Nicola e Alberto Cap: VIII Aspirazione

di
genere
gay

Aspirazione
“Ohhhhhh piccolo fiore, mia piccola puttanella, ti stai svegliando finalmente! Che giornata, che momenti ci hai fatto vivere. È da tanto che dormi e ora ti sei svegliato con i profumi dell’aurora.”
“Papà?”
“Dimmi, mio piccolo scolaro canaglia. Dimmi piccola troia in fregola, mio delicato fiore selvatico! Ohhhhhhhh come vorrei baciare ogni centimetro della tua pelle, come vorrei lavarti con le lacrime dei miei singhiozzi di tenerezza o stendermi su di te per suonare un ritmo musicale con accordi adatti ad entrambi; accarezzarti e titillarti i coglioni o ficcarti la mia lingua fra le tue labbra calde; succhiarti l’Adolf, mentre le mie mani stringono i cuscini rotondi del tuo culetto. Ti insegnerò, mia dolce puttanella, mio dolce tormento, a lasciarti andare all’ascolto della passione, senza aiuti; ad ascoltare le voci e i canti del cuore, della partecipazione e dell’eccitazione. Ascolta il tuo corpo anche quando suggerisce segni osceni, rumori lubrichi o chiede di lasciar fluire dal tuo interno morbide puzzolenti creme: esse sono essenze dopanti per i nostri incontri, per le nostre copule.
Mio piccolo scugnizzo, figlio mio, ho avuto con te momenti di follia bestiale, di sana, santa follia. Ohh piccolo birbante con quegli occhi tentatori soffia sul mio cuore il vento odoroso, sensuale, concupiscente della tua primavera. Mi hai preso nella rete della lussuria incestuosa e mai riuscirò a ringraziarti a sufficienza per tanta tua temerarietà e impertinenza. Nico, figlio, allievo briccone dagli occhi morbidi, sei la mia puttana, il mio amante, la mia puttanella da scopare, il mio fiore di pioggia!”
“Ohh papà, papà, … ti voglio bene! Sto bene con te. Aprimi ancora. Il percepirti sfiorarmi, annusarmi, baciarmi, dilatarmi e scivolarmi all’interno; caldo, granitico, voglioso di fottermi, di chiavarmi, di spingermi al piacere passivo, che fluisce pacatamente, dopo avermi lambito, colpito, sfregato un punto sensibilissimo; ohhh, mi ritornano le gambe molli; l’intestino s’ingroppa, s’annoda languido, snervato, fiacco.
Papà, me lo succhierai ancora o vuoi che te lo lecchi, aspirandolo, suggendolo? Io sarò un monello sporcaccione, ma tu sei il mio porco chiavatore. Spero che tu mi sorprenda, mentre dormo, avvicinandoti furtivo con la libidine di un lupo negli occhi e prendendomelo, delicatamente, te ne impossessa; che lo ingoi e lo succhi fino a quando diventerà grosso e duro, facendolo sgorgare nella tua bocca; anch’io, riposando addossato al tuo addome, ti stupirò, quando pigramente, per non svegliarti, giratomi, inizierò a leccartelo attorno alla base pelosa e allora ascolterò i tuoi gemiti, i tuoi grugniti, i tuoi sospiri. Dopo lo lambirò e lo pomperò sempre più veloce, stringerò di più le labbra. Sarò un cane vorace fino a che il tuo corpo non si inarcherà selvaggiamente e il tuo membro non eseguirà un’opera lattiginosa sul mio volto.”
“Oh, figlio mio, quanto ti bramo! Quanto desidero andare avanti e indietro, conoscere in lungo e in largo con la mia lingua le tue labbra, la tua bocca, il tuo piccolo Oscar, ma soprattutto il tuo rotondo, grazioso, bellissimo culetto per salutarlo come si deve e poi possederlo, occuparlo e dominarlo per ramazzarlo, ciularlo, fotterlo all’infinito con il mio condor.”
“Papà, come vorrei dormire fra le tue braccia, senza fare niente, ma solo dormire e dormire, ma anche sognare di trovarmi bagnato delle tue essenze trasparenti.”
“Sei ancora un ragazzino senza peli, ma sei gia una piccola birba, una piccola puttana. Mi stai seducendo, provocando, ma se questo significa essere felici … Oh tu mi ami e ami i miei peccati, le mie pazzie e vaffanculo tutto il pensiero che l’incesto, l’omosessualità sono perversioni, peccati, aberrazioni. Come mi piacerebbe metterti le mani sotto la tunichetta da chierichetto; palparti il culo e toccarti là e sentire il calore, il tremolio, il desiderio di essere visitato. Oh basta perdinci: sotto fa male; è una verga da muratore. Ti terrebbe su, senza l’aiuto di mani. No, non toccarmelo, devi riposarti, ma terrò tutto per quando, dopo averti girato, alzato, capovolto, potrò vederlo e se lo trovo sorridente, pulsante, rugiadoso, … behhh, non volermene, figlio mio: la mia serpe entrerà e rovisterà, esplorerà il tuo rifugio, perché quel nido è suo, suo, … suo.”
“Ohh papà, anch’io lo voglio. Sìììììììììììì, la mia tana palpita per averlo e sussurra, gorgoglia, gloglotta fonemi nuovi; ma dimmi papà, ora mi trovo sul nostro letto con lenzuola che sanno d’arancio, pulite e io ricordo solo alcuni momenti della festa di ieri.”
“Ieri, ad un certo momento sei svenuto e Stefano ha proseguito a fotterti. Voleva guardare, scrutare, esaminare le strisce bianche che sarebbero fuoriuscite con la vellutata di feci e urine che ti era stata immessa con una cannula simile a quella servita per riempirti il colon, ma con la sonda un po’ più piccola.”
“…” Ascoltava meravigliato, ma nello stesso tempo rilassato e tranquillo.
“Come si svolge quella pratica lo potrai conoscere più tardi, chiedendo più complete delucidazioni all’infermiere: so solo che sei stato trasportato dal personale addetto al caccatoio per essere lavato, dapprima grossolanamente con la doccia per poterti praticare una completa pulizia interna e poi accuratamente per presentarti, come ti vedi ora.”
“ma …”
“Lo strumento è simile a quello che si usa per gli enteroclismi, molto flessibile, che avanza nelle cavità per la spinta dei liquidi. La sgrassatura è iniziata con la pulizia della bocca, della lingua e dei denti; proseguita dopo l’introduzione del sondino, attraverso cui è stato disintossicato l’esofago e lo stomaco con acqua e un lassativo e poi con latte e miele. Onestamente hanno impiegato tanta acqua e tanto latte. I risultati di quel servizio gli si nota dagli sfiati umidi, bianchi, lattei del tuo ano. Comunque, ora, sei avvantaggiato rispetto a me, perché non devi farti l’enema, ma solo pisciare nella brocca; però non rinunciare alla leccata al culo. A quella io non rinuncerò mai. È un qualcosa di divino, quel loro buongiorno e quelle lingue, … uhmmmmmmmmmm!”
“Hummmmmmm, andiamo allora, che …”
-Ehi, sta arrivando!” - seguito da -Nico, … Nico, … Nico, Nico, Nico- e da lunghi applausi.
“Perché papà?”
“Ieri hai fatto passare loro momenti di sublime erotismo con quelle tue performance, specialmente con Stefano. Ti hanno coperto in più riprese di sborra. Per cui, ora, vogliono ringraziarti con questo benvenuto, con questo buongiorno.”
Ad attenderlo adulti e giovani con qualche anziano. C’era chi aveva il salsicciotto pendente verso le ginocchia e chi sull’attenti; chi a metà coscia e chi l’aveva ancora nascosto fra i ricci; chi l’aveva incorniciato da un folto e ampio boschetto, mentre alcuni, come Nicola, erano quasi implumi; chi bello pulito, rasato e chi l’aveva con un anello fallico, detto cock ring, per tenerlo sempre rigido; chi ce l’aveva ad uncino e chi incurvato a destra o a sinistra; c’era chi era soggetto all’igiene e al servizio sanitario e chi se lo menava o stava alla pecorina per farsi suonare il flauto da qualcuno dei presenti. Lo spettacolo del primo mattino alla toilette era molto arrapante, seducente, eccitante; se poi aggiungiamo una leggera brezza marina, che fa fremere la pelle per il solletico che dispensa, allora siamo in un ambiente, in cui i sogni erotici sono costanti e molto appaganti.
“Allora, ti piace il buongiorno!”
“Oh sìììììì, solo che il mio è il più piccolo!”
“Beh, per quasi tutti i ragazzini, come te, quelle sono le dimensioni, ma fa in tempo a crescere e poi, a noi omosessuali, i giovinetti piacciono così, perché sono in un periodo della loro vita, in cui è sufficiente un nonnulla per far esplodere la loro sete, la loro fame di sesso, il desiderio di conoscere il loro fisico, che gli si può paragonare ad una esplosione sussultante di fuochi artificiali, che proseguono ad aprirsi sopra di noi o come un ciottolo di fiume che al lancio rimbalza due, tre, dieci volte sull’acqua. Siete in una fase in cui, se non trovate ostacoli, vi aprite alla vita sorridendo; in cui vi fate amare. Siete delle rose antiche, profumatissime, dai petali vellutati ricchi di gocce rugiadose.”
“Papà posso guardare, mentre pisci nel vetro e …”
“Ma certo, anche perché dovrai stare nelle loro mani meno di me. Fai attenzione all’inserviente-raccoglitore, n.3, come tiene l’ampolla-ballon sotto il mento. Egli respirerà, inalerà il profumo della mia pipì, come fosse un aerosol e dal suo viso goccioleranno le piccole stille calde, afrodisiache, rimbalzanti dal bicchiere.”
“… ma perché non posso tenertelo, io, quel bicchiere?”
“Perché non è il tuo compito, ma se a lui piacerà introdurti a comprendere la sua mansione, beh: sta a lui decidere. Puoi chiederglielo chiamandolo per n.3, dato che tutti gli inservienti alle latrine sono chiamati per numero e non per nome.”
“Perché?”
“Per accettare il compito, da loro sognato, hanno rinunciato alla dignità di persona; hanno gradito, approvato e firmato di essere reclamati, appellati, contraddistinti con un numero. Svolgono la funzione richiesta per un certo periodo; acconsentendo di essere come degli schiavi, ripudiando, così, il loro nome.”
“Hmmmmmm! hfenffffffff!” guardando suo padre e insalivandosi le labbra. “Nhffff!”
“Ti farò sapere!”

scritto il
2024-07-27
1 K
visite
8
voti
valutazione
5.3
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.