Il giorno dopo

di
genere
etero

Nella vita, anche per una come me, che lo tiene in massima considerazione, non tutto si può ricondurre al sesso, anche se lo scopo finale, quella sera, avrebbe dovuto essere quello.
Dopo la lite di Pino con sua moglie la situazione non era certo migliorata fra i due. Lui spesso dormiva a casa mia e lei si consolava senz'altro con il suo amante; visto che ormai il loro appartamento era diventato per ambedue solo un dormitorio.
Perciò quel sabato, con Pino eravamo riusciti ad organizzare, dopo la chiusura del negozio, una gita in auto in collina per cenare in una trattoria di sua conoscenza e rientrare infine a casa mia per terminare in bellezza la serata.
Purtroppo a pochi chilometri da casa, causa il buio e una distrazione la nostra auto è finita fuori strada, fortunatamente senza gravi conseguenze per ambedue.
A parte un piccolo trauma toracico a Pino, dovuto alle cinture.
Dopo essere stati dimessi dall'ospedale per i controlli, siamo andati a casa mia.
Una volta congedato il taxista, come reduci da un’infausta battaglia, salimmo lentamente le scale.
Ci dirigemmo in camera per trovare finalmente, nell’abbraccio ospitale delle lenzuola, un po’ di conforto.
- Penso – Disse Pino,
- Che siamo stati veramente molto fortunati. Che i rispettivi angeli custodi, al contrario di noi in quel momento, erano assai svegli.
Ma nel profondo del mio animo avvertivo che quest’affermazione non era del tutto sincera.
Nel buio della camera, pensai alla vita.
Senz’altro un dono. Il più generoso dei doni. L’invenzione più bella che Dio potesse avere.
Percepivo tuttavia che qualcosa non andava.
Era come un soffio gelido sulla fiammella della mia voglia di vivere.
Come una piuma nella corrente, come un filo di fumo nel vento, essa aveva cominciato a fluttuare verso la fine.
Considerazioni troppo importanti e gravose che richiedevano, per essere tollerate, le cure benevole del tempo.
E allora, senza alcun senso di colpa gli occhi mi si chiusero pietosi, facendomi sprofondare in un limbo indigesto e senza sogni.

Dove sono? Non trovò più i miei occhi mi rigiro in un pozzo di piombo e cerco di aprirli.
Quando infine si schiudono sono come feritoie di ferro arroventato.
A fianco Pino borbotta qualcosa rigirandosi nel letto. Allungo una gamba a sfiorare la sua.
Mi faccio violenza a lasciare quella nicchia di tepore ma sono le dieci passate.
Vado in cucina barcollando. Questo è l'effetto postumo di due pillole di Tavor.
Sollevo la tapparella. Un sole sgarbato infila una polverosa sbarra di luce attraverso la finestra.
Il gorgoglìo della moka per fortuna diffonde un intenso profumo che mi parla di buon caffè.
Cerco di gustarmelo con calma ma...Oddio...queste ferite...cosa sono? Ah, già l'incidente...
Sembrò che una mano di ghiaccio mi avesse stretto il cuore.
Ora i ricordi, come slides si fanno più vivi. Cazzo!cazzo!
È come se una acuta fitta di dolore mi attraversasse come una coltellata.
Mi tocco per controllare di non aver niente di rotto. No! Sono tutta intera e sono viva. Siamo vivi.
Bello sarebbe stato poter rovesciare la clessidra del tempo; ma quel che è fatto è fatto.
Sorseggio il caffè bollente. La caffeina ha un benefico effetto sul mio umore ma non posso fare a meno di pensare che per una qualche variabile, potevo essere morta e con me anche Pino...
E Pino come starà? Dorme ancora. Poveraccio. Si vede che ne ha bisogno. Che bello averlo ancora accanto a me.
- Roby, dove sei?
- Sono qui, amore. Eccomi. Come stai?
- Come se mi fosse passato sopra un treno.
- Vuoi del caffè. Hai fame?
- Non ora. Tu come stai?
- Non c'è male. Dai! Sono viva e lo sei anche tu e questo mi basta.
- Non riesco ancora a capacitarmi di come sia potuto succedere...ho il morale a terra...e la macchina poi...
Forse la sua vernice di dolcezza e di timidezza si era scrostata. Non lo riconoscevo più.
- La macchina si ripara, Pino. La nostra anima a volte no. Perciò vediamo il lato positivo e cerchiamo di risollevarcelo questo morale. Lo sai che sono brava in certe cose!?
Gli sfilai la maglietta mettendo a nudo il torace.
Il lungo livido diagonale prodotto dalla cintura faceva una certa impressione; mi chinai a baciarglielo
e, come una leonessa terge il pelo dei suoi cuccioli con la lingua, così feci io, religiosa vestale dei suoi sensi sopiti.
E l'insolenza di quel gesto unita alla paziente frizione delle mie mani all'interno delle sue cosce,
scosse dal torpore quel corpo afflitto. Un involontario quanto inatteso rigonfiamento (vista l'espressione del suo viso) degli slip era la riprova che almeno una parte dei suoi pensieri più cupi stavano dissolvendosi in contorni più sfumati.
- Ora facciamo un po' di colazione. Ho del caffè e dei biscotti. Tu resta qui disteso. Oggi ti servo io.
Tornai con un vassoio. Caffè caldo, latte e una ciotola di biscotti.
Lo posi in mezzo a noi e mi sedetti sul letto incrociando le gambe nella posizione yoga del loto.
La tonalità rosata della mia miciona risaltava sul grigio delle lenzuola.
Incorniciata dalle cosce e dal l'orlo della camiciola rappresentava la più selvaggia, la più viziosa, la più bella parte del mio corpo.
Presi con il palmo della mano una tetta accostandola alle labbra. L'areola scura guarniva il capezzolo poroso e turgido, laido bottone del piacere.
Ora Pino appariva più interessato e lo era anche il rigonfiamento dei suoi slip.
Con lingua di serpente lo picchiettavo avida trasmettendo piccole scosse di lussuria alle pelvi, mentre lo fissavo negli occhi con uno sguardo depositario di mille cose indegne e araldo di dio sa cosa.
Allungai una mano nella ciotola prendendo un biscotto. Con gesto misurato me lo sfregai sulla vulva per poi spingerlo all'interno della fica come una moneta in una gettoniera.
Lo ritrassi zuppo di piacere e, sollevandolo glielo porsi in una sorta di blasfema comunione.

- Su apri la bocca. Da bravo. Sentirai come sono buoni i miei biscotti...ecco assaggia...così...
- Ma dove la trovi tutta questa troiaggine?
- Nella voglia che ho di scoparti...su, apri...un altro ancora. Lo sentì il sapore di fica?
E anche il tuo uccello non scherza. Io da qui posso sentirne l'odore.

Posai il vassoio sul comodino e con devota e scrupolosa attenzione, gli sfilai gli slip.
Il pene sgusciò fuori turgido, come un grosso fungo alieno.
- Grandissima troia che non sei altro. Riesci a farmi eccitare anche in momenti come questi...quando non vorrei.
- Siamo dei sopravvissuti, Pino. E voglio festeggiare.

Mi posi a cavalcioni su di lui mentre le mie chiappe si adagiavano morbide sulle sue cosce; spalancai la bocca in cerca di aria per compensare l'apnea dovuta al sussulto provocato dal suo cazzo che spariva inghiottito nei meandri bollenti della mia fica.
Lo guardai con gli occhi che tradivano una voglia profonda, insondabile che è l’impronta più tipica del perpetuarsi della nostra specie.
Poi senza accorgermene il mio bacino si mosse spingendo e roteando e ogni ubbia svanì dal mio cuore.
Più tardi riflettei sul fatto che certamente la bellezza del mondo nasconde un segreto. Che la sofferenza e il piacere procedono di pari passo ma in direzioni opposte. Che per godere della grazia di un momento d'amore, quella forbice assurda esiga talvolta un tributo di sangue.L
scritto il
2019-01-28
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