Il mazzo di chiavi

di
genere
etero

L'altoparlante del bar scagliava le fastidiose note di un motivo rock.
L'uomo seduto al tavolino ne sembrava incurante.
Teneva in mano una sigaretta, già ridotta a metà; nell'altra, un bicchiere troppo pieno di una inquieta bibita gassata.
Si piegò in avanti con tutto il busto verso il bordo del bicchiere e ne bevve con attenzione un sorso,
poi soddisfatto si riappoggiò alla sedia aspirando dalla sigaretta una lunga boccata.
Una pigra bolla di fumo rotolò fuori dalla sua bocca.
Ancora non lo sapeva né avrebbe avuto il tempo per scoprirne il perché...
Ecco. Improvviso un suono secco, metallico, scavalcò il rumore di fondo di quel pomeriggio.
L'uomo si voltò. Un mazzo di chiavi luccicava sul marciapiede come la promessa di un tesoro o di una condanna.
Restò alcuni secondi a fissarlo rapito, poi alzò lo sguardo per rintracciarne il proprietario;
diverse persone incrociavano in quel momento sulla via.
- Qualcuno ha perso un mazzo di chiavi?
Gridò. Nessuno rispose.
Senza alzarsi dalla sedia allungò una gamba e trasse, come un croupier, il tintinnante groviglio.
A giudicare dall'aspetto il suo proprietario doveva essere una donna; oltre a una decina di chiavi di varia foggia, spiccava inanellato un minuscolo orsetto di peluche e un cuoricino di gomma rossa.
Toccarlo, sentirlo fra le dita gli procurava un insolito turbamento; era come violare la sfera privata di un'altra persona, lo gettò con violenza sul tavolino come se scottasse.
A quel punto cominciò a chiedersi cosa avrebbe potuto farne, di quel mazzo di chiavi.
Poteva far finta di niente e rimetterlo a terra, oppure lasciarlo al gestore del bar, avrebbe potuto gettarlo nel cassonetto dell' immondizia, consegnarlo ai vigili, poteva cercare di risalire alla persona che l'aveva perso per riconsegnarlo, oppure...oppure tenerlo e decidere poi cosa farne.
Senza rendersene conto una strana idea cominciò pian piano a farsi largo nella sua mente...

Giovedì pomeriggio. È proprio vero che non si può mai stare tranquilli.
Era il mio cellulare che si animava.
Dal suo trillo a volte cerchi di immaginarti che tipo di telefonata stai per ricevere.
Puoi solo tirare a indovinare. Cosa che questa volta non feci.
Era la voce di Pino. Appariva alterata da un forte turbamento.

- Sono io Roberta. Scusami. Ho bisogno di vederti. Posso fare un salto a casa tua?

Fui colta alla sprovvista da questa richiesta, per me inconsueta, visto che non ci eravamo mai incontrati qui da me, ma, preoccupata dal suo tono di voce, gli risposi di sì.

- Va bene! Sono fuori ma sto arrivando. Aspettami sotto casa, sarò lì fra una decina di minuti.
Nel vederlo avvalorai la percezione che avevo avuto al telefono; Pino era agitato.
Anche nel saluto, solitamente affettuoso, traspariva nervosismo.
Anch'io, a questo punto, mossa da un indefinibile prescia, salii le scale quasi di corsa.

- Allora Pino, racconta, cos'e successo?
- Roberta, ho fatto una cazzata...lo scorso giovedì, giorno di chiusura, mentre ero seduto al bar, trovai un mazzo di chiavi, probabilmente appartenenti ad una donna. Beh non ti sto a spiegare il perché ma le ho tenute e a casa Raffaella le ha viste.
Non ti dico! È scoppiato un putiferio. Mi ha accusato di avere un amante, e per lei quelle chiavi ne erano la prova.
Capisci?! Da quale pulpito...
Ho cercato di spiegarle di come ne ero entrato in possesso; ma in effetti era una storia poco credibile...
Allora non ci ho più visto; l'ho assalita verbalmente. Ho sbroccato, si!
Perché il fatto che lei, per prima e da chissà quanto, mi abbia tradito non mi è ancora andato giù...

- Ma che cazzo vai dicendo? Le ho detto.
- Proprio tu che ti fai sbattere come una zoccola mi vieni a fare la predica?
- Che cosa è che farei io...? Ma ti ha dato di volta il cervello? E poi chi ti ha detto una cosa simile? Avanti stronzo. Dimmelo.
- Non preoccuparti. Lo so per certo e basta! Sei una sgualdrina della peggior specie, senza un minimo di
dignità. Farti scopare da uno che si fa metà delle sue pazienti per il solo gusto di poterlo fare e considera la donna solo come l'apparato deambulatorio di una fica...non mi sembra che sia un motivo per farsi un amante. Cosa c'era in me che non andava? Non te ne bastava uno...
E non venirmi a dire che lo ami o cazzate del genere. Qui l'amore non c'entra niente.
Ora capisco anche perché il più delle volte respingevi i miei approcci. Per quello ho smesso da un pezzo a cercare di capirti. Non ci stavi più bene con me? Vuoi separati? D'accordo, separiamoci.
Ma allora dimmelo in faccia; abbi il coraggio almeno di questo.

- Voglio che mi dici da chi hai saputo una simile idiozia. E poi non rivoltare la frittata.
Sei tu quello che mi tradisce...Quelle chiavi che porte aprono? L'appartamento della tua troia...eh? Avanti perché non mi dici la verità?

...E siamo andati avanti così per un bel po'. Questo suo insistere nel voler sapere da quale fonte provenissero le mie accuse dimostra che ha la coscienza sporca.
- E glielo hai detto?
- Noo! Non ho neanche accennato al fatto che fosse il vostro ginecologo.
E quindi non credo che possa sospettare di te.
- Mah. Io ne dubito. Chi vuoi, che può averti detto questo, se non una donna?
E tu quante donne frequenti che possano farti di queste confidenze?
Comunque nei prossimi giorni le telefonerò, così ne avremo conferma.
Certo che anche tu Pino hai una bella faccia tosta. Fare la vittima appassionata e offesa mi pare un po' troppo. Da donna devo dirti che certe cose noi le annusiamo; abbiamo delle antenne lunghe e forse tua moglie subodorava già qualcosa ancor prima che tu rinvenissi quel mazzo di chiavi.
Ma ora, la questione in sostanza, com'è finita?
- Penso purtroppo che sia proprio finita. Dormo nello studio, non ci parliamo. Il più delle volte mangio fuori...che altro dire?!... Mi dispiace anche per i nostri figli, anche se sono ormai grandi, sarà per loro un brutto colpo, se la cosa andrà avanti.
Sono amareggiato e incazzato. Per fortuna in tutta questa sfiga ci sei tu.
- Sai cosa penso, Pino? Ho come la sensazione che tutto questo casino in fondo, senza volerlo, lo abbia provocato tu, e che tutto sommato ti faccia comodo. Finalmente ora potrai frequentami senza problemi.
- Come, come? Roberta! Allora sarebbe tutta colpa mia se mi trovo in questa situazione?
- Non ho detto questo, ma che c'hai messo del tuo, questo sì. E poi io alle coincidenze non ci credo.
- Cazzo! Cos'è. Vuoi lasciarmi anche tu? Dillo chiaramente, avanti! Così metto tutto assieme e prima me ne farò una ragione...
- Stai calmo sciocco, non ho mai detto una cosa simile. Come potrei scacciarti ora che sei in queste condizioni? Guardati. Mi sembri un passerotto caduto dal nido.
- E smettila. Faccio così pena...?
Dai! Vieni qui, siediti vicino a me, hai bisogno di rilassarti.
Vuoi bere qualcosa? Aspetta, ci prepariamo un frullato alla frutta. Ti va?
E non fare quella faccia.
Non vorrei che tu pensassi che sono cinica, ma mi sembra che fosse ciò a cui tendevi:
liberarti dall'impaccio di tua moglie e avermi tutta per te, non è così?

Sentirsi responsabili per aver dato l'ultima spallata ad un rapporto seppure malfermo e minato da tempo, non mi faceva comunque sentire bene. Inoltre ero conscia di un'altra responsabilità che mi gravava addosso: quella di non abbandonare Pino in questo momento così difficile per lui.
Sarò anche una troia ma la sensibilità non mi difetta certo.
Provai in quel momento una tenerezza struggente quando reclinò il suo capo sul mio grembo.
Gli carezzai il capo baciandogli i capelli come a un bambino. Lo strinsi forte a me e lui ricambiò il mio gesto baciandomi il collo e le orecchie. Non posso farci niente. In queste situazioni si riaccende sempre in me l'insana passione per il sesso.
Il respiro si alterò, chiusi gli occhi e cercai di lasciare fuori ogni pensiero.
La sua mano si era insinuata sotto la camicetta a cercare il conforto dei seni. Slacciai i bottoni offrendo alla sua bocca il turgore dei miei capezzoli. Stava montando quella marea d'incontrollata sollecitazione che contraddistingue la mia sessualità.
Gli arpionai il pacco con il palmo. Il suo sesso sembrava immune dall'amarezza che solo mezz'ora prima permeava l'aria. Svettò fuori dalla fessa dei pantaloni dilatato dalla passione.
Mi acquattai sui calcagni sollevando la testa ci fissammo negli occhi poi...avevo di nuovo la sua splendida cappella fra le mie labbra. Gonfia, olivastra, pronta a placare con i suoi fiotti caldi i miei sensi di colpa.
Con la mano spostò il raso delle mutandine per fare spazio alle dita, bramose del calore profumato del mio sesso.
Mi sedetti vicino a lui abbracciandolo. Con la lingua cercai le sue labbra; il suo bacio mi sorprese come una diciottenne proprio mentre, cavalcandomi, il suo uccello con un colpo di reni varcava quel cancello bollente fatto di muscoli e pelle violando ancora una volta la mia intimità .
Succhiavo avida la sua bocca con la lingua calda e umida ricambiata da una foga che gli credevo estranea.
I suoi affondi non squarciarono solo le mie carni ma anche quel velo d'ipocrisia che finora c'era stato fra noi. Mi avvinghiai con i talloni alla sua schiena per godere di più.
E gridai, libera da condizionamenti tutta la mia passione che, come squilli di campana risuonavano acuti nella stanza. (Chissà se Marcello, il mio vicino era in ascolto...)
- Dio mio Pino chiavami così fino alla fine del mondo.
Questo atto possedeva una nativa, intensa capacità di gioia e di espressione.
Sentivo dopo tanti anni che il sesso era diventato un mezzo e non più un fine...
Forse avevamo perso entrambi quella torbida fantasia che all'inizio mettevamo nell'atto e che ci aveva guidati fino ad oggi ma di sicuro, almeno io, in questo momento, stavo provando un sentimento sincero, liberando ogni possibile ubbia da un abbacinante castigo.
Lo pregai di venire, e con il suo liquido lavare via dalla mia anima la polvere di anni di indifferenza.
Devoto ubbidì svuotando i suoi lombi in lunghi getti appiccicosi e caldi nel mio bocciolo carnoso, mentre le nostre bocche si rincorrevano furiose.
E per la prima volta lo notai; aveva gli occhi umidi simili ad acini di uva schiacciati.
Nonostante tutto c'era ancora del sentimento in ballo verso quella donna e verso la famiglia.
Come dargli torto.
Giacemmo così. Con il suo uccello ancora affondato tra i petali della mia fica.
Teneva la mia mano come un uomo tiene la mano della donna che adora con tutta l'emozione che si riversa nella sua stretta come se la pressione sul palmo producesse uno scambio spirituale; come se l'intrecciarsi delle dita simboleggiasse ogni intimità, mentre con la bocca cercava avido i miei seni.
Io estasiata mugolavo versi incomprensibili.
- Pino, mi fai morire...continua così, amore. Sento il tuo cazzo ancora dentro. È una meraviglia...

Ed ecco che anziché sfilarsi, il suo bacino prese a muoversi dentro di me e il suo uccello man mano recuperò vigore.
Animato da un'energia primitiva mi strappava ad ogni colpo mugolii e fitte di pura soddisfazione .
La cavalcata durò più a lungo, com'era prevedibile che fosse, a tutto beneficio del mio piacere e di un orgasmo prorompente e completo quando dalla sua cappella eruppe di nuovo una bordata bollente.
Un rivolo vischioso mi colava dalla fica insinuandosi fra le chiappe; l'umore colava copioso fino a lambire il culo; tant'è che già sentivo le chiappe sciaguattare nella conca formatasi nella pelle del divano.

Ci alzammo insieme, mentre alcune gocce opaline colando sul parquet, marcavano idealmente il percorso verso il bagno.
- Bene! Ormai
Tirai l'acqua nel bidet mentre Pino in piedi difronte al lavabo faceva lo stesso.

- Se ti fermassi a mangiare un boccone, mi faresti molto piacere; potresti anche fermarti a dormire...
- Grazie. Sei molto cara. Ma preferisco andare a casa. Non voglio dare alcun pretesto alle sue accuse.

scritto il
2019-01-28
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