Nicola e Alberto Cap: VI Finalmente, anche il padre

di
genere
gay

“Insigni amici, … ecco a voi colui che ha chiesto di condividere con noi i piaceri dell’omosessualità, della sodomizzazione e della venerazione al Fallo. Egli, oggi, sarà stuprato, abusato, sfondato, oltre che dai padrini, anche dal padre, come da suo desiderio, donando loro l’anima e a voi spettatori uno spettacolo eccezionale. Egli è pronto a venerarlo, a onorarlo, a soddisfarli con tutto il suo corpo, e noi con i bovini, con i cani e con gli altri ospiti inviteremo, consiglieremo e alla fine lo vestiremo delle nostre velate, sensuali, cremose essenze!”
“Eccoti, figliolo, giunto alla meta che tanto hai agognato, sognato. Hai un bel vestito, simile al nostro, che usiamo ogni volta che ci troviamo in questo spazio, consacrato a Hu Tianbao. È inzuppato del nettare dorato, come il tuo corpo ne è irrorato e, per i profumi di cui sei vestito, il tuo culetto freme, si bagna, si unge. Avvicinati a Carlo e confidati, aprigli l’anima!”
“Sì!” Il due protesero le mani per fissarsi negli occhi e … Si scrutarono contemplandosi. Il ragazzo si lasciò attirare, quasi a contatto dei sai. Sospiri, pause, indugi, ansia. Le labbra si accostarono per sfiorarsi, accarezzarsi e aprirsi per espirare. Boccheggi, soffi: “Sì, … sì!” … e quelle si schiusero per far conoscere i tesori da loro custoditi e mentre le lingue si toccavano, si lambivano timidamente, trepidanti, le mani di Carlo, spostatesi, attrassero con forza il bacino del giovinetto contro il suo pube, esasperando la passione. Le lingue si intrecciarono, si attorcigliarono per asportare, per aspirare, per riconsegnare salive, per ungere e tornare a lappare labbra, mento, gotte; mentre mani adulte strizzavano, spremevano, pigiavano, torcevano quei giovani glutei coperti da tessuto. Lui si inarcava, andando incontro, tastandolo con il suo, il fallo del uomo. “Haanf, … hannnff, … sssgf”
“Mi vuoi?” e spingendolo verso il basso l’obbligava a odorare il suo membro. “Ti piace, puttanella, il mio cazzo?”
“Sì!” … e il saio di Carlo un po’ per volta iniziò a salire regalando al giovinetto un profumo d’uomo sempre più intenso, penetrante, invitante. Le mani erano là, che reggevano l’emblema di carne dei suoi sogni, del suo desiderio, mentre anche l’adulto, sollevatagli la veste e scopertigli i glutei, ne venerava la fresca giovanile armonia con carezze delicate e lievi, con improvvisi caldi tocchi, con impastamenti energici e decisi e anche con botte.
“E’ tuo!” … e risaliva con le grosse dita liberando e svelando il dorso, provocando aggiuntivi fremiti, ulteriori trepidazioni che salivano e scendevano lungo la schiena, sino a far fremere, luccicare di oleosa rugiada il tulipano frastagliato. Senza rendersi conto il ragazzo prese a gemere; il suo respiro diventava sempre più corto, mentre le carezze proseguivano più lunghe, a volte tergiversavano o sostavano sulla pelle accaldata.
“Lo desidero!” … e le mani, che idolatravano, che spargevano le stille dell’attesa, lasciarono gli spazi vitali alle labbra, alla lingua per seminare nuovi unguenti. Il membro sotto quelle attenzioni diveniva sempre più ritto, duro e rugoso, con la sua apertura sempre più gocciolante. Passava la lingua sulla punta, inumidita dagli umori e dalle salive; lasciava baci e infine, per gradi, poco per volta, gli scivolò in bocca.
“Sei coraggioso, osceno, ma bellissimo! Non riesco a staccare, a smettere di guardare il tuo culetto. Mi piace. Mi piaci piccolo mostro di lussuria. Hai una bocca che … e sei bagnatissimo! Come fai?” … e prese con una mano, mentre l’altra strizzava, a spingere quella testa, sempre più giù, sul suo odore di maschio. Un indice si muoveva dentro il crespo fiore con lentezza e pazienza, come una serpe quando dondola o ritrae il capo. Nicolò inconsapevolmente, cominciò a contrarre le chiappe, mostrando e nascondendo il suo orifizio.
“Lo voglio!” Erano nudi ormai accaldati, madidi. Si trasmettevano piaceri, mentre dalle loro labbra uscivano vocaboli, termini, frasari del linguaggio erotico. “Lo voglio, … dentro, … tutto!” Carlo, afferratolo per le natiche, gli cambiò la posizione. Ora si trovava supino, inarcato con le gambe alzate ed allargate, con il luminoso, palpitante orifizio che attirava, seduceva, invitava.
“Ohhh, come schiude, sboccia, si apre per mostrare il suo roseo tenero interno, per serrarsi, stringersi espellendo sostanze oleose. È tutto da leccare, limare, snervare, fiaccare, compresa anche la valle in cui si cela, palpita, ansima, chiede.”. Raggiunse col viso le teneri, rosee, profumate chiappette. Le allargò per ammirare la rosellina che boccheggiava dal desiderio e la ricoprì con la sua lingua avida, prepotente, rasposa; per coprirla di saliva, di baci e nuovamente di bava, di risucchi e di soffi, per renderla ancora più tenera e pronta all’assalto, alla penetrazione, alla trombata. L’uomo si trasformò, si tramutò celermente in un animale feroce, avido di azzannare, di stuprare la sua bianca, burrosa preda.
“Heanffff, … haaaaaaaaaaa” Carlo, portatosi la gambe del ragazzino sulle spalle, afferrategli saldamente le chiappe e con i pollici allargatogli oltremodo la parte più intima, gli puntò contro la sua carne purpurea, mentre i presenti eccitati, impressionati dallo spettacolo, liberatisi delle tonache, iniziavano a respirare con affanno o si mordevano le labbra, ansimando.
“Sto per entrarti dentro, puttana. Vuoi che lo faccia come si deve ad una cagnetta in calore come te? Dimmi, è così che vuoi?”
“Sìììììì, sìììììììììì! Enffhhhhhhhhhh: Prendimi, riempimi, farciscimi; il mio intestino freme, scalpita, mormora, chiama, pigola.”
“O.K. Eccoti esaudito!”. Con una potente spinta Carlo affondò la cappella e il cazzo per un bel pezzo, lacerandogli il muscolo anale, nel mentre gli tappava la bocca per contenerne le urla. Ci vollero altre due spinte perché tutto quel batacchio sprofondasse fino alle palle, fino al folto pelo dell’inguine, spanandogli l’intestino.
“…” Fissava con occhi sgranati il suo seviziatore. Lacrime fluivano giù per le sue gote: rivelazione di dolore, ma, appena, quello iniziò a muoversi piano piano dentro di lui, lo sguardo palesò piacere e … “Siiii … ahhhhhnfff, siiiiiii, …haaanf, siiii, di più, più forte, … più forte!”, mentre l’intensità della copula andava sempre più aumentando.
“Ohhhh … anffffffffff! Ti rompo il culo, piccola ninfetta, piccola troia! Ti piace ehhhh? … sei un piccolo rottinculo, prendilo tuttooooooo!”
“Siii, siiiiiii, ancora, … un’altra volta …”
Proseguirono così per un bel po’. L’accoppiamento si fece sempre più furioso, impetuoso, quasi bestiale. Il linguaggio osceno sempre più pesante. Il buco rovinato sempre più arrossato. Il canale slabbrato non poneva più alcun attrito, sempre più scivoloso di umori. Finché, … ancora spinte e … “Ecco, … ecco … ti riempio di sborro, troia! Vengooooo, sei miooooooooooo, … mio … arrgghhhhhhh, put … taaa …naaaaaaaa!” Continuò a spingere fino all’ultima goccia, fino a che non si ammosciò un poco. Carlo si lasciò andare sopra di lui con tutto il suo peso, stringendolo forte a sé.
Poco dopo si allungò distendendosi di schiena al suo fianco per riprendere fiato. Il ragazzo gli si accoccolò sotto l’ascella, col braccio poggiato sul grande torace peloso, che, poi, prese ad accarezzare con le piccole dita. Ammirava la perfetta fusione tra peli bianchi e neri. Erano così sensuali. Alcuni dei presenti versarono le loro essenze: prima, cremosa ondata lattea sui due.
“E’ stato meraviglioso, bellissimo! Il sentirlo entrare, riempire l’intestino non più dolente, non più contratto per il desiderio, ma soddisfatto che, ghermito, collaborava nel farlo accedere, aspirandolo. Ohhhhhhh, che sensazione ho avuto. Saturo, sazio, pieno e poi, quando usciva: il languore, lo struggimento dell’abbandono, per gioire nuovamente al suo rientro; e, nel momento in cui le mie membrane intestinali spossate, distrutte, infiammate dalla dolce, incantevole tortura, ecco gli spruzzi che indussero le mie ghiandole ad aprirsi. Che bello! Ancora? Ti voglio bene, ti …” e mentre esternava le sue emozioni, stretto a lui, le sue mani scorrevano docili, briose tra i villi dorsali ed inguinali dell’uomo. Risero e quelle, a forza di giocherellare, di sedurre, risvegliarono le voglie e la passione.
Il cazzo ritornò edematoso e duro e sui loro volti riapparve il desiderio. Messo a pecorina, preso per le anche, in un attimo fu nuovamente impalato, facilitato dall’umidità della precedente sborrata per essere montato come un coniglio, senza sosta. Si sentivano le battute degli affondi sulle sode chiappette, lo sciacquio degli umori rettali, il profumo di sesso e di sperma e la musica passionale che proveniva dal proseguo dell’orgia.
“Ti piace troietta?”
“Si, ahhhhhhhgggggggggg” Il lamento, l’urlo di piacere fu soffocato dal vomere di Enrico di un intenso, pungente odore virile; un cazzo bellissimo, non lunghissimo ma tozzo, una calotta bombata, grande come un mandarino: uno spettacolo. La bocca di Nicola aveva difficoltà ad accoglierla.
“Sei un bel ragazzino, un svuota-coglioni, un ragazzino-svuota-coglioni! Guarda, … apri la bocca!” e lui, in preda al piacere, che risaliva dall’ano, obbedì senza indugio, facendo aderire le sue labbra alla grossa vermiglia cappella.
“Succhia!” … la fava stentava, si sforzava, fatica, ma entrava e riempiva.
“Lecca!” … e quell’organo del gusto strusciava, s’incagliava, si muoveva, s’arrotolava attorno. La sua attenzione era tutta rivolta a leccare e succhiare quel grosso membro. Un attimo di pausa e poi si misero a fotterlo sempre più forte, sempre più veloce. Uno usciva, l’altro entrava. Gli colavano salive, miste a conati, provocati dal fallo-agarico di Enrico, dalla calotta bombata, massiccia, brillante, carnosa, sericea, quando nel fotterlo gli sfiorò l’apertura dell’esofago.
Non si curò della sevizia orale, poiché il piacere che saliva dal condotto anale era talmente forte, unico, che lo indussero a reclamare, a chiedere di essere rotto.
Lo chiavavano contemporaneamente nei due buchi e lui uggiolava, gemeva, squittiva, boccheggiava mentre i due emettevano continui sbuffi di piacere. Era allo spiedo. Il suo corpo era scosso da brividi dalla gola al buco del culo. Sussultava, trasaliva, ingoiava. Il padre era là, che recuperava i liquidi biancastri che gli colavano dalle gotte, per sparpagliarglieli lentamente, in modo lascivo, libidinoso, lussurioso sul volto, al modo di un’applicazione di maquillage. Carlo sfilatosi velocemente, tenendolo sempre per i capelli e rimessoglielo fra le labbra, gli riempì la gola di caldo stimolante sperma.
“Puliscimelo bene ragazzo, anche i residui. Dai succhia, succhia e aspirami l’anima. Oh che scopata! Ohhh …!”
“Papàààà è …” … e il ragazzino emozionato, eccitato, impudico si abbandonava sempre più alle mani del padre e dei suoi iniziatori, dei suoi primi vagheggiati, sospirati, appassionati, spregiudicati amanti.
“Dimmi figliolo!”
“Voglio vederlo! Sai: da quando te l’ho scorto una volta dopo un bagno, l’ho, tante volte, sognato e sempre mi bagnavo; sempre mi sentivo qualcosa al ventre che si agitava, come … Fammelo vedere papà!”
“Sì figliolo. Per questo è meglio che ti giri sul dorso e mentre ti trastulli con quello che tanto brami scaldare, coccolare, frizionare, massaggiare, stringere, io, tenendoti per i piedi con gli arti ripiegati su di te, riduco, allento, freno l’istinto a chiudere, a stringere … il tuo muscolo anale; in modo che preso dai miei profumi, non accorgendoti della grossa, scivolosa susina, darai modo ad Enrico di stuprarti, di violarti con facilità. Quando percepirai quella sua testa dilatare, allargare alla sua massima espansione, il tuo elastico anello sfinterico, sarà tardi per impedire la sevizia e il tuo urlo per la fitta che proverai. Poi, con un ulteriore spinta, slittandoti all’interno sino alla radice, ti allevierà lo spasmo, per farti sentire l’intestino farcito, zeppo, stipato, gonfio. Sai, figlio mio, quando sarà dentro, ti sembrerà di avere, sul tuo anello interno, un pomo, un … come il nodo di un cane che si blocca sino a che non avrà scaricato quello che le sue sacche contengono e starà lì, fermo e legato a te, regalandoti così un appagamento, un piacere, un’estasi straordinaria, difficile da descrivere.”
“Sai papà?”
“Sì, sei stanco?”
“No. Con te mi sento bene e poi, mi tranquillizzo e mi rilasso. Mi sento come se fossi tra le tue braccia avvinghiato. Non avverto problemi: per di più ce l’ho sopra il naso e ne aspiro la magia della sua vitalità, della sua esuberanza e della sua forza.”
“Piccola puttana, quanto mi assomigli! Hai i medesimi desideri di quando ero adolescente; quando volevo vederlo; stringerlo per farlo piangere; gustarne le lacrime o i suoi conati; bagnarmi il volto dei suoi umori, aspirandone i profumi; averlo dentro per avere il piacere di sentirmi saturo, ingombro, pieno e poi … i suoi colpi. Quanti -ahh o mhhhhhhh- mi hanno strappato, che interrompevo al percepire i suoi violenti caldi spruzzi; che davano il via ad una mia fluida, tranquilla eiaculazione. Sono contento, piccolo carnefice lussurioso, perché, dopo queste vacanze, potrò averti sempre nel mio letto e nell’avvertire quel tuo culo caldo, liscio, senza peli, che mi massaggia senza sosta per il desiderio di essere penetrato, beh … anche ora mi si rizza ancora di più. Te lo darò ogni qualvolta tu lo bramerai, quando e dove lo vorrai, piccola venerata, amata troia!”
“Ohhh, che bello avere la lingua di Enrico, là, sul mio culo aperto. Mi struscia, mi pulisce, batte, bussa, punta, mentre percepisco alle narici il fortissimo odore del tuo cazzo, papà. Ansimo, rantolo, borbotto. Mi trattieni la testa fra le tue ginocchia, pressato al piano mentre lui mi divarica maggiormente le gambe per avere il mio culo in bella vista. Non importa se quel casco da ciclista ha una circonferenza mostruosa, che mi squarcerà l’ano, a questo punto sto volando e mi lascerò aprire come una pesca matura. Sono in suo potere, sono un suo possesso, sono una pera settembrina!”
“Ohh figliolo non importa che tu parla. Vivi e appagati del momento, trasmettimi le tue emozioni con il contatto epidermico; urla la fitta con il corpo; apriti a lui. Con l’andargli incontro, con le sue spinte laceranti mi struscerai la sacca, mi colpirai i testicoli, eccitandomi, irritandomi, invitandomi ad irrigare il tuo volto di umori latteo-trasparenti a te tanto cari.”
“Il mio cerchietto gli sorride offrendogli schiume con l’aprirsi e il chiudersi; glielo spingo contro e mi rilasso, come mi hai insegnato. Sento che ha visto il punto di apertura. È posizionato nel mezzo del pertugio. Spinge, … spinge e spinge con una pressione crescente e poi … Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh che male; basta, non voglio più proseguire. Fallo desistere; fallo uscire. Ahhhhhhhhhhhhhhhhhh. Mi ha rotto. L’ano cede e quel cazzo si fa largo. Avverto la dilatazione del culo. Ohhhhhhhhhh che fitte! Si ferma. Dentro di me ho solo un accenno di cazzo, il resto è ancora fuori, non avverto i suoi peli. È fermo; non esce e questo mi snerva. Un cupo rantolo accompagna un suo colpo di reni tremendo, aprendomi. Il suo grosso, tozzo fallo mi squarcia e mi riempie: è un invasione anale, straripante, furiosa. Urlo il dolore delle fitte; mi mordo le labbra, brividi laceranti risalgono dall’intestino al cervello.”
“Ehi ragazzo, lo gradisci? Mi fermo per darti modo di riprenderti dall’importante forte, violenta botta dell’inculata. Regola il respiro e assorbi il dolore. Ti brucerà un po’, ma poi …”
“Il cuore mi è schizzato in gola, gli orecchi … Ohhh il mio culo prende confidenza con quella carne calda che mi invade l’intestino e dal profondo delle viscere sale una sensazione … Lui inizia a dondolarsi, quella mazza si muove dentro di me, lentamente. Ohhhh sììììììì, … sììììììììì. Non posso gridare quello che provo, ma mi piace tanto averlo in culo! Oooooooooooooohhhhhhhhhhhhhh sìììììììììì, mi piace prenderlo e sentirmi pieno! Ora mi sottomette, mi scopa con ritmo crescente, il bigolo scorre avanti e indietro, dentro e fuori facendomi sciogliere in un lago di piacere. Enrico è un animale che monta la sua femmina in calore.”
“Ancora un po’, ragazzo e dopo ti avrò aperto come si deve. Ti riempirò e i miei fiotti saranno un fiume caldo di sborra per il tuo intestino e quando avrò finito di rimpinzarti, le mie essenze usciranno per fluire dolcemente giù per le tue cosce e godrò ancora con l’osservare il tuo culo arrossato borbottare e schiumare. Ohhh sììììììììììììììììììììììììì, sìììììììì, … sììììììììììììììì! Orghhhhh, … hannff, … nhhhhhfffffff.”
“Ohhh papà: Enrico estrae la sua asta. Mi sento svuotato, sventrato e slavato. Chissà come sarà il mio culo, dopo che sono stato preso da quella bestia di carne. Sarà … Il suo sperma mi cola giù per le cosce. Sono esausto, dolorante, ma ho avuto delle stupende, celestiali sensazioni, ma che succede? Mi sta riprendendo, riaffonda per incularmi nuovamente, per sbattermi senza pietà e, mentre lui entra ed esce, ondeggia, si agita, io, papà, vedo orizzonti che mai avevo visto; sento i suoi unguenti spumeggianti nelle viscere e sull’addome e i tuoi che mi coprono il viso. Lontano in quell’orizzonte, sono ammantato e impregnato dei vostri stupefacenti profumi. Papà … ohhh! Sono stato bravo sai. Non ho versato, ma lo stare per tanto tempo fra le nubi, ad osservare i raggi solari specchiarsi sui nembi su cui poggiavo, è stato … non so, papà; perché ora mi prende l’appagamento e il desiderio di poggiare o di avere fra le labbra il tuo succhiotto. Sono come un piccolo che, per addormentarsi, poppa il ciuccio.”
“Riposati e addolcisciti il palato con la bibita che i nostri zelanti chierichetti ti offrono.”
Sul corpo del ragazzetto piovevano goccioloni lattescenti.

scritto il
2024-07-21
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