Schiavo in cella pt5
di
Giuserpe
genere
gay
Il nostro rapporto cambiò di poco, passavo diverse notti nel suo letto, gli diavo piacere in tutti i modi possibili e molto spesso includevamo Amal che era sempre pronto e instancabile. Soprattutto quando don Pietro era stanco o non in vena di acrobazie, chiedevo ad Amal di darmi piacere ma sempre e solo sotto lo sguardo di Don Pietro, col suo cazzo in gola o nelle mani.
Qualche volta però trasgredimmo, nessuno dei due poteva fare la spia, entrambi ci avremmo rimesso.
Capitava quando Don Pietro aveva il colloquio con moglie e figli, io e Amal restavamo in camera e lui cominciava ad allungare le mani mentre io ero disteso a leggere. Palpava, scherzava, si intrufolava con le grosse mani sotto l'elastico della mia tuta e su verso la rosa del mio buchetto. Cercavo di divincolarmi ma con poco sforzo, facevo la scena, lo allontanavo, ma lui vedeva bene il rigonfiamento nei miei pantaloni morbidi. Lui viveva col cazzo in tiro perenne, aveva un'erezione costante nelle mutande, un cazzo naturalemente duro e nervoso. Lo tirava fuori e se lo menava, poi faceva una cosa che ogni volta mi faceva cadere ogni freno, prendeva le sue mutande usate e me le sventolava sotto il naso, proprio la dove si era creata una chiazza di piscio e precum che perdeva in continuazione. Poi con le dita fradice di precum, mi passava il pollice sulle labbra e a poco a poco lo insunuava nella mia bocca e io lo succhiavo, e via col secondo dito fino a pulirgli la mano, non mi accorgevo nemmeno che già due dita dell'altra mano erano dentro il mio culo e stavo già grondando umori.
Non lo facevamo mai a letto, era troppo rischioso; ogni volta mi trascinava in bagno e mi piegava sul lavabo o sul cesso e mi sfondava senza alcun riguardo. Aveva una forza incredibile e per soffocare le urla mi infilava le sue mutande in bocca, cosa che mi procurava un piacere assoluto.
Ci divertivamo, lui amava riampirmi di sborra ma era sempre un rischio, qualcuno di nostra conoscenza avrebbe potuto accorgersene, quindi Amal aveva cominciato a scoparmi a pecora con la faccia praticamente nella tazza del cesso e quando stava per venire si metteva praticamente in posizione da pisciata, io mi giravo frontale a lui, testa ricurva nel cesso, e mi scaricava i coglioni sulla faccia, nella gola, sul petto. Era una produzione talmente importante che spesso non riuscivo ad ingoiare tutto, ma quando era deciso a farmela ingoiare mi bloccava, si scaricava nella mia bocca e poi me la tappava col la mano finchè non avevo deglutito fino all'ultima goccia del suo latte denso.
Una volta mi stupì, dopo essermi venuto su tutto il viso, si fermò trionfante, in piedi a gambe aperte su di me, mi guardò sprezzante con un sorrisetto malizioso e senza preavviaso iniziò a pisciarmi sulla faccia! All'inizio rimasi un po' disorientato, non me lo aspettavo, ma presto cominciai a aprire la bocca e riempirla di quel piscio giallo e bollente. Aspro che mi bruciava gli occhi e mi ricadeva addosso inzuppandomi. Ero in estasi e mi tirai una grossa sega, lo sperma si mischiò col suo piscio, eravamo in un lago e avremmo dovuto pulire tutto senza lasciare alcuna traccia. Amal mi guardò e disse "sapevo che ti sarebbe piaciuto. Sei una troia e sei il mio miglior amico." ridemmo e ci mettemmo al lavoro.
Poco dopo rientrò Don Pietro, avevamo appena finito di ripulire tutta la cella. Era nervoso e disse "almeno qui qualcuno ascolta quello che dico!" diede un pugno al muro e andò verso la cucina. "Marco fai un caffè!" Marco. Mi chiamava così solo quando era veramente incazzato, e in quel momento avevo molta paura.
Scoprimmo, dopo il caffè e dopo almeno 4 sigarette, che suo figlio Michele, 30 anni, era stato arrestato per un brutto affare di droga, e si trovava nel braccio B del nostro penitenziario. "Lo meno finche non gli cancello quel bel viso che si ritrova!"
Fine quinta parte.
Qualche volta però trasgredimmo, nessuno dei due poteva fare la spia, entrambi ci avremmo rimesso.
Capitava quando Don Pietro aveva il colloquio con moglie e figli, io e Amal restavamo in camera e lui cominciava ad allungare le mani mentre io ero disteso a leggere. Palpava, scherzava, si intrufolava con le grosse mani sotto l'elastico della mia tuta e su verso la rosa del mio buchetto. Cercavo di divincolarmi ma con poco sforzo, facevo la scena, lo allontanavo, ma lui vedeva bene il rigonfiamento nei miei pantaloni morbidi. Lui viveva col cazzo in tiro perenne, aveva un'erezione costante nelle mutande, un cazzo naturalemente duro e nervoso. Lo tirava fuori e se lo menava, poi faceva una cosa che ogni volta mi faceva cadere ogni freno, prendeva le sue mutande usate e me le sventolava sotto il naso, proprio la dove si era creata una chiazza di piscio e precum che perdeva in continuazione. Poi con le dita fradice di precum, mi passava il pollice sulle labbra e a poco a poco lo insunuava nella mia bocca e io lo succhiavo, e via col secondo dito fino a pulirgli la mano, non mi accorgevo nemmeno che già due dita dell'altra mano erano dentro il mio culo e stavo già grondando umori.
Non lo facevamo mai a letto, era troppo rischioso; ogni volta mi trascinava in bagno e mi piegava sul lavabo o sul cesso e mi sfondava senza alcun riguardo. Aveva una forza incredibile e per soffocare le urla mi infilava le sue mutande in bocca, cosa che mi procurava un piacere assoluto.
Ci divertivamo, lui amava riampirmi di sborra ma era sempre un rischio, qualcuno di nostra conoscenza avrebbe potuto accorgersene, quindi Amal aveva cominciato a scoparmi a pecora con la faccia praticamente nella tazza del cesso e quando stava per venire si metteva praticamente in posizione da pisciata, io mi giravo frontale a lui, testa ricurva nel cesso, e mi scaricava i coglioni sulla faccia, nella gola, sul petto. Era una produzione talmente importante che spesso non riuscivo ad ingoiare tutto, ma quando era deciso a farmela ingoiare mi bloccava, si scaricava nella mia bocca e poi me la tappava col la mano finchè non avevo deglutito fino all'ultima goccia del suo latte denso.
Una volta mi stupì, dopo essermi venuto su tutto il viso, si fermò trionfante, in piedi a gambe aperte su di me, mi guardò sprezzante con un sorrisetto malizioso e senza preavviaso iniziò a pisciarmi sulla faccia! All'inizio rimasi un po' disorientato, non me lo aspettavo, ma presto cominciai a aprire la bocca e riempirla di quel piscio giallo e bollente. Aspro che mi bruciava gli occhi e mi ricadeva addosso inzuppandomi. Ero in estasi e mi tirai una grossa sega, lo sperma si mischiò col suo piscio, eravamo in un lago e avremmo dovuto pulire tutto senza lasciare alcuna traccia. Amal mi guardò e disse "sapevo che ti sarebbe piaciuto. Sei una troia e sei il mio miglior amico." ridemmo e ci mettemmo al lavoro.
Poco dopo rientrò Don Pietro, avevamo appena finito di ripulire tutta la cella. Era nervoso e disse "almeno qui qualcuno ascolta quello che dico!" diede un pugno al muro e andò verso la cucina. "Marco fai un caffè!" Marco. Mi chiamava così solo quando era veramente incazzato, e in quel momento avevo molta paura.
Scoprimmo, dopo il caffè e dopo almeno 4 sigarette, che suo figlio Michele, 30 anni, era stato arrestato per un brutto affare di droga, e si trovava nel braccio B del nostro penitenziario. "Lo meno finche non gli cancello quel bel viso che si ritrova!"
Fine quinta parte.
1
6
voti
voti
valutazione
5.7
5.7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Schiavo in cella (la vera pt4)racconto sucessivo
Schiavo in cella pt 6
Commenti dei lettori al racconto erotico