Romantica

di
genere
etero

Finalmente mi sono laureata, ho 23 anni, sono nata in Ucraina ma in Italia, con i mei genitori, da quando avevo 10 anni, mamma è infermiera e papà fisioterapista, ho anche un fratellino più piccolo, Christian che ha 11 anni e viviamo a Milano.
Mi sono laureata in lingue, parlo , chiaramente italiano e russo, oltre a inglese, francese e spagnolo, mi chiamo Viktoria, sono abbastanza alta, un metro e settantatre, volevo fare la modella, i capelli biondi e gli occhi azzurri non bastano per sfilare sulle passerelle, anche il fisico magro ed una altezza superiore alla mia sono necessarie, diciamo che non ne rispetto i canoni, potevo fare la fotomodella ma non sfilare, sogno infranto? No mi era passata la voglia leggendo il tipo di dieta alla quale venivano sottoposte, in Italia è impossibile, si mangia troppo bene e poi direi che piaccio e mi piaccio così come sono. Mai avuto storie serie, qualche infatuazione giovanile che mi ha portato a perdere le mie verginità abbastanza presto ma nient’altro, mi sono resa conto presto che, alla maggior parte degli uomini interessa solo portarti a letto, non che la cosa mi dispiaccia ma odio le smancerie e, ancora non mi sono innamorata, non nel modo che intendo io, non nel modo in cui vedo i miei genitori amarsi dopo tanti anni, ma veniamo al presente.
Adesso cerco lavoro, ho inviato una ventina di curriculum e ho fatto cinque colloqui, mi chiama una delle Aziende che ho interpellato, che sia la volta buona? Mi presento, tutto il palazzo dove entro è della Società, nella piccola sala d’attesa siamo in quattro, quando è il mio turno, mi danno solo dei moduli da compilare in inglese e poi, dopo avergli dato un’occhiata, mi dicono la fatidica frase
“le faremo sapere” come la odio, torno a casa e per tirarmi su il morale mi fermo a mangiare un gelato. Dopo tre giorni un messaggio della stessa Azienda mi fissa un appuntamento per un colloquio, finalmente! Quando mi presento vengo introdotta nell’ufficio di una signora che mi sorride e mi fa accomodare di fronte alla sua scrivania e comincia a farmi domande alle quali rispondo senza problema, una specie di anamnesi personale, seguo i consigli di papà e non chiedo ne’ l’ammontare dello stipendio né informazioni circa ferie o altro, me le fornisce direttamente la signora, cercano una segretaria per l’amministratore delegato, che parli le lingue straniere, che sia disposta a viaggi anche all’estero e che non abbia problemi di orario, lo stipendio sarebbe stato, per quello che potevo saperne, molto alto, il contratto era a tempo indeterminato, comunque, alla fine, il risultato fu sempre lo stesso “le faremo sapere”.
Dopo una settimana altro messaggio ed altro appuntamento, stavolta trovo un uomo ad aspettarmi, si presenta come lo psicologo della società, probabilmente voglio essere certi che non sia una psicopatica, scherzo, mi spiega che è necessaria una valutazione psicologica, dopo un’ora di chiacchierata mi manda in un ufficio al primo piano con la scritta “personale” sulla porta e lì vengo, finalmente assunta come segretaria di direzione, sono al settimo cielo, devo presentarmi lunedì alle 08,30. Mi accoglie una signora abbastanza giovane e mi fa accomodare nel suo ufficio dicendomi che mi deve dare alcune indicazioni
- Dunque, signorina, lei sarà la segretaria del nostro amministratore delegato, dovrà assisterlo anche nei viaggi in Italia e all’estero, è un uomo molto autoritario, ma non si lasci intimorire, però è anche molto abitudinario, non gli piace essere contraddetto, è un po’, come dire, tradizionalista, per lui gli uomini portano i pantaloni e le donne la gonna, quindi niente pantaloni in ufficio, non prenda mai iniziative senza che sia stato lui a darle disposizioni, tutto chiaro?
- si signora
- mi chiami Arianna, vedrà, diventeremo amiche, per qualunque dubbio si rivolga a me e adesso la accompagno nel suo ufficio.
Prendiamo un ascensore e saliamo al quinto e ultimo piano, dopo l’ascensore una sala d’aspetto, sulla destra un bagno, poi il mio ufficio, è più grande di casa mia, due porte, una da in una sala riunioni e l’altra è l’ufficio del capo, Arianna mi dice
- di solito l’ingegnere arriva alle 09,30, non lo vedrà perché c’è un ascensore che arriva direttamente nel suo ufficio, la chiamerà lui, buona fortuna
quel buona fortuna finale mi mette un po’ d’ansia, comunque ormai ci siamo, mi siedo dietro quella che sarà la mia scrivania e aspetto, alle 10 il citofono sulla mia scrivania, una voce maschile
- sono arrivato venga da me
mi alzo di scatto e corro alla porta del suo ufficio ed entro dicendo
- buongiorno signore
è in piedi e sta guardando fuori dalla finestra, si volta verso di me borbottando un buongiorno, è molto alto, più di un metro e ottanta, non riesco a stabilirne l’età perché è completamente calvo, ma non è certo molto giovane, è senza giacca, che ha appoggiato sullo schienale di una poltrona, ha le bretelle, si siede dietro la sua scrivania e dice
- quindi lei è quella nuova, come si chiama?
- Viktoria signore
- Non mi chiami signore o capo o qualsiasi altro nome voglia darmi, mi chiami ingegnere
- Va bene, ingegnere
- Venga più vicino, si faccia vedere
Mi metto davanti alla scrivania
- Un po’ più lontano, che possa vederla tutta, si giri
Resto un attimo interdetta
- Forza ho detto si giri
Lo faccio e poi mi rigiro verso di lui, ha preso in mano un fascicolo, leggo il mio nome sulla copertina
- Quindi lei parla inglese, francese, spagnolo e russo
- E italiano ingegnere
- Vorrei sperarlo, cosa sa di robot
- Beh robot …. Insomma io …….
- Naaaaa mica quella roba dei film di fantascienza, noi produciamo robot per le industrie alimentari e di confezionamento, si faccia dare le nostre brossure e le studi, il resto glielo spiegherò io
- Va bene ingegnere
- Ok adesso mi porti un caffè
- Si ingegnere, subito
Ed esco dal suo ufficio, cerco il numero di interno di Arianna e la chiamo, le racconto tutto e poi le chiedo chi devo chiamare per il caffè, lei mi dice
- Dietro la tua scrivania c’è una porta che sembra non esserci, è verniciata come il muro, lì c’è una piccola cucina, devi prepararlo tu, con la moka, nero, forte, niente zucchero, in tazza grande, capito?
- Si Arianna, grazie
Trovo tutto, lo preparo e poi busso alla sua porta
- Avanti
- Il caffè ingegnere
- Alla buon’ora, impari alle 9,30 quando arrivo voglio il mio caffè ed i giornali sul tavolo, d’accordo?
Ne beve un sorso e poi
- Beh il caffè lo sa fare, chiami la signora Arianna e poi venite tutte due qui da me
- Si ingegnere, subito
Torno nel mio ufficio e richiamo Arianna e lei
- Cos’hai combinato?
- Niente. davvero, mi ha solo detto di chiamarla
- Vengo subito
Al suo arrivo bussa alla porta e poi, dopo aver sentito “avanti” entriamo
- Buongiorno ingegnere
- Buongiorno, allora, deve informare la signorina …..
- Viktoria
- Già Viktoria, delle mie abitudini, poi le dia del materiale informativo sulla nostra Società
Poi si rivolse a me
- Senta ma lei si veste sempre così? Dove compra i vestiti, al mercato?
- Ma io, veramente ….
- Arianna, sabato accompagnerà la signorina …. La chiamerò Viki a fare shopping, vi farò accompagnare dal mio autista, lei conosce i miei gusti, usi una carta della Società, guardaroba completo, compresi accessori e valigie, non posso andare in giro con un’assistente vestita così, e faccia preparare dei biglietti da visita anche per lei come “assistente”, le procuri un telefono e adesso vediamo tra rutti e tre di combinare qualcosa che abbiamo già perso troppo tempo per le sciocchezze
Uscimmo dal suo ufficio in fretta, ero abbastanza arrabbiata, cosa non andava nei miei vestiti? Poi guardai Arianna e mi resi conto che la qualità dei suoi era decisamente diversa dai miei, lei mi disse,
- Non ti preoccupare, ci penso io a te, lui si fa fare vestiti e scarpe su misura, quando sei con lui rappresenti la Società e in determinati ambienti l’apparenza conta
Mi tranquillizzai e mi feci spiegare tutto quello che dovevo fare, fu una settimana abbastanza tranquilla, urlò con me solo una volta perché uno dei giornali era già stato sfogliato, tra parentesi da me ma non glielo dissi, poi arrivò il sabato.
Ci trovammo in ufficio e cominciammo, Via Montenapoleone Via Verri, Via Sant’Andrea, Via Della Spiga, Via Bagutta, Via Santo Spirito, Via Del Gesù, facemmo dentro e fuori da non so quante boutique, provai vestiti, cappotti, scarpe, intimo, accessori, per fortuna c’era Arianna con me che, alla fine, decideva cosa andava bene e cosa no, quando arrivammo da me, l’auto era piena e, ancora, mi dovevano consegnare a casa tutto quello da modificare, ero frastornata, Arianna non volle dirmi quanto avevamo speso, mi rispose solo che non era importante, dovetti ribaltare il mio armadio e, ancora avevo della roba da sistemare, la mia divisa comunque, era abbastanza standard, tubino o gonna e camicetta, giacca, scarpe con il tacco, le avrei calzate solo quando andavo dall’ingegnere, tutto il giorno era impossibile, addirittura anche la biancheria intima e le calze, niente collant o autoreggenti, sempre con il reggicalze, avevamo comprato anche dei vestiti da cocktail e da sera, Arianna disse che ne avrei avuto sicuramente bisogno.
Nuovo lavoro, nuovi vestiti, era ora di cominciare la mia nuova vita.
Passarono i mesi, l’ingegnere non era poi così esigente, certo, qualche volta ero dovuta tornare in ufficio il sabato o addirittura la domenica per preparare dei documenti che gli servivano, ma la cosa non mi dava fastidio e poi, quando ricevevo la busta paga vedevo che quegli extra venivano sempre riconosciuti generosamente, arrivò Natale, comprai un profumo per Arianna ed una scatola di sigari Habana per l’ingegnere, mi sembrava il meno, fio ad allora non avevamo mai fatto viaggi all’estero, solo in Italia e sempre risolti in giornata, lui non se lo aspettava, mi ringraziò borbottando come al solito, nel frattempo avevo scoperto anch’io qualcosa su di lui, cinquant’anni, due divorzi alle spalle, niente figli, una casa a Milano ed un’altra a Campione d’Italia, sul lago di Lugano.
Dopo Natale , al mio ritorno in ufficio, trovai un pacchetto sulla scrivania con il biglietto da visita dell’Ingegnere, tra parentesi si chiamava Umberto, lo aprii ed era un astuccio di Damiani con un bracciale, gli sarà costato come un paio dei miei stipendi, pensai, era troppo per me, andai nel suo ufficio per dirglielo ma non c’era, tornò dopo l’Epifania, nel frattempo me lo guardavo e riguardavo sul polso, mi piaceva troppo, quindi feci quasi finta di niente ringraziandolo semplicemente.
È arrivata la primavera ed il primo viaggio all’estero importante, Stati Uniti ed America centrale e del sud, prime tappe New York, Washington e Detroit, elettrizzata, agitata, preoccupata, dopo i primo quattro giorni di colloqui ed incontri, decisamente fruttuosi per la nostra Società siamo a Detroit, solo un appuntamento e la sera siamo invitati dalla Console ad un piccolo ricevimento, la prima occasione per indossare uno dei miei abiti da sera, e succede, mangiamo, beviamo, balliamo, come tutti, poi, alla fine di un ballo, un bacio, Umberto si china su di me, le sue labbra sono calde, morbide, è solo un attimo, all’inizio, poi le labbra si schiudono, le lingue si cercano, in taxi continuiamo a baciarci fino all’albergo, in camera sua ci spogliamo a vicenda, il tempo di finire sul letto e lui è già dentro di me, furiosamente, disperatamente, continuiamo ad amarci baciandoci con i nostri corpi che prendono confidenza uno dell’altro, finiamo raggiungendo l’orgasmo insieme, il suo risultato sul mio seno, affannati, ci guardiamo e ridiamo
- Non sai da quanto tempo volevo farlo
- In effetti è un po’ che noto che mi guardi il sedere
- Stupida
Mentre parliamo giocherella con le dita con i miei capezzoli
- Chissà cosa penserai di me adesso, ecco la solita segretaria con il suo capo
- Assistente, assistente non segretaria e penso di essere un uomo fortunato
La mia mano accarezza il suo pene ancora sporco dei miei e suoi umori, istintivamente mi chino a baciarlo, lui sospira mentre lo sollevo con una mano e comincio a ripulirlo con la lingua, una mano sulla mia schiena, lo facciamo ancora, questa volta con calma, e attenzione, mi guarda negli occhi mentre ho un altro orgasmo, poi esce da me e, tenendosi l’uccello con una mano lo dirige verso la mia faccia, faccio segno di si e tiro fuori la lingua, il suo sperma caldo mi raggiunge le labbra, la lingua, la gola, finito lecco ancora il suo glande risucchiandone le ultime gocce mentre lui fa lo stesso tra le mie piccole labbra; ci addormentiamo abbracciati la mia gamba sulla sua, la mia mano sul suo petto.
Al mattino facciamo la doccia insieme e poi scappo nella mia camera a cambiarmi, a colazione cerco di comportarmi normalmente ma non riesco a non baciarlo. La settimana passata in Sud America un successo per l’Azienda e ricca di passione, la notte, tra di noi, al ritorno a New York mi sorprese noleggiando un’auto e dicendo
- Prendiamocela comoda per qualche giorno
A Las Vegas mi diede un anello e mi chiese di sposarlo, quella notte, dopo le prime schermaglie a letto presi dalla borsa un lubrificante che avevo comprato giorni prima e glielo diedi
- Visto che mi guardavi sempre il sedere,
- voglio che sia tu il primo
- Sei sicura?
- Si, sono sicura, solo fai piano, per favore
Sapevo che per gli uomini, il sesso anale, era qualcosa di particolarmente eccitante, forse perché aveva un che di trasgressivo, fu strano, leggermente doloroso ma poi decisamente soddisfacente, per entrambi; due giorni dopo ci sposammo ed andammo a Reno per registrare il matrimonio.
Al ritorno in Italia non dicemmo niente in ufficio ma dopo una settimana venni licenziata, conservo ancora la lettera. I miei genitori non furono molto contenti, all’inizio, Umberto aveva solo un paio d’anni meno di papà ma poi si chiarirono davanti ad una bottiglia di Vodka ed un sigaro e, col tempo, divennero amici.
Ormai sono passati 4 anni, nostro figlio ne ha appena compiuti 2, grazie alla tata, ai nonni ed allo zio Christian riusciamo ad avere i nostri momenti di intimità, il nostro rapporto non è mai monotono, ogni tanto giochiamo alla segretaria ed al capo burbero, altre volte invertiamo i ruoli, ogni volta che Umberto deve andare all’estero vado, , con lui meglio non correre rischi, no, scherzo nulla potrebbe andare meglio e mi sono dovuta ricredere perché avevo trovato l’amore.
scritto il
2024-11-22
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