocca era esattamente sotto al suo pube. L’odore di erba, di sudore e vagina si fusero, riempendomi il naso di uno strano mix. Gaia non disse nulla, ma mi poggiò i piedi sulle braccia, schiacciandomi i bicipiti a terra come la sera prima per umiliare la mia virilità, e poi mi afferrò la testa con le mani, muovendosi avanti e indietro su di me. Si stava masturbando con il mio naso! Non riuscivo a respirare. Iniziai a bofonchiare, provai a gridare che mi arrendevo, ma lei continuò per diversi secondi, finché non venne o forse semplicemente si stancò. Finalmente venni lasciato libero e ripresi e respirare normalmente. Mi accorsi che lacrimavo. “Questo è il primo round e direi che l’ho vinto io!”, disse lei, alzandosi in piedi. Io anche mi rialzai, barcollante e sconvolto. “Tu…cosa…come…”, farfugliai, facendo qualche passo indietro. La mia cuginetta scoppiò a ridere e avanzò, mentre io arretrai ancora. Stavo davvero scappando dalla mia cugina 18 enne e che mi arrivava si e no al petto? Si, lo stavo facendo, conclusi. “Allora basta lotta Leonardo? Ti arrendi già? Baciami i piedi e sottomettiti a me…”, disse, mentre la luce del sole rifletteva i suoi occhi castani chiari. “Non ci penso nemmeno…”, risposi, anche se una parte di me avrebbe voluto. Ero ancora eccitato, senza dubbio, ma i miei sogni di dominazione erano evaporati e si stavano trasformando in una realtà molto diversa. Gaia si avvicinò ancora. “Fai un altro passo e io…”, minacciai, poi vedendo che era quasi arrivata mi preparai per darle uno schiaffo. Il colpo non arrivò mai perché lei mi saltò addosso, abbracciando forte il mio busto, per poi sgambettarmi a terra. Atterrai sul coccige ancora una volta e pensai che non avrei potuto subire altri schienamenti senza conseguenze. Gaia, intanto, mi era nuovamente sopra. Provai a colpirla in qualche modo ma era troppo vicina. Provai a spingerla via ma la sua forza, benché inferiore alla mia, era considerevole, e le mie braccia erano state già distrutte. Il risultato fu che mi trovai la ragazza piazzata sul petto nudo. Vidi fugacemente il suo viso soddisfatto e poi un paio di grosse tette calarono sul mio viso. L’aria mancò ancora. Iniziai a sussultare, impotente come mai nella mia vita, mentre il seno della ragazza mi soffocava. Ma la sofferenza fisica non era nulla rispetto a quella psicologica che stava per arrivare. Mentre ero impegnato a respirare e la mia concentrazione era sul petto, Gaia portò i suoi piedini sotto ai miei pantaloncini neri, spingendo verso il basso e sfilandomeli insieme alle mutande. Non potevo reagire in alcun modo. Sentii che l’unico indumento che indossavo stava scivolando via e insieme ad esso la mia dignità maschile. Il mio fallo uscito dalle mutande rimbalzò e salutò il sole, mentre il vento lo carezzava come un giovane albero appena nato. Ma la freschezza del vento presto cessò, sostituita dalle piante dei piedi di mia cugina, che iniziarono a muovere il mio pene su e giù, masturbandomi senza che io avessi alcuna voce in capitolo. Ero bloccato sotto la mia cuginetta e schiacciato sotto le sue tette, mentre i suoi piedini giocavano con la mia virilità. Avrei dovuto baciarglieli subito e risparmiarmi quell’umiliazione ma ciò che stava accadendo era semplicemente inverosimile. Non avevo mai contemplato neanche per un attimo di poter finire in quella posizione in tutta la mia vita, figuriamoci con una ragazzina che era appena diventata adulta. Ad ogni modo quella ragazzina ci sapeva fare. La mia eccitazione crebbe, le mie viscere si contrassero e alla fine venni copiosamente, proprio nel momento in cui stavo per perdere i sensi per la mancanza di fiato. Il liquido caldo schizzò sulla mia pancia e, per la seconda volta, venni liberato. La testa mi girava. Mi trascinai per qualche centimetro lontano dalla mia aguzzina, provando a far tornare la mia lucidità mentale. Era un sogno, un incubo o cosa? Non sapevo come stavo evitando di piangere. Vidi che Gaia si era messa in ginocchio davanti a me, con le mie mutande in mano come un trofeo. La guardai e capii che aveva appena iniziato con me.
Arrivai in camera brillo. Tutto sommato era stata una bella serata, pensai. Ero tornato a chiacchierare con il mio gruppetto e mi ero sforzato di non pensare più a mia cugina. Anche lei mi aveva evitato, tranne che per il brindisi ovviamente, quando mi aveva lanciato uno dei suoi sguardi famelici. Mi spogliai e mi buttai a letto, pensando a Gaia, all’università e a mille altre cose che si mischiavano tra di loro. Orfeo mi accolse subito e mi cullò per molte ore. Anche se ad un tratto mi parve sentire un rumore vicino a me, forse generato nel mondo dei sogni e non nella realtà, non mi svegliai mai. I miei occhi si aprirono solo con la luce del sole. Mi stiracchiai e misi seduto, sentendomi incredibilmente fresco. Per quanto avevo dormito? Il cellulare mi rispose: erano le 11, quindi avevo dormito 8 ore. Vicino a me c’era lo zaino che avevo portato per la notte. Indossai la canottiera e i pantaloncini neri che avevo portato e uscii dalla camera scalzo per non fare troppo rumore. La mia premura era inutile però perché la casa era deserta. Gli amici di Gaia erano già andati tutti via ed evidentemente io ero stato l’ultimo a svegliarsi. Arrivai in cucina e mi resi conto che era apparecchiato per una persona. “Buongiorno!”, mia cugina mi salutò, sorridente. Il mio intestino si contrasse. Era scalza e indossava solo un pantaloncino rosa corto, ancora più corto del mio se possibile, che le lasciava scoperte totalmente le gambe. Era incredibile quanto fossero solide e allenate. Sulla parte di sopra, l’unico suo indumento era un reggiseno dello stesso colore rosa che lasciava non solo il suo corpicino sportivo in bella mostra ma faceva anche intravedere il petto femminile sotto. Lo smalto rosso su mani e piedi era sparito ma era ancora truccata. I capelli erano legati all’indietro e lasciavano scoperto il volto aggraziato. “Ti ho preparato la colazione!”, cinguettò, mostrandomi la tazza di latte con cereali. “Grazie Gaia…siamo soli?”, bofonchiai emozionato, mentre il sangue mi saliva al cervello. “Certo! I nostri tornano alle 3, non ricordi?”, mi rispose lei, poggiandomi del miele vicino alla tazza. Mi accomodai e iniziai a mangiare, mentre lei mi ronzava intorno. “Ti sei divertito ieri?”, mi chiese, sempre gioviale. “Si, abbastanza…auguri ancora a proposito!”, le risposi. “Oh grazie, anche io ho passato una bellissima serata, e indovina qual è stato il momento migliore?”, Gaia non aspettò la mia risposta e si avvicinò a me lentamente, issandosi sopra il tavolo di marmo. Per poco non mi strozzai. Era vicinissima. Tracannai un altro sorso di latte e provai a mantenere un minimo di contegno. “Non lo so…qual è stata la parte più divertente?”, le chiesi. La ragazza guardò un attimo l’orologio, poi mi sorrise e spostò delicatamente la tazza da davanti a me, mettendosi al suo posto. Adesso avevo mia cugina esattamente davanti, seduta sul tavolo. I suoi piedi si posarono lentamente, quasi casualmente, sulle mie due gambe, vicinissimi allo scroto, come se tra tanti possibili posti avessero deciso che quello era il più comodo. Gaia appoggiò le braccia sulle cosce, inarcandosi leggermente in avanti, e subito le tornò il guizzo nello sguardo della sera prima. Mi sentivo braccato. “La parte che mi è piaciuta di più, cuginone, è stata ovviamente metterti sotto nella lotta…”, disse seria, squadrandomi. Il mio pene iniziò a gonfiarsi. Provai a chiudere le gambe per nasconderlo ma lei lo capì e oppose resistenza, costringendomi a tenere le gambe belle aperte. Ero diventato fucsia. “Beh sei stata brava ma anche fortunata…”, balbettai, non sapendo proprio come comportarmi. Lei sorrise: “Sai, Leo, abbiamo tante ore libere che potremmo impegnare in diversi modi. Vuoi la rivincita nella lotta? Oppure ti rassegni al fatto che sia io l’uomo di casa? Forse lo dovrei dire ai nostri genitori quando torneranno…”. Feci un respiro profondo, ferito ma anche eccitato da quella sfida che suonava come un pretesto. Scusa o no, non potevo tirarmi indietro. “Non ti conviene sfidarmi Gaia, io ieri non ti volevo fare male…ma sono pronto a farti passare un brutto quarto d’ora…”, risposi fiero, provando a ignorare il bozzo che mi si stava disegnando tra le gambe. Lei non lo ignorò e anzi, abbassando lo sguardo, sembrò apprezzarlo. “Era quello che speravo! Quale modo migliore di entrare nella maggiore età? Ti aspetto fuori…fai colazione con calma!”, disse, lasciandomi finalmente stare e allontanandosi. Mi era passata la fame e ormai pensavo più con l’uccello che con la testa. La sera prima avevo addotto mille giustificazioni con me stesso…dalla scusa che la parentela tra noi non fosse così diretta (non era mica mia sorella!) o al fatto che ci vedevamo poco. Ma la verità era che la volevo semplicemente scopare e, forse inconsciamente, in quel modo rimetterla al suo posto. Respirai profondamente e mi alzai, dirigendomi in giardino. L’aria era calda ma, essendo nuvoloso, non asfissiante; tirava anzi una piacevole brezza mattutina. Vidi che Gaia si stava riscaldando. Mi sorrise ancora e il cuore riprese a battermi nel petto. Era così piccolina; per quanto tosta non credevo che avrebbe retto molto contro la mia forza maschile. I nostri 15 centimetri di differenza erano troppi per lei da sovrastare, senza considerare il fatto che ero un uomo. Andai davanti a lei, scaldando le braccia, e poi mi tolsi la canottiera, rimanendo a torso nudo. Mi misi a flettere i muscoli delle braccia, che in realtà non erano proprio eccezionali, per intimorirla, ma lei sembrava più divertita che altro. “Avanti, cominciamo!”, mi invitò, avvicinandosi e iniziando a spingermi. Fui sorpreso da quella tattica, visto che avevo le braccia più lunghe ed ero più forte, ma accettai la sfida di buon grado e iniziai a spingerla a mia volta. Gaia arretrò, prima di due, poi di tre passi, e io soddisfatto aumentai ancora di più la pressione, quando improvvisamente accadde l’impensabile: la mia avversaria smise di spingere e si abbassò di scatto, lanciandosi in avanti e afferrandomi le gambe. Ero troppo alto per bloccarla e la mossa riuscì perfettamente. L’istante dopo, atterrai al suolo, con lei sopra la pancia. Vidi che stava per afferrarmi le mani e mi girai su un lato, provando a ribaltarla sul fianco. La buona notizia fu che riuscii a portarla sul mio fianco destro, ma la cattiva fu che lei riuscì a chiudermi le cosce intorno al busto, iniziando a stringere. Raramente avevo sentito un dolore così. Il fiato iniziò a mancarmi, mentre i fianchi venivano stritolati da quell’insospettabile potenza femminile. “No…no…”, balbettai, mentre le gambe della mia piccola avversaria mi soggiogavano. Strinsi i denti e provai a girarla schiena a terra. Fortunatamente ero molto più pesante di ieri e la mossa mi riuscì, ma lei non mollò la presa. Ora lei era a terra ma ero io ad essere intrappolato. Le mie mani provavano a intercettare le sue confusamente, senza una chiara strategia, mentre le tenaglie femminili continuavano a stringere e io non sapevo come fermarle. Per alleviare la pressione mi buttai un poco in avanti e finii con la faccia a pochi centimetri dalle sue tette. Avevo il fiatone. Sentii che Gaia rideva e subito dopo la mia testa venne tirata ancora più in basso. Improvvisamente il dolore ai fianchi cessò e ripresi a respirare, ma mi accorsi troppo tardi che la mia avversaria aveva semplicemente mosso le sue gambe verso l’alto. Con terrore vidi il suo piedino poggiarsi sul lato del suo collo, mentre le cosce letali si chiudevano intorno alla mia testa. “No…non stringere…”, dissi impaurito e con una voce irriconoscibile. Venni afferrato e rigirato con facilità. L’erba umida accolse la mia schiena, mentre la ragazza sopra di me si accomodava sul mio viso. “Cosa…cosa…”, bofonchiai con difficoltà, visto che la mia bocca era esattamente sotto al suo pube. L’odore di erba, di sudore e vagina si fusero, riempendomi il naso di uno strano mix. Gaia non disse nulla, ma mi poggiò i piedi sulle braccia, schiacciandomi i bicipiti a terra come la sera prima per umiliare la mia virilità, e poi mi afferrò la testa con le mani, muovendosi avanti e indietro su di me. Si stava masturbando con il mio naso! Non riuscivo a respirare. Iniziai a bofonchiare, provai a gridare che mi arrendevo, ma lei continuò per diversi secondi, finché non venne o forse semplicemente si stancò. Finalmente venni lasciato libero e ripresi e respirare normalmente. Mi accorsi che lacrimavo. “Questo è il primo round e direi che l’ho vinto io!”, disse lei, alzandosi in piedi. Io anche mi rialzai, barcollante e sconvolto. “Tu…cosa…come…”, farfugliai, facendo qualche passo indietro. La mia cuginetta scoppiò a ridere e avanzò, mentre io arretrai ancora. Stavo davvero scappando dalla mia cugina 18 enne e che mi arrivava si e no al petto? Si, lo stavo facendo, conclusi. “Allora basta lotta Leonardo? Ti arrendi già? Baciami i piedi e sottomettiti a me…”, disse, mentre la luce del sole rifletteva i suoi occhi castani chiari. “Non ci penso nemmeno…”, risposi, anche se una parte di me avrebbe voluto. Ero ancora eccitato, senza dubbio, ma i miei sogni di dominazione erano evaporati e si stavano trasformando in una realtà molto diversa. Gaia si avvicinò ancora. “Fai un altro passo e io…”, minacciai, poi vedendo che era quasi arrivata mi preparai per darle uno schiaffo. Il colpo non arrivò mai perché lei mi saltò addosso, abbracciando forte il mio busto, per poi sgambettarmi a terra. Atterrai sul coccige ancora una volta e pensai che non avrei potuto subire altri schienamenti senza conseguenze. Gaia, intanto, mi era nuovamente sopra. Provai a colpirla in qualche modo ma era troppo vicina. Provai a spingerla via ma la sua forza, benché inferiore alla mia, era considerevole, e le mie braccia erano state già distrutte. Il risultato fu che mi trovai la ragazza piazzata sul petto nudo. Vidi fugacemente il suo viso soddisfatto e poi un paio di grosse tette calarono sul mio viso. L’aria mancò ancora. Iniziai a sussultare, impotente come mai nella mia vita, mentre il seno della ragazza mi soffocava. Ma la sofferenza fisica non era nulla rispetto a quella psicologica che stava per arrivare. Mentre ero impegnato a respirare e la mia concentrazione era sul petto, Gaia portò i suoi piedini sotto ai miei pantaloncini neri, spingendo verso il basso e sfilandomeli insieme alle mutande. Non potevo reagire in alcun modo. Sentii che l’unico indumento che indossavo stava scivolando via e insieme ad esso la mia dignità maschile. Il mio fallo uscito dalle mutande rimbalzò e salutò il sole, mentre il vento lo carezzava come un giovane albero appena nato. Ma la freschezza del vento presto cessò, sostituita dalle piante dei piedi di mia cugina, che iniziarono a muovere il mio pene su e giù, masturbandomi senza che io avessi alcuna voce in capitolo. Ero bloccato sotto la mia cuginetta e schiacciato sotto le sue tette, mentre i suoi piedini giocavano con la mia virilità. Avrei dovuto baciarglieli subito e risparmiarmi quell’umiliazione ma ciò che stava accadendo era semplicemente inverosimile. Non avevo mai contemplato neanche per un attimo di poter finire in quella posizione in tutta la mia vita, figuriamoci con una ragazzina che era appena diventata adulta. Ad ogni modo quella ragazzina ci sapeva fare. La mia eccitazione crebbe, le mie viscere si contrassero e alla fine venni copiosamente, proprio nel momento in cui stavo per perdere i sensi per la mancanza di fiato. Il liquido caldo schizzò sulla mia pancia e, per la seconda volta, venni liberato. La testa mi girava. Mi trascinai per qualche centimetro lontano dalla mia aguzzina, provando a far tornare la mia lucidità mentale. Era un sogno, un incubo o cosa? Non sapevo come stavo evitando di piangere. Vidi che Gaia si era messa in ginocchio davanti a me, con le mie mutande in mano come un trofeo. La guardai e capii che aveva appena iniziato con me.
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