Il vicino è etero?
di
Giuserpe
genere
gay
Questo è un sogno che ho fatto e ho voluto un po’ “romanzare”. Qui racconto l’antefatto. Poi andrò nei particolari se vi piace l’idea.
Lo incontrai la prima volta mentre rientravo a casa in motorino. Lui aveva appena parcheggiato la sua moto, tolse il casco e in quel momento i nostri occhi si incrociarono per una frazione di secondo. Spiai dallo specchietto retrovisore e mi accorsi che stava ancora guardando quando fu raggiunto da una bellissima ragazza mora.
Lui era alto, biondo, occhi chiari, corpo da sportivo. Mi bastò poco per fare una breve analisi dell’aspetto generale. Mi complimentai mentalmente con lui e madre natura per il lavoro fatto su quel corpo e proseguii verso il garage.
Passarono diversi giorni, forse una decina, incontrai nuovamente quella meraviglia mentre entrava nel bar sotto casa. Questa volta ci studiammo con più calma, rallentai il passo per godere della sua splendida figura vista da dietro. Ovviamente vidi solo delle gambe ben allenate, un culo sodo sotto quei levi’s vintage. L’uomo col 501 dovrebbe essere una specie protetta. Le spalle erano larghe e ma non eccessivamente muscolose, potevo intravedere un accenno di pancetta, ma in generale era ben fatto, un corpo da rugbista ma in una versione più light.
Ci scambiammo uno sguardo di studio, forse aveva riconosciuto il tizio in moto di qualche sera prima, fantasticavo ma era altamente improbabile. Lui entrò nel bar e io andai per la mia strada verso la giornata di lavoro, ovviamente mi girai svariate volte. Non stava guardando, era tutto nella mia testa.
Ormai lo incontravo regolarmente ogni mattina mentre andava al bar e qualche volta al bancone mentre bevevo il cappuccino che mi concedevo un paio di volte a settimana. Una mattina tenne aperta la porta per farmi entrare, io non stavo andando al bar, i stavo solo passando davanti come ogni mattina. Mi fermai un po’ perplesso e lui “ciao, che fai?entri?” Mi catapultai all’interno e ringraziai timidamente. Cominciammo a scambiarci educati saluti, avevo capito che abitavamo nello stesso complesso residenziale.
“Buongiorno, prendi il caffè?” La domanda mi colse impreparato, lo guardai ammaliato sotto le lenti scure dei miei rayban. “Buongiorno a te! Ah si certo, grazie!”
Sorprendentemente ordinò esattamente quello che prendevo di solito, ero veramente impressionato dalla cosa, lusingato, mi aveva studiato.
Ci piazzammo al bancone del bar e disse “sono a Milano da poco, da me, a Napoli, sono abituato a scendere al bar e trovare qualcuno con cui bere il caffè. Sono Antonio!” Mi tese questa grossa mano con delle dita lunghe e curate. Sorrisi e dissi “quanto hai ragione, io sono pugliese e ormai mi sono abituato. Sono Daniele, molto lieto!” Da buon “milanese” chiesi subito il motivo del trasferimento che ovviamente immaginavo che fosse la classica occasione di lavoro. “Giulia, la mia compagna, è milanese. Ci stavamo stancando della distanza, lei non può fare il suo lavoro a Napoli, io riesco a seguire il lavoro giù e ho preso progetti qua, faccio l’architetto!” Quell’accento mi stava facendo bagnare, ascoltavo catturato mentre bevevo il mio cappuccino, Antonio era veramente bellissimo. Occhi grigi, capelli in ordine, senza un filo di barba, vestiva in maniera apparentemente casuale, ma in realtà aveva uno stile ben preciso e questo mi piaceva molto.
Chiese di me e gli spiegai che mi occupo di marketing e comunicazione per diverse aziende fashion e design, che vivo da ormai 15 anni a Milano, 10 dei quali con il mio compagno e il nostro cane. Chiacchierammo ancora qualche minuto e ci salutammo. “Buona giornata, ci vediamo presto!”
La mattina dopo tardai volontariamente, non so, non volevo sembrare uno che sta là ad aspettare. Ma i giorni successivi mi mossi con strategia. Lo anticipavo per vedere se mi avrebbe chiamato per bere il caffè o casualmente capitavo nel vialetto proprio quando anche lui passa per uscire. Fui io alla fine a richiamarlo dopo qualche giorno, lui era quasi al bar e dissi “Antò!” Mi maledissi per tutto quello slancio da amicone in spogliatoio. Si girò e aggiunsi “aspettami che ti devo un caffè!” Quel sorriso mi tolse diversi anni di vita “Uè Daniè! Volentieri!” Chiacchierammo del più e del meno, mi chiese un barbiere decente nelle vicinanze e gli consigliai il mio, parlammo delle palestre e dei locali nella zona. Mi disse che si sarebbe iscritto nella palestra più vicina, la stessa palestra che teoricamente frequentavo anche io. Glielo dissi e lui tutto felice mi disse che dovevamo andarci insieme. Panico, io sono una frana completa. “Daniè dammi il tuo numero, a che ora torni a casa? Dopo ti chiamo così ci alleniamo! Non esiste che non vieni!” Sorrisi imbarazzato, ma accettai.
Chiamai subito Caleb, il mio compagno, per raccontargli tutto. Rise come un pazzo e nel suo italiano con forte accento Americano disse “Dani sei sempre una schoolgirl! Tu non vai in palestra da 2 anni, non voglio fare nurse per i prossimi giorni!” Indignato da quella verità gli dissi che era uno stronzo e chiusi mentre ancora rideva.
Ovviamente in pausa andai a comprare un qualche indumento sportivo, ero totalmente nel panico e pensavo agli spogliatoi. La voglia di vederlo nudo e il completo imbarazzo nel farmi vedere. Non ero grasso, nonostante tutto conservavo una bella forma, leggera pancetta, ma nel complesso ero armonioso. Avevo (e ho!) un bel culo che il mio Kaleb adorava e non perdeva occasione di palpare.
Ci allenammo, e lui era perfetto! Abbigliamento sempre ricercato e corpo che urlava “toccami, leccami, venerami”. Diverse volte mi aiutò in esercizi, avvicinandosi a me, toccandomi. Devo ringraziare l’abbigliamento tecnico molto avvolgente per aver trattenuto la mia erezione. Non feci la doccia e dissi che preferivo fare a casa perché era a due minuti da la. Evitai l’imbarazzo ma non riuscii nemmeno a saziare la mia curiosità.
Cominciammo a frequentarci più assiduamente; aperitivi, mostre, palestra, barbiere e poi invitò me e Caleb ad un drink a casa sua, per conoscerci. Anche lui era architetto, adesso prestato al design e fisicamente era molto simile ad Antonio.
Quella sera chiesi allo stronzo del mio compagno di non mettermi in imbarazzo, lui era divertitissimo per la mia cotta. Eravamo una coppia navigata e ci concedevamo il piacere di qualche scappatella consensuale ogni tanto.
Ci stavamo divertendo, l’energia era molto positiva. Giulia era pazzesca e insieme erano proprio belli. La coppia perfetta. Ero gelosissimo e mi vergognavo.
Bevemmo molto e ridemmo tantissimo. Io e Antonio ci spostammo in terrazzo per fumare, la serata era perfetta e vestivamo leggero.
Antonio mi guardava con uno sguardo che non conoscevo, mi studiava. Ad un certo punto si avvicinò e disse direttamente nel mio orecchio “siete una bella coppia, adesso capisco tante cose!” E parlandomi mise una mano sulla parte bassa della mia schiena e mi avvicinò a lui. Sentii indistintamente il suo pene schiacciarsi contro la mia gamba. Rimase così qualche secondo, respirandomi nell’orecchio. Io ero una statua di marmo.
Lo evitai per qualche giorno con scusa improbabili. Ero imbarazzato. Certo l’alcol aveva fatto la sua parte ma mi sentivo frastornato. Non potevo evitarlo in eterno, avevamo una serata a teatro programmata da un po’. Mi chiese di vederci in palestra e andare a teatro subito dopo, dissi che avrei balzato per evitare di fare corse. Insistette talmente tanto che alla fine mi feci trascinare. Mi allenai nervoso. E arrivati nello spogliatoio feci di tutto per evitarlo, per non incontralo in doccia. Odiavo me stesso e il mio atteggiamento da scolaretta. Maledetto Caleb!
Stavo togliendo le scarpe su una panca. “Daniè daiiii!” Feci un balzo. Alzai di scatto la testa e me lo ritrovai davanti, vicinissimo, gambe divaricate, mani sui fianchi e un cazzo che cadeva sul lato sinistro, largo e lungo, con un prepuzio importante, corredato di due palle sode. Poca peluria che lui teneva curata, lasciava in mostra tutto lo splendore di quel membro.
Capì benissimo dove i miei occhi stavano fissando e spinse avanti il bacino. Mi alzai, misi l’accappatoio, Tolsi le mutande e mi avviai alla prima doccia libera. Ero in fiamme. Avevo una mezza erezione.
Ci voleva acqua fredda per calmare. Era piacevole. Sapevo che lui era in una doccia lontana. Iniziavo a rilassarmi. “Minchia che bel culo che c’hai.” Era dietro di me. Mi prese dai fianchi, mi attirò a se con forza e con la bocca appoggiata all’orecchio disse “c’ho voglia di farci un giro e anche tu lo vuoi!” Si staccò e andò via.
Lo incontrai la prima volta mentre rientravo a casa in motorino. Lui aveva appena parcheggiato la sua moto, tolse il casco e in quel momento i nostri occhi si incrociarono per una frazione di secondo. Spiai dallo specchietto retrovisore e mi accorsi che stava ancora guardando quando fu raggiunto da una bellissima ragazza mora.
Lui era alto, biondo, occhi chiari, corpo da sportivo. Mi bastò poco per fare una breve analisi dell’aspetto generale. Mi complimentai mentalmente con lui e madre natura per il lavoro fatto su quel corpo e proseguii verso il garage.
Passarono diversi giorni, forse una decina, incontrai nuovamente quella meraviglia mentre entrava nel bar sotto casa. Questa volta ci studiammo con più calma, rallentai il passo per godere della sua splendida figura vista da dietro. Ovviamente vidi solo delle gambe ben allenate, un culo sodo sotto quei levi’s vintage. L’uomo col 501 dovrebbe essere una specie protetta. Le spalle erano larghe e ma non eccessivamente muscolose, potevo intravedere un accenno di pancetta, ma in generale era ben fatto, un corpo da rugbista ma in una versione più light.
Ci scambiammo uno sguardo di studio, forse aveva riconosciuto il tizio in moto di qualche sera prima, fantasticavo ma era altamente improbabile. Lui entrò nel bar e io andai per la mia strada verso la giornata di lavoro, ovviamente mi girai svariate volte. Non stava guardando, era tutto nella mia testa.
Ormai lo incontravo regolarmente ogni mattina mentre andava al bar e qualche volta al bancone mentre bevevo il cappuccino che mi concedevo un paio di volte a settimana. Una mattina tenne aperta la porta per farmi entrare, io non stavo andando al bar, i stavo solo passando davanti come ogni mattina. Mi fermai un po’ perplesso e lui “ciao, che fai?entri?” Mi catapultai all’interno e ringraziai timidamente. Cominciammo a scambiarci educati saluti, avevo capito che abitavamo nello stesso complesso residenziale.
“Buongiorno, prendi il caffè?” La domanda mi colse impreparato, lo guardai ammaliato sotto le lenti scure dei miei rayban. “Buongiorno a te! Ah si certo, grazie!”
Sorprendentemente ordinò esattamente quello che prendevo di solito, ero veramente impressionato dalla cosa, lusingato, mi aveva studiato.
Ci piazzammo al bancone del bar e disse “sono a Milano da poco, da me, a Napoli, sono abituato a scendere al bar e trovare qualcuno con cui bere il caffè. Sono Antonio!” Mi tese questa grossa mano con delle dita lunghe e curate. Sorrisi e dissi “quanto hai ragione, io sono pugliese e ormai mi sono abituato. Sono Daniele, molto lieto!” Da buon “milanese” chiesi subito il motivo del trasferimento che ovviamente immaginavo che fosse la classica occasione di lavoro. “Giulia, la mia compagna, è milanese. Ci stavamo stancando della distanza, lei non può fare il suo lavoro a Napoli, io riesco a seguire il lavoro giù e ho preso progetti qua, faccio l’architetto!” Quell’accento mi stava facendo bagnare, ascoltavo catturato mentre bevevo il mio cappuccino, Antonio era veramente bellissimo. Occhi grigi, capelli in ordine, senza un filo di barba, vestiva in maniera apparentemente casuale, ma in realtà aveva uno stile ben preciso e questo mi piaceva molto.
Chiese di me e gli spiegai che mi occupo di marketing e comunicazione per diverse aziende fashion e design, che vivo da ormai 15 anni a Milano, 10 dei quali con il mio compagno e il nostro cane. Chiacchierammo ancora qualche minuto e ci salutammo. “Buona giornata, ci vediamo presto!”
La mattina dopo tardai volontariamente, non so, non volevo sembrare uno che sta là ad aspettare. Ma i giorni successivi mi mossi con strategia. Lo anticipavo per vedere se mi avrebbe chiamato per bere il caffè o casualmente capitavo nel vialetto proprio quando anche lui passa per uscire. Fui io alla fine a richiamarlo dopo qualche giorno, lui era quasi al bar e dissi “Antò!” Mi maledissi per tutto quello slancio da amicone in spogliatoio. Si girò e aggiunsi “aspettami che ti devo un caffè!” Quel sorriso mi tolse diversi anni di vita “Uè Daniè! Volentieri!” Chiacchierammo del più e del meno, mi chiese un barbiere decente nelle vicinanze e gli consigliai il mio, parlammo delle palestre e dei locali nella zona. Mi disse che si sarebbe iscritto nella palestra più vicina, la stessa palestra che teoricamente frequentavo anche io. Glielo dissi e lui tutto felice mi disse che dovevamo andarci insieme. Panico, io sono una frana completa. “Daniè dammi il tuo numero, a che ora torni a casa? Dopo ti chiamo così ci alleniamo! Non esiste che non vieni!” Sorrisi imbarazzato, ma accettai.
Chiamai subito Caleb, il mio compagno, per raccontargli tutto. Rise come un pazzo e nel suo italiano con forte accento Americano disse “Dani sei sempre una schoolgirl! Tu non vai in palestra da 2 anni, non voglio fare nurse per i prossimi giorni!” Indignato da quella verità gli dissi che era uno stronzo e chiusi mentre ancora rideva.
Ovviamente in pausa andai a comprare un qualche indumento sportivo, ero totalmente nel panico e pensavo agli spogliatoi. La voglia di vederlo nudo e il completo imbarazzo nel farmi vedere. Non ero grasso, nonostante tutto conservavo una bella forma, leggera pancetta, ma nel complesso ero armonioso. Avevo (e ho!) un bel culo che il mio Kaleb adorava e non perdeva occasione di palpare.
Ci allenammo, e lui era perfetto! Abbigliamento sempre ricercato e corpo che urlava “toccami, leccami, venerami”. Diverse volte mi aiutò in esercizi, avvicinandosi a me, toccandomi. Devo ringraziare l’abbigliamento tecnico molto avvolgente per aver trattenuto la mia erezione. Non feci la doccia e dissi che preferivo fare a casa perché era a due minuti da la. Evitai l’imbarazzo ma non riuscii nemmeno a saziare la mia curiosità.
Cominciammo a frequentarci più assiduamente; aperitivi, mostre, palestra, barbiere e poi invitò me e Caleb ad un drink a casa sua, per conoscerci. Anche lui era architetto, adesso prestato al design e fisicamente era molto simile ad Antonio.
Quella sera chiesi allo stronzo del mio compagno di non mettermi in imbarazzo, lui era divertitissimo per la mia cotta. Eravamo una coppia navigata e ci concedevamo il piacere di qualche scappatella consensuale ogni tanto.
Ci stavamo divertendo, l’energia era molto positiva. Giulia era pazzesca e insieme erano proprio belli. La coppia perfetta. Ero gelosissimo e mi vergognavo.
Bevemmo molto e ridemmo tantissimo. Io e Antonio ci spostammo in terrazzo per fumare, la serata era perfetta e vestivamo leggero.
Antonio mi guardava con uno sguardo che non conoscevo, mi studiava. Ad un certo punto si avvicinò e disse direttamente nel mio orecchio “siete una bella coppia, adesso capisco tante cose!” E parlandomi mise una mano sulla parte bassa della mia schiena e mi avvicinò a lui. Sentii indistintamente il suo pene schiacciarsi contro la mia gamba. Rimase così qualche secondo, respirandomi nell’orecchio. Io ero una statua di marmo.
Lo evitai per qualche giorno con scusa improbabili. Ero imbarazzato. Certo l’alcol aveva fatto la sua parte ma mi sentivo frastornato. Non potevo evitarlo in eterno, avevamo una serata a teatro programmata da un po’. Mi chiese di vederci in palestra e andare a teatro subito dopo, dissi che avrei balzato per evitare di fare corse. Insistette talmente tanto che alla fine mi feci trascinare. Mi allenai nervoso. E arrivati nello spogliatoio feci di tutto per evitarlo, per non incontralo in doccia. Odiavo me stesso e il mio atteggiamento da scolaretta. Maledetto Caleb!
Stavo togliendo le scarpe su una panca. “Daniè daiiii!” Feci un balzo. Alzai di scatto la testa e me lo ritrovai davanti, vicinissimo, gambe divaricate, mani sui fianchi e un cazzo che cadeva sul lato sinistro, largo e lungo, con un prepuzio importante, corredato di due palle sode. Poca peluria che lui teneva curata, lasciava in mostra tutto lo splendore di quel membro.
Capì benissimo dove i miei occhi stavano fissando e spinse avanti il bacino. Mi alzai, misi l’accappatoio, Tolsi le mutande e mi avviai alla prima doccia libera. Ero in fiamme. Avevo una mezza erezione.
Ci voleva acqua fredda per calmare. Era piacevole. Sapevo che lui era in una doccia lontana. Iniziavo a rilassarmi. “Minchia che bel culo che c’hai.” Era dietro di me. Mi prese dai fianchi, mi attirò a se con forza e con la bocca appoggiata all’orecchio disse “c’ho voglia di farci un giro e anche tu lo vuoi!” Si staccò e andò via.
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