Scarpe di vernice
di
Lucciola fra le mani
genere
etero
Oggi sono contenta perché finalmente la mia richiesta di part-time è stata accolta; per tre giorni alla settimana avrò il pomeriggio libero per dedicarmi alle mie faccende, e agli appuntamenti.
Se qualcuno d'ora in avanti dovesse chiedermi che lavoro svolgo, dirò escort e bancaria, part-time.
Come sperato l'incontro con Gilberto è stato molto proficuo oltre che piacevole e mi ha fatto capire innanzitutto una cosa:
Che se a tutti piace scopare senza preservativo io non posso e non voglio più permettermelo; perciò d'ora in avanti, se vorrò portarmi a letto qualche sconosciuto, costui mi dovrà dimostrare di essersi sottoposto al test e altrettanto farò io.
Ma sono anche contenta perché oggi è il 27 del mese e mi è stato accreditato lo stipendio.
Potrò concedermi un po' di shopping.
Ho giusto bisogno di un paio di scarpe e di altre cosucce; curare il mio aspetto è fondamentale per potere fare colpo.
Non potete immaginare come sia facile per una donna trovare da scopare quando è in tiro.
Capelli raccolti in uno chignon, orecchini Swarovski, camicetta di seta bianca a manica lunga,
un nastrino di raso nero a mo' di cravatta per tenere chiuso il colletto; per spezzare, una gonna in stretch nero appena sopra al ginocchio e autoreggenti color perla.
E vai!
Dopo aver visitato alcuni negozi di calzature, finalmente in vetrina vedo il modello che fa per me.
- Prego signora, in cosa posso esserle utile...?
- Cerco una scarpa di vernice, blu ma elegante, a tacco alto tipo quella in vetrina.
- Che numero porta?
- Il 38.
- Si accomodi, le faccio vedere alcuni modelli.
Mi guardo intorno distratta, bel negozio ma pochi clienti in giro, la crisi morde ancora.
Il commesso ritorna con una pila di scatole che depone al suo fianco inginocchiandosi di fronte a me.
Lo noto per la prima volta. Poco più che ragazzo, sull'uno e ottantacinque, per età potrebbe essere il figlio che non ho mai avuto.
Bello, ha modi gentili, come la delicatezza che mette nello sfilarmi la scarpa.
Anche se non sono particolarmente attratta dai giovani mi sorprende di lui il fascino maturo, virile combinato a quella misteriosa alchimia che ha permesso alla specie umana di perpetuarsi nei millenni.
- Come se la sente signora, è stretta? Mi sembra le stia molto bene.
Mi alzo dalla poltrona, faccio qualche passo, calza bene, mi piace anche il colore, ma sono distratta da lui, vederlo lì accovacciato ai miei piedi e all'altezza del mio inguine, mi suscita pensieri peccaminosi.
- Si! Può andare! Vorrei provare però anche quel modello per favore?
Mi risiedo mentre lui delicato mi prende la caviglia, se l'appoggia sulla coscia per potermi infilare la scarpa; io allora, allungandomi sulla poltroncina mi spingo e premo con le dita dell'altro piede il pacco ben stampato sotto il pantalone.
Alza lo sguardo stranito.
- Signora, ma cosa sta facendo? La prego!
Intanto mi tiro un po' la gonna sulle cosce schiudendole quel tanto che basta perché lui riesca a vedere ciò che c'è da vedere e bisbigliandogli:
- Chissà che bell'arnese hai lì in mezzo? Vero?
Senza dire una parola mi solleva il piede guardandosi attorno, socchiude le labbra avvolgendo il mio alluce con la lingua, inizia così un sensuale lavoro di suzione senza mai togliermi gli occhi di dosso.
Sento salire un calore è un subbuglio dall'inguine su su fino al cervello.
È come il primo amore.
Oscar Wild diceva:
'Posso resistere a tutto, fuorché alle tentazioni'.
È un aforisma che ben si adatta a me e a questa situazione.
Ciononostante non mi sembra questo il posto più adatto per prolungare un petting.
Con un gesto deciso sfilo il piede dalle sue mani lanciandogli nel contempo una strizzatina d'occhio.
- Penso che prenderò queste, grazie. Lei è stato veramente carino.
Mentre ci dirigiamo verso la cassa, mi avvicino e sottovoce:
- Ti rivedrei molto volentieri a casa mia, una sera dopo il lavoro per continuare la conversazione.
- Che ne dici? Pensaci. Questo è il mio numero.
Avevo appena parcheggiato l'auto in garage che il trillo smorzato del cellulare mi avvisa che una decisione è stata presa, e in tempi così ristretti significa che la voglia che ha di scoparmi è almeno pari alla mia.
Dopo avergli comunicato l'indirizzo e le reciproche e doverose modalità di protezione, riattacco e salgo di fretta le scale; ho poco più di un'ora e mezza prima che Lorenzo (così mi ha detto di chiamarsi) suoni il campanello.
Lancio le borse sul divano e mi spoglio:
Prima una bella doccia calda e poi eccomi davanti all'armadio.
Prelevo una camicia bianca da uomo, eredità dimenticata dell'ultimo mio compagno, niente reggiseno;
una culotte color prugna in pizzo di San Gallo e le autoreggenti che avevo indosso.
Ai piedi zoccoletti color crema a tacco alto. Tutto qua!
Sono eccitata e nervosa come una collegiale, vado avanti e indietro per la sala, guardando l'orologio.
Perché tanto trambusto? Cosa c'è di diverso dalle altre volte?
Domanda senza risposta, il trillo del campanello spazza via ogni ragionamento.
- Ciao Roberta.
- Prego accomodati, dammi la giacca.
Mi faccio da parte per farlo entrare e richiudo la porta.
Ci guardiamo muti negli occhi per qualche secondo e subito ci baciammo con la furia tipica di chi è rimasto solo troppo tempo.
Sento la sua lingua penetrare e intrecciarsi con la mia.
Le sue mani mi stringono forte, s'infilano sotto la camicia accarezzandomi la schiena nuda.
Lo prendo per mano avviandomi verso la camera da letto; il ticchettio dei miei zoccoli è il timer che scandisce il tempo restante all'inizio della missione 'paradiso'.
E le premesse sono ottime:
Ho già i capezzoli dritti e duri, il cuore batte a mille mentre là sotto la mutandina è già da lavare.
Lo spingo di schiena sul letto e inizio a spogliarlo, prima la t-shirt, quindi la fibbia dei pantaloni che tiro sfilandoli dal fondo, lentamente, così da fissarmi nella mente ogni fotogramma di questi momenti.
Anche gli slip, fortuitamente agganciatisi ad un bottone finiscono a terra insieme ai calzoni.
Il suo cazzo magnifico ora svetta ondeggiando come una boa in mezzo al mare.
È sodo, tosto, maschio in tutto il suo vigore giovanile.
Brividi di piacere percorrono il mio corpo; comincio a salire di temperatura, il battito aumenta insieme al respiro.
Lo scavalco a livello del torace, mi slaccio i bottoni della camicia e i miei seni balzano fuori vogliosi;
mi chino in avanti in modo che i due grossi frutti polposi penzolino invitanti, sono come due calamite e profumano di donna; Lorenzo come un bambino affamato, succhia avido i capezzoli scuri.
Sospiri lunghi, profondi, scuoto la testa a destra e a manca, lo prego di non fermarsi mentre mi avvinghio ai suoi capelli; non ce la faccio più, è ora di togliersi l'impaccio della culotte ormai inutile e totalmente fradicia.
Allungando la mano, sotto, fra le gambe cerco a tentoni di raggiungergli l'uccello e puntarlo verso il mio fiore schiuso.
Ecco, ci sono, lo sento! Allargo le cosce in spaccata in modo che tutto il mio peso gravi su quell'asta di carne dura per poterla risucchiare nella mia vulva.
Lo bacio stringendogli il volto tra le mani, cercando con la lingua la sua.
Ho gli occhi lucidi e la vista appannata.
È lui a rompere il silenzio di questa magica cavalcata.
- Posso venirti dentro allora? Non resisterò per molto...
- Vieni amore bello! Vieni. Non aspetto altro.
Come una cavallerizza che lanci il suo stallone al galoppo mi chino in avanti puntando le ginocchia e sollevando i glutei.
Ora il suo cazzo, libero da costrizioni, scivola dentro e fuori dalla mia ostrica unta, a velocità sempre crescente in un parossismo dannunziano fino alla deliziosa, appagante, sublime scarica liberatoria.
Lo bacio dappertutto, lacrime impudiche mi rigano il volto.
Ridiamo distesi uno accanto all'altra.
Ma Lorenzo non è pago e mentre io mi godo supina questi momenti, lui scivola verso il bordo del letto, mi allarga le gambe per contemplare la sua opera; pochi secondi e la sua lingua ruvida si protende avida fra le pieghe di seta bollente che, ancora gravide del suo seme hanno preso a colare come un favo di miele.
E lappa, risalendo dallo sfintere su su fino al clitoride eretto e brillante.
Mentre gli accavallo i polpacci sulla schiena e gli premo il bacino sulla faccia il suo naso sbuffa affogato
in un aiuola di pelo duro, mentre con le mani protese mi strizza i capezzoli.
- Non fermarti amore bello. Ti prego, non fermarti, continua così!
Sono ormai come un gelato abbandonato al sole, non percepisco più né il peso del mio corpo, né il suo perimetro.
Quando lui esausto risolleva la testa lo osservo stranita per alcuni secondi; la sua espressione interrogativa mi scuote.
Gli indico il volto arrossato, spruzzato di umori e peli corvini e comincio a ridere.
Si! Rido, rido di una risata sonora, emotiva, catartica.
E anche Lorenzo voltandosi verso la specchiera non può trattenersi.
La camera risuona ora dei nostri lazzi, contenitore muto di una notte fatta di passione, tenerezza, lacrime, risa e orgasmi.
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