Immacolata
di
Biblioteca di Macondo
genere
etero
Questo racconto non esisterebbe se non si fosse verificata una curiosa coincidenza. Se oltre ad essere curiosa la coincidenza sia anche felice, beh, non lo so. Forse sì. A rileggerlo (Cristo, rileggetele le cose prima di pubblicarle) mi stupisce che una storia tendenzialmente così lurida si sia trasformata quasi inconsapevolmente in una storia d’amore.
La coincidenza nasce da una cosa che non so spiegare bene perché capita, ma capita. Ed è capitata anche in passato. Diciamo che va e viene anche se fortunatamente sono più le volte che "va" che quelle che "viene". Ok, prima che mi prendiate per la solita matta sconclusionata vi dico subito di che si tratta: è un periodo che penso spesso al sesso anale.
L'altra cosa che vi dico subito è che "pensare" non significa necessariamente "fare". Sono proprio due cose sganciate l’una dall’altra.
Volevo anche scriverci un racconto. Cioè, non proprio un racconto. Diciamo delle riflessioni filosofiche su un aspetto del sesso che, allo stesso tempo, mi ha sempre respinta e mi ha sempre attratta. Ma prima che lo facessi è uscito questo.
Otto dicembre, festa dell’Immacolata. È un giorno cui sono stata sempre legata perché segna l’inizio del periodo di Natale e a casa mia si è sempre festeggiato, si fa l’albero, un pranzo festivo e tutte queste cose qui. Avendo una formazione religiosa, aggiungo che è un giorno che mi piace perché è il giorno della Madonna. E poiché è l’unico essere di sesso femminile in mezzo a tutto quel groviglio di padri, figli, spiriti santi, apostoli, mercanti nel tempio e così via, la Madonna mi è sempre stata simpatica. È vero, ci sarebbe anche Maria di Magdala, ma quando sei piccola non è che ti spieghino esattamente cosa facesse prima di incontrare Gesù. È logico che ti affezioni di più a una figura come quella della Vergine. Che poi – lo dico per sfoggiare le mie competenze teologiche – non è che il giorno della Immacolata concezione celebri che Maria ha concepito Gesù senza scopare. Celebra il fatto che è nata senza il peccato originale: ve lo immaginate il figlio di Dio che nasce da una che gli trasmette un peccato? E dai, siate boni…
Quindi, otto dicembre, festa dell’Immacolata. Non si lavora e nemmeno si fa sport, oggi. Si fanno altre cose. La prima cosa che si fa una volta svegli è poltrire ancora un po’, sissignore.
Come spesso accade, Luca è già sveglio accanto a me. Stamattina non ha pulsioni erotiche particolari, altrimenti mi ci avrebbe svegliata. E a dire la verità nemmeno io. Ieri sera abbiamo fatto tardi, siamo rientrati stanchi e anche un po’ brilli. Ci siamo messi a letto e ci siamo addormentati abbracciati.
Mi giro dalla sua parte per avere la mia razione di coccole come da accordi pregressi. Lui non si può rifiutare, gli tocca, è proprio un mio diritto inalienabile. Mi passa una mano sotto la testa e mi accuccio su di lui, contro il suo calore, il suo odore, la sua semplice eppure imprescindibile presenza.
Non siamo tipi da tante parole, in questi momenti. Ok, “buongiorno amore” ce lo diciamo, ma non è che aggiungiamo cose tipo “hai dormito bene?” "cosa hai sognato?" o altro.
Mi struscio un po'. Ve l’ho detto, non è che abbia voglie particolari, mi va di strusciarmi, tutto qui. Gli dico pure "adesso ti vado a fare il caffè e poi facciamo l'albero, ok?". C'è un motivo per cui mi offro di andare a fargli il caffè? No, non c'è, mi va di farglielo. C'è un motivo per cui gli infilo la mano nei pantaloni del pigiama? No, o forse sì: è che quando gli ho detto quella cosa del caffè il braccio che teneva attorno alle spalle mi ha stretta un po’ di più. Mi è piaciuto il gesto, l'affetto, la trasmissione di quel suo desiderio di sentire i nostri corpi più vicini, quasi compenetrati, desiderio che immediatamente è diventato anche il mio. "Me lo fai assaggiare un po'?", non attendo risposta. Ci manca solo che decida lui se e quando gli faccio un pompino, anche se si tratta di un pompino pigro come questo.
Quindi lo imbocco un po' mezzo mollo com'è, tanto lo so che non ci mette molto. E infatti... Dopo un po' ho qualche problema ad ospitare l'attrezzo perché lui, dall'iniziale indifferenza, si è di colpo trasformato in un satiro, un erotomane, un finalista dei porno award. E mi detta il ritmo, anche con una certa velocità. Diciamo 80-90 bpm. Alla faccia del pompino pigro.
Ma fin qui, a me andrebbe pure bene. Voglio dire, non è esattamente ciò che avevo in testa ma, al momento, è ciò che ho in bocca. Ho iniziato io, conclude lui. Perfetto così.
Perfetto così neanche per sogno. Anziché i soliti apprezzamenti arriva la rivelazione.
- Ho pensato una cosa quando sono tornato a casa ieri sera, t'ho vista e ho pensato: "domani andiamo a pranzo dai suoi e quando torniamo me la inculo".
Per la cronaca: quando lui è venuto a casa ieri sera io ero in cucina, in tuta, ascoltavo la prima del Macbeth e facevo il soffritto di cipolle. Very very sexy, ain't it? Se qualcuno è in grado di delineare un profilo psichiatrico del personaggio mi faccia il piacere di farmelo avere, perché comincio a dubitare di essere l'unica malata di mente in casa.
Comunque, torniamo a me che glielo sto succhiando e a lui che mi fa questa rivelazione.
- Porco (detto interrompendo un attimo, alzando gli occhi verso di lui, prendendo fiato per poi ricominciare).
- Disse lei ingoiandogli il cazzo... - mi fa con la sua ironia da stronzetto.
Bene, ok, facciamo gli spiritosi. Nessun problema, non abbiamo nessuna fretta. Io non ce l’avevo dall’inizio, pensa te...
- Ma guarda che io adesso (altra pausa per prendere fiato) ti spompo per bene così ti passano certe idee...
- Sì, certo... - risponde con sicumera.
Che poi mi sta sul cazzo quando fa così. Mica perché abbia torto, figuriamoci. Magari tra due minuti mi esplode in bocca e tra cinque è di nuovo lì a darmi una castigata che me la ricordo sinché campo. Il motivo per cui mi sta sul cazzo è che vuole avere sempre l'ultima parola ma senza argomentare. "Sì certo", che cazzo significa "sì certo"? È una affermazione apodittica, puoi discutere con una persona che fa affermazioni apodittiche? Ragion per cui, il pompino lo metto in pausa.
- Scusa ma perché non ieri sera o stanotte? - domando per riportarlo su un sentiero razionale.
- Perché oggi è festa.
Non colgo il nesso, la logica. Ho un attimo di sbandamento e, immediatamente dopo, riprenderei anche a succhiarglielo decidendo di lasciar perdere la logica e la razionalità. E invece no, perché mi tira su di peso e mi bacia. Mi dice "però mi sa che hai ragione" e mi mette le mani sotto la camicia da notte, nella guazza. A differenza di quello che fa di solito, non approfitta del lavandino che perde per penetrarmi, ma comincia a stuzzicarmi il grilletto con due dita e mi mordicchia i capezzoli che sporgono dal tessuto. Cosa mi prenda non lo so, ma si vede che è una mattinata un po' strana in tutto: faccio appena in tempo, io, a domandargli "mi dici che sono tua?" e lui a rispondermi "sei mia". Poi sdeng! vengo come un fulmine. Senza nemmeno fare tanto casino, niente strilli o movimenti scomposti che sarebbero la specialità della casa. No, un sospiro e uno di quei sobbalzi che ti scuotono quando ti assale un forte singhiozzo. Evidentemente c'è qualcosa di più perché Luca mi dice con dolcezza "che faccia che hai fatto" e poi mi stringe forte. Anzi no, prima di stringermi forte stavolta sì che mi penetra con due dita. Altro sobbalzo. Dopo un po', il tempo di riprendermi, mi tiro su su su la camicia e scopro le tette, gliene porgo una nel senso che metto proprio la mano sotto per pushapparla e gli chiedo "me le baci?". Chi lo sa perché. Non voglio che mi scopi o altro. Desidero semplicemente che me le baci, come se le dovesse consolare dei morsi che aveva dato prima. Lo fa e vi assicuro che nel rilassamento post-orgasmico è una vera e propria estasi. Tuttavia l'estasi ha vita breve, con uno scrollone mi rigira e mi mette distesa sulla pancia con le chiappe all'aria, uno di quei gesti che, più che pensare, ti fanno percepire che non puoi fare un cazzo e ai quali è talmente impossibile opporsi che da quel momento in poi divento inerte e capace di accettare di tutto. Invece stavolta penso "lo fa, cazzo, ha cambiato idea e gliel'ho pure suggerita io". Ma sapete che c'è? In un certo senso non me ne frega un cazzo. Sto lì che aspetto solo che lui mi monti sopra ma, al contrario, mi arriva una sculacciata così forte e a tradimento che mi tira fuori un urlo. Dolore, sorpresa.
- Ahia, cazzo! Ma sei scemo?
- Allora? Sto caffè?
- Subito...
Solo una volta scesa dal letto avverto il piacere che mi ha dato la sua sculacciata, ok sono lievemente inebetita. Tuttavia quando arrivo in cucina le rotelline cominciano a girare e mi rendo conto, di colpo, che abbiamo sfiorato la messa in scena di una fantasia su cui ho fantasticato parecchio in questi giorni. La scena è la seguente: io che proprio con questa camicia da notte indosso lo becco in salotto davanti alla tv e gli dico “non vieni a dormire?”. Lui si alza dal divano e fa per seguirmi ma, come ogni tanto gli piglia, mi blocca da dietro e mi prende le tette con le mani. Nulla di strano, è uno dei modi per dirmi che vuole scopare. Le mie reazioni in questi casi variano: posso lasciarmi andare ridacchiando così come far finta di negarmi con frasi più o meno stupide e/o volgari, o semplicemente tirare la testa indietro e baciarlo. Qualsiasi cosa faccia, però, da quel momento in poi sono partita. Quando davvero mi abbranca le tette in quel modo vado fuori come un balcone e nella sala macchine del mio cervello qualcuno dice a qualcun altro "spegni tutto e annamose a fà 'na bira".
Nella mia immaginazione non avviene invece niente di tutto ciò proprio perché sono io che me la rappresento e che conduco il gioco. E in questo caso il gioco è Luca che mi mette a novanta sul tavolo e mi tira su la camicia da notte scoprendomi il sedere, mi dice "mettiti così" e io gli rispondo "che fai?". E poi il suo cazzo, apostrofo duro tra le parole "ti inculo".
Ecco, questa è la fantasia che mi naviga in testa da un po' di giorni e sulla quale, durante una pausa pranzo in smartworking, mi sono anche masturbata. Giuro che non ve lo dico per farvi arrapare. Però, se volete arraparvi, pensate a una ragazza giuncoforme con mutandine e leggings alle caviglie e le gambe tirate su che biascica oscenità, si sgrilletta e si infila con delicatezza il manico di una spazzola nel sedere. Poco, eh? giusto la punta. E dopo averla umettata dove potete immaginare.
Mentre la capsula si trasforma in caffè mi tocco. Il rubinetto ha perso davvero tanto e mi sa che continua a perdere, ho la scolatura tra le cosce e una voglia inenarrabile di essere messa a quattro zampe e montata come una giumenta. Gli porto il caffè che sono ancora un delirio di contrazioni e sensazioni di gonfiore. La sua reazione a tutte le mie foie non espresse è, direi giustamente, "me lo porti anche un bicchier d'acqua per favore?". Sì è già tirato su e messo un maglione addosso. Facciamo l’albero di Natale che è meglio…
Non ci vuole molto, in fondo è un alberello. L’anno scorso lo avevamo già fatto, quando in questa casa ci venivamo solo per passare un po’ di tempo da soli o per dormirci nei week end. Adesso invece ci abitiamo. Anche per questo, credo, ho deciso di fare qualcosa in più che mi dia l’idea del Natale. Ho comprato dei led e li sistemo un po’ in giro per la casa mentre lui addobba l’albero. Poi resta solo il tempo di sistemarsi prima di andare a pranzo dai miei. E di tempo me ne prendo un bel po’ perché voglio mettermi carina. Pure un po’ di rossetto, va’…
Mi metto carina perché ci tengo a questa festa, ci ho sempre tenuto. Quasi quanto il cenone la sera della vigilia. Perché ci sono papà e mamma e mia sorella con il suo compagno. Perché c’è l’albero di Natale che comprarono quando ero bambina ed è ancora lì. È un albero enorme, sarà finto ma è meglio di uno vero. Ricordo le ore passate ad aprire i rametti per far rinascere ogni anno tutto il suo splendore, mia madre mia sorella che mi rimproveravano perché lo facevo male, mia nonna che mi difendeva e io che pensavo “vi amo come nessuno vi amerebbe mai ma domani vi metto il cianuro nella spremuta”. Facevamo l’albero ascoltando i cd di canzoni natalizie che avevamo comprato ad Eurodisney quando avevo quattro anni, mi mettevo a ballare guardando i miei e mia sorella mettere le luci e gli addobbi (cosa per la quale ero e sono negata) e poi ci mettevamo a tavola. È il secondo 8 dicembre senza le frittelle della nonna. Groppo in gola, carezzo istintivamente la catenina d’oro che mi ha regalato.
Torniamo a casa verso, boh, le sei e mezza. I miei hanno insistito perché ci trattenessimo e io mi sono lasciata convincere senza difficoltà. Se non ci fosse stato Luca mi sarei volentieri messa in braccio a papà tutto il pomeriggio. Mi è sempre piaciuto farlo e gli ho sempre dato delle intortate incredibili, stando in quel modo. La più incredibile di tutte quando, in seconda media, gli dissi "tutte le mie amiche hanno l'iPhone" (non era vero, ce l'aveva solo una e non era nemmeno mia amica). Mi ritrovai un iPhone sotto l'albero e mia sorella in quella occasione mi fece vedere come si reprime un attacco isterico. Chissà se salirò più sulle ginocchia di papà. Chissà cosa pensa del fatto che ora vivo con un ragazzo, chissà cosa sente dentro. Non parlo di sesso, sia chiaro (non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ma visto il sito…), non riesco nemmeno a immaginare l'amore tra me e mio padre in questi termini. Però, la sua bambina... sono ancora la sua bambina? Sono convinta che mi abbia sempre considerata la sua bambina, anche quando tornavo a casa alle sei di mattina esausta, dolorante, strafatta. Ma innocente e immacolata ai suoi occhi. Che poi lo so che i genitori non sono scemi e che anche loro ne hanno fatte. Ma sono sempre stata convinta di questo. O forse mi piaceva crederci, chissà.
Non era la prima volta di Luca dai miei, ma era la prima “festa”. In assoluto il primo ragazzo che ho portato lì per una festa e che quando s’è fatta ‘na certa ho portato via dicendo "andiamo a casa". Un'altra casa. Siamo davvero belli avvolti nei nostri cappottoni. Vorrei tanto che ci vedesse la signora del palazzo che incrociamo tutti i santi giorni e che ogni volta ci vede emergere dal sottoscala vestiti come due matti che vanno a fare jogging. Mentre camminiamo dalla macchina al portone gli dico che era talmente bello che mia madre se lo mangiava con gli occhi. Lui fa lo stronzo come al solito e risponde “anche tua sorella”. Rispondo che sì, in effetti sta cercando un eunuco di compagnia. Lui mi fa “se se…”. Che a, rifletterci dopo, è un chiaro preannuncio, un modo per dire “mò te lo faccio vedere io l’eunuco”. Solo che io non lo colgo perché manco ci penso più. Cioè, non penso più a quello, mi piace come mi abbraccia e mi piace come mi tiene protetta.
Arriva in camera da letto con una birra in mano e mi domanda se ne voglio un po’. Io gli dico “dopo” perché sono seduta sul letto a togliermi gli stivali. Mi fa “dai, ti aiuto” e, in effetti, mi aiuta, me li toglie. Poi mi prende e mi stende sul letto. Io rido. Rido perché mi piace quando mi stende sul letto, mi piace in genere quando mi assale, mi tende gli agguati. Rido perché ho voglia di essere baciata, abbracciata e, perché no?, pure scopata. Solo che tutto posso pensare tranne che voglia mettere in pratica un’idea elaborata ventiquattrore prima. Non lo capisco nemmeno quando mi rivolta prona né quando mi sbottona la gonna di lana e me la sfila. Lo capisco solo, e chissà perché, quando mi toglie in un colpo collant e mutandine. Fino a quel momento mi ero fatta un film diverso, un film dal titolo “Ora mi lecca e poi mi scopa”.
- No, dai, cazzo! – protesto.
Cioè, non ci posso credere che lo voglia fare davvero, ma ti pare? Non è una cosa che si preannuncia: Tonight’ show, Annalisa assfucked. Allora la prossima volta mandami una email, no? Un telegramma, un piccione viaggiatore. Faccio pure per girarmi ma mi tiene lì. Si stende accanto a me e mi dà anche il secondo sculaccione della giornata, che se non fossi in fase oppositiva gli direi “dammene un altro”. Invece no. Invece gli dico:
- Ahia, stronzo!
- Sta ‘n po’ bona…
Detto ciò, fa due delle cose che in assoluto mi fanno più sbroccare: mi lecca il buchino e mi ci infila un dito dentro. Continuo a protestare, ma già quando entra con la lingua sono molto più ben disposta nei suoi confronti. Per il dito usa pure il gel e quando me lo sento avanzare dentro mi abbandono completamente tirando fuori un sospiro che ricorda il verso delle otarie in amore (non ho idea di come facciano le otarie in amore, eh? è un’iperbole). È assurdo come da una sensazione di fastidio si possa passare così rapidamente a una sensazione di piacere.
Mi chiede “ti piace, eh?” e io non gli dico né sì né no, lascio che un lungo mugolio parli per me. Più che pensare al sesso anale, in questo momento, ho proprio voglia che me lo metta nella fica, una voglia bestiale tipo, se non più, quella di stamattina. Allungo una mano alla cieca e gli trovo il cazzo, talmente ben messo che non so dire se mi faccia più voglia o più paura.
- Dicevi di no…
- Stronzo, stronzo…
Il dito va proprio giù, mi gonfia, lo sento da morire e intanto colo e smanio. Lui minaccia “ora ti rompo il culetto” e io lo imploro “no, dai, scopami”. “Certo che ti scopo”. Evidentemente diamo al verbo “scopare” due significati diversi.
O forse no.
Si abbassa i pantaloni e mi dice “dai, non te lo faccio”. Immediatamente dopo mi sale sopra, sento la sua sbarra che cerca la mia fica. Wow.
Solo che c’è un piccolo problema, che consiste in questo: io sono completamente pazza.
- No, dai, fallo – gli dico.
- Cosa?
- Fallo, inculami.
- Lo vuoi?
- Sì.
Più che stupore, direi che la sua è la reazione di uno che non ci sperava proprio. Io invece, mentre si passa il gel sul cazzo, sono talmente fuori di capoccia che non riesco nemmeno a dirmi “Annalì, ma tu sei proprio scema”.
Perché l’ho fatto? Beh, sinceramente non lo so. Cazzo vi devo dire? Non lo so! Dopo averglielo chiesto, in realtà, l’unica cosa che vorrei dire è "non sono pronta". Piagnucolato, più che detto. Ma, obiettivamente, quando è che si è pronte?
La verità però è che non è più questione di sesso anale, di pensieri o congetture filosofiche. Non c'entra più nulla, improvvisamente non c'entra più nulla. Forse non è nemmeno più questione di sesso. O meglio, da un certo punto di vista lo è e anche parecchio, perché di sesso ce n'è parecchio e se volessi potrei buttare giù un racconto di tre puntate solo per descrivere le sensazioni.
Ma non è la cosa più importante. Voglio dire, poteva esserci anche del solletico e sarebbe stata la stessa cosa. Oddio, magari non proprio ma facciamo a capirci, ok? Nel senso che è una cosa che ha molto più a che fare con il "dimmi che sono tua" di stamattina o con la voglia di stargli appiccicata cappotto contro cappotto di poco fa. Oppure con quella di sedermi sulle ginocchia di mio padre. Come tutto questo si sia trasformato nell'impulso irrefrenabile di dargli il culo, ripeto, non lo so. Magari chiedetelo al mio psichiatra, eh?
Tra le gambe sento del bagnaticcio e spero con tutto il cuore che si tratti solo di succo di femmina e di maschio. Luca si solleva, mi bacia sulla schiena e mi sussurra "torno subito". Lo so cosa va a fare e lo ringrazio mentalmente per questo. Ma in particolare mi piace il suo "torno subito". Sento la mia intera muscolatura rilassarsi, abbandonarsi sul piumone e adattarsi a quella breve attesa. Lo aspetto così, ancora ansimante, dolorante, esausta. Innamorata. Immacolata.
RunningRiot
La coincidenza nasce da una cosa che non so spiegare bene perché capita, ma capita. Ed è capitata anche in passato. Diciamo che va e viene anche se fortunatamente sono più le volte che "va" che quelle che "viene". Ok, prima che mi prendiate per la solita matta sconclusionata vi dico subito di che si tratta: è un periodo che penso spesso al sesso anale.
L'altra cosa che vi dico subito è che "pensare" non significa necessariamente "fare". Sono proprio due cose sganciate l’una dall’altra.
Volevo anche scriverci un racconto. Cioè, non proprio un racconto. Diciamo delle riflessioni filosofiche su un aspetto del sesso che, allo stesso tempo, mi ha sempre respinta e mi ha sempre attratta. Ma prima che lo facessi è uscito questo.
Otto dicembre, festa dell’Immacolata. È un giorno cui sono stata sempre legata perché segna l’inizio del periodo di Natale e a casa mia si è sempre festeggiato, si fa l’albero, un pranzo festivo e tutte queste cose qui. Avendo una formazione religiosa, aggiungo che è un giorno che mi piace perché è il giorno della Madonna. E poiché è l’unico essere di sesso femminile in mezzo a tutto quel groviglio di padri, figli, spiriti santi, apostoli, mercanti nel tempio e così via, la Madonna mi è sempre stata simpatica. È vero, ci sarebbe anche Maria di Magdala, ma quando sei piccola non è che ti spieghino esattamente cosa facesse prima di incontrare Gesù. È logico che ti affezioni di più a una figura come quella della Vergine. Che poi – lo dico per sfoggiare le mie competenze teologiche – non è che il giorno della Immacolata concezione celebri che Maria ha concepito Gesù senza scopare. Celebra il fatto che è nata senza il peccato originale: ve lo immaginate il figlio di Dio che nasce da una che gli trasmette un peccato? E dai, siate boni…
Quindi, otto dicembre, festa dell’Immacolata. Non si lavora e nemmeno si fa sport, oggi. Si fanno altre cose. La prima cosa che si fa una volta svegli è poltrire ancora un po’, sissignore.
Come spesso accade, Luca è già sveglio accanto a me. Stamattina non ha pulsioni erotiche particolari, altrimenti mi ci avrebbe svegliata. E a dire la verità nemmeno io. Ieri sera abbiamo fatto tardi, siamo rientrati stanchi e anche un po’ brilli. Ci siamo messi a letto e ci siamo addormentati abbracciati.
Mi giro dalla sua parte per avere la mia razione di coccole come da accordi pregressi. Lui non si può rifiutare, gli tocca, è proprio un mio diritto inalienabile. Mi passa una mano sotto la testa e mi accuccio su di lui, contro il suo calore, il suo odore, la sua semplice eppure imprescindibile presenza.
Non siamo tipi da tante parole, in questi momenti. Ok, “buongiorno amore” ce lo diciamo, ma non è che aggiungiamo cose tipo “hai dormito bene?” "cosa hai sognato?" o altro.
Mi struscio un po'. Ve l’ho detto, non è che abbia voglie particolari, mi va di strusciarmi, tutto qui. Gli dico pure "adesso ti vado a fare il caffè e poi facciamo l'albero, ok?". C'è un motivo per cui mi offro di andare a fargli il caffè? No, non c'è, mi va di farglielo. C'è un motivo per cui gli infilo la mano nei pantaloni del pigiama? No, o forse sì: è che quando gli ho detto quella cosa del caffè il braccio che teneva attorno alle spalle mi ha stretta un po’ di più. Mi è piaciuto il gesto, l'affetto, la trasmissione di quel suo desiderio di sentire i nostri corpi più vicini, quasi compenetrati, desiderio che immediatamente è diventato anche il mio. "Me lo fai assaggiare un po'?", non attendo risposta. Ci manca solo che decida lui se e quando gli faccio un pompino, anche se si tratta di un pompino pigro come questo.
Quindi lo imbocco un po' mezzo mollo com'è, tanto lo so che non ci mette molto. E infatti... Dopo un po' ho qualche problema ad ospitare l'attrezzo perché lui, dall'iniziale indifferenza, si è di colpo trasformato in un satiro, un erotomane, un finalista dei porno award. E mi detta il ritmo, anche con una certa velocità. Diciamo 80-90 bpm. Alla faccia del pompino pigro.
Ma fin qui, a me andrebbe pure bene. Voglio dire, non è esattamente ciò che avevo in testa ma, al momento, è ciò che ho in bocca. Ho iniziato io, conclude lui. Perfetto così.
Perfetto così neanche per sogno. Anziché i soliti apprezzamenti arriva la rivelazione.
- Ho pensato una cosa quando sono tornato a casa ieri sera, t'ho vista e ho pensato: "domani andiamo a pranzo dai suoi e quando torniamo me la inculo".
Per la cronaca: quando lui è venuto a casa ieri sera io ero in cucina, in tuta, ascoltavo la prima del Macbeth e facevo il soffritto di cipolle. Very very sexy, ain't it? Se qualcuno è in grado di delineare un profilo psichiatrico del personaggio mi faccia il piacere di farmelo avere, perché comincio a dubitare di essere l'unica malata di mente in casa.
Comunque, torniamo a me che glielo sto succhiando e a lui che mi fa questa rivelazione.
- Porco (detto interrompendo un attimo, alzando gli occhi verso di lui, prendendo fiato per poi ricominciare).
- Disse lei ingoiandogli il cazzo... - mi fa con la sua ironia da stronzetto.
Bene, ok, facciamo gli spiritosi. Nessun problema, non abbiamo nessuna fretta. Io non ce l’avevo dall’inizio, pensa te...
- Ma guarda che io adesso (altra pausa per prendere fiato) ti spompo per bene così ti passano certe idee...
- Sì, certo... - risponde con sicumera.
Che poi mi sta sul cazzo quando fa così. Mica perché abbia torto, figuriamoci. Magari tra due minuti mi esplode in bocca e tra cinque è di nuovo lì a darmi una castigata che me la ricordo sinché campo. Il motivo per cui mi sta sul cazzo è che vuole avere sempre l'ultima parola ma senza argomentare. "Sì certo", che cazzo significa "sì certo"? È una affermazione apodittica, puoi discutere con una persona che fa affermazioni apodittiche? Ragion per cui, il pompino lo metto in pausa.
- Scusa ma perché non ieri sera o stanotte? - domando per riportarlo su un sentiero razionale.
- Perché oggi è festa.
Non colgo il nesso, la logica. Ho un attimo di sbandamento e, immediatamente dopo, riprenderei anche a succhiarglielo decidendo di lasciar perdere la logica e la razionalità. E invece no, perché mi tira su di peso e mi bacia. Mi dice "però mi sa che hai ragione" e mi mette le mani sotto la camicia da notte, nella guazza. A differenza di quello che fa di solito, non approfitta del lavandino che perde per penetrarmi, ma comincia a stuzzicarmi il grilletto con due dita e mi mordicchia i capezzoli che sporgono dal tessuto. Cosa mi prenda non lo so, ma si vede che è una mattinata un po' strana in tutto: faccio appena in tempo, io, a domandargli "mi dici che sono tua?" e lui a rispondermi "sei mia". Poi sdeng! vengo come un fulmine. Senza nemmeno fare tanto casino, niente strilli o movimenti scomposti che sarebbero la specialità della casa. No, un sospiro e uno di quei sobbalzi che ti scuotono quando ti assale un forte singhiozzo. Evidentemente c'è qualcosa di più perché Luca mi dice con dolcezza "che faccia che hai fatto" e poi mi stringe forte. Anzi no, prima di stringermi forte stavolta sì che mi penetra con due dita. Altro sobbalzo. Dopo un po', il tempo di riprendermi, mi tiro su su su la camicia e scopro le tette, gliene porgo una nel senso che metto proprio la mano sotto per pushapparla e gli chiedo "me le baci?". Chi lo sa perché. Non voglio che mi scopi o altro. Desidero semplicemente che me le baci, come se le dovesse consolare dei morsi che aveva dato prima. Lo fa e vi assicuro che nel rilassamento post-orgasmico è una vera e propria estasi. Tuttavia l'estasi ha vita breve, con uno scrollone mi rigira e mi mette distesa sulla pancia con le chiappe all'aria, uno di quei gesti che, più che pensare, ti fanno percepire che non puoi fare un cazzo e ai quali è talmente impossibile opporsi che da quel momento in poi divento inerte e capace di accettare di tutto. Invece stavolta penso "lo fa, cazzo, ha cambiato idea e gliel'ho pure suggerita io". Ma sapete che c'è? In un certo senso non me ne frega un cazzo. Sto lì che aspetto solo che lui mi monti sopra ma, al contrario, mi arriva una sculacciata così forte e a tradimento che mi tira fuori un urlo. Dolore, sorpresa.
- Ahia, cazzo! Ma sei scemo?
- Allora? Sto caffè?
- Subito...
Solo una volta scesa dal letto avverto il piacere che mi ha dato la sua sculacciata, ok sono lievemente inebetita. Tuttavia quando arrivo in cucina le rotelline cominciano a girare e mi rendo conto, di colpo, che abbiamo sfiorato la messa in scena di una fantasia su cui ho fantasticato parecchio in questi giorni. La scena è la seguente: io che proprio con questa camicia da notte indosso lo becco in salotto davanti alla tv e gli dico “non vieni a dormire?”. Lui si alza dal divano e fa per seguirmi ma, come ogni tanto gli piglia, mi blocca da dietro e mi prende le tette con le mani. Nulla di strano, è uno dei modi per dirmi che vuole scopare. Le mie reazioni in questi casi variano: posso lasciarmi andare ridacchiando così come far finta di negarmi con frasi più o meno stupide e/o volgari, o semplicemente tirare la testa indietro e baciarlo. Qualsiasi cosa faccia, però, da quel momento in poi sono partita. Quando davvero mi abbranca le tette in quel modo vado fuori come un balcone e nella sala macchine del mio cervello qualcuno dice a qualcun altro "spegni tutto e annamose a fà 'na bira".
Nella mia immaginazione non avviene invece niente di tutto ciò proprio perché sono io che me la rappresento e che conduco il gioco. E in questo caso il gioco è Luca che mi mette a novanta sul tavolo e mi tira su la camicia da notte scoprendomi il sedere, mi dice "mettiti così" e io gli rispondo "che fai?". E poi il suo cazzo, apostrofo duro tra le parole "ti inculo".
Ecco, questa è la fantasia che mi naviga in testa da un po' di giorni e sulla quale, durante una pausa pranzo in smartworking, mi sono anche masturbata. Giuro che non ve lo dico per farvi arrapare. Però, se volete arraparvi, pensate a una ragazza giuncoforme con mutandine e leggings alle caviglie e le gambe tirate su che biascica oscenità, si sgrilletta e si infila con delicatezza il manico di una spazzola nel sedere. Poco, eh? giusto la punta. E dopo averla umettata dove potete immaginare.
Mentre la capsula si trasforma in caffè mi tocco. Il rubinetto ha perso davvero tanto e mi sa che continua a perdere, ho la scolatura tra le cosce e una voglia inenarrabile di essere messa a quattro zampe e montata come una giumenta. Gli porto il caffè che sono ancora un delirio di contrazioni e sensazioni di gonfiore. La sua reazione a tutte le mie foie non espresse è, direi giustamente, "me lo porti anche un bicchier d'acqua per favore?". Sì è già tirato su e messo un maglione addosso. Facciamo l’albero di Natale che è meglio…
Non ci vuole molto, in fondo è un alberello. L’anno scorso lo avevamo già fatto, quando in questa casa ci venivamo solo per passare un po’ di tempo da soli o per dormirci nei week end. Adesso invece ci abitiamo. Anche per questo, credo, ho deciso di fare qualcosa in più che mi dia l’idea del Natale. Ho comprato dei led e li sistemo un po’ in giro per la casa mentre lui addobba l’albero. Poi resta solo il tempo di sistemarsi prima di andare a pranzo dai miei. E di tempo me ne prendo un bel po’ perché voglio mettermi carina. Pure un po’ di rossetto, va’…
Mi metto carina perché ci tengo a questa festa, ci ho sempre tenuto. Quasi quanto il cenone la sera della vigilia. Perché ci sono papà e mamma e mia sorella con il suo compagno. Perché c’è l’albero di Natale che comprarono quando ero bambina ed è ancora lì. È un albero enorme, sarà finto ma è meglio di uno vero. Ricordo le ore passate ad aprire i rametti per far rinascere ogni anno tutto il suo splendore, mia madre mia sorella che mi rimproveravano perché lo facevo male, mia nonna che mi difendeva e io che pensavo “vi amo come nessuno vi amerebbe mai ma domani vi metto il cianuro nella spremuta”. Facevamo l’albero ascoltando i cd di canzoni natalizie che avevamo comprato ad Eurodisney quando avevo quattro anni, mi mettevo a ballare guardando i miei e mia sorella mettere le luci e gli addobbi (cosa per la quale ero e sono negata) e poi ci mettevamo a tavola. È il secondo 8 dicembre senza le frittelle della nonna. Groppo in gola, carezzo istintivamente la catenina d’oro che mi ha regalato.
Torniamo a casa verso, boh, le sei e mezza. I miei hanno insistito perché ci trattenessimo e io mi sono lasciata convincere senza difficoltà. Se non ci fosse stato Luca mi sarei volentieri messa in braccio a papà tutto il pomeriggio. Mi è sempre piaciuto farlo e gli ho sempre dato delle intortate incredibili, stando in quel modo. La più incredibile di tutte quando, in seconda media, gli dissi "tutte le mie amiche hanno l'iPhone" (non era vero, ce l'aveva solo una e non era nemmeno mia amica). Mi ritrovai un iPhone sotto l'albero e mia sorella in quella occasione mi fece vedere come si reprime un attacco isterico. Chissà se salirò più sulle ginocchia di papà. Chissà cosa pensa del fatto che ora vivo con un ragazzo, chissà cosa sente dentro. Non parlo di sesso, sia chiaro (non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ma visto il sito…), non riesco nemmeno a immaginare l'amore tra me e mio padre in questi termini. Però, la sua bambina... sono ancora la sua bambina? Sono convinta che mi abbia sempre considerata la sua bambina, anche quando tornavo a casa alle sei di mattina esausta, dolorante, strafatta. Ma innocente e immacolata ai suoi occhi. Che poi lo so che i genitori non sono scemi e che anche loro ne hanno fatte. Ma sono sempre stata convinta di questo. O forse mi piaceva crederci, chissà.
Non era la prima volta di Luca dai miei, ma era la prima “festa”. In assoluto il primo ragazzo che ho portato lì per una festa e che quando s’è fatta ‘na certa ho portato via dicendo "andiamo a casa". Un'altra casa. Siamo davvero belli avvolti nei nostri cappottoni. Vorrei tanto che ci vedesse la signora del palazzo che incrociamo tutti i santi giorni e che ogni volta ci vede emergere dal sottoscala vestiti come due matti che vanno a fare jogging. Mentre camminiamo dalla macchina al portone gli dico che era talmente bello che mia madre se lo mangiava con gli occhi. Lui fa lo stronzo come al solito e risponde “anche tua sorella”. Rispondo che sì, in effetti sta cercando un eunuco di compagnia. Lui mi fa “se se…”. Che a, rifletterci dopo, è un chiaro preannuncio, un modo per dire “mò te lo faccio vedere io l’eunuco”. Solo che io non lo colgo perché manco ci penso più. Cioè, non penso più a quello, mi piace come mi abbraccia e mi piace come mi tiene protetta.
Arriva in camera da letto con una birra in mano e mi domanda se ne voglio un po’. Io gli dico “dopo” perché sono seduta sul letto a togliermi gli stivali. Mi fa “dai, ti aiuto” e, in effetti, mi aiuta, me li toglie. Poi mi prende e mi stende sul letto. Io rido. Rido perché mi piace quando mi stende sul letto, mi piace in genere quando mi assale, mi tende gli agguati. Rido perché ho voglia di essere baciata, abbracciata e, perché no?, pure scopata. Solo che tutto posso pensare tranne che voglia mettere in pratica un’idea elaborata ventiquattrore prima. Non lo capisco nemmeno quando mi rivolta prona né quando mi sbottona la gonna di lana e me la sfila. Lo capisco solo, e chissà perché, quando mi toglie in un colpo collant e mutandine. Fino a quel momento mi ero fatta un film diverso, un film dal titolo “Ora mi lecca e poi mi scopa”.
- No, dai, cazzo! – protesto.
Cioè, non ci posso credere che lo voglia fare davvero, ma ti pare? Non è una cosa che si preannuncia: Tonight’ show, Annalisa assfucked. Allora la prossima volta mandami una email, no? Un telegramma, un piccione viaggiatore. Faccio pure per girarmi ma mi tiene lì. Si stende accanto a me e mi dà anche il secondo sculaccione della giornata, che se non fossi in fase oppositiva gli direi “dammene un altro”. Invece no. Invece gli dico:
- Ahia, stronzo!
- Sta ‘n po’ bona…
Detto ciò, fa due delle cose che in assoluto mi fanno più sbroccare: mi lecca il buchino e mi ci infila un dito dentro. Continuo a protestare, ma già quando entra con la lingua sono molto più ben disposta nei suoi confronti. Per il dito usa pure il gel e quando me lo sento avanzare dentro mi abbandono completamente tirando fuori un sospiro che ricorda il verso delle otarie in amore (non ho idea di come facciano le otarie in amore, eh? è un’iperbole). È assurdo come da una sensazione di fastidio si possa passare così rapidamente a una sensazione di piacere.
Mi chiede “ti piace, eh?” e io non gli dico né sì né no, lascio che un lungo mugolio parli per me. Più che pensare al sesso anale, in questo momento, ho proprio voglia che me lo metta nella fica, una voglia bestiale tipo, se non più, quella di stamattina. Allungo una mano alla cieca e gli trovo il cazzo, talmente ben messo che non so dire se mi faccia più voglia o più paura.
- Dicevi di no…
- Stronzo, stronzo…
Il dito va proprio giù, mi gonfia, lo sento da morire e intanto colo e smanio. Lui minaccia “ora ti rompo il culetto” e io lo imploro “no, dai, scopami”. “Certo che ti scopo”. Evidentemente diamo al verbo “scopare” due significati diversi.
O forse no.
Si abbassa i pantaloni e mi dice “dai, non te lo faccio”. Immediatamente dopo mi sale sopra, sento la sua sbarra che cerca la mia fica. Wow.
Solo che c’è un piccolo problema, che consiste in questo: io sono completamente pazza.
- No, dai, fallo – gli dico.
- Cosa?
- Fallo, inculami.
- Lo vuoi?
- Sì.
Più che stupore, direi che la sua è la reazione di uno che non ci sperava proprio. Io invece, mentre si passa il gel sul cazzo, sono talmente fuori di capoccia che non riesco nemmeno a dirmi “Annalì, ma tu sei proprio scema”.
Perché l’ho fatto? Beh, sinceramente non lo so. Cazzo vi devo dire? Non lo so! Dopo averglielo chiesto, in realtà, l’unica cosa che vorrei dire è "non sono pronta". Piagnucolato, più che detto. Ma, obiettivamente, quando è che si è pronte?
La verità però è che non è più questione di sesso anale, di pensieri o congetture filosofiche. Non c'entra più nulla, improvvisamente non c'entra più nulla. Forse non è nemmeno più questione di sesso. O meglio, da un certo punto di vista lo è e anche parecchio, perché di sesso ce n'è parecchio e se volessi potrei buttare giù un racconto di tre puntate solo per descrivere le sensazioni.
Ma non è la cosa più importante. Voglio dire, poteva esserci anche del solletico e sarebbe stata la stessa cosa. Oddio, magari non proprio ma facciamo a capirci, ok? Nel senso che è una cosa che ha molto più a che fare con il "dimmi che sono tua" di stamattina o con la voglia di stargli appiccicata cappotto contro cappotto di poco fa. Oppure con quella di sedermi sulle ginocchia di mio padre. Come tutto questo si sia trasformato nell'impulso irrefrenabile di dargli il culo, ripeto, non lo so. Magari chiedetelo al mio psichiatra, eh?
Tra le gambe sento del bagnaticcio e spero con tutto il cuore che si tratti solo di succo di femmina e di maschio. Luca si solleva, mi bacia sulla schiena e mi sussurra "torno subito". Lo so cosa va a fare e lo ringrazio mentalmente per questo. Ma in particolare mi piace il suo "torno subito". Sento la mia intera muscolatura rilassarsi, abbandonarsi sul piumone e adattarsi a quella breve attesa. Lo aspetto così, ancora ansimante, dolorante, esausta. Innamorata. Immacolata.
RunningRiot
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