Al bar c'è una signora
di
-Andreami-
genere
etero
Finalmente posso andare a pranzo. Che mattinata lunga. Per colpa di clienti un po’ troppo esigenti mi tocca lavorare anche nella settimana di Ferragosto!
La scelta del bar dove andare a pranzo è facile da prendere. Questa settimana è aperto solo quello della piazza centrale del paese.
Quando arrivo trovo il solito pensionato che ha già bevuto il caffè e sta leggendo il quotidiano locale in un angolo. Dietro il bancone la barista.
“Ciao Luisa”
“Ma buongiorno! Non mi dirai che sei al lavoro?”
“Eh, purtroppo mi tocca, ma anche tu vedo che non sei in ferie” e le faccio un bel sorriso.
“Eh già”
Luisa è una piacente signora di cinquantuno anni. Abbastanza alta, magra, capelli rossi, un po’ di lentiggini e qualche rughetta d’espressione. Con due tette da urlo, anche se solo viste qualche volta di sfuggita giù per la scollatura mentre mi posava il piatto sul tavolo.
Mi sono masturbato qualche volta pensandola, devo confessarlo. Non è bellissima, però ha quel non so che per cui me la fa desiderare.
Da navigato voyeurista scelgo il tavolo con vista dietro il bancone, dove posso guardare il bel culo rotondo di Luisa. Oggi purtroppo ha un vestito scuro che le arriva al ginocchio, e non mi mostra che mutandine indossa. In compenso la scollatura è generosa. Speriamo di riuscire a darle una sbirciatina.
Eccola che arriva.
“Cosa ti porto?” mi chiede
“Pensavo a qualcosa di fresco. Un’insalatona, di quelle che fai tu, con dentro un po’ di tutto”
“Va bene, ci penso io. Da bere, il solito?”
“Sì, grazie”
Mentre aspetto prendo uno dei quotidiani a disposizione dei clienti e comincio a sfogliarlo svogliatamente.
Sono qui da cinque minuti, l’aria è calda, mossa solo da un paio di ventilatori. Il vecchietto nell’angolo si alza svogliatamente, lascia un euro sul bancone ed esce. Il campanello della porta del locale trilla.
Luisa è intenta a prepararmi l’insalatona.
Il campanello trilla nuovamente. Alzo lo sguardo e davanti al bancone c’è una signora, direi quarantacinquenne, anno più anno meno. Non è la prima volta che la vedo al bar, deve lavorare anche lei da qualche parte in paese. Capello corto, ossigenato, maglietta bianca attillata che non nasconde due tette da quarta e un po’ di pancetta. Indossa una gonna corta beige, leggera e svolazzante. Le gambe sono belle, ben tornite e abbronzate. Il viso non è bello, un po’ spigoloso, ma espressivo.
Sarà il caldo, sarà la settimana di Ferragosto, ma l’ormone mi fa desiderare anche lei. Ma com’è possibile?
Torno a leggere il giornale e faccio finta di non pensarci. In sottofondo sento le due signore che parlano del più e del meno.
La nuova arrivata si siede al
tavolo alla mia sinistra. Girata verso di me. Con la coda dell’occhio vedo che ha le gambe un po’ aperte. Le apre e le chiude, come volesse farsi vento alla patata.
“Luisa, ma che caldo fa?”
“Guarda, non me ne parlare! Cosa ti porto tesoro?”
“Qualcosa di non cotto, perché proprio non ne ho voglia”
“Un’insalatona come quella del ragazzo?” e mi indica.
“Ma sì” poi guardandomi “Posso rubarti l’idea dell’insalatona?”
“Certo, anche se dovrei farmi pagare il copyright” e rido.
Risatine di cortesia da parte delle signore.
Mentre riporto lo sguardo sul mio piatto do un’altra sbirciatina sotto il tavolo della mia vicina. Vedo l’interno coscia, quasi fino all’inguine.
Basta poco perché il mio cazzo si risvegli. Con il caldo poi viene tutto più facile.
Mangio, ma non riesco a non pensare alle cosce della signora e quindi ogni volta che porto la forchetta alla bocca lancio anche un’occhiata nella sua direzione. Le gambe sono sempre aperte. Come mi piacerebbe poter infilare una mano sotto quella gonna.
Alzo di più lo sguardo e mi ritrovo i suoi occhi puntati su di me. Mi sa che mi ha beccato.
Riabbasso la testa verso il piatto. Con la coda dell’occhio percepisco che si sta muovendo sulla sedia. Non resisto e torno a cercare le sue gambe. Le ha accavallate.
Arriva Luisa con il suo pranzo.
“Grazie”
“Buon appetito”
Si scambiano i convenevoli.
Mentre mangia riprovo a guardare sotto il suo tavolo. E in quel momento scavalla le gambe e l’occhio cade sull’inguine che finalmente si fa vedere. Ha le mutandine bianche. Sì!
Alzo lo sguardo e la signora mi sta fissando un po’ imbronciata. Beccato. Arrossisco, però che non è andata poi male. Ho visto le mutandine e non sono stato insultato.
Finisco la mia insalata e torno a leggere il giornale, ho ancora quarantacinque minuti di pausa.
Non resisto molto sul quotidiano e ributto l’occhio alla mia sinistra. Questa volta guardo subito il viso della signora. Mi sta guardando mentre porta la forchetta alla bocca. Resisto un secondo al suo sguardo poi lo riabbasso sulle gambe. Ora sono un po’ più girate verso di me, aperte, la mutandina bianca in bella vista. Sono perplesso. La signora è decisamente un’esibizionista.
Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo inguine. E lei lo capisce e comincia a giocare con me. Chiude le gambe, poi le riapre piano. Le richiude e le riapre velocemente. E io sto lì, impalato a fissarla come un allocco.
Quando finalmente lei si ferma di farmi soffrire, chiudendo le gambe, distolgo lo sguardo e non sapendo dove guardare vado a cercare il bancone. Luisa è lì che ci guarda e sorride sorniona. Ha visto o ha capito tutto.
Mi guarda con gli occhi che ridono per la scena a cui ha appena assistito. Ma guardandola meglio in viso ci sono segni che la cosa la stava eccitando. Si mordicchia involontariamente il labbro e ha una mano ferma sul seno mentre l’altra è appoggiata al bancone. Si gira dall’altra parte e si mette ad asciugare delle stoviglie.
Una voce alla mia sinistra mi sveglia da questo sogno bagnato che sto vivendo. In un bar con due signore. Vogliose di farsi vedere eccitate.
“Luisa posso usare il bagno?”
“Certo cara, tutto quello che vuoi”
La porta del bagno è di fianco al bancone del bar. So che dietro la porta c’è un corto corridoio con altre due porte. Di fronte quella della toilette, sulla sinistra una porta con la scritta “PRIVATO”. Guardo la porta, poi mi giro per vedere la signora che si alza e vi si dirige. La seguo con lo sguardo e con la coda dell’occhio percepisco Luisa che segue il movimento dei miei occhi.
È un incrocio di occhiate che non mi era mai capitato. La parola “eccitante” non dà il senso della cosa.
La signora arriva alla porta del bagno, la apre e si gira verso di me. Mi lancia un’occhiata che nasconde molti significati.
La porta si richiude dietro di lei.
Non sono un esperto di linguaggio degli occhi, ma mi pare proprio di aver colto un invito a seguirla in bagno. Aspetto alcuni lunghi secondi. Mi alzo e cerco una scusa banale, un po’ imbarazzato, per poter varcare quella soglia.
“Che mani appiccicose. Meglio lavarsele”
E mi dirigo verso il bagno. Sento Luisa che mi segue con gli occhi. La sa lunga lei.
L’imbarazzo aumenta a ogni passo e a ogni occhiata di Luisa.
Finalmente supero la porta e mi sento un po’ meglio.
Con due lunghi passi supero il corridoio e apro la porta del bagno. Con mio stupore è vuoto. Non capisco.
Guardo dietro la porta, niente. Mi rigiro nel corridoio e vedo la porta privata socchiusa.
La apro un po’ di più e vedo che è una specie di magazzino. Scaffali pieni di bottiglie, scatoloni e altre cose. La luce entra da un piccolo abbaino in alto, verso il soffitto.
Apro la porta in modo deciso e finalmente vedo la signora, seduta su una poltroncina da ufficio, vicino a una scrivania. Raccoglitori e block notes. Capisco che è sia il magazzino che l’ufficio di Luisa.
Entro e mi chiudo la porta alle spalle, fermo.
La signora è seduta con la schiena contro la spalliera della poltrona, con le cosce unite tra di loro e i piedi divaricati. Le braccia sono in alto, dietro la testa.
Appena chiusa la porta mi guarda, sorride e apre le gambe lentamente. È controluce e non si vede molto. Alza il braccio destro e in mano ha qualcosa. Guardo meglio, gli occhi si adattano alla luce. Sono mutandine. Mutandine bianche.
“Fra mezz’ora devo essere al lavoro” mi dice.
“Anch’io” è la prima cosa che mi viene da dire.
Si alza e mi viene incontro. Io sono sempre fermo contro la porta. Con la mano libera cerca la zip dei miei pantaloni e l’abbassa lentamente. Con la mano destra invece mi avvicina le mutandine alla faccia. Sono bianche, con del pizzo sui fianchi, molto femminili.
“Guarda come sono umide. Colpa tua e del tuo cercare di guardarmi sotto la gonna. Mi sono eccitata”
Annuisco.
Sento l’odore dei suoi umori sulla stoffa bianca. Ma più che altro sento la sua mano che scosta l’elastico dei boxer e cerca il mio cazzo ormai turgido.
Un attimo e me lo tira fuori. Dritto, duro, svettante verso di lei.
Lascia cadere le mutandine. Si abbassa guardandomi. Si inchina davanti a me e ora guarda la cappella ancora un po’ nascosta dalla pelle. Con la mano destra lo prende e lo scappella completamente. Poi senza darmi il tempo di capire cosa sta succedendo lo prende in bocca, completamente.
Sento che lo succhia, lo lecca, lo manda in gola. Con l’altra mano libera le palle dall’elastico dei boxer e comincia a strizzarle delicatamente.
Pensavo che il mio cazzo fosse già duro abbastanza, ma con il suo trattamento diventa ancora più duro.
Mi spompina così per un paio di minuti, interminabili.
Poi si stacca. Tenendomi per il cazzo mi porta verso la scrivania.
“Vieni”
Sposta la sedia e si mette a novanta gradi sul tavolo. Solleva la gonna e mi mostra il suo culo rotondo e grande. Le passo una mano tra le natiche. È bagnatissima. Sento il pelo arruffato.
Mi inginocchio dietro di lei e con le mani apro delicatamente la fessura della fica. Un mondo rosa intenso mi si schiude davanti. Una peluria folta e nera tutt’intorno.
Bacio le grandi labbra, poi con la lingua comincio a titillare il clitoride. La sento ansimare. Con la lingua ora la penetro il più in profondità possibile. Uno, due, dieci colpi.
“Scopami, cazzo!”
Non me lo faccio ripetere. Mi alzo dietro di lei. Il cazzo svettante. La sua mano destra passa tra le gambe, mi prende l’attrezzo e se lo porta alla fica. Lo appoggia. Io spingo piano. Le labbra si dilatano. Entro. Arrivo fino in fondo. Le mie mani sui suoi fianchi. Comincio a stantuffare su e giù piano. Lei ansima. Accelero il ritmo. Sempre più veloce. È bagnata. Si sente il rumore dei suoi umori ogni volta che le do i colpi.
Non so perché ma per istinto mi volto. Sulla porta c’è Luisa. Ci guarda. La fisso. Ha una mano sotto la gonna, l’altra dentro la scollatura. Si sta masturbando. Non fa niente per nascondere la situazione.
Intanto continuo a fottere la signora dalla fica pelosa e scura.
Luisa entra completamente nel magazzino. Continuiamo a guardarci, ma non ci fermiamo nei nostri giochi. Si siede sulla sedia di fianco a noi. Anche la signora se ne accorge e si gira per vedere cosa succede. Vede Luisa.
“Sì! Scopami più forte!” mi grida.
Obbedisco e accelero ulteriormente il ritmo. Con le mani le strizzo le tette. Sono grosse e morbide; si sentono bene anche sotto maglietta e reggiseno. Percepisco la sua mano destra che si masturba mentre la penetro.
Intanto Luisa sulla sedia si è abbassata le spalline del vestito e del reggiseno. Ha liberato le tettone un po’ cadenti e morbide dalle coppe e le strizza forte. I grossi capezzoli turgidi. Gocce di sudore brillano scivolando dal collo al seno.
La gonna del vestito sollevata alla vita. La mano dentro le mutandine verdi, semitrasparenti. Si sta sgrillettando veloce. Vedo che di tanto in tanto si penetra con il dito medio. Poi torna al clito.
La signora intanto ansima più forte. Sta per venire. Viene.
“Sì! Sì! Mmmmmmmmmm… Sììììììì!”
Con lei che gode e Luisa che si masturba vicino a me non credo di resistere ancora per molto.
La signora se ne accorge e mi fa capire di uscire dalla sua fica grondante di umori. Faccio un passo indietro, lei si gira e si mette in ginocchio davanti a me e comincia a succhiarmelo. Lo prende tutto in bocca e spompina veloce, mentre con una mano mi massaggia i coglioni.
Ora sono in piedi con la signora in ginocchio davanti a me. Dietro di lei, a meno di un metro, Luisa che si masturba sulla poltroncina.
Luisa ha una gamba sul bracciolo della sedia. Con una mano si scosta il triangolino di tessuto verde e mi lascia intravvedere una fica rossiccia ben curata. Le labbra sono carnose, da cinquantenne che ha visto tanti cazzi nella sua vita.
Sento il suono che produce la sua mano ogni volta che stropiccia la fica bagnata. Si muove veloce sul suo clito.
Non resisto oltre alle sollecitazioni che mi stanno offrendo le due signore. La cappella si ingrossa. La signora davanti a me se ne accorge. Toglie la bocca e veloce con la mano mi fa venire.
Un primo schizzo parte dritto verso Luisa. La colpisce tra il collo e le tette. Il secondo ricade sulla sua coscia. Un terzo schizzo e un quarto finiscono chissà dove.
Colpita dai miei schizzi anche Luisa viene mugugnando. Si trattiene mordendosi le labbra. Le gambe si chiudono a tenaglia sulla mano ancora appoggiata al pube.
Finito di schizzare la signora si rimette in bocca il mio cazzo che si sta rilassando e me lo pulisce dalle ultime gocce di sborra. Poi si alza, recupera le mutandine che erano rimaste sul pavimento e se le infila.
Esce dal locale come se non fosse successo nulla.
Intanto io e Luisa ci guardiamo. Io ripongo nei pantaloni il pisello. Lei si pulisce alla meglio dai miei schizzi, si aggiusta le mutandine e il reggiseno e tira su le spalline dell’abito.
“Che giornata interessante” mi dice.
Annuisco non sapendo cosa rispondere.
Esce anche lei dalla stanza.
Respiro profondamente, mi fermo un attimo in bagno a lavarmi le mani e torno nel bar.
“Dlin dlin”
Si apre la porta ed entrano due ragazzini in cerca di gelati. Luisa li serve, poi prepara il caffè alla signora. I ragazzini si siedono a un tavolino a mangiare il loro gelato.
La signora paga il suo conto.
“Grazie cara. Buona giornata” le fa Luisa.
“Ciao Luisa. Grazie di tutto” ed esce. Sulla porta si gira e mi da una veloce occhiata.
Pago anche io il mio conto.
“Ciao e grazie” saluto.
“Grazie a te” mi fa lei “Domani lavori sempre?”
“Se finisco tutto oggi spero di no”
“Che peccato, allora domani non ti vedo da queste parti?”
Ho un’illuminazione.
“Forse devo tornare a finire un certo lavoro”
“Perfetto, allora ti aspetto. Magari nel primo pomeriggio”
Annuisco
“Sai, alle due chiudo il bar che tanto non c’è nessuno in giro fino alle sei, però la porta dietro magari è aperta”
Riannuisco ancora ed esco. Felice.
La scelta del bar dove andare a pranzo è facile da prendere. Questa settimana è aperto solo quello della piazza centrale del paese.
Quando arrivo trovo il solito pensionato che ha già bevuto il caffè e sta leggendo il quotidiano locale in un angolo. Dietro il bancone la barista.
“Ciao Luisa”
“Ma buongiorno! Non mi dirai che sei al lavoro?”
“Eh, purtroppo mi tocca, ma anche tu vedo che non sei in ferie” e le faccio un bel sorriso.
“Eh già”
Luisa è una piacente signora di cinquantuno anni. Abbastanza alta, magra, capelli rossi, un po’ di lentiggini e qualche rughetta d’espressione. Con due tette da urlo, anche se solo viste qualche volta di sfuggita giù per la scollatura mentre mi posava il piatto sul tavolo.
Mi sono masturbato qualche volta pensandola, devo confessarlo. Non è bellissima, però ha quel non so che per cui me la fa desiderare.
Da navigato voyeurista scelgo il tavolo con vista dietro il bancone, dove posso guardare il bel culo rotondo di Luisa. Oggi purtroppo ha un vestito scuro che le arriva al ginocchio, e non mi mostra che mutandine indossa. In compenso la scollatura è generosa. Speriamo di riuscire a darle una sbirciatina.
Eccola che arriva.
“Cosa ti porto?” mi chiede
“Pensavo a qualcosa di fresco. Un’insalatona, di quelle che fai tu, con dentro un po’ di tutto”
“Va bene, ci penso io. Da bere, il solito?”
“Sì, grazie”
Mentre aspetto prendo uno dei quotidiani a disposizione dei clienti e comincio a sfogliarlo svogliatamente.
Sono qui da cinque minuti, l’aria è calda, mossa solo da un paio di ventilatori. Il vecchietto nell’angolo si alza svogliatamente, lascia un euro sul bancone ed esce. Il campanello della porta del locale trilla.
Luisa è intenta a prepararmi l’insalatona.
Il campanello trilla nuovamente. Alzo lo sguardo e davanti al bancone c’è una signora, direi quarantacinquenne, anno più anno meno. Non è la prima volta che la vedo al bar, deve lavorare anche lei da qualche parte in paese. Capello corto, ossigenato, maglietta bianca attillata che non nasconde due tette da quarta e un po’ di pancetta. Indossa una gonna corta beige, leggera e svolazzante. Le gambe sono belle, ben tornite e abbronzate. Il viso non è bello, un po’ spigoloso, ma espressivo.
Sarà il caldo, sarà la settimana di Ferragosto, ma l’ormone mi fa desiderare anche lei. Ma com’è possibile?
Torno a leggere il giornale e faccio finta di non pensarci. In sottofondo sento le due signore che parlano del più e del meno.
La nuova arrivata si siede al
tavolo alla mia sinistra. Girata verso di me. Con la coda dell’occhio vedo che ha le gambe un po’ aperte. Le apre e le chiude, come volesse farsi vento alla patata.
“Luisa, ma che caldo fa?”
“Guarda, non me ne parlare! Cosa ti porto tesoro?”
“Qualcosa di non cotto, perché proprio non ne ho voglia”
“Un’insalatona come quella del ragazzo?” e mi indica.
“Ma sì” poi guardandomi “Posso rubarti l’idea dell’insalatona?”
“Certo, anche se dovrei farmi pagare il copyright” e rido.
Risatine di cortesia da parte delle signore.
Mentre riporto lo sguardo sul mio piatto do un’altra sbirciatina sotto il tavolo della mia vicina. Vedo l’interno coscia, quasi fino all’inguine.
Basta poco perché il mio cazzo si risvegli. Con il caldo poi viene tutto più facile.
Mangio, ma non riesco a non pensare alle cosce della signora e quindi ogni volta che porto la forchetta alla bocca lancio anche un’occhiata nella sua direzione. Le gambe sono sempre aperte. Come mi piacerebbe poter infilare una mano sotto quella gonna.
Alzo di più lo sguardo e mi ritrovo i suoi occhi puntati su di me. Mi sa che mi ha beccato.
Riabbasso la testa verso il piatto. Con la coda dell’occhio percepisco che si sta muovendo sulla sedia. Non resisto e torno a cercare le sue gambe. Le ha accavallate.
Arriva Luisa con il suo pranzo.
“Grazie”
“Buon appetito”
Si scambiano i convenevoli.
Mentre mangia riprovo a guardare sotto il suo tavolo. E in quel momento scavalla le gambe e l’occhio cade sull’inguine che finalmente si fa vedere. Ha le mutandine bianche. Sì!
Alzo lo sguardo e la signora mi sta fissando un po’ imbronciata. Beccato. Arrossisco, però che non è andata poi male. Ho visto le mutandine e non sono stato insultato.
Finisco la mia insalata e torno a leggere il giornale, ho ancora quarantacinque minuti di pausa.
Non resisto molto sul quotidiano e ributto l’occhio alla mia sinistra. Questa volta guardo subito il viso della signora. Mi sta guardando mentre porta la forchetta alla bocca. Resisto un secondo al suo sguardo poi lo riabbasso sulle gambe. Ora sono un po’ più girate verso di me, aperte, la mutandina bianca in bella vista. Sono perplesso. La signora è decisamente un’esibizionista.
Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo inguine. E lei lo capisce e comincia a giocare con me. Chiude le gambe, poi le riapre piano. Le richiude e le riapre velocemente. E io sto lì, impalato a fissarla come un allocco.
Quando finalmente lei si ferma di farmi soffrire, chiudendo le gambe, distolgo lo sguardo e non sapendo dove guardare vado a cercare il bancone. Luisa è lì che ci guarda e sorride sorniona. Ha visto o ha capito tutto.
Mi guarda con gli occhi che ridono per la scena a cui ha appena assistito. Ma guardandola meglio in viso ci sono segni che la cosa la stava eccitando. Si mordicchia involontariamente il labbro e ha una mano ferma sul seno mentre l’altra è appoggiata al bancone. Si gira dall’altra parte e si mette ad asciugare delle stoviglie.
Una voce alla mia sinistra mi sveglia da questo sogno bagnato che sto vivendo. In un bar con due signore. Vogliose di farsi vedere eccitate.
“Luisa posso usare il bagno?”
“Certo cara, tutto quello che vuoi”
La porta del bagno è di fianco al bancone del bar. So che dietro la porta c’è un corto corridoio con altre due porte. Di fronte quella della toilette, sulla sinistra una porta con la scritta “PRIVATO”. Guardo la porta, poi mi giro per vedere la signora che si alza e vi si dirige. La seguo con lo sguardo e con la coda dell’occhio percepisco Luisa che segue il movimento dei miei occhi.
È un incrocio di occhiate che non mi era mai capitato. La parola “eccitante” non dà il senso della cosa.
La signora arriva alla porta del bagno, la apre e si gira verso di me. Mi lancia un’occhiata che nasconde molti significati.
La porta si richiude dietro di lei.
Non sono un esperto di linguaggio degli occhi, ma mi pare proprio di aver colto un invito a seguirla in bagno. Aspetto alcuni lunghi secondi. Mi alzo e cerco una scusa banale, un po’ imbarazzato, per poter varcare quella soglia.
“Che mani appiccicose. Meglio lavarsele”
E mi dirigo verso il bagno. Sento Luisa che mi segue con gli occhi. La sa lunga lei.
L’imbarazzo aumenta a ogni passo e a ogni occhiata di Luisa.
Finalmente supero la porta e mi sento un po’ meglio.
Con due lunghi passi supero il corridoio e apro la porta del bagno. Con mio stupore è vuoto. Non capisco.
Guardo dietro la porta, niente. Mi rigiro nel corridoio e vedo la porta privata socchiusa.
La apro un po’ di più e vedo che è una specie di magazzino. Scaffali pieni di bottiglie, scatoloni e altre cose. La luce entra da un piccolo abbaino in alto, verso il soffitto.
Apro la porta in modo deciso e finalmente vedo la signora, seduta su una poltroncina da ufficio, vicino a una scrivania. Raccoglitori e block notes. Capisco che è sia il magazzino che l’ufficio di Luisa.
Entro e mi chiudo la porta alle spalle, fermo.
La signora è seduta con la schiena contro la spalliera della poltrona, con le cosce unite tra di loro e i piedi divaricati. Le braccia sono in alto, dietro la testa.
Appena chiusa la porta mi guarda, sorride e apre le gambe lentamente. È controluce e non si vede molto. Alza il braccio destro e in mano ha qualcosa. Guardo meglio, gli occhi si adattano alla luce. Sono mutandine. Mutandine bianche.
“Fra mezz’ora devo essere al lavoro” mi dice.
“Anch’io” è la prima cosa che mi viene da dire.
Si alza e mi viene incontro. Io sono sempre fermo contro la porta. Con la mano libera cerca la zip dei miei pantaloni e l’abbassa lentamente. Con la mano destra invece mi avvicina le mutandine alla faccia. Sono bianche, con del pizzo sui fianchi, molto femminili.
“Guarda come sono umide. Colpa tua e del tuo cercare di guardarmi sotto la gonna. Mi sono eccitata”
Annuisco.
Sento l’odore dei suoi umori sulla stoffa bianca. Ma più che altro sento la sua mano che scosta l’elastico dei boxer e cerca il mio cazzo ormai turgido.
Un attimo e me lo tira fuori. Dritto, duro, svettante verso di lei.
Lascia cadere le mutandine. Si abbassa guardandomi. Si inchina davanti a me e ora guarda la cappella ancora un po’ nascosta dalla pelle. Con la mano destra lo prende e lo scappella completamente. Poi senza darmi il tempo di capire cosa sta succedendo lo prende in bocca, completamente.
Sento che lo succhia, lo lecca, lo manda in gola. Con l’altra mano libera le palle dall’elastico dei boxer e comincia a strizzarle delicatamente.
Pensavo che il mio cazzo fosse già duro abbastanza, ma con il suo trattamento diventa ancora più duro.
Mi spompina così per un paio di minuti, interminabili.
Poi si stacca. Tenendomi per il cazzo mi porta verso la scrivania.
“Vieni”
Sposta la sedia e si mette a novanta gradi sul tavolo. Solleva la gonna e mi mostra il suo culo rotondo e grande. Le passo una mano tra le natiche. È bagnatissima. Sento il pelo arruffato.
Mi inginocchio dietro di lei e con le mani apro delicatamente la fessura della fica. Un mondo rosa intenso mi si schiude davanti. Una peluria folta e nera tutt’intorno.
Bacio le grandi labbra, poi con la lingua comincio a titillare il clitoride. La sento ansimare. Con la lingua ora la penetro il più in profondità possibile. Uno, due, dieci colpi.
“Scopami, cazzo!”
Non me lo faccio ripetere. Mi alzo dietro di lei. Il cazzo svettante. La sua mano destra passa tra le gambe, mi prende l’attrezzo e se lo porta alla fica. Lo appoggia. Io spingo piano. Le labbra si dilatano. Entro. Arrivo fino in fondo. Le mie mani sui suoi fianchi. Comincio a stantuffare su e giù piano. Lei ansima. Accelero il ritmo. Sempre più veloce. È bagnata. Si sente il rumore dei suoi umori ogni volta che le do i colpi.
Non so perché ma per istinto mi volto. Sulla porta c’è Luisa. Ci guarda. La fisso. Ha una mano sotto la gonna, l’altra dentro la scollatura. Si sta masturbando. Non fa niente per nascondere la situazione.
Intanto continuo a fottere la signora dalla fica pelosa e scura.
Luisa entra completamente nel magazzino. Continuiamo a guardarci, ma non ci fermiamo nei nostri giochi. Si siede sulla sedia di fianco a noi. Anche la signora se ne accorge e si gira per vedere cosa succede. Vede Luisa.
“Sì! Scopami più forte!” mi grida.
Obbedisco e accelero ulteriormente il ritmo. Con le mani le strizzo le tette. Sono grosse e morbide; si sentono bene anche sotto maglietta e reggiseno. Percepisco la sua mano destra che si masturba mentre la penetro.
Intanto Luisa sulla sedia si è abbassata le spalline del vestito e del reggiseno. Ha liberato le tettone un po’ cadenti e morbide dalle coppe e le strizza forte. I grossi capezzoli turgidi. Gocce di sudore brillano scivolando dal collo al seno.
La gonna del vestito sollevata alla vita. La mano dentro le mutandine verdi, semitrasparenti. Si sta sgrillettando veloce. Vedo che di tanto in tanto si penetra con il dito medio. Poi torna al clito.
La signora intanto ansima più forte. Sta per venire. Viene.
“Sì! Sì! Mmmmmmmmmm… Sììììììì!”
Con lei che gode e Luisa che si masturba vicino a me non credo di resistere ancora per molto.
La signora se ne accorge e mi fa capire di uscire dalla sua fica grondante di umori. Faccio un passo indietro, lei si gira e si mette in ginocchio davanti a me e comincia a succhiarmelo. Lo prende tutto in bocca e spompina veloce, mentre con una mano mi massaggia i coglioni.
Ora sono in piedi con la signora in ginocchio davanti a me. Dietro di lei, a meno di un metro, Luisa che si masturba sulla poltroncina.
Luisa ha una gamba sul bracciolo della sedia. Con una mano si scosta il triangolino di tessuto verde e mi lascia intravvedere una fica rossiccia ben curata. Le labbra sono carnose, da cinquantenne che ha visto tanti cazzi nella sua vita.
Sento il suono che produce la sua mano ogni volta che stropiccia la fica bagnata. Si muove veloce sul suo clito.
Non resisto oltre alle sollecitazioni che mi stanno offrendo le due signore. La cappella si ingrossa. La signora davanti a me se ne accorge. Toglie la bocca e veloce con la mano mi fa venire.
Un primo schizzo parte dritto verso Luisa. La colpisce tra il collo e le tette. Il secondo ricade sulla sua coscia. Un terzo schizzo e un quarto finiscono chissà dove.
Colpita dai miei schizzi anche Luisa viene mugugnando. Si trattiene mordendosi le labbra. Le gambe si chiudono a tenaglia sulla mano ancora appoggiata al pube.
Finito di schizzare la signora si rimette in bocca il mio cazzo che si sta rilassando e me lo pulisce dalle ultime gocce di sborra. Poi si alza, recupera le mutandine che erano rimaste sul pavimento e se le infila.
Esce dal locale come se non fosse successo nulla.
Intanto io e Luisa ci guardiamo. Io ripongo nei pantaloni il pisello. Lei si pulisce alla meglio dai miei schizzi, si aggiusta le mutandine e il reggiseno e tira su le spalline dell’abito.
“Che giornata interessante” mi dice.
Annuisco non sapendo cosa rispondere.
Esce anche lei dalla stanza.
Respiro profondamente, mi fermo un attimo in bagno a lavarmi le mani e torno nel bar.
“Dlin dlin”
Si apre la porta ed entrano due ragazzini in cerca di gelati. Luisa li serve, poi prepara il caffè alla signora. I ragazzini si siedono a un tavolino a mangiare il loro gelato.
La signora paga il suo conto.
“Grazie cara. Buona giornata” le fa Luisa.
“Ciao Luisa. Grazie di tutto” ed esce. Sulla porta si gira e mi da una veloce occhiata.
Pago anche io il mio conto.
“Ciao e grazie” saluto.
“Grazie a te” mi fa lei “Domani lavori sempre?”
“Se finisco tutto oggi spero di no”
“Che peccato, allora domani non ti vedo da queste parti?”
Ho un’illuminazione.
“Forse devo tornare a finire un certo lavoro”
“Perfetto, allora ti aspetto. Magari nel primo pomeriggio”
Annuisco
“Sai, alle due chiudo il bar che tanto non c’è nessuno in giro fino alle sei, però la porta dietro magari è aperta”
Riannuisco ancora ed esco. Felice.
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