Borgorosso
di
Biblioteca di Macondo
genere
etero
I
L’odore del grano. Sembra una frase fatta ma è quella la sensazione, la fragranza che permea dal suo corpo giovane. Lei, così giovane, così fresca, così disinibita. Io, un po’ più vecchio, rinato, grato.
La vidi per la prima volta seduta sotto la mia veranda. Indossava un abito di un azzurro slavato, stretto in vita da una cinta di stoffa, sobrio, che le copriva spalle e petto, con le maniche che arrivavano fino al gomito e la gonna fino alle ginocchia.
Aveva in testa un cappello a larghe tese con una rosa fermata da un nastro rosso. Se ne stava in bilico su una sedia, dondolandosi appena sulle gambe di legno, i piedi nudi poggiati sulla traversa della balaustra. Diciotto anni, ipotizzai, i capelli ricci e neri, un viso tondo ma non grosso, spruzzato di efelidi e un nasino piccolo. Mi ricordava, nel complesso, alla giovane attrice di Happy Days, l’interprete della sorella di Ricky Cunningham, quella che Fonzie chiamava Sottiletta.
Mi stupii a trovarmela lì, seduta come se fosse casa sua, intenta a bersi una granita alla fragola. “Ciao” disse lei
“Ciao” risposi io “Cerchi qualcuno?”
“Nessuno in particolare. O forse cerco te” aveva sorriso “Ero un po’ curiosa”
“Curiosa?”
“Sì, beh, una volta vivevo qui. Ero curiosa di sapere chi fosse il nuovo inquilino”
“Oh, va bene. Mi chiamo Andrea”
“Io sono Sabella” rimise a posto la sedia e scattò su come una molla, facendo svolazzare la gonna, non di tanto. Corse verso di me, tutta sorrisi, tendendomi la mano “Piacere di conoscerti”
“Piacere mio” ricambiai
“Come ti trovi a vivere qui?”
“Tranquillo”
“Sì, fa questo effetto”
“Hai detto che vivevi qui?”
“Sì, un po’ di tempo fa”
“Ti sei trasferita in paese?”
“Sì, mia madre abita in quella casa con le tegole rosse e il melograno in giardino, non so se hai presente. Dopo la piazza sulla sinistra”
“Sì, l’ho vista durante il primo giro che ho fatto in paese”
“Ti si vede poco in giro”
“Sono un tipo solitario, non mi piace la folla. Per questo mi sono trasferito qui, a Borgo Rosso. E tu, ti trovi bene nella nuova casa?”
“Sì e no. Mamma è sempre triste. Lavora tutto il giorno, sai”
“E tuo padre?”
“Ah, papà non c’è più da molto”
“Oh, mi spiace”
“Ah, no no.. Non è morto. Se n’è andato, via”
“Beh, mi spiace lo stesso” dissi un po’ imbarazzato
“Beh.. E’ meglio che vada. Ma ci rivedremo” si allontana saltellando. Poi si ferma e si gira verso di me “Ti chiederei di non dire a mia madre che sono venuta qui. Sai, a lei non piace che mi allontano troppo da casa, dopo quello che è successo”
“Cosa è successo?” ma lei era già corsa via, scomparendo verso il sentiero che scendeva verso il Paese. Ragazza strana
II
Borgo Rosso è un piccolo paese, poco più di un villaggio, disperso ai piedi di una piccola zona collinare. La caratteristica è che ha tutte delle casette alte due piani con tetti in tegole rosse. E’ un posto carino, rilassante, il luogo giusto per uno come me in cerca di tranquillità.
Divorzio alle spalle. Due figli in giro per il Mondo che sento solo in occasione delle feste comandate.
Dopo quindici anni di matrimonio, la rovina, il divorzio, la voglia di isolarmi. Non potevo rimanere in città: troppo traffico, troppo smog, troppa claustrofobia, troppi ricordi. Avevo bisogno di evadere, di andarmene da qualche parte e cercare di disintossicarmi. Ho scelto Borgo Rosso dopo aver visto un annuncio su Internet: Casa di campagna in legno, ad un piano, quattro stanze, un box, un seminterrato, un garage e un appezzamento di terreno di quasi un ettaro. 150 mila euro. Un affare.
Il borgo ha all’incirca 350 abitanti. Casette bianche e tetti rossi, sembrava una ricostruzione Lego. Un bar in centro paese, con i tavolini fuori, i soliti vecchietti che giocano a briscola e che calano i carichi insieme alle bestemmie. Poi l’odore del pane appena sfornato, i frutteti, i campi di grano. Poche auto. Per lo più si gira a piedi o in bicicletta
“Si trova bene nella nuova casa?” mi chiede Ernestina, la fruttivendola del paese passandomi una borsa di mele cotogne.
“Benissimo”
“Lei è il primo inquilino dopo.. dopo la tragedia”
“Che tragedia?”
“Non gliel’hanno detto?”
“Mm, credo che una ragazza mi abbia accennato qualcosa l’altro giorno ma, non mi ha dato risposta su cosa fosse successo”
“Beh, non è facile da raccontare” la signora, un donnino curvo, con la pelle che sembra cartapesta, si va a sedere su una sedia sgangherata e sospira “Un uomo s’impiccò al salice dietro la sua proprietà”
“Un uomo?”
“Sì, era l’amante della signora Valeria” evidentemente avevo beccato la pettegola del paese “Il marito via tutto il giorno, la signora apriva la gonna a chi ne aveva bisogno”
“E il motivo per cui s’impicco’?”
“La signora Valeria non era l’unica a cui cedeva attenzioni” scuote la testa “LA figlia si gettò nello stagno dei Gigli, l’avrà visto, vero? Il laghetto, intendo. Lui rimase lì a fissare l’acqua ma lei non riemerse. Allora, preso dal panico, credette di avere spinto la povera ragazza verso la morte e, per la vergogna si uccise. Ma la ragazza si era nascosta tra le canne della palude e” si stringe nelle spalle “La storia non ebbe conseguenze. Finì così”
III
Finì così.
Trovo Sabella seduta nella stessa identica posizione. Sta mangiando una mela questa volta. Il cappello è appeso ad un chiodo vicino alla finestra “Ciao”
“Ciao”
“Grandi spese” indica le mie borse
“Ho l’abitudine di mangiare tanto” salgo i gradini, apro la porta. Lei mi segue, un refolo di vento che non fa rumore “Mi hai preso di mira?”
“E anche se fosse?” sorride lei sedendosi su una sedia “Mi incuriosisci. Gente nuova”
“Non ci sono coetanei qui in paese?”
“Miei coetanei? Pochi, stanno per la loro”
Mi viene in mente il racconto della vecchia “Cosa ne sai di quel fatto tragico che mi hai accennato ieri?”
“Brutta storia” fa evasiva
“La signora Ernestina mi ha raccontato tutto”
“Vecchia pettegola” fa la linguetta come una bambina capricciosa
“Eri tu, la ragazza dello stagno?”
Sabella rimane in silenzio. Io, voltato di spalle, per un attimo, credo che se ne sia andata. Mi volto ma è ancora lì, con lo sguardo pensieroso “ero io” e non aggiunge altro. Io non insisto. Metto la roba nel frigo poi dico “Mi faccio una passeggiata”
Mi rilasso, non penso a niente. Sabella mi segue saltellando di qua e di là, come un ape di fiore in fiore. Passo vicino al salice. Non posso fare a meno di guardarlo timoroso, storcendo il naso, passando oltre. Mani in tasca, la testa libera da ogni pensiero. “E’ finita” la voce di mia moglie che mi sbatte la porta in faccia. Bella roba. Guido nel traffico, cerco di evadere da quella situazione opprimente. Lascio tutto alle mie spalle, imbocco una strada che sembra portare al nulla. Un daino mi sbuca fuori da una riva e momenti lo investo. Sterzo bruscamente, auto dentro un fosso. “Echecazzo!” esclamo sconsolato. Bambi mi osserva a dieci metri di distanza, muovendo le orecchie e poi, via, come se nulla fosse. “Fanculo Bambi” grido “Ti immagino con la polenta” poi guardo l’auto nel fosso e penso “Cazzo, mi tocca farmela a piedi”
Sono in piedi su un pontile. L’acqua dello stagno dove Sabella si era tuffata per sfuggire all’orco. Una coppia di anatre sta nuotando placidamente prima di spiccare il volo e sparire nel sole “Ti fai un bagno?” Sabella mi passa acanto correndo. Incredibile di quanta energia abbia quella ragazza. Spicca un salto, si tuffa nelle acque dello stagno. E’ nuda. Una piccola sirena che si mette a nuotare, sparire sotto la superficie e riemergere ridendo e spandendo acqua. I suoi seni sono piccoli frutti appena abbozzati, due piccole pesche, con capezzoli grossi come nocciole. Un brivido mi percuote nel basso ventre, un sogno che scivola sulla superficie di quel laghetto. Un formicolio ai miei testicoli, la voglia repressa che ho da.. Boh, da un bel po’. “Perché non vieni anche tu? L’acqua è tiepida”
“Non è una buona idea” potrebbe essere mia figlia
“Ti vergogni?” sorride maliziosa
“Non è una buona cosa” ripeto “Tu sei una ragazzina”
“Maggiorenne”
“Hai 22 anni meno di me”
“Quindi siamo due maggiorenni, soli che..”ondeggia, mostrandomi spudoratamente il suo petto
Resisto “Visto quello che hai vissuto..”
“Oh, ma era un’altra stria” fa lei con aria improvvisamente triste “Lui voleva violentarmi” si lascia andare indietro, galleggiando a pancia all’aria. Ora riesco a vedere anche il taglio tra le sue gambe e il formicolio aumenta a dismisura. Sono combattuto tra l’uomo integerrimo che sono e tra l’astinente al sesso che nascondo. Una ragazzina. Pensieri lascivi. Io e lei uniti in maniera selvaggia. Cosa mi differenzia dall’uomo che le ha dato la caccia fino a questo stagno per poi impiccarsi?
Chiudo gli occhi e lascio che la mente si sgombri. Basta un attimo, il movimento impercettibile dell’aria, la fragranza di grano, fiori e acqua salmastra. Si appoggia a me abbracciandomi “Non avere timore”
Non so come, mi ritrovo nudo su di lei, lo sguardo che si perde in quei giovani occhi che sembrano frammenti di un cielo d’Estate. Entro deciso in lei, lascio che lei mi graffi la schiena. Pompo di brutto, lei che mi artiglia la schiena con le gambe. Io che non le do’ tregua e ci fondiamo in un amplesso quasi bestiale. Mi beatifico della sua fragranza, del suo giovane corpo, delle sue labbra che strusciano sul mio sesso. Poi esplodiamo all’unisono e io crollo appagato sulle assi di legno, con il nostro seme sparso sulla nostra pelle, sul pontile e gocciolante nell’acqua “Hai visto? Non era così difficile” ansima lei
“No” stiamo un po’ così, uno accanto all’altra a rimirare il sole. Chiudo gli occhi, scivolo in uno stato di dormiveglia “E’ sveglio?” una voce di donna lontana “Sta morendo?”
Apro gli occhi. Sabella fluttua via, sempre a piedi scalzi “Devo andare” mi saluta con un bacio e poi corre via, piantandomi lì, nudo, con ancora l’odore di lei appiccicato addosso.
IV
Il sole è scivolato dietro l’orizzonte. Il canto dei grilli riempie la notte tranquilla di Borgo Rosso. Ho ancora in mente la passione sfrenata consumata sul pontile. Il suo corpo fresco, la leggerezza, la passione. Pensavo di non farcela, pensavo che il mio sesso non fosse all’altezza di quella giovane ventata di aria fresca che mi era capitata così
Cammino nell’aria notturna e assaporo quello che mi circonda. Arrivo al paese. Tutto tace, tutto è immobile. La vita della giornata sembra congelata. Nessun suono, nessuna voce, nessuna luce. L’osteria ha le imposte chiuse. Una porta non chiusa cigola nel buio. Seguo il rumore di quel cigolio, arrivo fino ad una porta, cento metri più avanti. Non so come mi viene, invece di chiuderla, la apro. Dentro, un ambiente sterile, vuoto, pieno di polvere. Sembra disabitato da molto. Strano ma non inusuale.
Esco, cammino per le strade vuote. Mi fermo. Una figura in nero è seduta su una panchina. E’ avvolta da un lungo mantello nero e ha un cappello con veletta che le copre il velo. Volta la testa verso di me e sorride “Buona sera a te, Andrea”
“Ci conosciamo?” chiedo perplesso
“Sì, anche se tu non mi hai mai incontrato di persona”
“Questo paese è ben diverso di notte. Sembra..”
“Morto?” scoppia a ridere. Una risata cristallina e frizzante “Sì, in effetti è così. Allora, Andrea, come ti trovi qui a Borgo Rosso?”
“Bene. E’ il luogo ideale per me. Tranquillo, lontano da ogni preoccupazione”
“Non dovresti stare qui”
“Perché no?”
“Perché questo luogo non ti appartiene, Andrea”
“Beh, ora sì”
“Come sei arrivato qui, Andrea?”
“In che senso?”
Mi ritrovo in casa mia, nella mia camera da letto. La donna in nero si è tolta le vesti ed è rimasta completamente nuda davanti a me. Bellissima, piena, tutto un’altra cosa alla fresca giovinezza di Sabella ma, ugualmente stimolante “Come abbiamo fatto a..” lei getta le sue braccia attorno al mio collo.
Mi percuote, mi possiede. Il suo sesso sembra divorare il mio. Impalata, si dimena in una grottesca danza e si lascia andare ad urli di fuore e piacere. Per un attimo di secondo, vedo una figura scura, dalla pelle nera e il volto esangue, con lunghi artigli nelle mani e grandi ali di pipistrello. Un incubo. Da un idilliaco sogno sono piombato in un incubo da cui non riesco a svegliarmi.
Ora, in piedi, accanto al mio letto, mi osserva e sorride “Ora devi andartene, Andrea”
V
Andarmene.
Apro gli occhi e noto un soffitto bianco. Subito mi assale un forte odore di disinfettanti “Ouch”
“E’ sveglio” dice una voce “E’ sveglio”
Seduto su una sedia a rotelle, guardo la statua di una ninfa coperta di muschio. Mia moglie mi osserva, seduta sul bordo di una panchina “Ci hai fatto preoccupare”
“Sono confuso” dico “Non mi ricordo nulla dell’incidente”
“Il dottore dice che è normale. Amnesia temporanea”
“Un daino” dico “Un daino mi ha tagliato la strada e io… Sono finito fuori strada”
“Dentro un laghetto da pesca”
“No, un fosso”
“Laghetto da pesca. A circa dieci chilometri da qui”
Scuoto la testa confuso “Diavolo. Ho fatto un sogno incredibile”
“Immagino” arrossisce un po’ “Abbiamo notato una.. Insomma, hai avuto un’erezione..”
“Auch” faccio “Immagino che con abbiamo..”
“Io, il dottore, un paio di infermiere”
“Auch di nuovo”
“Chi stavi sognando?”
“Ehm, va a sapere..” faccio evasivo
Una settimana dopo. L’immagine di quel vivido sogno non mi ha abbandonato. Sono tornato sul luogo dell’incidente, ho trovato il laghetto. Nulla di particolare. Ho girovagato per un po’ lì nei dintorni ma, non ho visto nulla che mi interessasse.
Fu quasi per caso che m’imbattei in un cartello nascosto dalla vegetazione. Indicava Borgo Rosso, 15 KM. Una sterrata che si insinuava in una fitta foresta di conifere. D’istinto, ho seguito la strada fino ad arrivare, e stento a crederci, al paese del mio sogno. Le casette quasi tutte uguali, i tetti rossi, persino la panchina dove ho visto quella strana donna. In giro nessuno. Un paese deserto, come lo avevo sognato nella versione notturna.
Lascio l’auto nella piazza di quel paese fantasma e mi inoltro a piedi verso quella che, nel sogno, era casa mia. La trovo quasi subito ed è come me la ricordo, Una sedia di legno sgangherata è appoggiata contro il muro sotto la veranda e, appesa ad un chiodo vicino alla finestra, un cappello dall’aria famigliare.
Un tuffo al cuore. Mi dirigo verso lo stagno, passando vicino al salice. Ci arrivo ed è tutto come lo avevo sognato. Una figura è chinata a terra e sta osservando quella che sembra una lapide. Si gira di scatto quando avverte la mia presenza. Una bella donna, mora, inguainata in un lungo abito nero. Nei tratti, assomiglia a Sabella invecchiata di vent’anni “Oh, non volevo spaventarla, mi scusi” alzo le mani
“Lei chi è?”
“Mi chiamo Andrea. Ho.. beh, ho visto il cartello che indicava questo posto e..Sono stato spinto dalla curiosità”
“Angela” china il capo “Lei è il primo visitatore a Borgo Rosso da dieci anni a questa parte”
“Cosa è successo a questo posto?”
“Quello che succede a tutti i luoghi piccoli, immagino. Nessuno voleva più rimanere qui e se n’è andato”
“Lei no, però”
“Anche io. Torno qui ogni tanto per pulire la lapide” indica la pietra davanti a cui era chinata “Rimanere qui era diventata una sofferenza per me, dopo quello che era successo”
Comincio a sospettare di che tragedia si trattasse “Sua figlia?”
“Un uomo che io chiamavo marito, abusava di lei. Un giorno di troppo, lei scappò fino a qui, inseguito da lui e qui si tuffò, senza mai emergere. Il mostro si spaventò a tal punto che, per la vergogna, andò a quel salice laggiù e si suicidò” chinò il capo
Io non dico niente. Che dirle? Sì, lo so. Mentre ero in coma ho sognato di fare sesso con la sua figlia defunta e con una donna che sembrava un demone. Da farmi rinchiudere in manicomio subito senza il foglio di via “Mi spiace” mi avvicino alla lapide e guardo la foto su di esse. La testa ricciuta alla Happy Days che sembrava ammiccare nella mia direzione “Una bella ragazza” dico
“Lo era davvero”
“Mi permette di riaccompagnarla alla sua auto?”
“Oh, sono venuta a piedi” dice lei “Non si disturbi”
“Beh, allora mi scusi. La lascio sola”
“Potrei accompagnarla io alla sua auto” si offre lei affiancandomi
“Con molto piacere” prima di procedere, mi volto verso il laghetto da pesca. Quasi come un miraggio, nel baluginio del sole che rimbalza sull’acqua, il corpo nudo di una giovane fanciulla, scompare sotto i flutti, inghiottita nella nebbia dei sogni.
=Fine=
Vandal
L’odore del grano. Sembra una frase fatta ma è quella la sensazione, la fragranza che permea dal suo corpo giovane. Lei, così giovane, così fresca, così disinibita. Io, un po’ più vecchio, rinato, grato.
La vidi per la prima volta seduta sotto la mia veranda. Indossava un abito di un azzurro slavato, stretto in vita da una cinta di stoffa, sobrio, che le copriva spalle e petto, con le maniche che arrivavano fino al gomito e la gonna fino alle ginocchia.
Aveva in testa un cappello a larghe tese con una rosa fermata da un nastro rosso. Se ne stava in bilico su una sedia, dondolandosi appena sulle gambe di legno, i piedi nudi poggiati sulla traversa della balaustra. Diciotto anni, ipotizzai, i capelli ricci e neri, un viso tondo ma non grosso, spruzzato di efelidi e un nasino piccolo. Mi ricordava, nel complesso, alla giovane attrice di Happy Days, l’interprete della sorella di Ricky Cunningham, quella che Fonzie chiamava Sottiletta.
Mi stupii a trovarmela lì, seduta come se fosse casa sua, intenta a bersi una granita alla fragola. “Ciao” disse lei
“Ciao” risposi io “Cerchi qualcuno?”
“Nessuno in particolare. O forse cerco te” aveva sorriso “Ero un po’ curiosa”
“Curiosa?”
“Sì, beh, una volta vivevo qui. Ero curiosa di sapere chi fosse il nuovo inquilino”
“Oh, va bene. Mi chiamo Andrea”
“Io sono Sabella” rimise a posto la sedia e scattò su come una molla, facendo svolazzare la gonna, non di tanto. Corse verso di me, tutta sorrisi, tendendomi la mano “Piacere di conoscerti”
“Piacere mio” ricambiai
“Come ti trovi a vivere qui?”
“Tranquillo”
“Sì, fa questo effetto”
“Hai detto che vivevi qui?”
“Sì, un po’ di tempo fa”
“Ti sei trasferita in paese?”
“Sì, mia madre abita in quella casa con le tegole rosse e il melograno in giardino, non so se hai presente. Dopo la piazza sulla sinistra”
“Sì, l’ho vista durante il primo giro che ho fatto in paese”
“Ti si vede poco in giro”
“Sono un tipo solitario, non mi piace la folla. Per questo mi sono trasferito qui, a Borgo Rosso. E tu, ti trovi bene nella nuova casa?”
“Sì e no. Mamma è sempre triste. Lavora tutto il giorno, sai”
“E tuo padre?”
“Ah, papà non c’è più da molto”
“Oh, mi spiace”
“Ah, no no.. Non è morto. Se n’è andato, via”
“Beh, mi spiace lo stesso” dissi un po’ imbarazzato
“Beh.. E’ meglio che vada. Ma ci rivedremo” si allontana saltellando. Poi si ferma e si gira verso di me “Ti chiederei di non dire a mia madre che sono venuta qui. Sai, a lei non piace che mi allontano troppo da casa, dopo quello che è successo”
“Cosa è successo?” ma lei era già corsa via, scomparendo verso il sentiero che scendeva verso il Paese. Ragazza strana
II
Borgo Rosso è un piccolo paese, poco più di un villaggio, disperso ai piedi di una piccola zona collinare. La caratteristica è che ha tutte delle casette alte due piani con tetti in tegole rosse. E’ un posto carino, rilassante, il luogo giusto per uno come me in cerca di tranquillità.
Divorzio alle spalle. Due figli in giro per il Mondo che sento solo in occasione delle feste comandate.
Dopo quindici anni di matrimonio, la rovina, il divorzio, la voglia di isolarmi. Non potevo rimanere in città: troppo traffico, troppo smog, troppa claustrofobia, troppi ricordi. Avevo bisogno di evadere, di andarmene da qualche parte e cercare di disintossicarmi. Ho scelto Borgo Rosso dopo aver visto un annuncio su Internet: Casa di campagna in legno, ad un piano, quattro stanze, un box, un seminterrato, un garage e un appezzamento di terreno di quasi un ettaro. 150 mila euro. Un affare.
Il borgo ha all’incirca 350 abitanti. Casette bianche e tetti rossi, sembrava una ricostruzione Lego. Un bar in centro paese, con i tavolini fuori, i soliti vecchietti che giocano a briscola e che calano i carichi insieme alle bestemmie. Poi l’odore del pane appena sfornato, i frutteti, i campi di grano. Poche auto. Per lo più si gira a piedi o in bicicletta
“Si trova bene nella nuova casa?” mi chiede Ernestina, la fruttivendola del paese passandomi una borsa di mele cotogne.
“Benissimo”
“Lei è il primo inquilino dopo.. dopo la tragedia”
“Che tragedia?”
“Non gliel’hanno detto?”
“Mm, credo che una ragazza mi abbia accennato qualcosa l’altro giorno ma, non mi ha dato risposta su cosa fosse successo”
“Beh, non è facile da raccontare” la signora, un donnino curvo, con la pelle che sembra cartapesta, si va a sedere su una sedia sgangherata e sospira “Un uomo s’impiccò al salice dietro la sua proprietà”
“Un uomo?”
“Sì, era l’amante della signora Valeria” evidentemente avevo beccato la pettegola del paese “Il marito via tutto il giorno, la signora apriva la gonna a chi ne aveva bisogno”
“E il motivo per cui s’impicco’?”
“La signora Valeria non era l’unica a cui cedeva attenzioni” scuote la testa “LA figlia si gettò nello stagno dei Gigli, l’avrà visto, vero? Il laghetto, intendo. Lui rimase lì a fissare l’acqua ma lei non riemerse. Allora, preso dal panico, credette di avere spinto la povera ragazza verso la morte e, per la vergogna si uccise. Ma la ragazza si era nascosta tra le canne della palude e” si stringe nelle spalle “La storia non ebbe conseguenze. Finì così”
III
Finì così.
Trovo Sabella seduta nella stessa identica posizione. Sta mangiando una mela questa volta. Il cappello è appeso ad un chiodo vicino alla finestra “Ciao”
“Ciao”
“Grandi spese” indica le mie borse
“Ho l’abitudine di mangiare tanto” salgo i gradini, apro la porta. Lei mi segue, un refolo di vento che non fa rumore “Mi hai preso di mira?”
“E anche se fosse?” sorride lei sedendosi su una sedia “Mi incuriosisci. Gente nuova”
“Non ci sono coetanei qui in paese?”
“Miei coetanei? Pochi, stanno per la loro”
Mi viene in mente il racconto della vecchia “Cosa ne sai di quel fatto tragico che mi hai accennato ieri?”
“Brutta storia” fa evasiva
“La signora Ernestina mi ha raccontato tutto”
“Vecchia pettegola” fa la linguetta come una bambina capricciosa
“Eri tu, la ragazza dello stagno?”
Sabella rimane in silenzio. Io, voltato di spalle, per un attimo, credo che se ne sia andata. Mi volto ma è ancora lì, con lo sguardo pensieroso “ero io” e non aggiunge altro. Io non insisto. Metto la roba nel frigo poi dico “Mi faccio una passeggiata”
Mi rilasso, non penso a niente. Sabella mi segue saltellando di qua e di là, come un ape di fiore in fiore. Passo vicino al salice. Non posso fare a meno di guardarlo timoroso, storcendo il naso, passando oltre. Mani in tasca, la testa libera da ogni pensiero. “E’ finita” la voce di mia moglie che mi sbatte la porta in faccia. Bella roba. Guido nel traffico, cerco di evadere da quella situazione opprimente. Lascio tutto alle mie spalle, imbocco una strada che sembra portare al nulla. Un daino mi sbuca fuori da una riva e momenti lo investo. Sterzo bruscamente, auto dentro un fosso. “Echecazzo!” esclamo sconsolato. Bambi mi osserva a dieci metri di distanza, muovendo le orecchie e poi, via, come se nulla fosse. “Fanculo Bambi” grido “Ti immagino con la polenta” poi guardo l’auto nel fosso e penso “Cazzo, mi tocca farmela a piedi”
Sono in piedi su un pontile. L’acqua dello stagno dove Sabella si era tuffata per sfuggire all’orco. Una coppia di anatre sta nuotando placidamente prima di spiccare il volo e sparire nel sole “Ti fai un bagno?” Sabella mi passa acanto correndo. Incredibile di quanta energia abbia quella ragazza. Spicca un salto, si tuffa nelle acque dello stagno. E’ nuda. Una piccola sirena che si mette a nuotare, sparire sotto la superficie e riemergere ridendo e spandendo acqua. I suoi seni sono piccoli frutti appena abbozzati, due piccole pesche, con capezzoli grossi come nocciole. Un brivido mi percuote nel basso ventre, un sogno che scivola sulla superficie di quel laghetto. Un formicolio ai miei testicoli, la voglia repressa che ho da.. Boh, da un bel po’. “Perché non vieni anche tu? L’acqua è tiepida”
“Non è una buona idea” potrebbe essere mia figlia
“Ti vergogni?” sorride maliziosa
“Non è una buona cosa” ripeto “Tu sei una ragazzina”
“Maggiorenne”
“Hai 22 anni meno di me”
“Quindi siamo due maggiorenni, soli che..”ondeggia, mostrandomi spudoratamente il suo petto
Resisto “Visto quello che hai vissuto..”
“Oh, ma era un’altra stria” fa lei con aria improvvisamente triste “Lui voleva violentarmi” si lascia andare indietro, galleggiando a pancia all’aria. Ora riesco a vedere anche il taglio tra le sue gambe e il formicolio aumenta a dismisura. Sono combattuto tra l’uomo integerrimo che sono e tra l’astinente al sesso che nascondo. Una ragazzina. Pensieri lascivi. Io e lei uniti in maniera selvaggia. Cosa mi differenzia dall’uomo che le ha dato la caccia fino a questo stagno per poi impiccarsi?
Chiudo gli occhi e lascio che la mente si sgombri. Basta un attimo, il movimento impercettibile dell’aria, la fragranza di grano, fiori e acqua salmastra. Si appoggia a me abbracciandomi “Non avere timore”
Non so come, mi ritrovo nudo su di lei, lo sguardo che si perde in quei giovani occhi che sembrano frammenti di un cielo d’Estate. Entro deciso in lei, lascio che lei mi graffi la schiena. Pompo di brutto, lei che mi artiglia la schiena con le gambe. Io che non le do’ tregua e ci fondiamo in un amplesso quasi bestiale. Mi beatifico della sua fragranza, del suo giovane corpo, delle sue labbra che strusciano sul mio sesso. Poi esplodiamo all’unisono e io crollo appagato sulle assi di legno, con il nostro seme sparso sulla nostra pelle, sul pontile e gocciolante nell’acqua “Hai visto? Non era così difficile” ansima lei
“No” stiamo un po’ così, uno accanto all’altra a rimirare il sole. Chiudo gli occhi, scivolo in uno stato di dormiveglia “E’ sveglio?” una voce di donna lontana “Sta morendo?”
Apro gli occhi. Sabella fluttua via, sempre a piedi scalzi “Devo andare” mi saluta con un bacio e poi corre via, piantandomi lì, nudo, con ancora l’odore di lei appiccicato addosso.
IV
Il sole è scivolato dietro l’orizzonte. Il canto dei grilli riempie la notte tranquilla di Borgo Rosso. Ho ancora in mente la passione sfrenata consumata sul pontile. Il suo corpo fresco, la leggerezza, la passione. Pensavo di non farcela, pensavo che il mio sesso non fosse all’altezza di quella giovane ventata di aria fresca che mi era capitata così
Cammino nell’aria notturna e assaporo quello che mi circonda. Arrivo al paese. Tutto tace, tutto è immobile. La vita della giornata sembra congelata. Nessun suono, nessuna voce, nessuna luce. L’osteria ha le imposte chiuse. Una porta non chiusa cigola nel buio. Seguo il rumore di quel cigolio, arrivo fino ad una porta, cento metri più avanti. Non so come mi viene, invece di chiuderla, la apro. Dentro, un ambiente sterile, vuoto, pieno di polvere. Sembra disabitato da molto. Strano ma non inusuale.
Esco, cammino per le strade vuote. Mi fermo. Una figura in nero è seduta su una panchina. E’ avvolta da un lungo mantello nero e ha un cappello con veletta che le copre il velo. Volta la testa verso di me e sorride “Buona sera a te, Andrea”
“Ci conosciamo?” chiedo perplesso
“Sì, anche se tu non mi hai mai incontrato di persona”
“Questo paese è ben diverso di notte. Sembra..”
“Morto?” scoppia a ridere. Una risata cristallina e frizzante “Sì, in effetti è così. Allora, Andrea, come ti trovi qui a Borgo Rosso?”
“Bene. E’ il luogo ideale per me. Tranquillo, lontano da ogni preoccupazione”
“Non dovresti stare qui”
“Perché no?”
“Perché questo luogo non ti appartiene, Andrea”
“Beh, ora sì”
“Come sei arrivato qui, Andrea?”
“In che senso?”
Mi ritrovo in casa mia, nella mia camera da letto. La donna in nero si è tolta le vesti ed è rimasta completamente nuda davanti a me. Bellissima, piena, tutto un’altra cosa alla fresca giovinezza di Sabella ma, ugualmente stimolante “Come abbiamo fatto a..” lei getta le sue braccia attorno al mio collo.
Mi percuote, mi possiede. Il suo sesso sembra divorare il mio. Impalata, si dimena in una grottesca danza e si lascia andare ad urli di fuore e piacere. Per un attimo di secondo, vedo una figura scura, dalla pelle nera e il volto esangue, con lunghi artigli nelle mani e grandi ali di pipistrello. Un incubo. Da un idilliaco sogno sono piombato in un incubo da cui non riesco a svegliarmi.
Ora, in piedi, accanto al mio letto, mi osserva e sorride “Ora devi andartene, Andrea”
V
Andarmene.
Apro gli occhi e noto un soffitto bianco. Subito mi assale un forte odore di disinfettanti “Ouch”
“E’ sveglio” dice una voce “E’ sveglio”
Seduto su una sedia a rotelle, guardo la statua di una ninfa coperta di muschio. Mia moglie mi osserva, seduta sul bordo di una panchina “Ci hai fatto preoccupare”
“Sono confuso” dico “Non mi ricordo nulla dell’incidente”
“Il dottore dice che è normale. Amnesia temporanea”
“Un daino” dico “Un daino mi ha tagliato la strada e io… Sono finito fuori strada”
“Dentro un laghetto da pesca”
“No, un fosso”
“Laghetto da pesca. A circa dieci chilometri da qui”
Scuoto la testa confuso “Diavolo. Ho fatto un sogno incredibile”
“Immagino” arrossisce un po’ “Abbiamo notato una.. Insomma, hai avuto un’erezione..”
“Auch” faccio “Immagino che con abbiamo..”
“Io, il dottore, un paio di infermiere”
“Auch di nuovo”
“Chi stavi sognando?”
“Ehm, va a sapere..” faccio evasivo
Una settimana dopo. L’immagine di quel vivido sogno non mi ha abbandonato. Sono tornato sul luogo dell’incidente, ho trovato il laghetto. Nulla di particolare. Ho girovagato per un po’ lì nei dintorni ma, non ho visto nulla che mi interessasse.
Fu quasi per caso che m’imbattei in un cartello nascosto dalla vegetazione. Indicava Borgo Rosso, 15 KM. Una sterrata che si insinuava in una fitta foresta di conifere. D’istinto, ho seguito la strada fino ad arrivare, e stento a crederci, al paese del mio sogno. Le casette quasi tutte uguali, i tetti rossi, persino la panchina dove ho visto quella strana donna. In giro nessuno. Un paese deserto, come lo avevo sognato nella versione notturna.
Lascio l’auto nella piazza di quel paese fantasma e mi inoltro a piedi verso quella che, nel sogno, era casa mia. La trovo quasi subito ed è come me la ricordo, Una sedia di legno sgangherata è appoggiata contro il muro sotto la veranda e, appesa ad un chiodo vicino alla finestra, un cappello dall’aria famigliare.
Un tuffo al cuore. Mi dirigo verso lo stagno, passando vicino al salice. Ci arrivo ed è tutto come lo avevo sognato. Una figura è chinata a terra e sta osservando quella che sembra una lapide. Si gira di scatto quando avverte la mia presenza. Una bella donna, mora, inguainata in un lungo abito nero. Nei tratti, assomiglia a Sabella invecchiata di vent’anni “Oh, non volevo spaventarla, mi scusi” alzo le mani
“Lei chi è?”
“Mi chiamo Andrea. Ho.. beh, ho visto il cartello che indicava questo posto e..Sono stato spinto dalla curiosità”
“Angela” china il capo “Lei è il primo visitatore a Borgo Rosso da dieci anni a questa parte”
“Cosa è successo a questo posto?”
“Quello che succede a tutti i luoghi piccoli, immagino. Nessuno voleva più rimanere qui e se n’è andato”
“Lei no, però”
“Anche io. Torno qui ogni tanto per pulire la lapide” indica la pietra davanti a cui era chinata “Rimanere qui era diventata una sofferenza per me, dopo quello che era successo”
Comincio a sospettare di che tragedia si trattasse “Sua figlia?”
“Un uomo che io chiamavo marito, abusava di lei. Un giorno di troppo, lei scappò fino a qui, inseguito da lui e qui si tuffò, senza mai emergere. Il mostro si spaventò a tal punto che, per la vergogna, andò a quel salice laggiù e si suicidò” chinò il capo
Io non dico niente. Che dirle? Sì, lo so. Mentre ero in coma ho sognato di fare sesso con la sua figlia defunta e con una donna che sembrava un demone. Da farmi rinchiudere in manicomio subito senza il foglio di via “Mi spiace” mi avvicino alla lapide e guardo la foto su di esse. La testa ricciuta alla Happy Days che sembrava ammiccare nella mia direzione “Una bella ragazza” dico
“Lo era davvero”
“Mi permette di riaccompagnarla alla sua auto?”
“Oh, sono venuta a piedi” dice lei “Non si disturbi”
“Beh, allora mi scusi. La lascio sola”
“Potrei accompagnarla io alla sua auto” si offre lei affiancandomi
“Con molto piacere” prima di procedere, mi volto verso il laghetto da pesca. Quasi come un miraggio, nel baluginio del sole che rimbalza sull’acqua, il corpo nudo di una giovane fanciulla, scompare sotto i flutti, inghiottita nella nebbia dei sogni.
=Fine=
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