Cinema all'aperto

di
genere
etero

Il film è appena finito ma gli interminabili titoli di coda no. Il tempo per raccogliere la borsa e la giacca leggera che hai scelto per il tuo completo gonna e camicetta e stiamo già uscendo dal cinema. L’appuntamento tutto sommato è andato bene anche se il contatto visivo e fisico con chi abbiamo immaginato per settimane è sempre una piccola violenza alla nostra fantasia.
Ti senti però con qualcuno che conosci, con una voce che hai già interiorizzato e una parte della tensione se n’è andata. Il cinema era affollato e all’aperto e non c’è stato quel contatto che aspettavi, tranne un leggero sfiorarti le gambe e le mani, ma che non si è mai trasformato in quello che avevi invece immaginato.
Ma il tempo corre e rimane solo da percorrere qualche chilometro prima di risalire sulle rispettive automobili, parcheggiate a poca distanza l’una dell’altra.
L’aria è gradevole, una leggera pioggerellina estiva ha rinfrescato la città nel pomeriggio. Il pavé umido riflette le luci dei negozi e i tuoi tacchi risuonano nel silenzio serale. Mi guardi un po’ sospettosa, cercando di capire come possa essere stato tutto così perfetto ma solo formale. Le battute, i commenti durante il film, l’aiutarti nel togliere la giacca e nel rimettertela, senza un commento o un gesto che tradissero la tensione palpabile dei giorni precedenti. “Hai visto quella colonna?” ti dico indicandoti un portico poco illuminato. “Quale?” rispondi pensando a quale idiota potrebbe pensare a una colonna con il tuo corpo a pochi millimetri dalle sue mani.
“Quella”, ti senti afferrare un fianco e accompagnare in una direzione diversa. Il tempo di fare pochi passi e hai le mie mani sulle spalle che ti appoggiano al marmo freddo di una colonna scura, con la piazza alle tue spalle e solo un negozio di una catena di abbigliamento davanti a te, chiuso ma coi neon che ti colorano di rosso e viola.
“Non credere di essertela cavata così”. Ti dico sorridendo, avvicinandomi leggermente. “A te non piace uscire indenne” ti sussurro avvicinandomi alle

orecchie e annusandoti il collo, fresco e ricco del tuo profumo. “A te piace rischiare, maestra”, ma non puoi nemmeno vedermi perché sono sempre sul tuo collo, sfiorandolo con le labbra. Non sai se essere felice di questa mia trasformazione o se forse era più rassicurante rimandare ad altra data un incontro più esaustivo.
Ma non c’è troppo tempo per pensarci e lasci fare le mie mani che ti aprono leggermente la camicetta per scoprire meglio il collo. Mi spingo addosso a te, per farti sentire cosa provo.
È una situazione nuova ma non abbiamo ancora incrociato gli sguardi da quando si è materializzata.
Inizio a baciarti il collo, le clavicole e le orecchie, intervallando i baci con piccole pause che sembrano eterne. Vuoi quasi liberarti di quella morsa ma ti blocco i polsi e smetto di baciarti il collo. Ti guardo per pochi secondi gli occhi spalancati, la bocca semi aperta e mi godo quell’istante per stamparlo e archiviarlo nella mia memoria. Il primo bacio non permette repliche o bis. È quello e un istante dopo bacio, mordo e lecco le tue labbra come se non lo avessi mai fatto prima.
Tanta foga ti mette in confusione e ti riporta all’adolescenza, anche se da adolescente nessuno ti ha morso e posseduto le labbra in quel modo stringendoti con quella forza.
Il bacio sembra eterno ma non vuole confinarsi. È in bocca, sulle labbra, in gola. Sul collo, sul seno, ovunque. Non ti lascia respirare e non hai memoria di quando lo hai accettato o se lo hai ricambiato. È altro. È conoscersi e entrarsi dentro.
Le mie mani afferrano i tuoi polsi e ti obbligano a girarti e appoggiarti col seno alla colonna.
Il bacio continua sulla spalla semi coperta mentre ti senti appoggiare con forza dietro, con un movimento continuo, sai che mi sto muovendo come se ti scopassi davvero, anche se protetto da fin troppo tessuto. Ti lascio una mano libera e

mentre ti ricordo che per un eventuale passante il tuo culo sarà uno spettacolo indimenticabile ti tiro su la gonna e infilo le dita in mezzo alle gambe.
Non sai se assecondare quell’intrusione o se ribellarti, ma l’energia che hanno le mie dita può portare solo ad agevolarle, apri le gambe leggermente mentre ti sollevo completamente la gonna e ti lasci toccare senza ribellarti.
I baci sono veloci, tornano sulla tua bocca anche se scomodi e poi sull’orecchio e le spalle. Torni a sentire i rumori ovattati della città per un attimo ma le mie dita che ti scostano leggermente le mutandine ti rendono docile e leggermente sollevata sui tacchi.
Le dita accarezzano le tue aperture umide e ne saggiano la resistenza, ti senti troia e allo stesso tempo incosciente, non sai cosa ti abbia portato alle mani di quell’uomo rovistarti dentro e a sentirti cose piacevolmente vulnerabile, ma è tardi per pensarci. Un suono di passi fa da prologo ad un rapido ricomporsi che segui con riflesso rapidissimo. Ansimi, ansimo anche io.
Una coppia ci passa vicino, incurante, altri ragazzi schiamazzano.
Iniziamo a camminare, la colonna non è più un luogo sicuro. Alla fine del portico scarto rapidamente di lato in una via secondaria, molto silenziosa. L’unico suono sono i nostri passi e rimaniamo in silenzio. La città diventa lontana, conosci ormai le mie principali fissazioni e sai benissimo cosa farò appena vedrò un angolo buio. Lo pregusti. Al punto che sei tu a intravedere un punto che potrebbe essere al riparo da sguardi indiscreti e accarezzandomi la mano mi fai capire che quella è la direzione. Affrettiamo il passo verso un muro e appena gli giriamo intorno capiamo che è la seconda parte del racconto che stiamo scrivendo davvero.
Ti appoggi al muro, con le mani sulla gonna, e te la alzi lentamente, scoprendo le mutandine chiare. Io rimango a leggera distanza, voglio godere della tua bellezza guardandola in campo largo, non più per dettagli. Con la gonna che ormai non copre più nulla infili le dita nell’elastico delle mutandine, poi ti sfiori il pube mentre ti mordi la lingua, poi le scosti leggermente.
“È questo che volevi no?” sussurri a bassa voce. E inizi ad abbassartele lentamente, nella penombra che non permette di vedere quasi nulla se non le tue

gambe lunghe nude e le tue mutandine nemmeno a metà coscia. La voglia di voltarti e mangiarti avidamente è quasi insopprimibile ma sei tu a voler comandare e per quel piccolo attimo te lo concedo.
Le abbassi completamente, alzi i piedi uno dopo l’altro con eleganza e roteandole una volta tornata in piedi mi inviti a prenderle. Mi avvicino ma con un gesto rapido le porti in alto e mi baci ficcandomi la lingua in gola. Le mie mani ti avvinghiano da dietro e permettono ai miei palmi di possedere completamente il tuo culo e ai miei polpastrelli di accarezzare la pelle a pochi millimetri dalle labbra fradice.
È un attimo, l’eco di passi veloci ci obbliga a un nuovo ricomponimento, meno rapido stavolta.
Ti abbassi la gonna e mi consegni le mutandine, che custodisco nella tasca della giacca. Ci allontaniamo con l’eccitazione a mille e un sorriso leggero.
La città è un piccolo labirinto di stradine e portici, case lussuose e aree da ristrutturare o addirittura in demolizione.
Ti sfioro le gambe e il culo, mentre osservo quello che ho intorno e cerco di capire dove le nostre bocche e le nostre mani possano tornare libere di muoversi. Appoggio le mani a una porta e dopo a un’altra. La terza si apre, è il portoncino in legno di una casa d’epoca, piccolo e senza citofoni.
Entriamo, è quasi buio, tranne che per una lampadina appesa a un filo elettrico che illumina una scaletta che scende sotto il livello strada. Ci guardiamo per un istante e scendiamo. Vado avanti per primo ma arrivato al fondo della scaletta c’è solo un piccolo vano male illuminato, senza porte.
Mi volto coi pantaloni gonfi e mi appoggio al muro dimenticandomi che potrei sporcarmi mentre tu capisci benissimo cosa voglio da te. “Finalmente” sussurri. Mi slacci la cintura baciandomi e inizi ad accarezzarmi sopra i boxer con entrambe le mani, dalla punta ai testicoli, un lento viaggio andata e ritorno che gusto mentre le tue labbra e la tua lingua si scaldano per l’appuntamento che più di ogni altro aspettavo.

Mi lecchi le labbra un’ultima volta e ti abbassi lentamente sulle ginocchia. Afferri i boxer e li abbassi con un movimento brusco. Il mio cazzo sguscia fuori e lo guardi, poi mi guardi negli occhi. È uno sguardo lungo, sembra non finire mai. Lo afferri e inizi a strusciarlo contro le guance, come per farti accarezzare da lui e dimostrarmi che è in ottime mani.
Continui ad accarezzarlo appoggiandone la punta alle labbra muovendo la testa lentamente, guardandomi per capire quanto lentamente puoi uccidermi. Cerco di accarezzarti i capelli per dirigerti dove voglio ma ti divincoli da questa presa con malcelato orgoglio. Sei tu che comandi, la tua bocca è la regina, il mio pezzo di carne solo uno scettro.
Mi guardi mentre lo tieni a pochi millimetri dalla tua bocca, tiri fuori la lingua senza distogliere lo sguardo dai miei occhi e lecchi la punta, prima con circospezione poi con fare goloso. Non mi resta che aspettare passivamente le tue mosse, con la vena che pulsa e le tempie che la inseguono.
Le tue mani mi massaggiano sotto i testicoli, sembri aver voglia di dimostrare che puoi farmi esplodere a comando e che lì sotto io non posso più decidere nulla. Sono solo uno spettatore pronto allo scrosciare dell’applauso, che sente lentamente cedere le gambe ma immagina solo l’esplosione finale.
La tua bocca sta pericolosamente portando tutto verso il climax finale ma la voglia che inizia a prendermi è un’altra, e non voglio perdere questo attimo. Ti afferro le mani e ti tiro su, poi le appoggio al muro e mi metto alle tue spalle, un po’ goffamente a causa dei pantaloni abbassati.
Mi abbasso e ti sollevo la gonna mentre ti giri per guardarmi. L’odore di sesso e umidità ci riempie le narici e ci ricorda qualcosa di antico e ancestrale. Ma un attimo dopo senti la mia lingua passare dall’interno delle cosce alle natiche e le mie mani aprirti delicatamente. Ti offri completamente e lasci che la mia bocca prenda possesso di te, baciandoti, leccandoti e penetrandoti coadiuvata dalle dita. Ti sbottono la gonna e la lasci cadere, ributtando la mia faccia sul tuo splendido culo mai osservato con più attenzione di adesso. Con le mani ti accarezzi le natiche per offrirmi la più splendida delle visuali.

Dopo aver assaggiato ogni millimetro di te mi sollevo e inizio a sbottonarti la camicetta, per poi lasciare che le tue braccia la lascino andare e averti completamente nuda di fronte a me. La vista delle tue gambe lunghe e nervose e i talloni alzati mi danno una vertigine. Mi libero rapidamente dei pantaloni ma tengo ancora la camicia addosso. Il cazzo sfiora le tue natiche, le spinge, le apre. E lentamente inizia a puntare la tua fica umida di sé e della mia saliva. Entra dentro dolcemente e assapori quel momento come io ho fatto col bacio di prima. Anche questo momento è irripetibile e lo sappiamo bene entrambi.
Ti sollevi sulle punte, io fletto le ginocchia e entro dentro di te con decisione. “Ora non mi scappi”. “Scopami fino in fondo” rispondi.
E inizio a pompare allontanando e avvicinando il viso al tuo, mordendoti le spalle e stringendoti i capezzoli con forza. Voglio che tu mi senta ovunque. Con le mani sfioro il tuo clitoride, le labbra, il buco del culo. Sei mia stavolta. E voglio vedere ancora meglio il mio cazzo che ti entra dentro. Ti sposto senza uscire obbligandoti ad afferrare il corrimano della scaletta alla sua base, in modo da averti ancora più visibile e aperta. Mi lasci fare e inizio a scoparti con ancora più rabbia. Forte, con colpi decisi che senti dentro di te, poi dolce, più lentamente, mentre ti sussurro oscenità che non pareggiano quelle che stai pensando tu.
Vorresti leccare e mordere il metallo della balaustra come se fosse il cazzo di un altro uomo, e per un attimo lo fai davvero. Senti che anche in un momento come questo potresti dare e avere molto di più. Gli affondi diventano sempre più forti e frequenti mentre la tua immaginazione è sempre più spostata sull’altro uomo che completerebbe quel momento più di ogni altra cosa.
Insieme ai miei colpi che affondano dentro e alle mie dita che non sembrano voler lasciare nulla di intentato l’idea di poter soddisfare due uomini, di godere doppiamente e di farli godere su di te nello stesso momento ti annebbia la mente.
Senti che stai per esplodere mentre le gambe iniziano a tremare e non sai più cosa ti stia esplodendo dentro, se la parte fisica o la fantasia di quel sottoscala umido dove concedi tutto a due sconosciuti, anche se uno è in carne e ossa. La tua fica pulsa e vorresti gridare. La tua bocca si apre in quello che sembra un grido

silenzioso mentre il tuo pulsare mi avverte di quello che sta succedendo dentro di te. Ansimi, inarchi la schiena cercando di recuperare la forza nelle gambe.
Esco attendendo il giusto premio, che non tarda ad arrivare. Ti volti abbassandoti mentre appoggio le mani alla balaustra. Sono esausto ma so che la tua bocca ha ancora voglia. E guardandomi nuovamente inizi a masturbarmi velocemente massaggiandomi i testicoli. Inizio ad ansimare forte, quasi pervaso da dolore quando l’asta inizia a pulsare e cerco di ritardare leggermente l’esplosione per renderla ancora più violenta. Improvvisamente mi sento aprire da dentro, il piacere è quasi doloroso ma guardo i tuoi occhi mentre la tua bocca viene riempita dal mio seme, che lecchi e ingoi con giocosa voracità. Ti afferro e ti bacio con violenza, in un bacio che è quasi come succhiarmelo da solo tanto la tua bocca è bagnata e appiccicosa. I corpi nudi si avvinghiano, sapendo che la più imbarazzante delle rivestizioni è vicina.
Come mi tiro su i pantaloni vedo che ti sei quasi completamente rivestita, anche se sotto la gonna stasera non porterai più nulla. Usciamo e la città sembra ancora più umida. Ci avviciniamo alle auto senza parlare, guardi il telefono e vedi che l’ora non è nemmeno così tarda. Il tempo prende strane pieghe in certi momenti. Un ultimo sguardo e risaliamo in macchina, realizzando di non sapere quanto questa città sia in grado di custodire un segreto.

tg @chivolavalechinonvolaeunvile
scritto il
2023-10-23
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