La sublime porta
di
Doris.night
genere
etero
Ero ad Istambul su un autobus molto affollato e traballante, seduto su un sedile basso, dopo esser salito due o tre fermate prima.
La calca aumentava ad ogni fermata e ad una curva, per quanto leggera, la fila di persone del corridoio sbandò pesantemente e mi ritrovai con il seno, che si affacciava generosamente dalla scollatura di una signora, praticamente in bocca.
Il profumo di creme raffinate e la morbidezza della carne della donna mi indussero ad un'azione del tutto impulsiva ed alquanto sfacciata: aprii la bocca e tirai fuori la lingua.
Vidi la donna risollevarsi, fissandomi, mi parve, compiaciuta. Anche io la fissavo, meravigliato di me stesso e del mio impulso. Mi piacque subito di un piacere quasi perverso ed insieme dolcissimo:
era una signora decisamente matura, elegante...stranamente elegante per un mezzo così...popolare e così affollato, con un trucco sapiente, ma non pesante...e poi quel seno, quello sì pesante, ma così...morbido.
Lei distrasse lo sguardo, ma rialzandosi, strinse al seno una borsa da cui scivolò fuori casualmente un'agendina, mentre la donna spariva in avanti, sospinta dalla calca.
Cercai di alzarmi per ridare l'oggetto alla proprietaria ma riuscii a posizionarmi ad una distanza di tre o quattro persone. Non volevo urlare e poi volevo avvicinare la donna a tutti i costi, ma con un minimo di discrezione e tuttavia uno scopo chiarissimo, cui tutto mi induceva ad indulgere.
Scesi quando ella scese e la seguii senza fretta, ammirandone l'andatura elegante e disinvolta, nonostante un'età che non mi era parsa verdissima.
Tuttavia il suo viso e...il suo sguardo, sopratutto, mi erano parsi affascinanti e...lascivi, della stessa lascivia da cui ero stato travolto io. anche prima di guardarla in viso.
Eravamo in centro, in una strada di negozi chic, quando la raggiunsi e le porsi il taccuino.
Allora voleva conoscermi? - Aveva parlato in francese.
Perchè non era chiaro?
Oh, certo! Caro ragazzo!
E allora...il taccuino come un tempo il fazzoletto?
Si...si, non mi hai affatto deluso, d'altronde la tua lingua era più eloquente di una parola...no?
Lei è bellissima e io...io...
Non sono troppo vecchia per te...
...O io troppo giovane?
No, tutto bene, chiamami Nanuk...se vuoi seguirmi nel negozio che devo visitare, come mio...diciamo “cavaliere”?
Con piacere! - E le dissi il mio nome
Entrammo in un negozio di abbigliamento molto sofisticato, molto chic. Mi sedetti su un divanetto davanti ad un camerino di prova, dopo che ebbe scelto un abito da coktail. Alla commessa che voleva entrare per aiutarla...
Ci penserà il mio amico, grazie!
E mi trascinò nel camerino, ridendo.
Cominciò a svestirsi con indifferenza e mostrarsi in tutta la sua splendida decadenza. Restò in reggiseno e mutandine viola, chiedendomi di porgerle il capo scelto. Invece io mi inginocchiai, le abbassai lo slip e risalii con la lingua lungo una coscia fino ad attingere il triangolino di venere e tuffarvela dentro. Alzò solo la gamba, appoggiandola su uno sgabello e gettò indietro la testa lasciando penetrare la mia lingua, avidamente. Si lasciò suggere e leccare per alcuni favolosi secondi. Poi, costringendosi, mi parve, malvolentieri:
Finiamo a casa mia...ti va!
Magari...si, sai di miele!
L'abito le stava divinamente...aveva ancora un decolletè da ammirare.
Chiamami la commessa, per piacere!
La calca aumentava ad ogni fermata e ad una curva, per quanto leggera, la fila di persone del corridoio sbandò pesantemente e mi ritrovai con il seno, che si affacciava generosamente dalla scollatura di una signora, praticamente in bocca.
Il profumo di creme raffinate e la morbidezza della carne della donna mi indussero ad un'azione del tutto impulsiva ed alquanto sfacciata: aprii la bocca e tirai fuori la lingua.
Vidi la donna risollevarsi, fissandomi, mi parve, compiaciuta. Anche io la fissavo, meravigliato di me stesso e del mio impulso. Mi piacque subito di un piacere quasi perverso ed insieme dolcissimo:
era una signora decisamente matura, elegante...stranamente elegante per un mezzo così...popolare e così affollato, con un trucco sapiente, ma non pesante...e poi quel seno, quello sì pesante, ma così...morbido.
Lei distrasse lo sguardo, ma rialzandosi, strinse al seno una borsa da cui scivolò fuori casualmente un'agendina, mentre la donna spariva in avanti, sospinta dalla calca.
Cercai di alzarmi per ridare l'oggetto alla proprietaria ma riuscii a posizionarmi ad una distanza di tre o quattro persone. Non volevo urlare e poi volevo avvicinare la donna a tutti i costi, ma con un minimo di discrezione e tuttavia uno scopo chiarissimo, cui tutto mi induceva ad indulgere.
Scesi quando ella scese e la seguii senza fretta, ammirandone l'andatura elegante e disinvolta, nonostante un'età che non mi era parsa verdissima.
Tuttavia il suo viso e...il suo sguardo, sopratutto, mi erano parsi affascinanti e...lascivi, della stessa lascivia da cui ero stato travolto io. anche prima di guardarla in viso.
Eravamo in centro, in una strada di negozi chic, quando la raggiunsi e le porsi il taccuino.
Allora voleva conoscermi? - Aveva parlato in francese.
Perchè non era chiaro?
Oh, certo! Caro ragazzo!
E allora...il taccuino come un tempo il fazzoletto?
Si...si, non mi hai affatto deluso, d'altronde la tua lingua era più eloquente di una parola...no?
Lei è bellissima e io...io...
Non sono troppo vecchia per te...
...O io troppo giovane?
No, tutto bene, chiamami Nanuk...se vuoi seguirmi nel negozio che devo visitare, come mio...diciamo “cavaliere”?
Con piacere! - E le dissi il mio nome
Entrammo in un negozio di abbigliamento molto sofisticato, molto chic. Mi sedetti su un divanetto davanti ad un camerino di prova, dopo che ebbe scelto un abito da coktail. Alla commessa che voleva entrare per aiutarla...
Ci penserà il mio amico, grazie!
E mi trascinò nel camerino, ridendo.
Cominciò a svestirsi con indifferenza e mostrarsi in tutta la sua splendida decadenza. Restò in reggiseno e mutandine viola, chiedendomi di porgerle il capo scelto. Invece io mi inginocchiai, le abbassai lo slip e risalii con la lingua lungo una coscia fino ad attingere il triangolino di venere e tuffarvela dentro. Alzò solo la gamba, appoggiandola su uno sgabello e gettò indietro la testa lasciando penetrare la mia lingua, avidamente. Si lasciò suggere e leccare per alcuni favolosi secondi. Poi, costringendosi, mi parve, malvolentieri:
Finiamo a casa mia...ti va!
Magari...si, sai di miele!
L'abito le stava divinamente...aveva ancora un decolletè da ammirare.
Chiamami la commessa, per piacere!
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