Nicola e Alberto Cap I Il sogno rivelato

di
genere
gay


Da tempo la vacanza nella costa jonica era fissata e, come da pianificazione, il docente si avviò con il figlio in auto verso la meta tanto attesa. Il viaggio era lungo, per cui si fornì di caramelle e cioccolatini, che lo avrebbero sostenuto nella guida e aiutato il figlio ad aprirsi; per cui … in una splendida calle, difficile da raggiungere e riservata al nudismo, i due con abbigliamento balneare si ritrovarono sulla spiaggia nel posto loro riservato.
Caldo, sole, stanchezza, tensione emotiva, osservatisi, si stesero sui lettini catturati dal desiderio di svuotarsi la mente da obblighi, impegni, studi.
Il ragazzo, con lo spettacolo offertogli dal fisico discinto del padre, ansimando, chiuse gli occhi e si addormentò.
Era stupendo, affascinante, scultoreo il corpo del genitore, coperto solamente da dei boxer bianchi, da spiaggia, attillati, stretti, esaltanti la sua silhouette basso inguinale e lui … sognava ad occhi aperti, … fantasticava, … sperava di … vedere altro, anche quello che i tessuti celavano.
Improvvisamente aprì gli occhi, che gli capitava? Cosa gli stava succedendo, sentiva un gran calore … inumidito in mezzo alle gambe, aveva fatto un sogno erotico? Si ricordava appena, era confuso, si guardò attorno, vedendo il cielo, l’ombrellone e, accanto, l’altro sdraio. Era sempre in spiaggia, ma il sole era alto oltre la metà della volta celeste. Quanto aveva dormito? Istintivamente fece per alzarsi, ma percepì di sentirsi strano, eccitato, bagnato. Impossibile pensò; allungo le mani per tastarsi: dall’orlo dei suoi slip faceva occhiolino un visetto umettato, lucente, pieno, dalla cui piccola bocca fluiva, erompeva placido, tranquillo un rivolo bianco, cremoso, … di un profumo noto, … che conosceva, … eccitante, lascivo.
Dispostosi sui gomiti, si osservò incredulo e in preda al panico coprì con una mano quello che aveva visto … che riconosceva. In balia a mille pensieri percepiva crescere forte l’eccitazione e il suo allungarsi fino all’ombelico. Si sedette sul lettino, cercando di pensare, e solo allora inspiegabilmente, si ricordò di chi aveva attorno.
Rossore, agitazione, angoscia, inquietudine: dei volti lo osservavano, lo squadravano, lo fissavano. Farfugliò, biascicò qualche monosillabo, per abbassare gli occhi subito dopo, chiudendosi in sé.
Suo padre sorridente, con espressione soddisfatta, con altri uomini, gli comunicava con mimi facciali, con segni, con cenni di non temere e di non imbarazzarsi, di non arrossire, anche se era uno spettacolo osservarlo.
“Sono miei amici e, se vuoi, anche tuoi. Non avere timore: conoscono la vita e ridono del tuo guazzetto.” Taceva, copriva, continuava a nascondere. Il padre, flessosi, presogli e spostatogli l’arto, fece vedere e conoscere, quello che gli era accaduto. “Guardami, -sollevandogli il volto-: è successo; si è verificata una situazione, un avvenimento conseguenza di sogni o desideri del tuo inconscio, che io e i presenti comprendiamo e non condanniamo; anzi so, immagino il tuo sogno. Noi siamo ospiti in questa spiaggia privata, particolare, esclusiva, riservata, della quale ti avevo parlato e del suo club. Qui, in codesto luogo questi fenomeni sono rilevati, evidenziati, mostrati con bonarietà, affabilità, con simpatia e accadono spesso, soprattutto a ragazzi come te. Ora, io per primo e poi gli altri, esibiremo e ti presenteremo il tuo sogno, il tuo desiderio. Ti offriremo, ti doneremo i nostri intingoli, in modo da alleviarti, da distrarti da quel tuo senso di colpa, di vergogna, che non ha motivo di sussistere. Da tempo ti sto osservando e sempre più forte è l’impressione che tu sia attratto dal sesso maschile, da come mi scruti, miri e dalle tue reazioni fisiche. L’idea che mi son fatto sulle tue necessità corporee diventa sempre più fondata, più convinta. Per questo motivo ti ho proposto questa vacanza, tra amici dalla mente molto aperta. Sei mio figlio, per cui, viste le tue inclinazioni, è mio dovere iniziarti al culto di quello che tu cerchi, di avviarti alla sua venerazione e alla conoscenza di te stesso. Ecco il mio: l’ho fatto uscire dalla sua coltre per presentartelo, per fartelo conoscere, per farti gioire al vederlo. E’ la prima volta che ne vedi uno da vicino ed è quello di tuo padre, ma vicino ce ne sono degli altri che desiderano farsi studiare nella loro magnificenza, nella loro bellezza e splendore. Il mio è ancora barzotto, ma se lo accarezzi, lo palpi e lo aduli un po’ con le mani, beh, fa in fretta ad ergersi, a innalzarsi per svettare e mostrarsi; mentre i loro sono già sull’attenti, dritti, eretti, verticali, rossi, lucidi, serici, congestionati; bramosi di veicolare, di darti il contenuto delle loro sacche. Non temere e abbandonati; lasciati avvincere, prendere dal desiderio di incontrarlo, di prenderlo, di averlo dentro di te. Voglio farti conoscere e apprezzare le delizie della sodomia con membri diversi, ma straordinari. Osserva -indicando- quello di Carlo: lungo, affusolato, turgido come non mai; rosso da sembrare un corallo di fuoco, sarà rabbioso, animoso, mortale e quello di Stefano: latteo, marmoreo, senza peli con una cappella che assomiglia a quella di un coprino, del fungo dell’inchiostro, amante di terreni, di fori ricchi di sostanze organiche, maturo, saggio, esperto e questo di Enrico con una calotta bombata, massiccia, sporgente, brillante, liscia, carnosa, sericea, con lucentezza rosa-perlacea, glabro, ma con un nido irsuto, villoso che gli copre anche i testicoli, solido, somigliante ad un agarico dei nostri prati; lo cercherai sempre per il suo percuotere. Sei perplesso, disorientato, stupito per quello che vedi? Non era forse quello che cercavi? Il tuo corpo risponde per te. Ti vergogni ancora di quello che ti è successo? Penso di averti tolto, rimosso, svestito di qualsiasi remora, imbarazzo, perplessità. Il tuo fisico parla. Ti interessano, ti allettano o ti invogliano a conoscerli meglio? Se vuoi, più tardi, possiamo trovarci con loro, ma non ti ho ancora fatto osservare il mio. Lo vuoi guardare, mirare, studiare, controllare, tastare, sfiorare, visto che da quel che ho potuto capire, è un tuo desiderio stringere, prendere per ammirarlo, venerarlo, farlo pulsare e vibrare. Lui amerà agitarsi, muoversi, turbarsi dentro di te, come nei tuoi sogni e tu brami contorcerti, inarcarti, emozionarti, intenerirti per sentirti pieno, sazio, appagato. Ecco il tuo sogno, il tuo desiderio, la tua passione. Incanto, splendore, meraviglia delle meraviglie; sembra un porcino, il re dei funghi, rosso con tonalità lampone, fragola, carminio, porpora-brunastro, violaceo; con una carnagione vellutata, liscia quasi feltrata; non è molto lungo, ma di misure rispettabili, dato che da barzotto mi arriva a metà coscia, tozzo, sodo, duro, coriaceo quando ama profanare, sventrare, scassare, arare. Da quando mi sono accorto che mi segui, che mi osservi nei miei momenti di igiene personale, ho percepito, intuito che sei incline, che sei orientato, indirizzato, che il tuo desiderio sessuale è rivolto verso quello che ora ti stiamo mostrando. Dimmi: è vero e ti vergogni ancora di esserti bagnato?”
“Sì, è vero e non mi vergogno più. Mi piace ed eccita avere davanti a me le immagini dei vostri organi genitali, dei vostri uccelli. Mi incantano e vorrei … non so. Il mio è teso; mi fa male da quanto è rigido, gonfio, pieno; forse sarà per l’incessante, ripetuto fantasticare, immaginare e desiderare di conoscere il tuo, papà. Mi delizierebbe osservarli mentre spruzzano, emettono, sprizzano lo sperma delle vostre ghiandole. Mi interesserebbe sentirli, coccolarli, odorarli, averli più vicino di come gli ho ora; e poi …”
“Bene, figlio mio; se è così, allora sfilati l’indumento che ancora copre in parte il tuo pube e la bisaccia che dondola dal tuo pendolo e ricevi su di te i liquidi di Carlo. Lui è già pronto a tessere, a dipingere, a stendere su di te la prima mano di colore di un’opera che schizzeremo, che minieremo, tinteggeremo assieme per iniziarti al piacere homo. Dal suo ugello affusolato, slanciato, eccitato usciranno schizzi lunghi, fini, ma sfrenati, veementi, tanto che facilmente, da dove si trova, ti colpirà sul volto e forse … Lo vuoi?”
“Ohhhhh sììììì! E’ lungo, tanto rosso e sembra un antico amuleto, un antico idolo. Fatemi tenere una mano per percepirne il calore sotto lo scroto, mentre se lo mena e per vedere i suoi getti tiepidi prima colpirmi il volto e poi osservarli scendere e scivolare su di me. Che cosa incantevole è guardare, davanti a te, papà, un fallo bagnato, fradicio di unguenti, turgido all’inverosimile, che mi sorride e osserva la mia curiosità. Ohhh papà che cosa posso fare per coccolarli, amarli … Insegnami!”
“Fai quello che il tuo corpo chiede. Loro prediligono le tue mani, le tue carezze, i tuoi occhi, ma soprattutto le tue labbra e l’interno del tuo alveo orale. Impazziscono quando una lingua li sfiora; li striscia umida, lenta, vellutata, dalle loro bisacce alle loro punte; quando li lecca; quando serpeggia e gli rasenta; quando si sposta e si strofina sul loro bischero e poi, beh … quanto desiderano il tuo fiore segreto e le sue mucose con le nervature; ma anche tu, che riceverai, percepirai un piacere indescrivibile, straordinario, incredibile; tanto che non smetterai più di chiedere.
Li pregherai, li ricercherai e li solleciterai urlando di prenderti, di possederti, di soggiogarti sino a non esitare a diventare un loro zimbello, un loro schiavo; pur di essere sempre farcito, imbottito, pieno. E’ sufficiente osservare le reazioni del tuo fisico alla dolce, delicata, morbida manipolazione che ti sto praticando. Ti vedo contrarre, inarcare, allungare per sfuggire alla deliziosa, amabile tortura. Ansimi e, con inviti silenziosi, chiedi, aprendoti, che la mia mano si inoltri verso la tua valle delle fate, celante tra le sue pareti la tua fresca, ancora inviolata apertura anale; che percepisco boccheggiare, ansimare, quasi a volersi aprire per ricevere un estraneo … e lo stesso comportamento ha il tuo cavo orale verso le dita della mia mano destra, lorde, zuppe dei succhi dei miei compagni. … e tu ingordo, goloso, in preda a stimoli lussuriosi, lascivi, sensuali, la apri e succhi, pulendomi le dita. Sei nel nirvana dei sensi, mandato dal lieve mio massaggio al tuo pisello e dalla ricezione dei nettari dei miei amici; poiché anche il ricevere sul corpo lo sperma di altri dona immenso, libidinoso, sensuale piacere. Carlo, Stefano, Enrico e altri ti hanno già regalato i loro profumi, i loro unguenti. Manco io all’appello. Dove e come lo vuoi?”
“Oh faccio io, papà! Abbandonati alle mie mani e al mio istinto. Ha una testa lucida, gonfia, violacea, rorida di rugiada. Dalla sua apertura scorre lento un liquido trasparente, vischioso, attraente, profumato. E’ bellissimo papà. Il tuo è diverso, ha un fusto tozzo, scuro, duro, caldo. Da quanto aspettavo di vederlo; quante volte ho sbirciato dal foro della chiave per … e sognato. Più volte mi sono ritrovato con gli slip inzuppati, intrisi, impiastricciati del mio sperma; solo perché ambivo, sospiravo, desideravo vederlo e ora ce l’ho sul palmo della mia destra, mentre l’altra vuole conoscerlo, distendendo il precum su tutta la sua superficie. Lo guardo, papà, e lui continua a crescere, ad allungarsi, ad indurirsi, a diventare anche più largo, con quelle vene in rilievo che lo fanno sembrare … Ohh, papà, ce l’ho davanti al naso e ne aspiro il profumo animalesco, forte, carnale, libidinoso e lui si sta facendo durissimo. Papà era un sogno e ora … posso?”
“Sì: fai! E’ il tuo momento, per cui segui il tuo istinto, il tuo impulso naturale. Fatti conoscere e non temere. Tutti abbiamo avuto i tuoi momenti e altri li avranno. Veneralo, limalo, leccalo, imboccatelo, succhialo, poppalo come un gelato, gustalo.”
“Ohh papààààà!” Il ragazzo ansante, con le lacrime agli occhi per la commozione di stringere fra le mani il suo sogno erotico, prese a baciare, a lambire, a toccare, appena, con le labbra quel paiolo di carne marmorea, soda, calda; per poi trascinarselo, strusciarselo sul volto per impregnarsi del profumo, degli unguenti del padre. Non gli importava se lo faceva scorrere sulle essenze degli amici, ma quel perno era di suo padre e lui doveva sentirne il calore, la levigatezza e … sììììììììììì, anche il gusto. Fissava suo padre negli occhi per averne il consenso e quella cosa enorme gli entrò in bocca. Non sapeva come fare, ma per poter respirare, la fece uscire, sentendo così il sapore del precum. Lo riprese, muovendo la testa a scatti, scopandoselo con quel poco che riusciva a mettere dentro la bocca.
“Ohhhhhhhhh!” Godeva del suo lavorio, tanto che dal suo pisello un filo colloso, trasparente disegnava sui suoi vasto-mediali ragnatele gelatinose, fluide.
“Bravissimo, leccalo da sotto, dalle palle! Hai appena iniziato e sembri già un maestro!” Non sentiva i complimenti, perché preso dalla passione, dall’eccitazione, dalla voglia erotica che lo spinse a lavorare di bocca, di labbra, di lingua dai testicoli al vermiglio, rosato glande, insalivando tutto, mentre le sue mani, scivolando sull’asta piena di saliva, generavano suoni bagnati; poi con baci scrisse una sinfonia di suoni lascivi, impudichi, sensuali. In certi momenti quella masturbazione al membro del padre era violenta, con la mano che stringeva, mentre la sua lingua non si staccava mai. Lappava e gustava; lappava e succhiava. Si divertiva, gioiva su quella verga smisurata, muovendo bocca e mani su e giù su tutta la sua lunghezza. Se lo sbatteva sulle labbra, sulla faccia per ritornare a leccarlo, a suggerlo, a …, finché uno spruzzo forte, lungo, caldo lo colpì in un occhio. Rise emozionato per tale prodigio da lui provocato, quando un altro gli coperse le labbra. Schizzi dopo schizzi sulla faccia, nei capelli, che duravano secondi. Il padre eiaculava che sembrava una fontana, non finiva mai. Sborra calda, densa, profumata, oppiacea.
“Ohhh, quanta me ne hai estratta. Ohhhhh! Sei stato magnifico, fantastico! Ora puliscimelo, estraendomi ciò che rimane nel condotto urinario, sentine e godine il sapore!” Il giovane studente suggeva, aspirava, spremeva e sorbiva ciò che era rimasto nell’uretra del padre e mentre le sua bocca era occupata in questa operazione, delle mani spalmavano, cospargevano sul suo corpo quello che colava dei fiotti, dei getti paterni portandolo ad un punto di non ritorno. S’inarcò, urlò il suo piacere, mentre stille lucenti, luminose salivano verso l’alto per frangersi subito dopo sul suo addome.
“Benvenuto in questa spiaggia, ragazzo! Speriamo di averti ospite per lungo tempo e di ritrovarti in altre vacanze!” Sorrideva ai presenti appagato, felice, estasiato, ricoperto e profumato di essenze maschili.
“Papà, è stato bellissimo! Mi riporti ancora in questo posto? Posso averlo ancora fra le mani e in bocca per sentire il tuo sapore e anche gli altri?”
“Non sta a me decidere!”
“Che debbo fare?”
“Incontrare la persona coordinatrice e chiedere!”
“Coordinatrice, che significa?”
“Tutti quelli che vedi in questa calle esclusiva sono iscritti ad un circolo naturista per uomini. Per accedere alla spiaggia si deve essere presentati da un iscritto, ma per voler proseguire e far parte dell’associazione si deve chiedere ed essere accompagnati da altri, che garantiscono al responsabile su di lei o su di te.”
“Quando e a chi devo chiedere, se posso venire ancora con te; però chi mi accompagna?” … e mentre attendeva le risposte pacate del genitore, le solite mani continuavano imperterrite, ostinate a stendere, a spalmare su quel corpo i liquidi spermatici, anche tra le chiappe toniche, fresche, eccitanti, risveglianti desideri; come a voler vestirlo di un trasparente, concupiscente body.
“Questi non servono. Chi ti deve accettare, preferisce conoscerti con l’abbigliamento adatto a questa spiaggia; per cui … andiamo.”
“… ma, … così?” evidenziando il suo stato.
“Sì! Lui, per la tua spontaneità e schiettezza e … per il profumo che emani, gradirà maggiormente la tua richiesta.”

scritto il
2024-07-13
2 . 1 K
visite
7
voti
valutazione
4.4
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.