Confessioni GS2
di
KeySeven
genere
incesti
Sono ancora lì a bearmi di aver montato mia suocera quando appare Monica.
È nuda. Ha tenuto solo le autoreggenti a rete perché sa quanto mi piacciono.
“Cara io… cioè scusa… insomma tua madre è ancora così sexy.
“Ma sta zitto” dice lei e senza tanti complimenti mi si siede in braccio, si guida il mio uccello dritto dentro la vulva già umida e prende a cavalcarmi a tutta forza con le sue tettone gonfie che mi sbattono in faccia e che io cerco di leccare meglio che posso arrapato più che mai.
Inizia a venire (è multiorgasmica) 3,4,5…10, 15… poi smette di contare.
“Vengo” sospiro sperduto fra le sue poppe.
“Sono giorni fertili” ansima lei continuando ad andare su e giù.
“Esco…”.
“No, ingravidami, lo voglio”.
“Ma” borbotto anche se nessuno mi ascolta.
Sto con Monica da tre anni. È stata la mia prima colf quando ho comprato questa villetta tranquilla in periferia, appena ho cominciato a fare un po’ di soldi. Era così sexy quando faceva le pulizie con il camicione blu, o a volte verde che sottolineava le sue forme e la bellezza dei collant che le fasciavano le gambe che non ci abbiamo messo molto. Una settimana di lavoro e già passavamo metà del suo tempo retribuito a fottere.
Lei stava divorziando era sola, triste e bisognosa di cazzo. Aveva inteso subito quanto la guardavo e mi si offrì senza tanti giri di parole. In cucina, lavando i piatti.
Io avevo inteso che quel giorno c’era qualcosa che non andava perché era senza calze. Anche se io l’avrei preferita sempre in nylon non dissi nulla. Anche da nude erano sempre belle gambe. Quando si mise quasi a novanta sul lavandino e rivelò che sotto non aveva nemmeno le mutande era ovvio che mi voleva lasciare la strada libera.
Così, senza troppe parole mi calai i pantaloni e la presi a pecora.
Ricordo il primo urlo doloroso “Cristo ma mi stai infilando il braccio?”.
“No è il mio cazzo tranquilla”.
“Ma cosa sei un elefante?” esclamò mentre glielo muovevo dentro piano piano.
“Faccio male?”.
“Si ma non fermarti. No, no non fermarti”.
Non ci pensavo affatto a fermarmi. Quel giorno le entrai dentro poco dopo pranzo e alle cinque alla fine del suo orario di lavoro stavamo ancora pompando dopo essere passati dal lavandino, al tavolo, al divano e al tappeto. A pecorina, smorza candela, di fianco, fra le tette, in bocca…
Tre giorni dopo assunsi un altra badante, Monica insistette per una rumena matura over sessanta di nome Helena, bruttina, grassa, poco seno. “Per andare sul tranquillo” sorrise Monica.
“In che senso?”.
“Non ti metto certo in casa una troietta pompinara. Con la vecchia siamo tranquilli” sorrise.
Io non feci commenti.
Tre giorni dopo Monica mi trovò a montare Helena in bagno contro la lavatrice. Mi ero eccitato a vederla chinata sui panni, le avevo fatto manina sotto la gonna palpandole il grasso culone e lei non si era tirata indietro.
Quando vide Monica Helena cercò di scappare ma il bagno era piccolo e lei era nuda. Scivolò in avanti, cadde nella doccia tutta nuda a culo in aria.
“Scusa signora” borbottò fra se mentre cercava di alzarsi ma io, in realtà le guardavo il gran culo pensando solo che avrei potuto entrare anche lì.
“Vieni di sotto tu” disse seria Monica e lasciammo da sola la vecchia rumena a tirarsi in piedi e trovare i suoi vestiti.
Ci sedemmo sul divano. Io nudo, a cazzo dritto. Monica ben vestita, minigonna nera, tacchi, camicetta bianca aperta sul seno. Sapevo che indossava le autoreggenti perché gliele avevo comprate io. Trenta paia, colori vari dal carne al nero passando per il verde o con disegni a fiori molto sexy. Visto che i collant impedivano la penetrazione ma io adoravo le calze mentre scopavo con le autoreggenti avevamo risolto il problema.
Era anche senza mutande, lo avevo visto quando si era seduta. Questo essere così troia mi faceva arrapare.
“Da quanto ti scopi la vecchia?”.
“Da ieri. Si, ieri. Le ho dato una manata sul culo mentre stendeva i panni e lei non ha detto di no”.
“Quindi calcolando che è qui da tre giorni c’è ne hai messo uno per fotterla?” calcola Monica.
“Si, pare di sì” annuisco.
“E i panni li ha stesi ieri pomeriggio se non sbaglio?”.
“Credo di si”.
“Quindi dopo che abbiamo scopato per due ore sono andata via e tu hai continuato con lei”.
“Si ma sei tu che mi arrapi amore, lo sai” sorrido.
“Io voglio solo sapere una cosa. Con me ti sei divertito abbastanza e vuoi cambiare modello? Vuoi assumere una badante ogni due settimane per fottertela?”.
“No Monica io ti amo, davvero. Mi piaci per come sei anche quando non facciamo sesso”.
“Stupidaggini. Ti sei trombato una vecchia con la fica grigia. Ogni buco ti va bene”.
“Non è così è solo che…insomma a me le anziane lo fanno tirare più delle giovani”.
“Davvero?” sbotta Monica.
“Si, insomma, è una cosa mia. Cioè sai io spiavo mia madre da ragazzino ma anche mia nonna o le mie zie già su di età. Le vecchie mi ricordano quei momenti di sollazzo e mi tira”.
“Ti segavi tua nonna?” sbotta Monica.
“Insomma in casa c’era un buco, se spiavo da lì vedevo tutto. Le vedevo sedute sulla tazza a fare i bisogni e non solo”.
“Cioè?”.
“Insomma una volta vidi mia nonna masturbarsi. Avevo tredici anni. Due dita nella passera, gambe larghe e gemeva a più non posso. Mi sono fatto una sega immaginandomi dentro di lei”.
Monica sgrana gli occhi “aveva le calze quel giorno?”.
“Si, si le aveva sempre coi gancetti. Trasparenti ma credo le chiamino color daino”.
“Quindi per quello ti tirano tanto le calze?”.
“Si, forse, magari è solo un po’ di feticismo visto che mi ci facevo le seghe dentro. Le prendevo dalla cesta della roba sporca e me le passavo sul cazzo”.
“Sempre di tua nonna?”.
“No, anche Mamma te l’ho detto, lei però usava i collant”.
“E ti ci masturbavi?”.
“A volte me li mettevo proprio. Poi mi segavo dentro”.
“Oddio ma sei malato”.
“Malato di sesso magari, lo ammetto, però ti amo. Giuro”.
“Stronzate”.
Mi alzo in piedi, apro un cassetto del mobile davanti a noi e ne prendo un astuccio nero. Glielo porgo “questo ti pare una stronzata?”.
Lei prende l’astuccio, lo apre poco convinta poi resta basita. Senza parole. È un anello di Cartier in oro e platino con diamante rosa. Valore sui 45 mila euro.
Mi guarda, la guardo “vuoi sposarmi?” domando.
A Monica lacrimano gli occhi. Si alza in piedi, mi abbraccia, ci baciamo “O William sei un pazzo. Un pazzo, un porco ma ti amo” la sua mano scivola fra le mie gambe. Sono ancora nudo e in tiro.
Inizia a segarmi. Un attimo dopo stiamo scopando a pecorina sul divano…
Entra Helena, fa finta di non vedere, distoglie lo sguardo ma poco importa perché i guaiti di Monica che viene si sentono per tutta la casa. “Io vado, finito”.
“Ci vediamo domani” sorrido guardandola senza smettere di montare Monica.
“Domani” sorride la biondona nord europea.
“Aspetti Helena!” urla Monica col fiato corto.
Lei si volta, ci guarda. Io mi fermo un attimo anche se ho ancora il cazzo dentro di lei.
“Signora?” borbotta la rumena.
“Domani ti faccio trovare in bagno una lavanda specifica per la vagina. Voglio che ti lavi bene appena arrivi e prima di andare via. Non voglio che mi porti a casa qualcosa chiaro?”.
La rumena ci riflette un attimo. Mi fissa, non so se ha capito. “Intende che continuerò a scoparti” dico secco.
La rumena arrossisce.
“Devi lavarti la fica capisci?” sbuffa Monica.
Helena prende coraggio, sorride “si, si io pulita, tranquilla” e se ne va dopo avermi strizzato un occhio.
Appena sentiamo chiudere la porta riprendo a fottere Monica a tutta forza. “Almeno se sono anziane non me le metti incinta” ridacchia e mi provoca.
E se metto incinta te” dico io pompando più forte per venire.
“No dai, non scherzare, ho già una figlia ventenne direi che a quarant’anni è tardi per farne un altro ti pare?”.
“Cioè devo uscire?”.
“No. Non preoccuparti vieni pure, ho una macchina che mi conta i giorni di ovulazione. Quando devi uscire te lo dico io”.
“Mi toccherà farlo con la mano, peccato” mormoro.
“Quando mi sei venuto la prima volta sui seni non mi pareva ti spiacesse”.
“No per nulla, cioè però pensavo…” e non osando dirlo le massaggio il buco del culo con un dito.
“Ma dai con quel coso? Mi sfondi?”.
“Potremmo farlo piano, usare delle creme”.
“Tu sei fuori davvero. Pensa a fare il tuo dovere adesso” sorride lei incitandomi a pompare più forte.
“Il dito nel culetto lo posso lasciare. Ti piace?”.
“Si amore lascialo e riempimi tutta” sospira Monica, insaziabile e porca.
È nuda. Ha tenuto solo le autoreggenti a rete perché sa quanto mi piacciono.
“Cara io… cioè scusa… insomma tua madre è ancora così sexy.
“Ma sta zitto” dice lei e senza tanti complimenti mi si siede in braccio, si guida il mio uccello dritto dentro la vulva già umida e prende a cavalcarmi a tutta forza con le sue tettone gonfie che mi sbattono in faccia e che io cerco di leccare meglio che posso arrapato più che mai.
Inizia a venire (è multiorgasmica) 3,4,5…10, 15… poi smette di contare.
“Vengo” sospiro sperduto fra le sue poppe.
“Sono giorni fertili” ansima lei continuando ad andare su e giù.
“Esco…”.
“No, ingravidami, lo voglio”.
“Ma” borbotto anche se nessuno mi ascolta.
Sto con Monica da tre anni. È stata la mia prima colf quando ho comprato questa villetta tranquilla in periferia, appena ho cominciato a fare un po’ di soldi. Era così sexy quando faceva le pulizie con il camicione blu, o a volte verde che sottolineava le sue forme e la bellezza dei collant che le fasciavano le gambe che non ci abbiamo messo molto. Una settimana di lavoro e già passavamo metà del suo tempo retribuito a fottere.
Lei stava divorziando era sola, triste e bisognosa di cazzo. Aveva inteso subito quanto la guardavo e mi si offrì senza tanti giri di parole. In cucina, lavando i piatti.
Io avevo inteso che quel giorno c’era qualcosa che non andava perché era senza calze. Anche se io l’avrei preferita sempre in nylon non dissi nulla. Anche da nude erano sempre belle gambe. Quando si mise quasi a novanta sul lavandino e rivelò che sotto non aveva nemmeno le mutande era ovvio che mi voleva lasciare la strada libera.
Così, senza troppe parole mi calai i pantaloni e la presi a pecora.
Ricordo il primo urlo doloroso “Cristo ma mi stai infilando il braccio?”.
“No è il mio cazzo tranquilla”.
“Ma cosa sei un elefante?” esclamò mentre glielo muovevo dentro piano piano.
“Faccio male?”.
“Si ma non fermarti. No, no non fermarti”.
Non ci pensavo affatto a fermarmi. Quel giorno le entrai dentro poco dopo pranzo e alle cinque alla fine del suo orario di lavoro stavamo ancora pompando dopo essere passati dal lavandino, al tavolo, al divano e al tappeto. A pecorina, smorza candela, di fianco, fra le tette, in bocca…
Tre giorni dopo assunsi un altra badante, Monica insistette per una rumena matura over sessanta di nome Helena, bruttina, grassa, poco seno. “Per andare sul tranquillo” sorrise Monica.
“In che senso?”.
“Non ti metto certo in casa una troietta pompinara. Con la vecchia siamo tranquilli” sorrise.
Io non feci commenti.
Tre giorni dopo Monica mi trovò a montare Helena in bagno contro la lavatrice. Mi ero eccitato a vederla chinata sui panni, le avevo fatto manina sotto la gonna palpandole il grasso culone e lei non si era tirata indietro.
Quando vide Monica Helena cercò di scappare ma il bagno era piccolo e lei era nuda. Scivolò in avanti, cadde nella doccia tutta nuda a culo in aria.
“Scusa signora” borbottò fra se mentre cercava di alzarsi ma io, in realtà le guardavo il gran culo pensando solo che avrei potuto entrare anche lì.
“Vieni di sotto tu” disse seria Monica e lasciammo da sola la vecchia rumena a tirarsi in piedi e trovare i suoi vestiti.
Ci sedemmo sul divano. Io nudo, a cazzo dritto. Monica ben vestita, minigonna nera, tacchi, camicetta bianca aperta sul seno. Sapevo che indossava le autoreggenti perché gliele avevo comprate io. Trenta paia, colori vari dal carne al nero passando per il verde o con disegni a fiori molto sexy. Visto che i collant impedivano la penetrazione ma io adoravo le calze mentre scopavo con le autoreggenti avevamo risolto il problema.
Era anche senza mutande, lo avevo visto quando si era seduta. Questo essere così troia mi faceva arrapare.
“Da quanto ti scopi la vecchia?”.
“Da ieri. Si, ieri. Le ho dato una manata sul culo mentre stendeva i panni e lei non ha detto di no”.
“Quindi calcolando che è qui da tre giorni c’è ne hai messo uno per fotterla?” calcola Monica.
“Si, pare di sì” annuisco.
“E i panni li ha stesi ieri pomeriggio se non sbaglio?”.
“Credo di si”.
“Quindi dopo che abbiamo scopato per due ore sono andata via e tu hai continuato con lei”.
“Si ma sei tu che mi arrapi amore, lo sai” sorrido.
“Io voglio solo sapere una cosa. Con me ti sei divertito abbastanza e vuoi cambiare modello? Vuoi assumere una badante ogni due settimane per fottertela?”.
“No Monica io ti amo, davvero. Mi piaci per come sei anche quando non facciamo sesso”.
“Stupidaggini. Ti sei trombato una vecchia con la fica grigia. Ogni buco ti va bene”.
“Non è così è solo che…insomma a me le anziane lo fanno tirare più delle giovani”.
“Davvero?” sbotta Monica.
“Si, insomma, è una cosa mia. Cioè sai io spiavo mia madre da ragazzino ma anche mia nonna o le mie zie già su di età. Le vecchie mi ricordano quei momenti di sollazzo e mi tira”.
“Ti segavi tua nonna?” sbotta Monica.
“Insomma in casa c’era un buco, se spiavo da lì vedevo tutto. Le vedevo sedute sulla tazza a fare i bisogni e non solo”.
“Cioè?”.
“Insomma una volta vidi mia nonna masturbarsi. Avevo tredici anni. Due dita nella passera, gambe larghe e gemeva a più non posso. Mi sono fatto una sega immaginandomi dentro di lei”.
Monica sgrana gli occhi “aveva le calze quel giorno?”.
“Si, si le aveva sempre coi gancetti. Trasparenti ma credo le chiamino color daino”.
“Quindi per quello ti tirano tanto le calze?”.
“Si, forse, magari è solo un po’ di feticismo visto che mi ci facevo le seghe dentro. Le prendevo dalla cesta della roba sporca e me le passavo sul cazzo”.
“Sempre di tua nonna?”.
“No, anche Mamma te l’ho detto, lei però usava i collant”.
“E ti ci masturbavi?”.
“A volte me li mettevo proprio. Poi mi segavo dentro”.
“Oddio ma sei malato”.
“Malato di sesso magari, lo ammetto, però ti amo. Giuro”.
“Stronzate”.
Mi alzo in piedi, apro un cassetto del mobile davanti a noi e ne prendo un astuccio nero. Glielo porgo “questo ti pare una stronzata?”.
Lei prende l’astuccio, lo apre poco convinta poi resta basita. Senza parole. È un anello di Cartier in oro e platino con diamante rosa. Valore sui 45 mila euro.
Mi guarda, la guardo “vuoi sposarmi?” domando.
A Monica lacrimano gli occhi. Si alza in piedi, mi abbraccia, ci baciamo “O William sei un pazzo. Un pazzo, un porco ma ti amo” la sua mano scivola fra le mie gambe. Sono ancora nudo e in tiro.
Inizia a segarmi. Un attimo dopo stiamo scopando a pecorina sul divano…
Entra Helena, fa finta di non vedere, distoglie lo sguardo ma poco importa perché i guaiti di Monica che viene si sentono per tutta la casa. “Io vado, finito”.
“Ci vediamo domani” sorrido guardandola senza smettere di montare Monica.
“Domani” sorride la biondona nord europea.
“Aspetti Helena!” urla Monica col fiato corto.
Lei si volta, ci guarda. Io mi fermo un attimo anche se ho ancora il cazzo dentro di lei.
“Signora?” borbotta la rumena.
“Domani ti faccio trovare in bagno una lavanda specifica per la vagina. Voglio che ti lavi bene appena arrivi e prima di andare via. Non voglio che mi porti a casa qualcosa chiaro?”.
La rumena ci riflette un attimo. Mi fissa, non so se ha capito. “Intende che continuerò a scoparti” dico secco.
La rumena arrossisce.
“Devi lavarti la fica capisci?” sbuffa Monica.
Helena prende coraggio, sorride “si, si io pulita, tranquilla” e se ne va dopo avermi strizzato un occhio.
Appena sentiamo chiudere la porta riprendo a fottere Monica a tutta forza. “Almeno se sono anziane non me le metti incinta” ridacchia e mi provoca.
E se metto incinta te” dico io pompando più forte per venire.
“No dai, non scherzare, ho già una figlia ventenne direi che a quarant’anni è tardi per farne un altro ti pare?”.
“Cioè devo uscire?”.
“No. Non preoccuparti vieni pure, ho una macchina che mi conta i giorni di ovulazione. Quando devi uscire te lo dico io”.
“Mi toccherà farlo con la mano, peccato” mormoro.
“Quando mi sei venuto la prima volta sui seni non mi pareva ti spiacesse”.
“No per nulla, cioè però pensavo…” e non osando dirlo le massaggio il buco del culo con un dito.
“Ma dai con quel coso? Mi sfondi?”.
“Potremmo farlo piano, usare delle creme”.
“Tu sei fuori davvero. Pensa a fare il tuo dovere adesso” sorride lei incitandomi a pompare più forte.
“Il dito nel culetto lo posso lasciare. Ti piace?”.
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