Shooting surprise

di
genere
esibizionismo

Lei è sempre la Lei d’eccezione.
40 anni o qualcosa in più, occhi verdi, castana, sorriso irresistibile. Gambe sottili, sedere tondo ma soprattutto piedi da campagna pubblicitaria. Poi caviglie che puoi stringere tra le dita e una certa tendenza a piacersi e a voler piacere, che al giorno d’oggi non è mai scontata. Anzi.
Purtroppo è solo un’amica, perdipiù sposata. Ma vista la mia confidenza col mezzo fotografico e la sua difficoltà nell’accettare i miei inviti (ci conosciamo da un po’ ma sembra essere sorda alle mie avances, nonostante siano lapalissiane) la irretisco proponendole di scattarle delle foto. Sexy ma condivisibili. Potrà mostrarle a chi vuole: amiche, amanti, ex fidanzati e persino al marito.
La cosa sembra appassionarla nonostante non abbia mai posato e metterci d’accordo è relativamente semplice: una stanza mansardata in un bel B’n’B non troppo distante da casa sua, una bella giornata di sole di fine settembre (per lei preferirei luce naturale) e almeno una mezza giornata a nostra disposizione.
Complice un favorevole allineamento dei pianeti è già libera di primissima mattina e mi raggiunge in macchina. Bellissima, coi capelli tirati indietro (chissà cosa avrà raccontato che deve fare) ma in abiti molto sportivi con un trolley carico di cose. Entriamo, la osservo e si muove con una bella nonchalance.
Apriamo il trolley sul letto e mi mostra diversi set di intimo, collant, top e scarpe decolleté. Sa bene che odio i plateau. Brava. Si intuisce che l’idea di mostrarsi di fronte a me non la intimorisce troppo.
È un ottimo inizio.
Per mettere a proprio agio chi non è avvezzo a posare ho però una mia tecnica: niente intimo o cose apparentemente da pantera ma un semplice pantalone da uomo con una camicia bianca, magari con polsi da gemelli. In più delle bretelle, che possono aiutarla a tenere le mani occupate e sentirsi più a suo agio mentre ci gioca.
L’idea sembra piacerle. Prende il tutto e si dirige in bagno per cambiarsi. Le do due indicazioni per il make-up, che voglio leggero e per i capelli, che preferirei sciolti e un po’ mossi. Ho il cuore un po’ in subbuglio ma fingo sicurezza, facendo finta di sistemare le tende, un pannello riflettente e la macchina fotografica.
Dopo diversi minuti e sento la porta aprirsi. Mi volto lentamente ed eccola coi capelli sciolti, un filo di rossetto, i pantaloni (miei, le stanno enormi) e la camicia da uomo. Non sa come mettersi le bretelle ma noto che ha l’intimo nero sotto la camicia e le faccio notare che sarebbe meglio scattare senza. Non fa un plissé, si volta, si toglie la camicia e il reggiseno e si rimette la camicia, senza però abbottonarla.
“Mi aiuti con le bretelle adesso?”
L’aiuto a sistemarle senza buttare l’occhio in modo evidente sul suo seno, che è davvero magnifico. E fa capolino dalla camicia aperta, ma so di dover essere professionale e mi limito ad allontanarmi appena finisco di allacciarle la bretella posteriore.
“E adesso cosa facciamo?” mi chiede col suo fare sempre rilassato e giocherellone.
“Adesso mettiti vicino alla finestra così la luce e quella giusta e muoviti come se io non ci fossi” le spiego,“gioca coi bottoni della camicia, aprila e chiudila, sposta le bretelle come se fossi da sola e stessi aspettando un uomo, non guardarmi mai. Io non esisto”.
E in effetti mentre la osservo attraverso l’obbiettivo 50mm della mia reflex mi accorgo che per lei proprio non esisto. Recita perfettamente. Sguardo quasi assente, bocca socchiusa, le mani che giocano con tutto quello che indossa. Praticamente è come se posasse da sempre. Osservarla in questo modo accende un voyeurismo che non conoscevo. È come un film, ma l’attrice è la donna che desidero di più in questo momento. Ed è a pochi metri da me, anche se protetta dagli specchi e dalle lenti della mia Nikon, intervallata solo dall’otturatore che si chiude ad ogni scatto. Il paradosso della macchina fotografica è che l’unico attimo in cui non vedi il soggetto è quello in cui la macchina scatta. Ma è rassicurante, così non mi perdo un attimo della sua femminilità.
Sento il suo profumo, le parlo, eppure la guardo solo attraverso un mirino. È tutto talmente eccitante da non crederci.
Lei è sempre più sciolta, si apre completamente la camicia ed è così bella che mi sento davvero uno stupido nel continuare a scattare. Ma sono lì per quello e non vorrei mai che pensasse a dei secondi fini. Continuo a scattare, lei si muove in maniera elegante. Si sistema sul divano, gioca con lo guardo, torna ad alzarsi.
“Puoi anche giocare coi pantaloni” le ricordo.
A questo punto la vedo sbottonare le bretelle e i pantaloni. Gioca un attimo a mostrare l’elegante intimo nero semitrasparente e lascia che i pantaloni le cadano ai piedi. Continuo a scattare, non voglio perdermi nulla. Rimango solo incantato dalle sue gambe, sono incredibilmente belle.
Rimane solo con la camicia, le mutandine nere e le sue decolleté. È di una bellezza folgorante. So che non dimenticherò questo momento. La Nikon continua col suo click click a sottolineare che i miei occhi non hanno mai visto qualcosa di così eccitante. Lei sembra rendersene conto, ma il suo gioco è tutto con l’obbiettivo. Io davvero non esisto.
Per aumentare l’effetto voyeuristico decido di allontanarmi e salire sul soppalco, cambiano lente e passando a un teleobbiettivo. Penso che avermi più lontano possa ulteriormente rilassarla e aiutarla a lasciarsi andare.
Mi sistemo a cavalcioni della balaustra e la invito a sdraiarsi sul divano. “Adesso gioca con le gambe, sono splendide” la rassicuro.
Ma che sono splendide lo sa benissimo e le muove come se nella vita non
avesse fatto altro. La macchina continua a scattare ma altri rumori sembrano provenire dal tetto. La stanza per un attimo sembra essere un filo più ombreggiata, poi la luce torna a riempire tutti gli spazi. C’è qualcuno sul tetto, probabilmente sono operai che stanno facendo dei lavori.

La spingo a ricominciare a muoversi come prima, tirando su le gambe e sfiorandosi la camicia, ma la vedo guardare con attenzione la finestrella sul tetto. Mi volto e intravedo il viso di un operaio, che probabilmente l’ha notata.
“Abbiamo pubblico!” le dico, ironizzando sulla situazione.
“Sì, non deludiamolo” chiosa lei.
Sento un leggero brivido e capisco che la situazione invece di bloccarla la sta
ulteriormente sciogliendo. Gli operai probabilmente stanno guardando il nostro set, di cui forse scorgono solo la modella e non il fotografo, ma poco cambia.
Io non esisto. Ma lei esiste eccome e decide di posare anche per loro.
Continua a sollevare le gambe, apre la camicia, stavolta completamente. I rumori che provengono dal tetto segnalano che c’è un po’ di agitazione tra le maestranze. E Lei sembra voler fare da agitatrice.
Si accarezza il seno, il ventre. Apre le gambe, sfiora l’elastico delle mutandine. È una perfetta provocatrice. Io continuo a scattare, in fondo sono un voyeur quanto i fortunati ragazzi del tetto, solo che loro non hanno dovuto muovere un dito per tanto ben di dio.
Lei è completamente assorta in se stessa, si accarezza con una sensualità incredibile. Apre le gambe completamente, si accarezza in mezzo a loro. Si sta inequivocabilmente eccitando. Le voci degli operai arrivano fin dentro casa, Lei sembra non voler smettere. Anzi, decide di mostrarsi completamente afferrandosi l’intimo e sollevando le gambe, sfilandoselo lentamente guardando verso di me e verso la Velux. Piega le ginocchia portandoselo verso le caviglie, poi solleva completamente le gambe e infine le apre nuovamente, mostrandoci la sua fica perfettamente depilata e accarezzandosela con le dita. Io non so più come comportarmi, se non continuare a scattare a raffica per non perdermi nulla del suo esibizionismo sfrontato. Ed eccola di nuovo con le gambe aperte che si mostra che più completamente non si può al suo pubblico altamente selezionato. Si porta una mano sul seno e con l’altra continua ad accarezzarsi tra le gambe. Poi si inumidisce le dita e ricomincia. Non sono mai stato più in difficoltà con una donna. Ma adesso sono solo un reporter e continuo a fare il mio sporco lavoro.
Lei decide quindi di girarsi e mostrare il suo culo che finora avevo solo immaginato. E prima inginocchiata e poi a quattro zampe continua ad accarezzarsi. Ora con due mani, una impegnata da sotto e l’altra con cui si sfiora le natiche per poi sfiorare la pelle intorno al buchetto.
Non so se provare invidia o pena per la frustrazione che sta investendo me e i malcapitati sul tetto. Un rumore sordo e un grido lontano fanno partire dei passi veloci sul tetto, gli operai devono abbandonare il loro spettacolo preferito probabilmente richiamati qualche capo prepotente.
Il tempo di voltarmi verso di Lei e la vedo in piedi abbottonarsi la camicia. “Allora? Sono stata brava?”. Ammutolisco.
“Passiamo a scattare con l’intimo?” Le dico, solo per prendere tempo e interiorizzare tutto quello che ho appena visto.
E sì, non vedo l’ora di trovarmi da solo per rivedere quel film. Ai nostri portoghesi invece non rimarrà che quanto rimasto impresso nelle loro pupille.

tg @chivolavalechinonvolaeunvile
scritto il
2023-10-26
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