Compagne di classe

di
genere
saffico

"Uffa Marti, facciamo una pausa, mi scoppia la testa!" dissi alla mia amica Martina mentre eravamo a studiare per la maturità che avremmo avuto di li a poche settimane: la guardai, anche lei era accaldata in quel pomeriggio anticipatamente afoso che toglieva le energie al cervello, i suoi lunghi capelli naturalmente biondi le cadevano disordinati ai lati della testa mentre stava bocconi sul mio letto con il quaderno davanti appoggiata sulle braccia incrociate sotto il seno coperto solo dalla maglietta bianca.

A me pareva che avesse più tette di me, ma in realtà anche lei aveva una terza scarsa e avremmo potuto scambiarci i reggiseni senza problemi. Il mio sguardo proseguì scorrendo sulla mia amica, il suo sedere sodo e le sue gambe lunghe piegate al ginocchio per tenere i piedi incrociati in aria. La invidiavo un po', dicevo sempre che era più bella di me, ma malgrado che io fossi solo un metro e sessantacinque (quindi cinque centimetri più bassa di lei) mi rispondeva che non era vero, e che ero una gran bella fighetta e che i miei capelli corvini erano stupendi.

"Si Rita, ho davvero bisogno di una pausa!" rispose buttando il blocco degli appunti di fianco al letto, e girandosi sul fianco con un sorriso. Cominciammo a chiacchierare di cose da ragazze, e finimmo – ovviamente – a parlare di ragazzi. Entrambe avevamo già fatto le nostre esperienze e credo che essendo entrambe maggiorenni la cosa non debba meravigliare nessuno, anzi, avevamo cominciato entrambe da qualche anno.

Dopo un po' che ci scambiavamo racconti, esperienze e ... "misure", lei sganciò una vera bomba: "Rita, hai mai provato con una ragazza?". Io rimasi un attimo interdetta, non mi aspettavo la domanda e mi aveva spiazzato: "No, a dire il vero mai. Non che ci sia niente di male, ma credo mi piaccia troppo il cazzo" dissi mentre Martina ridacchiava. "Io si" rispose con un occhiolino. "Sai la rossa della quinta C che gioca a pallavvolo con me? La prima volta me la sono limonata dopo gli allenamenti, ed è stato davvero bello, ma siamo andate anche oltre a casa sua quando non c'erano i suoi" – Sorrise sorniona – "Anche a me piace il cazzo, e se farlo con una ragazza è diverso non è meno intenso, anzi" – Io non volevo confessare una certa cosa, ma mi uscì di bocca da sola: "Sai Marti, non è che non ci abbia pensato in effetti, anzi, a dire il vero mi è capitato di fantasticarci durante le mie masturbazioni". Diventai immediatamente rossa, non so perché confessai una cosa del genere, ma ormai l'avevo detto, non potevo rimediare. Martina inarcò un sopracciglio – "Ah si? E su chi fantasticavi mentre ti strofinavi?" - Cercai di glissare, ma non suonai convincente neanche a me stessa: "Ma nessuno in particolare, sai com'è..." ... non se la bevve. - "Dai, non fare la vergognosa, dimmelo!" replicò Martina, coronando il tutto con una risata cristallina. Io ero in crisi, mi ero infilata in un cul-de-sac e non vedevo via d'uscita. Dalla scrivania dove ero seduta mi alzai in piedi, e mi girai verso di lei, rossa in viso, accaldata e con il cuore che batteva forte per la vergogna: "mi.. mi sono immaginata te. Sei bella, più di me, e ... ma non ho fatto nulla di male, era solo fantasia, un momento di smarrimento, semplice desiderio".

"Martina mi squadrò dalla testa ai piedi e con la bella voce intonata che si trovava – beata lei – intonò le parole di una canzone di Christina Aguilera:

"I'm a genie in a bottle
You gotta rub me the right way
If you wanna be with me
I can make your wish come true"

e mentre cantava si tolse la maglietta, rimanendo a seno nudo e ipnotizzandomi come un serpente fa con un coniglio. Poi riprese a parlare, stavolta senza cantare: "Ma non voglio perdere la tua amicizia, che conta tantissimo per me. Rita se vuoi ci scordiamo tutto adesso, mi rivesto e non ne parliamo più" – Rimasi li come una scema a fissarle i seni con i capezzoli rosa scuro eretti – sicuramente non per il freddo con trenta gradi di temperatura – per un tempo che mi parve infinito, come se tutto l'universo si fosse fermato: davanti a me un bivio, potevo realizzare una fantasia che avevo da quando avevo 13 anni o sorridere e dirle che ci scordavamo ogni cosa, mettevamo un punto e che dovevamo studiare.

Per proseguire con la canzone potrei scrivere

"Oh, oh, oh
My body's sayin' let's go
Oh, oh, oh
But my heart is sayin' no"

Il corpo mise a tacere il cuore annegandolo negli umori che stavano bagnando il mio intimo, allungai le mani ed afferrai il suo seno, morbido ma sodo, piccolo ma meraviglioso. La mia lingua trovò i suoi capezzoli, strappandole gemiti di piacere mentre mi accarezzava la schiena. Proseguii a leccare e succhiare fino a essere senza fiato e quando mi staccai ansimante lei sorridente, rossa e accaldata disse "Tocca a me, alza le braccia!" e appena lo feci lei mi tolse la canottiera verde con un movimento fluido. Mi vergognavo molto più che quando lo facevo con un ragazzo, ma ero anche molto più eccitata e quando le sue labbra raggiunsero i miei capezzoli anche io cominciai a mugolare e contorcermi, provavo molto più piacere di quanto le mie mammelle mi avessero mai dato con un maschio e probabilmente era il sogno che avevo coltivato che una volta realizzato moltiplicava il piacere.

Ci dedicammo l'un l'altra ai seni per qualche minuto, poi Martina si alzò in piedi e slacciò il bottone dei jeans attillati che indossava, sgusciandone fuori poi con un movimento ancheggiante molto provocante. Ammirai il suo corpo magro e tonico da sportiva, i suoi slip rosa coprivano a malapena quello che ormai volevo vedere, e mentre tenevo il fiato e lo sguardo concentrato "li" la guardai togliere le mutandine, lasciandole a terra sui pantaloni: ora era nuda, bella come una dea e sorridente: "in questo gioco ora tocca a te a fare qualcosa, o ti spogli o approfitti di me. Vedi tu cosa..."

Il mio cuore mancò un battito, e a mia volta mi misi in piedi e tolsi le ultime due barriere tra la mia pelle nuda e sensibile e il mondo, rimanendo nuda davanti a lei.

SEGUE
scritto il
2024-08-10
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