La terapia dell'amore (2a e ultima parte)
di
GattaBianca
genere
tradimenti
Il dilemma che mi stagnava dentro era quello di non poter decidere assolutamente niente di testa mia, non avendo nessun tipo di preparazione scientifica o medica. Guardando per notti intere siti e siti su internet, entravano talmente tanti input che alla fine il mio cervello sembrava azzerato, resettato. L'unica cosa era fidarsi dell'equipe di dottori che seguiva il mio caso.
Visto che sembrava che fosse ancora allo stadio iniziale, il mio tumore al seno poteva essere contrastato con la terapia biologica, meno invasiva della chemio, e via via vedere i risultati sul mio organismo.
«Questa terapia mira a danneggiare le cellule cancerogene senza nuocere alle quelle sane, colpendo molecole specifiche, definite bersagli molecolari. Ogni due o tre settimane, questo con domani glielo faremo sapere, lei si presenterà qui, ed in un ambulatorio le verrà somministrata per via endovenosa la terapia. Gli effetti collaterali possono essere sintomi simil-influenzali, feci liquide, soprattutto le prime volte, e mal di testa. Non si preoccupi se aumenterà di peso, nel momento che smetterà tornerà come prima. Comunque noi tutti siamo qui per ogni evenienza».
Non sapevo spiegarmi il motivo, forse una reazione isterica al magma che mi portavo dentro, ma camminando verso l'ufficio mi sembravo quasi allegra, come se, per ora l'esclusione della chemioterapia classica o di una operazione chirurgica mi avessero già graziato da due paure che albergavano dentro me. E poi, dall'altra parte di questa trincea di guerra alla malattia, c'era l'oasi di pace Matteo, e per lui non volevo perdere i capelli, o farmi asportare parte del mio bel seno, che ieri sera baciava come un bambino quello della mamma. Volevo essere ancora affascinate e seducente per lui, perché questo mi dava forza, mi offriva uno stimolo in più per combattere.
Al mio fidato socio e collega Paolo avevo detto tutto, e lui mi aveva fatto un discorso, da far suo, che mi aveva fatto capire che era bello essere circondati da almeno due o tre persone intelligenti su cui poter contare: «Potrei dirti mille cose che in queste circostanza non andrebbero mai dette, e comincerò proprio da quelle, hai una mezz'oretta vero?» e le sue guance piene e quei suoi occhi azzurri come il cielo, mi hanno sorriso soavemente, poi ha proseguito: «1. Almeno hai perso due chili di troppo che avevi, e non è vero, sei ancora bona come prima; 2. ti potrei portare due o tre esempi di persone che conosco che hanno affrontato il tuo problema, ma ogni persona reagisce diversamente; 3. non avendo basi scientifiche non ti suggerirò trattamenti, non ne sarei all'altezza; 4. non ti dirò che se bevevi più tisane e meno Ferrari o Negroni con Sara nel post tennis, non ti saresti ammalata, altrimenti avresti la cirrosi e non...; 5. non ti dirò mi dispiace tanto per te, devi stare proprio male... perché sarebbero parole scontate e stupide. Beh ora che ti ho elencato, quasi tutto quello che non si dovrebbe dire, eccoti l'ultima: tranquilla faremo noi anche il tuo, stringeremo i denti, tu non ci pensare...» ha fatto una pausa, mi stava ubriacando con la sua voce, e non sapevo più cosa aspettarmi, «col cazzo, scusa il francesismo, tu passerai di qui, ti prenderai i manoscritti che vorrai, e casa tua li leggerai e li correggerai, come sempre. Senza di te qui io sono perso, come un pesce in troppa acqua, e sai che io preferisco il prosecco. Ora vattene a casa e non pensare al tuo povero collega che tanto ti vuole bene. Tornando serio, per quel che riesco ad esserlo, se ti serve qualsiasi cosa io, noi siamo qua, e dico qualsiasi cosa.. Vattene ora, ciao?» Imbambolata sono scoppiata e ridere e gli ho gettato le braccia al corpo, stringendo quella sua bassa e grassoccia figura, quasi fosse un bambolotto.
Filippo ancora non sapeva niente del mio male e per il momento non volevo dirglielo, erano passati cinque giorni dalla scoperta, da poche ore non vedevo Matteo e assaporavo il gusto, odoravo la sua essenza, mi mancava come l'aria, ero innamorata come una sedicenne di quell'uomo, che solo con la sua bocca e le sue mani mi aveva portato e provare un'estasi indescrivibile, e solo pensando al suo meraviglioso cazzo, e a come lo avevo tenuto in bocca, e al il piacere che ne avevo ricevuto, mi faceva sentire un po' porca, ma mi bagnava le mutandine anche se ero per strada, non vedevo l'ora di fare l'amore con lui.
Prima però volevo sistemare una volta per tutte la situazione con mio marito, e fargli sapere che sapevo dei suoi tradimenti, e anche che 'scopacchiava' con la nuova tirocinante. E così, mentre mi preparavo per andare da Matteo, traboccante di desiderio e passione, per quel che mi sarebbe aspettato a breve, ho cominciato: «Filippo penso che sia il momento di giocare a carte scoperte, è inutile che ci prendiamo ancora in giro, siamo adulti. So tutto della relazione che hai con la ragazzina, niente conferenza a Bologna, ma camera doppia a "Villa delle Rose" con la bambina, con la tua tirocinante. Potrebbe essere tua figlia, hai 20 anni più di lei, quella ti mangia se vuole. Ma ti assicuro che non me ne può interessare di meno, fai quello che vuoi, devi solo sapere che anch'io ho appena cominciato a frequentare una persona, sono 5 anni che ti vedo giocare facendomi le corna con ogni vagina che ti sta intorno, ed ora mi sono stufata.» Sembrava un cane che avesse fatto pipì in casa, occhi mogi, bassi, nessuna reazione a negare, nessun gesto dettato dall'orgoglio per il mio tradimento, solo un esile: «Ma cosa... stai dicendo? Io... come hai fatto, chi te lo ha detto?»...«Non ha più importanza, per un po' vai a stare nel nostro nuovo monolocale, lasciami casa mia, ho bisogno di riflettere ma senza averti intorno. Fammi questo piacere, ti prego. Stasera so che non vai alla cena con i tuoi colleghi, so che vedi la bimba, divertiti perché anch'io non mi farò mancare nulla. Buona serata.» ho preso il cappotto e sono uscita per andare da Matteo.
Arrivata a casa sua senza un messaggio, ero in anticipo, anche se non ci eravamo dati un orario preciso, ma anche per strada camminavo determinata dal volerlo appiccicato a me, non volevo neppure mangiare, i miei appetiti fremevano, desideravo sfamare e dissetare tutte le mie più torbide passioni con il suo corpo, dentro un suo caldo e confortevole abbraccio.
Non sapevo ancora se dirgli del male, non era la sua compassione che cercavo, comunque avrei vissuto la cosa sul momento.
Appena ho suonato il citofono, ho aspettato in apnea, con l'ansia che mi attanagliava, preoccupata che non fosse in casa, o si fosse già dimenticato di me. Dopo un po', oramai quasi rassegnata, lo 'skrac' del portone, ed un lungo sospiro e un sorriso mi hanno ridato sollievo. Salendo le scale, ad ogni gradino la mia impazienza si faceva più imponente, e mi pregustavo tutti i giochini che gli avrei fatto, che mai mi sarei pensata neppure di sognare. Quando ho spinto piano la porta socchiusa, sono entrata un po' spiazzata, lui non c'era e l'appartamento mi sembrava un altro, rispetto a quello che avevo visto la notte prima. Poi con la sua spensieratezza, mi è comparso davanti ancora bagnato dalla doccia, vestendo un accappatoio blu elettrico, e vedere quella figura scolpita, delineata in tutte le sue forme, mi ha donato un senso di beatitudine, di appagamento al pensare che era tutto per me, e sono corsa verso di lui, dicendogli sottovoce all'orecchio: «Sei la cosa più bella che ho, non dimenticarlo», e l'ho baciato a lungo, intrecciando la mia lingua con la sua, come se ci conoscessimo da sempre.
Il mio cellulare aveva vibrato nella mia tasca del cappotto, ho visto era Filippo che mi pregava di perdonarlo che sarebbe cambiato e bla...bla...bla, mentre io con una mano sola mi spogliavo per rimanere nuda come lui. Mentre mi filavo i jeans, mi sono piegata di spalle, per fargli vedere la rotondità del mio lato B, che sempre mi aveva resa fiera. Rimasta solo con il perizoma, mi ha preso per mano e mi ha condotto lungo il corridoio verso la sua camera. Ma vedendo il rigonfiamento sotto l'accappatoio a livello del suo cavallo, non ho resistito, ed ancora prima di andare sul letto, mi sono messa in ginocchio ai suoi piedi, e spostando quella tela spugnosa ho leccato la fonte dei miei desideri. Mentre lo sbaciucchiavo tutto facendogli passare le labbra umide delicatamente su la sua lunga asta, lo fissavo negli occhi facendogli capire quanto mi piacesse, e staccandomi un attimo, continuando con la mano a toccarlo, gli ho sussurrato:
«Posso andare avanti all'infinito? L'ho sognato tutta la notte, sei semplicemente meraviglioso.»
«Se vuoi sarà per sempre solo tuo, tu mi piaci troppo, dai che andiamo di la...»...«No ancora un attimo, ti prego». Con difficoltà mi ha portata sul letto matrimoniale, una bella luce chiara illuminava quella stanza, in contrasto con le pareti che erano tinte di un lucido blu cobalto, stranezza che si conformava perfettamente al suo carattere eclettico, che mi pareva di aver percepito in quelle poche ore di conoscenza.
Poi mi ha sfilato le mutandine, facendo comparire il mio rettangolino di peli morbidi e curati, e ci siamo distesi fianco a fianco, baciandoci con una dolcezza, e sfiorando i nostri corpi.
Mi sono messa sopra di lui, e con le braccia mi ha cinto la schiena baciandomi i capezzoli, ho dovuto un po' combattere con me stessa per non fermarlo, non volevo si accorgesse di quella lieve screpolatura, ma con la sua saliva mi umidificava i capezzoli, che erano duri come palline di metallo per l'eccitazione. A cavalcioni su di lui sentivo dietro il mio culetto la sua enorme erezione, e sollevandomi appena un po', divaricando le gambe, ho preso il suo lungo cazzo e me lo sono infilata dentro me. Ho stretto le cosce per far aderire meglio le nostre membrane, da quanto ero bagnata non ho sentito nessun fastidio, ma un senso di totale riempimento, di completezza, e quando, facilitata dalla mie secrezioni, mi è entrato in tutti i suoi centimetri, ho iniziato ad alzarmi ed abbassarmi piano piano, sentendo la passione farsi incontenibile. Le sue grosse dimensioni sondavano spazi vergini mai esplorati del mio corpo, raggiungendo profondità che con Filippo non avevano mai raggiunto. Mentre andavo su e giù sempre con più impeto, gli schiacciavo i pettorali con le dita, volevo fargli male, anzi volevo che lui me ne facesse a me.
Ho tirato su le ginocchia, come fossi su una turca, ho forzato il 'ciac ciac' dei miei glutei sulle sue gambe, in un ritmo più rapido; bruciavo dal desiderio, e di colpo una dolce sospensione delle mie facoltà mentali, rapita da indescrivibili sensazioni che mi permeavano il corpo in brividi e spasmi, poi dalla mia bocca ansante: «Matteo è spaventosamente stupendo, meraviglio.... Sì, sì... Oddio...» e senza altre parole godendo sono crollata su di lui, tremando dall'intensità di quell'istante. Sentivo ancora la durezza del suo cazzo dentro me, ma avevo bisogno di respirare, di far tornare il battito del mio cuore ad un pulsare più lento.
Ero sfinita dall'orgasmo. Ha quel punto, senza neppure pensare a metterci qualcosa addosso, in quell'appartamento caldo, siamo andati in cucina a cenare. Ero spossata, ma felice e serena, ma vederlo nudo mi scatenava altre voglie, ero indemoniata. Mi sono alzata e ho chiuso il gas sotto la pentola dell'acqua per la pasta, appoggiandomi con le mani avanti sul tavolo, ho divaricato leggermente le gambe, ho spinto il mio culetto indietro a mo' di invito, e Matteo ha capito subito cosa doveva fare. Mi è venuto dietro, mi ha afferrato per i fianchi, e con decisione mia ha penetrata, con vigore, con veemenza ed era quello che volevo, sono venuta ancora...ancora e ancora, fin che ho sentito il suo caldo liquido spargersi dentro me, e girandomi gli ho detto: «E' più forte di me, io ti amo, non lasciarmi mai. Io sono tua, e lo sarò per sempre.»
Quando nel letto, nudi e avvinghiati, gli ho spiegato il percorso che avrei intrapreso a giorni, non ha dovuto dire una sola parola, mi ha stretta a se e ho sentito le sue lacrime cadere silenziose e inarrestabili sul mio collo e sul mio viso. Con le dita l'ho asciugato e trattenendo il pianto ho detto: «Per me sarà un anno difficile, non voglio assolutamente farti pagare e soffrire per quello che mi è sta capitando, ma devi sapere che non ho mai desiderato nessuno quanto te, anche se praticamente non ci conosciamo. Io saprò capire ogni tu scelta, ogni tua decisione», e lui sollevando le labbra in una specie di difficile sorriso: «In due ogni cosa si combatte meglio, io sarò il tuo più grande alleato, chiedimi tutto quello che ti può servire, prima che magari possa, involontariamente, commettere qualche errore o semplicemente dirti qualcosa di sbagliato. Vieni a vivere qui, da adesso non andare più via, andrò io da tuo marito... » E su quelle prole ho capito che la vita, anche nel buio, anche nella malattia ti può riservare tanto, ti può donare quello che solo nelle fantasie più lontane e impalpabili avevi immaginato. Mi sono girata, lui mi ha abbracciata con il suo caldo corpo, e silenziosamente ho lasciato che il pianto mi invadesse, ma un pianto di pura letizia, di condivisione.
Una settimana dopo ho cominciato la terapia, e le giornate e gli sbalzi d'umore si susseguivano senza sosta, cercavo di sopportare, di stringere i denti, ma ogni tanto certe sere lo sconforto mi inondava, e dense nebbie di un'orribile paura mi avviluppavano senza scampo. I miei capisaldi erano Matteo e Sara, che si facevano in quattro per me, anche se davanti a loro il mio tenace autocontrollo gestiva tutte le situazioni con un sorriso, preso in prestito dallo notti erotiche che continuavano dense di emozioni tra ma e Matteo.
Sara era felicissima di quel nostro rapporto così pregno di amore, e si mi stava vicina ogni volta che ne avevo bisogno.
Con Filippo la storia era arenata, oltre a sporadiche telefonate, anche dopo aver saputo del tumore, forse per la vergogna che con gli anni di tradimenti ripetuti mi aveva imposto, forse per timore che ormai ero di un altro, non c'erano mai state spiegazioni o chiarimenti sul nostro futuro, aspettavamo entrambi, credo, l'evolversi dei fatti, consapevoli che la parola fine era già scritta indelebilmente.
Uno dei miei più grandi crucci e rimpianti era l'aver aperto la mia vita alla luce dell'amore nel momento più buio della mia esistenza, essendomi trastullata nel vuoto di giornate, mesi e anni inutili.
Ma i sentimenti provati per Matteo erano più di quello che avrei sperato in una vita intera, se fosse andato tutto male avrei potuto dire di aver vissuto, di aver amato e di essere stata amata, e questo mi confortava. Passati sei mesi, le mie condizioni parevano stazionarie, la macchia non si ingrandiva, per la felicità dei medici, ma neppure regrediva con mio enorme smarrimento.
Tutte le mie energie le tenevo per Matteo, ci accontentavamo in ogni capriccio, in tutte le bizzarrie che il nostro cervello poteva concepire. Facevamo l'amore sempre, non ero mai stanca ne stufa per regalarmi a lui, avevamo trovato un'armonia, una conoscenza dei nostri più nascosti piaceri, che non serviva neppure parlare, uno sguardo bastava.
Ero pazza di lui, a tal punto che i dottori, chiedendomi se avessi mantenuto un sufficiente appetito sessuale, persa in un'immagine di Teo sopra di me ho risposto: «Non ho mai avuto così tanta voglia...lo facciamo sempre... si beh, volevo dire..», e mi sono paralizzata, mi ero espressa come se avessi parlato con Sara, e ho sentito la risposta: «Questo è un buon segno signora Giovanna, così fa esercizio fisico...» ed io arrossendo e abbassando lo sguardo sulla scrivania, non ho visto il sorriso divertito del dottore.
La sera prima di sapere se cambiare o meno terapia, a casa con Matteo mi sentivo in forma, quasi mi sembrava di percepire che tutto sarebbe andato per il meglio, e pazza come un gatto in calore, mi sono presentata sul divano, mentre Matteo guardava un film, completamente nuda, già così eccitata da spogliarlo con una mano e con l'altra sigillargli le labbra per non farlo parlare.
Quando però ho gettato sul divano un barattolino di crema lubrificante, i suoi occhi si sono incendiati come paglia al sole, mi sono girata aprendogli praticamente i glutei in faccia, e lui è scoppiato a ridere ed io mi sono sentita un'attrice porno, ruolo hce difficilmente ni si confaceva, perlomeno prima di Matteo.
La mia tentazione e i miei mal coordinati movimenti, che dovevano essere accattivanti ed erotici erano risultati goffi e, forse, sventati, e offesa sono corsa in camera.
Però quando mi ha raggiunto, subito dopo, in camera mi ha fatto morire di piacere, muovendosi sinuoso e lento, dopo essere venuta abbondantemente davanti, si è fatto spazio dietro, e quando lubrificata, le nostre membrane hanno aderito alla perfezione, il dolore iniziale si è trasformato in un puro e totalizzante amplesso, e le lacrime lente in grida di godimento fino alla stremo delle mie forze.
Quando mi è venuto dentro, ero messa a 90 gradi, il mio corpo è ceduto sul materasso e per minuti non ho parlato, smaltendo quel piacere così nuovo, così devastante e sconosciuto.
Con quel mio primo rapporto anale a 35 anni, gli ho consegnato la mia vita nelle sue mani, adesso ero tutta sua.
Il giorno dopo in clinica, lo staff di medici che mi avevano seguito sembravano rilassati, io invece sentivo le goccioline di sudore scorrermi gelate dalle ascelle ai fianchi. Vorrei aver potuto fermare il tempo, mettere in stand by, quello che dovano dirmi, non conoscere la mia condanna o la mia liberazione, rimanere fluttuante in un limbo.
Infatti se Matteo era padrone del bello della mia vita, loro erano i miei possibili salvatori dall'oscurità, da un male a cui da sola avrei dovuto solo soccombere. Poi una voce, ha spezzato il sienzio: «Oggi signora Giovanna, è una giornata che speriamo si ricorderà per sempre, e che le permetta di non vedere più, naturalmente non subito, le nostre brutte facce. Il suo male pare stia regredendo, la terapia, come si poteva pronosticare nel suo caso specifico, ci ha impiegato un po' di tempo, ma sembra stia avendo la meglio sulle cellule cancerogene. Quindi siamo tutti ottimisti, le mancano solo tre mesi per finire il ciclo annuale, e noi tutti pensiamo che possa vedere il futuro in maniera più ottimistica. Attenta però, sono malattie subdole, e c'è ancora tanta strada da fare, ma quella che ha percorso finora è servita positivamente.», ho guardato Matteo con un'alba di un giorno di sole nel cuore, ed ho provato un immenso amore verso il tutto che mi circondava.
Poi il dottore si è avvicinato a Matteo, e toccandogli una spalla gli ha detto: «L'ultima volta Giovanna mi ha detto ad una mia domanda specifica, che siete stato impegnato molto anche lei...se non sbaglio...beh... via andate a casa e continui il suo 'apporto terapico', l'amore è la miglior cura.»
Matteo non aveva capito nulla delle parole del dottore, io ero color vinaccia in viso, invece; e quando fuori gli ho spiegato, ha iniziato a ridere da farsi venir male alle mandibole.
Siamo corsi a casa, e dopo aver fatto le scale di corsa, aperto la porta, esserci strappati i vestiti di dosso, volati in camera, buttandoci sul lettone, abbiamo ripreso il mio 'trattamento medico' preferito e abbiamo mescolato i nostri corpi amandoci come fosse la prima volta.
Nel denso buio di una notte, anche un piccolo barlume illumina come il sole. Grazie Matteo, grazie di esistere.
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