Anche gli angeli fanno pipí

di
genere
sadomaso

Sono un collezionista di misteri e sorrisi femminili. Ho imparato che le ragazze che hanno problemi esistenziali sono quelle bruttine, cioè poche molestate dai maschi.
Ci sono tante cose da imparare dalle femmine. Basta frequentarle, starle vicino, raccogliere le loro confidenze, consolarle, lasciarle raccontare...
Se sono arrivato in questo posto, in questa fattoria isolata in campagna, con un padrone scorbutico, è solamente per stare vicino a Mirella. È una ragazza bella, un po’ strana. È allegra, ride, ma quando siamo insieme a lei provo l’impressione che nasconda un segreto. Forse dovrei vederle il culetto per risolvere questo mistero. Mirella è una ragazza ben popputa, con un sederino interessante. A lei dedicherei il cazzo e la vita.
Per un bacino sulla fica di Mirella mi dannerei per l’eternità. Per una leccatina al suo bel culetto, accetterei le camere di tortura della Santa Inquisizione.
Quando sono arrivato alla fattoria, Mirella era un pochino vergognosetta. Poi, col passare dei giorni e con la vicinanza, l’ho vista quasi tutta. Mentre si lavava nel mastello le ho visto le tettine: due manciate di neve. Un pomeriggio si è arrampicata sulla scala a pioli per prendere il fieno nel fienile. Proprio in quel momento sono arrivato io e da sotto ho visto lo spettacolo del sederino bianco appena coperto dalle mutandine bianche; spettacolo seducente ed eccitante. Non era un culetto quello, era un sogno di carne!
Quando Mirella si vide scoperta emise un gridolino meraviglioso, pudico, armonioso.
Avrei bruciato una biblioteca di libri di filosofia per quel sederino! E un eremita avrebbe accettato i supplizi dell’inferno per poterlo accarezzare!
Io mi accontenterei di una cosa sola: infilare un dito nel suo bel culetto.
La grossa serva Olga mi ha raccontato che molti uomini hanno provato attrazione per il sederino di Mirella: il maestro di scuola, il prete confessore, il padrone della fattoria...
Un altro giorno ho sorpreso Mirella accucciata nell’orto, fra le file di pomodori, mentre pisciava sulla terra arsa. Come mi ha visto arrivare si è alzata di scatto tirandosi su le mutandine. Io le ho visto il pelo e ho commentato: “Anche gli angeli fanno la pipì.”
I primi giorni era vergognosetta; adesso invece mi ha proposto di giocare a chi riesce a pisciare più lontano. Ho accettato, ma è arrivato il padrone, suo zio, e mi ha mandato a zappare le aiuole dei peperoni.
Padron Tobya mi ha promesso 30 bastonate se entro sera non avrò zappato tutto l’orto con peperoni e melanzane. Padron Tobya è rozzo e manesco e sono pentito di aver trovato lavoro nella sua fattoria. La paga è bassa, il cibo è scarso e sarei già andato via se non ci fosse sua nipote. È orfana di padre e lo zio ne fa le veci. Suppongo che anche lui si interessi al culetto di questa nipote. Prima era solo una supposizione della serva, ma dopo quello che è successo oggi, ritengo che sia la verità.
Dunque, io sto lavorando nell’orto, in canottiera, sotto il sole rovente alle due del pomeriggio. Davanti casa, all’ombra del pergolato della vite, sta Mirella, che gioca con la sua bambola di pezza. Arriva lo zio, grasso, rozzo, volgare e sgarbatamente afferra per un braccio la ragazza: “Mirella, da quanto tempo non ti lavi il culo?”
“Ma zio...”
“Niente ma. Il dottor Geremy ti deve visitare e non voglio che ti trovi tutta sporca e smerdata. Togliti le mutande e vediamo”
“Vado dentro a cambiarmi zio...”
“Quante storie! Non è mica d’oro il tuo culo. Non sarai mica come le Figlie di Maria che si facevano i loro bisognini addosso perchè era peccato togliersi le mutande! Tirale giù e vediamo se è tutto in ordine.”
“Ma, io mi vergogno...”
Ciack!
“Ahi!”
“E te ne arriva un’altra se non ti muovi. Il tuo povero padre, mio fratello, ti suonava bene quando facevi i capricci.”
“Non è vero zio, io...”
“E quando andrai a scuola dalle suore, ti metteranno in piedi col sederino nudo, a recitare il rosario in latino. E ad ogni sbaglio ti arriva una bacchettata sul culo. Le ho viste io, le ragazzine ignoranti come te, coi sederini rossi come pomodori. Svelta adesso. Su la gonnellina e giù le mutandine, così...”
“Mamma, che vergogna...”
“Finiscila di fare la smorfiosa, altrimenti ti rovescio sulla sedia e ti do la più bella sculacciata che una ragazzina può desiderare! Adesso va a prendere un catino d’acqua che ti lavo.”
“Posso farlo da sola, nel mastello del bucato...”
Ciack!
“Ahi.”
Smettila di frignare e porta il sapone. Il dottor Geremy deve trovarti pulita e profumata dentro e fuori.”
Dopo una scena così sono tutto inzuppato di sudore, ma continuo a zappare a testa bassa, altrimenti il padrone mi tira addosso un manico di badile.
La vecchia Olga, guercia e mezza sorda, mi ha raccontato che Mirella in città si accoppiava con tutti i ragazzi del quartiere. Era una vergogna! Un giorno il prete l’ha scoperta, dietro il campanile, senza mutande e le ha dato una buona dose di ceffoni. Ma la lezione non è bastata. Così sua madre la ha affidata a suo cognato perchè la tenga lontano dai ragazzi. Qui in campagna ci sono solo le galline. Qui si accoppia solamente con le bacchette di salice di suo zio, che la fa strillare e sanguinare bene.
Stasera Mirella fa i capricci e sento suo zio sbraitare arrabbiato.
C’è la medicina settimanale per Mirella, un bicchiere di olio di ricino, per purgarla e farla andare al gabinetto. Mirella non vuole berlo perchè dice che è troppo cattivo.
Il padrone fa un cenno e la vecchia serva afferra la ragazza e la rovescia sulle sue gambe. Alza la gonna di Mirella e butta le mutandine in fondo alla stanza. Il padrone prende la bacchetta di salice sulla mensola del camino e si arrotola la manica della camicia per avere il braccio libero.
“E’ permesso? Si può?”
Arriva Ottiero, l’ovarolo, l’amico del padrone.
“Ah, se tu.” grida Tobya. « Vieni, vieni a vedere questa monellaccia di mia nipote. Toh, prendi la bacchetta e dagliele tu a questa diavoletta. Bisogna domarle le ragazze.”
“Ah sì! Ho appena finito di castigare le mie sei figlie, ma ho il braccio ancora buono per questa, per Bacco!”
Mirella grida e si dimena: “No, no, pietà; lo bevo tutto l’olio di ricino, lo bevo subito!...”
“Dopo, dopo ti daremo razione doppia. Adesso ti aspetta un altro tipo di olio.”
“No. Nooo... zio... nooo...”
“Ti raccomando, dagliele sode. Ormai si è abituata al mio braccio leggero; ci vuole qualcosa di più energico...”
“Sta tranquillo Tobya, che incomincio subito.”
“No, aspetta che chiamo il vecchio Remis. Più gente c’è che la guarda e meglio è. Bisogna umiliarla per poterla calmare e domare.”
Dopo queste parole io rimango lì e faccio da spettatore.
Per fortuna, con uno strillo Mirella riesce a liberarsi e evitare la punizione. La serva è troppo grassa per tenerla e Mirella si svincola e corre fuori dalla porta.
I vecchi bestemmiano ma sono troppo lenti per prenderla. Anche io vado fuori, attraverso l’aia nella sera estiva e seguo la ragazza che va a rifugiarsi in cima al pagliaio.
Io da sotto la consolo come posso; poi al mattino presto faccio la valigia e vado via.
traduzione
Novembre 2014
scritto il
2015-09-30
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