Separata mi sceglievo gli amanti, lui adesso ha scelto me
di
Chiodino
genere
dominazione
Ritrovare il mio diario tra tante cianfrusaglie mi lascia perplessa, ero convinta di averlo smarrito, buttato, non ci pensavo da anni. Avevo cominciato a scriverlo il primo dell' anno, era un dono di Natale di non so più chi. Sulla pagina interna di copertina il mio nome e la data: Anita... 1 Gennaio 1965, avevo meno di venti anni. Più sopra una mia fotografia in un abito adatto al posto ed all' evento. Ero magra, quasi scialba direi, ma ero giovane...e non brutta. Meglio comunque, se non ricordo male, di molte delle ospiti del Circolo in questione quella ultima notte dell' anno.
Stavo per disfarmene ed invece lo nascondo in un posto sicuro. Quanto conteneva certo non tornava a mio onore anche se avevo scritto ben poco. Spunti che potevano dire qualcosa solo a me. Minorenne ma emancipata con il matrimonio di un anno prima, di fatto già separata da mio marito, quella notte avevo fatto l' amore con un altro uomo, il primo amante della mia vita. Non ricordo dove fosse Gualtiero, mio marito appunto, o che fola avesse inventato per andarsene per i fatti suoi. Neppure ricordo dove mi abbia portata il mio amante, non in un albergo come per qualche momento avevo temuto terrorizzata. Era un uomo, tutto qua, io volevo un uomo, per ripicca sopratutto. Certo non era troppo vecchio e neppure brutto. Ne fui molto soddisfatta pur decidendo prima ancora di montare sul taxi del rientro a casa di non vederlo mai più. Ricordo con chiarezza quell' alba, i fiocchi di neve che scendevano imbiancando Milano. Avevo deciso, nonostante mi fosse immensamente piaciuto che non avrei mai più fatto una cosa del genere ma rapidamente e solo con qualche titubanza cambiai idea. Con Gualtiero comunque era finito tutto, senza chiasso appena poche settimane più tardi. Lui definitivamente a Roma ed io qui. Allora di divorzio non se ne parlava neanche.
Sapevo da poco che non potevo essere ingravidata, non esistevano malattie veneree che una puntura non sconfiggesse immediatamente...mio marito ormai viveva definitivamente a Roma, per lavoro, e stava facendo una brillante carriera. Serviva solo prudenza. Sceglievo uomini bellocci ma non avevo troppe pretese in questo. Dovevano essere amanti assidui ma non soffocanti, assolutamente discreti. Felicemente sposati, possibilmente con prole. Discreti quindi anche nel loro interesse. Accettavo solo doni simbolici di poco prezzo. La scelta non era veloce e neppure facile, tanto che iniziavo spesso a guardarmi attorno quando ancora frequentavo con piena soddisfazione il letto di un altro...
Se superavano la prima o le prime prove li tenevo per qualche tempo, fin quando sentivo il desiderio reciproco affievolirsi.
E' quanto percepisco da qualche tempo. Il mio amante, fin troppo focoso, famelico quasi a l' inizio, dopo una sveltina, tale giudico una oretta o poco più a letto insieme, ha sempre, da qualche tempo almeno, necessità od impegni...segni non difficili da interpretare. Non traccheggio mai a questo punto e mentre lo bacio con un arrivederci, penso come sbarazzarmene. In genere è facile, adattandomi alla situazione, alle necessità. A volte persino diventano troppo esigenti...temo si stiano innamorando di me. Parlo loro di mio marito, del fatto che si sia fatto vivo ed io desideri riallacciare con lui...altri di cui voglia sbarazzarmi, scappano a gambe levate se accenno a quanto sarebbe bello vivere insieme alla luce del giorno...superano nella fuga la velocità del suono. Mai un amante supera i due o tre mesi, con ovviamente le debite eccezioni. Elio pensavo durasse di più e mi piace ancora, ha un certo non so che. Ma così è la vita ed il mondo è pieno di uomini.
Ho data in affitto la casa in cui sono nata e cresciuta. Ho ereditato abbastanza dai miei, genitori e parenti vari morti sotto la valanga in montagna che quella notte ha distrutta la casa nella quale erano tutti riuniti per festeggiare la nonna ed i bisnonni miei ed i nonni di Gualtiero. Arrivando in corriera con il mio promesso sposo trovai ad attendermi il Sindaco.
Poi le solite cose visto che ero minorenne, avevo meno di 21 anni. Un giudice tutelare, un lontanissimo e sconosciuto parente trovato dal giudice come tutore e, poco dopo l' esame di maturità, il matrimonio. Il Giudice, contrariamente a quanto pensassimo convalidò gli accordi prematrimoniali che il nonno aveva fatto sottoscrivere ed asseverare dal notaio. Con un trucco legale, quello che avevo prima del matrimonio, tutto, era mio e solo mio. Un sistema, disse, che per quanto insolito è ineccepibile. Lo era almeno allora, hanno modificato la legge. Gualtiero mi ha cornificata la prima volta prima ancora di tornare dal viaggio di nozze. Ha continuato per tutto l' anno seguente e lo ho mandato al diavolo. Ci siamo separati con discrezione ed è stata la sua fortuna, sul lavoro intendo. Trasferito a Roma ha fatto carriera, alla grande. Io, nonostante un amministratore di assoluta fiducia, lavoro, bado ai negozi ed alla fabbrichetta di materiale elettrico. Non mi pesa ed anzi lo faccio anche per passare il tempo, mettendo oltretutto da parte qualche soldo nonostante viva con qualche larghezza nel villino con giardino appena fuori l' abitato. L' altra casa era troppo grande per me sola.
La doccia od un bagno? Un bagno. Peccato! A letto non era male. Quasi mi assopisco nel l' acqua profumata. Mi osservo alla specchiera a tre ante da sarta. In questi ultimi anni mi sono appesantita ma è un bene, sopratutto per i fianchi e per il seno che senza potersi dire grande...ma si, mi piaccio. Fa premio il viso circondato da capelli lisci e quasi biondi e sopratutto gli occhi... ma anche il resto non è male, anzi! Vai figliola, ne troviamo quanti ne vogliamo!
Qualche giorno dopo sono un poco perplessa. Non ho individuato neppure un soggetto “adatto” o che risponda appieno a quello che voglio. Solo Giulio, non bello non ricco...non sposato! Una conoscenza casuale di qualche tempo fa. Di mestiere fa il venditore, il capo vendita per la precisione, guida un piccolo gruppo di venditori più giovani, dice, li sceglie e li addestra, ma è piuttosto chiuso sulle sue cose. Molto simpatico però ed il tipo che puoi presentare in un ristorante o fuori da un cinema come parente od amico di famiglia... se è di buon umore.
Eccolo, per tutto il tempo mi gira però in testa la sua frase pronunciata quando ci conoscevamo appena. A me interessa una donna solo se sa stare al suo posto. L' ha detto anche con qualche durezza. Ed ora...
Che sia un albergo, anzi una locanda di campagna mi lascia indifferente. Mi stringe il polso, con fermezza, entriamo ed una donna gli porge una chiave senza una parola da una parte e dall' altra. Comincio ad avere veramente paura quando siamo al piano, stanza tre. Squallidina, ma avevo pensato fosse anche peggio. Il rumore del catenaccio acuisce le mie paure. Poi...poi è un amante squisito. Mi spoglia con delicata e dolce lentezza, ogni bottone un bacio, ogni gancetto una carezza. Sottilmente eccitante nel l' obbligarmi ad accettare da subito e poi sempre quel che desidera. Non violenza, non lo avrei accettato ma...un uomo abituato ad avere dalle donne quello che vuole. Ormai indosso solo le mutandine, mi abbraccia baciandomi. Toglitele tu. Al mio diniego non un ceffone, certamente no, poco più che un buffetto, poi si alza e comincia a rivestirsi. E' così che è cominciato tutto.
Non devo chiamarlo al telefono se non per ragioni impellenti. Non devo indulgere nella mia abitudine di dimenticarmi di guardare l' ora quando devo andare da lui. Ancor meno devo però guarrdare l' ora quando sono con lui, il mio tempo gli appartiene. Devo essere puntuale comunque e poi a sua disposizione.
Devo, devo, devo! Non mi sta bene. A volte poi non lo sento per giorni e giorni e mi fa male, mi manca. Non mi sta bene ma dopo poco che non sono con lui ne sento la mancanza. Ad ogni squillo del telefono il cuore mi balza in gola. Un gelo quando sento una voce diversa. Non chiede mai se voglio andare, fare, vederlo...è perentorio: vediamoci, raggiungimi, passo a prenderti... In questi mesi ho dovuto farmene una ragione, accettare questo modo di vivere nuovo per me. Accettare i suoi buffetti e le sue sculacciate scherzose. Sempre meno scherzose. Non che sia un violento ma...gli piace e quando poi mi prende tra le braccia perdono tutto, dimentico tutto. Sei la mia donna, dice spesso. Sono la tua donna gli dico ancora più spesso.
Tremo per la eccitazione mentre mi preparo. Passo a prenderti alle tre. Ore dalla parrucchiera che è anche estetista e massaggiatrice. Nella tracolla qualche capo di biancheria di ricambio, una camicetta ben piegata, un paio di calze, il necessario per il trucco. Può riportarmi a casa prima di cena o tenermi con lui persino per qualche giorno. Non è solo voglia di cazzo la mia. Guai sapesse che dentro di me uso questi termini ma la testa è la sola cosa che sia ancora proprietà privata, mia. Quello che lui chiama cazzo, figa e culo per me devono essere il pene o verga oppure la sua virilità. Quanto al resto la devo chiamare sesso, meglio ancora cosina. In precedenza alcuni dei miei amanti si eccitavano, piaceva loro sentire dalla bocca della giovane amante quelle parole sboccate.
Mi ami? Lo ha chiesto una delle prime volte che ci siamo visti, che abbiamo fatto l' amore. Senza esitare ho risposto di si, spontaneamente, senza rifletterci. Prima ero abituata a far stare sulla corda i miei amanti , a dire che amore era una parola grossa, che bisognava arrivarci per gradi.
Quella volta mi sono stretta a lui con il cuore in tumulto e gli ho sussurrato timidamente che lo amavo, che ero la sua donna. Sono tua, tua finché mi vorrai. Lo ho ripetuto in silenzio ma con un sospiro di piacere quando la sua mano delicata e possessiva ha risalito l' interno della coscia raggiungendo il mio sesso già umido. Io mi bagnavo solo lentamente...prima.
Sto cominciando a dividere la mia esistenza tra prima e dopo LUI. Per la prima volta mi trovai a sollevare il bacino per offrirgli meglio la mia femminilità. Non era mai stato violento, mai aveva causato dolore. Quella volta entrò in me rudemente, da conquistatore, provocando un sussulto e forse un gemito, facendomi sentire veramente sua, ancora più sua e facendomi rapidamente uscire di testa. Mai in precedenza avevo provato qualcosa di lontanamente simile.
Lo amo? Me lo chiesi ore più tardi sotto le coltri del mio letto. Mi risposi che ero scema solo a pormi una domanda del genere. Qualcosa però diceva, sussurrava piano dentro di me, che non era solo piacere, sesso. Decisi di tenerlo lontano per qualche tempo pur sapendo che era impossibile per due ragioni. Lo desideravo troppo, non sentirlo anche solo per un giorno mi metteva in ansia. Ero poi certa che pur tenendoci a me, mi avrebbe allontanata se avessi...se avessi cosa? Ricordavo la prima volta, quando per scherzo, per qualche puntiglio o che altro, avevo rifiutato di togliermi le mutandine da sola. In parte, mentre cominciava in silenzio a rivestirsi, pensai, ma solo in parte, che scherzasse. Una parte di me ancora oggi è sicura che mi avrebbe senza remissione buttata fuori ed altrettanto farebbe ora. E' un vero uomo, non parla a vanvera.
Mi piace appartenere ad un vero uomo, ma è anche scomodo. Mi ha proibito di masturbarmi. Mi ha proibito un mucchio di cose, questa però...come fa a sapere che è per me una abitudine? Risale ai primi tempi del mio matrimonio. Un modo per sfogare la mia rabbia. Ormai però avviene di frequente, sempre quando protrae il suo silenzio, le sue assenze. Per dormire, mi giustificavo, vergognandomene almeno a l' inizio. Mi ha fatto male oggi e non è la prima volta. Non era mai stato così rude però. Mi ha fatto male solo un poco, pochissimo e mi è piaciuto. Mi piace quando unisce alla delicatezza la forza. Ancor più mi piace quando mi lega i polsi alla testata del letto. Essere presa in quel modo mi fa impazzire. Mi sento più donna, più tutto e lui è ancora più il mio uomo. Ho goduto come forse mai, ripetutamente sono arrivata a l' orgasmo. A più orgasmi. Pensare che vedendo per la prima volta il suo coso ne ero rimasta delusa. Medio se non piccolo mi ero detta, peccato. Instancabile però ed ho capito che è questo quello che conta. Mentre mi possedeva ha detto che sono la sua schiava, che mi ha comprata al mercato, che è entrato nella casa di mio padre per rapirmi...ed a me è piaciuta come fantasia. Sono la tua donna, la tua schiava, ho subito mormorata ad occhi chiusi, beandomene. Lo ho ripetuto più volte, ansante, a bocca semiaperta per catturare un poco d' aria e con gli occhi socchiusi. Aperti abbastanza per notare che mi fissava attento.
Ti amo, ti amo da impazzire. Sempre nel mio letto lo ho gridato ieri sera mentre mi facevo male torcendomi da sola i capezzoli con la mano libera. Ti amo e sono tua, completamente, tua come vorrai, in tutto. Non so se parole o pensieri soltanto, ma non importa. I singhiozzi si fanno veloci, rantolo quasi, poi raggiungo la meta ed ansimo nel piacere solitario che mi devasta portandomi poi al sonno.
Sarai la mia succube ha detto. Pur sapendo cosa significhi nella nostra lingua vado a vedere nel dizionario. Non aggiungo nulla a quanto già so. C' è un richiamo alla parola “plagio”, temine anche questo che conoscevo ma solo grosso modo. Non mi piace quanto apprendo dal significato giuridico e dalle sue implicazioni. Non mi sento poi plagiata, non scherziamo. Non sono una ragazzetta scema e tremebonda, influenzabile a quel modo. Io lo amo. Ma poi lo amo veramente o mi piace soltanto? Semplice, son tanto fortunata da amare un uomo che sappia piacermi. Come sempre attendo una sua telefonata che tarda ormai da giorni e divento sempre più ansiosa. Accendo una sigaretta vietatissima. Disobbedirgli per un attimo mi eccita dimostrandomi se mai servisse che succube non sono. E' solo un amante, eccezionale, ma solo un amante. Uno dei tanti che ho avuto, l' ultimo...per ora, ma solo per ora. Mi concedo a lui e gli concedo solo quanto decido e voglio. Alla terza o quarta boccata spengo. Sento in bocca un pessimo sapore, acre e sgradevole, sudo. Neppure lavarmi i denti lo fa scomparire.
Ciao amore, come stai? Non oso dirgli che speravo di sentirlo da giorni. Non vuole lo solleciti, si innervosisce. Poche parole, poi l' ora de l' incontro ed il posto, il solito. Sai, ho fumato una sigaretta, gli dico prima che riappenda. Mi sento gelare, sono pervasa dal sentore tremendo della paura. Lui tace. Non tutta, proseguo, solo tre o quattro boccate. Lui riaggancia. Io piango preoccupatissima.
Sono le undici e l' ora de l' appuntamento è passata. Gelo anche se fa caldo, tremo. La gente si ferma a fare benzina, entra ed esce dal bar. Molto più tardi, disperata, sto per entrare a telefonare pur sperandoci poco ma sono veramente disperata. Perché son stata tanto cretina? Ho fatto quello che non dovevo ma perché mai dirglielo? Perché?
Vado nel mefitico gabinetto e svuoto la vescica, poi compro dei gettoni del telefono.
I tre numeri suonano tutti a vuoto, liberi. Scoppio in un pianto dirotto appoggiata al muro, sto scivolando, cado ma un braccio robusto mi trattiene, il suo braccio.
Sei qui da stamattina? Faccio segno di si col capo, ancora non riesco a parlare. Siamo seduti su una panchina dietro il piazzale. E' stranamente elegante nel doppiopetto che mai gli ho visto indossare. Ma ho altro cui pensare. Mi dirà di andarmene o mi perdona? La cosa però mi sembra indifferente, anzi, indifferente no, di certo no, ma non mi perdonerà mai, non vorrà saperne più di me e questo mi toglie quasi la forza di pensare e di sperare. Uno strano groviglio di pensieri mi distrugge. Cosa farò? Ma di uomini ne posso trovare quanti ne voglio. Io però voglio lui. Lo amo! Non è vero, neppure so cosa significhi essere innamorata. Ma lui mi ama? Perché mai è qui? Tengo la testa bassa, non oso guardarlo. Perché lo hai fatto? Esito. Perché l'ho fatto? Non lo so rispondo poi. Un gesto...di ribellione, finisce piano. E' il tono che mi spaventa ancora di più. Sembra dispiaciuto, dispiaciuto di dovermi abbandonare...lo conferma un attimo dopo. Dovrò fare a meno di te. Riesco a vederne per un attimo il viso, sembra proprio gli spiaccia e guarda assorto per terra. Se gli spiace perdermi...è la disperazione a darmi il coraggio di parlare. Tienimi con te, lo supplico, non ti chiedo di perdonarmi...non so cosa altro dire, taccio di nuovo.
Non ho intenzione di perdonarti. E qualche attimo dopo. Raddrizzarti, modellarti come voglio però sarebbe estremamente faticoso, anche lungo. Mi piaci ma sei una ribelle...una ribelle nata. No, impossibile. Quei ma e però avevano acceso una fiammella di speranza. Farò quello che vuoi, ti prego. Esita. Ti prego, ripeto con un singhiozzo mentre cerco di abbracciarlo. Non si scosta, sembra indifferente. Va bene, parliamone, non qui però. Vai al solito posto. Ti daranno la chiave, sali e mi aspetti. Nuda ed in ginocchio, io devo fare qualche telefonata urgente...non farti troppe illusioni però. Posso lavarmi, gli chiedo mentre già si allontana. Scuote le spalle. E' un si, un no od un fai quello che vuoi? Un quarto d' ora soltanto e sono nella sua camera. Fremente e titubante mi libero di tutto, puzzo, puzzo come una capra. Nel dubbio passo un asciugamano umido per tutto il corpo, mi asciugo e mi pettino. Ho il viso segnato da l' ansia, neppure mi riconosco più. Sento un motore sotto le due finestre che ho spalancato per dare aria alla camera. Le richiudo e mi inginocchio nel centro della stanza.
Non ha accennato a punizioni. Non oggi almeno. Cosa potrà mai farmi? Sono già stata punita con qualche “buffetto”, due o tre scapaccioni neanche forti. Poi scuoto le spalle, faccio un sospiro profondo. Tutto ma non essere lasciata. Che sarà mai qualche scapaccione?
Sta arrivando ed io rapidamente mi giro verso la porta, chino il capo mentre questa si apre. Non fiato e lui sembra neppure vedermi. Sento lo scroscio, sta facendo la pipì, poi lo sciacquone, qualche attimo ed è seduto sulla poltroncina. La mia ansia cresce ma spero. Se mi ha fatta venire...
Mi fissa in silenzio ed io ne rabbrividisco. Dovrò punirti, lo sai. Lo capisci? Si, lo sapevo fin da prima. Ti ho disobbedito...si tu mi hai sfidato. La punizione sarà dura, dolorosa. Puoi però evitarla. Alzo il capo speranzosa, ma il suo viso mi toglie ogni illusione. Puoi evitare la punizione dicendo che te ne vai. Per un attimo resto immobile perché incredula di questa enormità. E' impossibile dico e capisco di aver parlato così piano che lui non ha capito. E' impossibile, ripeto facendomi capire.
Posso accettare di tenerti come succube ma solo in questo modo. Sarà quel che sarà, penso sollevata e poi a voce alta anche se a denti stretti, accetto, resto, puniscimi come devi. Ne sei certa? Guarda! Apre con la chiave le due ante del mobile vicino alla porta del bagno. Guarda, ripete. Quel che vedo mi lascia annichilita. Una serie di oggetti che a l' inizio, nella poca luce fatico a distinguere ma che subito dopo riconosco. Corde, catene, manette e poi fruste e scudisci. Inorridisco letteralmente, poi penso mi stia prendendo in giro...no, non sta scherzando. Mi alzo in piedi per andarmene. Vorrei almeno farlo ma non ci riesco. Non sta scherzando eppure rispondo con voce decisa sia pure con qualche secondo di ritardo, VA BENE.
Forse si aspettava una risposta diversa e resta immobile, il viso duro come non mai. Lasciando le antine spalancate torna a sedere.
Se resti per prima cosa ti punirò. Aspetta forse una mia risposta che gli do dopo un attimo. Va bene.
Poi, quando ti sarai riavuta mi racconterai tutto della tua vita. Correggerai le frottole che mi hai ammannito. Mi spiegherai perché mi hai disubbidito. Giurerai di essere in futuro quello che voglio, una succube e che farai di tutto per diventare una succube migliore prima e poi perfetta. Dentro di me sono felice ed al tempo stesso terrorizzata. Ma cosa intende per succube? Non oso chiederlo e pochi attimi più tardi...C' è un grosso trave poco oltre i piedi del letto.
Ho i polsi ammanettati molto in alto e mi fanno male, i piedi posano solo in parte a terra. Respiro a fatica, impedita dal bavaglio di tela già intrisa di saliva. Ti imbavaglio perché altrimenti grideresti troppo. Non può essere, non a me, questo a me non può capitare, penso mentre mi benda impedendomi anche la vista, vietandomi di vedere. Ho solo l' udito e lo sento camminare. Forse mi sta prendendo in giro, è tutto uno scherzo. Un sibilo e brucio. Urlo anche se avevo giurato a me stessa di sopportare tutto in silenzio. Ed urlo ancora ed ancora, più volte, mentre i colpi si accaniscono distanziati sul mio corpo.
In qualche modo mi ha riportata a terra, mi bacia ed io rispondo ai suoi baci mentre le mani percorrono il mio corpo seguendo i segni vi ha lasciato. Lascio mi stenda sul letto ma non mi libera i polsi che unisce alla testata. Lo odio ed un attimo dopo schiudo le gambe e capisco di non poterlo odiare ed amare al tempo stesso. Il cazzo penetra rude nel sesso bagnato. Bagnato? Poi, immediatamente dopo, piacere e dolore. Fatico sempre più a respirare, ansimo gemo e dimentico il dolore mentre il ventre viene squassato dal mio crescente inarrestabile godere che cresce a raggiungere il cuore ed i polmoni poi anche il cervello che dichiara forfait, va in pappa. Urlo quasi e lo chiamo padrone.
Prima dell' alba gli ho detto tutto di me. Non sono stata incalzata dalle sue domande. Una sola cosa gli celo fin quasi a l' ultimo: mi masturbo, spesso, anche adesso... Mi frusta di nuovo stesa sul letto. Solo tre colpi ma più forti che di nuovo cerco inutilmente di sopportare senza gridare. Stai imparando, mi dice.
Che ora è? Lui non c' è ma ha lasciato un biglietto con le istruzioni. Scappare? Esito ma so già che non fuggirò, mai. Mi ha marchiata. Non con un ferro rovente ma in qualche modo mi ha marchiato il corpo ed anche il cervello. Non oggi, non ieri, fin dal primo incontro, poco per volta. Ora so cosa voglia dire succube. Ora so anche cosa significhi l' altra parola che ora non ricordo. Sono una ragazzina che si è fatta impregnare il cervello da lui.
Un bagno appena tiepido con un cucchiaio della polverina che mi ha dato. Brucia da cani a l' inizio ma poi passa, un poco almeno e dovrebbe far scomparire più in fretta i segni, mi ha spiegato. Per frustarmi ancora? Rifaccio il letto e mi stendo tra le lenzuola. Ha un cazzo piccolo ma lo usa da dio...ed io non so...non centra il fatto che abbia goduta come una troia. Ma le troie non godono, fingono di godere per soddisfare l' ego dei clienti. Muovermi mi causa bruciori ma...sopporto. E dovrò sopportare anche altro? Mi devo porre un limite oltre il quale dire no. Non a lui, non ci riuscirei mai, e a chi allora? Ecco, scomparirei. Metterei giù il telefono subito quando mi chiama. E se non mi chiama? Posso scrivergli...se vai oltre, se...e cosa cambierebbe?
Cosa sarebbe cambiato? Assolutamente niente. Quel pomeriggio abbiamo fatto l' amore e sono tornata a casa felice. Qualche giorno dopo mi richiama spiegandomi cosa debba fare. Quella sera ho di nuovo i segni della frusta su tutto il corpo ed uno zigomo gonfio. Gonfia di disperazione e disgusto sono anche io, dentro. Fammi un pompino, succhiamelo bene, mi ha detto come se fosse la cosa più normale di questa terra e la mia esitazione mi è costata cara. Non voglio più, mai più...ma dopo qualche giorno mi richiama e mi richiama ancora, spesso, anche di notte. Mi serve un sonnifero mi dice ed io accorro. Stai diventando brava, e sorride compiaciuto. Merito di un buon maestro, prosegue tronfio.
Con disappunto mi sono accorta qualche settimana prima di compiacermi di questi apprezzamenti e con un sospiro mi abbandono tra le sue braccia. Mi piace ormai sentirlo crescere nella mia bocca, capire che gli piaccio, che sono brava ad eccitarlo, in fretta anche quasi subito dopo che ha goduto. Si, mi abbandono felice sentendo le mani che carezzano il mio corpo, lo suonano come fosse uno strumento musicale. Quando raggiunge la fessura la trova come sempre già inumidita ed usa i miei umori per titillare il mio puntino già emerso fino a scappucciarlo del tutto.
Mi penetra con un dito, mi bacia il petto e ne succhia avido i capezzoli, li stringe tra i denti facendomi gemere di dolore e sussultare di piacere. Ecco, lo conosco bene, adesso se lo fa succhiare e baciare, poi mi stende sul letto e mi prende. Qualche volta mi prende da dietro ed a me non piace molto, preferisco essere scopata potendolo vedere in faccia, ma non importa. Cosa fate? Già, ormai lo chiamo Padrone e mi rivolgo a lui col Voi. Mi sta legando, ammanettando i piedi a gambe aperte e temo le novità. Non risponde e mi imbavaglia. Ora ho veramente paura.
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Ti rompo il culetto d' oro mia cara....
Stavo per disfarmene ed invece lo nascondo in un posto sicuro. Quanto conteneva certo non tornava a mio onore anche se avevo scritto ben poco. Spunti che potevano dire qualcosa solo a me. Minorenne ma emancipata con il matrimonio di un anno prima, di fatto già separata da mio marito, quella notte avevo fatto l' amore con un altro uomo, il primo amante della mia vita. Non ricordo dove fosse Gualtiero, mio marito appunto, o che fola avesse inventato per andarsene per i fatti suoi. Neppure ricordo dove mi abbia portata il mio amante, non in un albergo come per qualche momento avevo temuto terrorizzata. Era un uomo, tutto qua, io volevo un uomo, per ripicca sopratutto. Certo non era troppo vecchio e neppure brutto. Ne fui molto soddisfatta pur decidendo prima ancora di montare sul taxi del rientro a casa di non vederlo mai più. Ricordo con chiarezza quell' alba, i fiocchi di neve che scendevano imbiancando Milano. Avevo deciso, nonostante mi fosse immensamente piaciuto che non avrei mai più fatto una cosa del genere ma rapidamente e solo con qualche titubanza cambiai idea. Con Gualtiero comunque era finito tutto, senza chiasso appena poche settimane più tardi. Lui definitivamente a Roma ed io qui. Allora di divorzio non se ne parlava neanche.
Sapevo da poco che non potevo essere ingravidata, non esistevano malattie veneree che una puntura non sconfiggesse immediatamente...mio marito ormai viveva definitivamente a Roma, per lavoro, e stava facendo una brillante carriera. Serviva solo prudenza. Sceglievo uomini bellocci ma non avevo troppe pretese in questo. Dovevano essere amanti assidui ma non soffocanti, assolutamente discreti. Felicemente sposati, possibilmente con prole. Discreti quindi anche nel loro interesse. Accettavo solo doni simbolici di poco prezzo. La scelta non era veloce e neppure facile, tanto che iniziavo spesso a guardarmi attorno quando ancora frequentavo con piena soddisfazione il letto di un altro...
Se superavano la prima o le prime prove li tenevo per qualche tempo, fin quando sentivo il desiderio reciproco affievolirsi.
E' quanto percepisco da qualche tempo. Il mio amante, fin troppo focoso, famelico quasi a l' inizio, dopo una sveltina, tale giudico una oretta o poco più a letto insieme, ha sempre, da qualche tempo almeno, necessità od impegni...segni non difficili da interpretare. Non traccheggio mai a questo punto e mentre lo bacio con un arrivederci, penso come sbarazzarmene. In genere è facile, adattandomi alla situazione, alle necessità. A volte persino diventano troppo esigenti...temo si stiano innamorando di me. Parlo loro di mio marito, del fatto che si sia fatto vivo ed io desideri riallacciare con lui...altri di cui voglia sbarazzarmi, scappano a gambe levate se accenno a quanto sarebbe bello vivere insieme alla luce del giorno...superano nella fuga la velocità del suono. Mai un amante supera i due o tre mesi, con ovviamente le debite eccezioni. Elio pensavo durasse di più e mi piace ancora, ha un certo non so che. Ma così è la vita ed il mondo è pieno di uomini.
Ho data in affitto la casa in cui sono nata e cresciuta. Ho ereditato abbastanza dai miei, genitori e parenti vari morti sotto la valanga in montagna che quella notte ha distrutta la casa nella quale erano tutti riuniti per festeggiare la nonna ed i bisnonni miei ed i nonni di Gualtiero. Arrivando in corriera con il mio promesso sposo trovai ad attendermi il Sindaco.
Poi le solite cose visto che ero minorenne, avevo meno di 21 anni. Un giudice tutelare, un lontanissimo e sconosciuto parente trovato dal giudice come tutore e, poco dopo l' esame di maturità, il matrimonio. Il Giudice, contrariamente a quanto pensassimo convalidò gli accordi prematrimoniali che il nonno aveva fatto sottoscrivere ed asseverare dal notaio. Con un trucco legale, quello che avevo prima del matrimonio, tutto, era mio e solo mio. Un sistema, disse, che per quanto insolito è ineccepibile. Lo era almeno allora, hanno modificato la legge. Gualtiero mi ha cornificata la prima volta prima ancora di tornare dal viaggio di nozze. Ha continuato per tutto l' anno seguente e lo ho mandato al diavolo. Ci siamo separati con discrezione ed è stata la sua fortuna, sul lavoro intendo. Trasferito a Roma ha fatto carriera, alla grande. Io, nonostante un amministratore di assoluta fiducia, lavoro, bado ai negozi ed alla fabbrichetta di materiale elettrico. Non mi pesa ed anzi lo faccio anche per passare il tempo, mettendo oltretutto da parte qualche soldo nonostante viva con qualche larghezza nel villino con giardino appena fuori l' abitato. L' altra casa era troppo grande per me sola.
La doccia od un bagno? Un bagno. Peccato! A letto non era male. Quasi mi assopisco nel l' acqua profumata. Mi osservo alla specchiera a tre ante da sarta. In questi ultimi anni mi sono appesantita ma è un bene, sopratutto per i fianchi e per il seno che senza potersi dire grande...ma si, mi piaccio. Fa premio il viso circondato da capelli lisci e quasi biondi e sopratutto gli occhi... ma anche il resto non è male, anzi! Vai figliola, ne troviamo quanti ne vogliamo!
Qualche giorno dopo sono un poco perplessa. Non ho individuato neppure un soggetto “adatto” o che risponda appieno a quello che voglio. Solo Giulio, non bello non ricco...non sposato! Una conoscenza casuale di qualche tempo fa. Di mestiere fa il venditore, il capo vendita per la precisione, guida un piccolo gruppo di venditori più giovani, dice, li sceglie e li addestra, ma è piuttosto chiuso sulle sue cose. Molto simpatico però ed il tipo che puoi presentare in un ristorante o fuori da un cinema come parente od amico di famiglia... se è di buon umore.
Eccolo, per tutto il tempo mi gira però in testa la sua frase pronunciata quando ci conoscevamo appena. A me interessa una donna solo se sa stare al suo posto. L' ha detto anche con qualche durezza. Ed ora...
Che sia un albergo, anzi una locanda di campagna mi lascia indifferente. Mi stringe il polso, con fermezza, entriamo ed una donna gli porge una chiave senza una parola da una parte e dall' altra. Comincio ad avere veramente paura quando siamo al piano, stanza tre. Squallidina, ma avevo pensato fosse anche peggio. Il rumore del catenaccio acuisce le mie paure. Poi...poi è un amante squisito. Mi spoglia con delicata e dolce lentezza, ogni bottone un bacio, ogni gancetto una carezza. Sottilmente eccitante nel l' obbligarmi ad accettare da subito e poi sempre quel che desidera. Non violenza, non lo avrei accettato ma...un uomo abituato ad avere dalle donne quello che vuole. Ormai indosso solo le mutandine, mi abbraccia baciandomi. Toglitele tu. Al mio diniego non un ceffone, certamente no, poco più che un buffetto, poi si alza e comincia a rivestirsi. E' così che è cominciato tutto.
Non devo chiamarlo al telefono se non per ragioni impellenti. Non devo indulgere nella mia abitudine di dimenticarmi di guardare l' ora quando devo andare da lui. Ancor meno devo però guarrdare l' ora quando sono con lui, il mio tempo gli appartiene. Devo essere puntuale comunque e poi a sua disposizione.
Devo, devo, devo! Non mi sta bene. A volte poi non lo sento per giorni e giorni e mi fa male, mi manca. Non mi sta bene ma dopo poco che non sono con lui ne sento la mancanza. Ad ogni squillo del telefono il cuore mi balza in gola. Un gelo quando sento una voce diversa. Non chiede mai se voglio andare, fare, vederlo...è perentorio: vediamoci, raggiungimi, passo a prenderti... In questi mesi ho dovuto farmene una ragione, accettare questo modo di vivere nuovo per me. Accettare i suoi buffetti e le sue sculacciate scherzose. Sempre meno scherzose. Non che sia un violento ma...gli piace e quando poi mi prende tra le braccia perdono tutto, dimentico tutto. Sei la mia donna, dice spesso. Sono la tua donna gli dico ancora più spesso.
Tremo per la eccitazione mentre mi preparo. Passo a prenderti alle tre. Ore dalla parrucchiera che è anche estetista e massaggiatrice. Nella tracolla qualche capo di biancheria di ricambio, una camicetta ben piegata, un paio di calze, il necessario per il trucco. Può riportarmi a casa prima di cena o tenermi con lui persino per qualche giorno. Non è solo voglia di cazzo la mia. Guai sapesse che dentro di me uso questi termini ma la testa è la sola cosa che sia ancora proprietà privata, mia. Quello che lui chiama cazzo, figa e culo per me devono essere il pene o verga oppure la sua virilità. Quanto al resto la devo chiamare sesso, meglio ancora cosina. In precedenza alcuni dei miei amanti si eccitavano, piaceva loro sentire dalla bocca della giovane amante quelle parole sboccate.
Mi ami? Lo ha chiesto una delle prime volte che ci siamo visti, che abbiamo fatto l' amore. Senza esitare ho risposto di si, spontaneamente, senza rifletterci. Prima ero abituata a far stare sulla corda i miei amanti , a dire che amore era una parola grossa, che bisognava arrivarci per gradi.
Quella volta mi sono stretta a lui con il cuore in tumulto e gli ho sussurrato timidamente che lo amavo, che ero la sua donna. Sono tua, tua finché mi vorrai. Lo ho ripetuto in silenzio ma con un sospiro di piacere quando la sua mano delicata e possessiva ha risalito l' interno della coscia raggiungendo il mio sesso già umido. Io mi bagnavo solo lentamente...prima.
Sto cominciando a dividere la mia esistenza tra prima e dopo LUI. Per la prima volta mi trovai a sollevare il bacino per offrirgli meglio la mia femminilità. Non era mai stato violento, mai aveva causato dolore. Quella volta entrò in me rudemente, da conquistatore, provocando un sussulto e forse un gemito, facendomi sentire veramente sua, ancora più sua e facendomi rapidamente uscire di testa. Mai in precedenza avevo provato qualcosa di lontanamente simile.
Lo amo? Me lo chiesi ore più tardi sotto le coltri del mio letto. Mi risposi che ero scema solo a pormi una domanda del genere. Qualcosa però diceva, sussurrava piano dentro di me, che non era solo piacere, sesso. Decisi di tenerlo lontano per qualche tempo pur sapendo che era impossibile per due ragioni. Lo desideravo troppo, non sentirlo anche solo per un giorno mi metteva in ansia. Ero poi certa che pur tenendoci a me, mi avrebbe allontanata se avessi...se avessi cosa? Ricordavo la prima volta, quando per scherzo, per qualche puntiglio o che altro, avevo rifiutato di togliermi le mutandine da sola. In parte, mentre cominciava in silenzio a rivestirsi, pensai, ma solo in parte, che scherzasse. Una parte di me ancora oggi è sicura che mi avrebbe senza remissione buttata fuori ed altrettanto farebbe ora. E' un vero uomo, non parla a vanvera.
Mi piace appartenere ad un vero uomo, ma è anche scomodo. Mi ha proibito di masturbarmi. Mi ha proibito un mucchio di cose, questa però...come fa a sapere che è per me una abitudine? Risale ai primi tempi del mio matrimonio. Un modo per sfogare la mia rabbia. Ormai però avviene di frequente, sempre quando protrae il suo silenzio, le sue assenze. Per dormire, mi giustificavo, vergognandomene almeno a l' inizio. Mi ha fatto male oggi e non è la prima volta. Non era mai stato così rude però. Mi ha fatto male solo un poco, pochissimo e mi è piaciuto. Mi piace quando unisce alla delicatezza la forza. Ancor più mi piace quando mi lega i polsi alla testata del letto. Essere presa in quel modo mi fa impazzire. Mi sento più donna, più tutto e lui è ancora più il mio uomo. Ho goduto come forse mai, ripetutamente sono arrivata a l' orgasmo. A più orgasmi. Pensare che vedendo per la prima volta il suo coso ne ero rimasta delusa. Medio se non piccolo mi ero detta, peccato. Instancabile però ed ho capito che è questo quello che conta. Mentre mi possedeva ha detto che sono la sua schiava, che mi ha comprata al mercato, che è entrato nella casa di mio padre per rapirmi...ed a me è piaciuta come fantasia. Sono la tua donna, la tua schiava, ho subito mormorata ad occhi chiusi, beandomene. Lo ho ripetuto più volte, ansante, a bocca semiaperta per catturare un poco d' aria e con gli occhi socchiusi. Aperti abbastanza per notare che mi fissava attento.
Ti amo, ti amo da impazzire. Sempre nel mio letto lo ho gridato ieri sera mentre mi facevo male torcendomi da sola i capezzoli con la mano libera. Ti amo e sono tua, completamente, tua come vorrai, in tutto. Non so se parole o pensieri soltanto, ma non importa. I singhiozzi si fanno veloci, rantolo quasi, poi raggiungo la meta ed ansimo nel piacere solitario che mi devasta portandomi poi al sonno.
Sarai la mia succube ha detto. Pur sapendo cosa significhi nella nostra lingua vado a vedere nel dizionario. Non aggiungo nulla a quanto già so. C' è un richiamo alla parola “plagio”, temine anche questo che conoscevo ma solo grosso modo. Non mi piace quanto apprendo dal significato giuridico e dalle sue implicazioni. Non mi sento poi plagiata, non scherziamo. Non sono una ragazzetta scema e tremebonda, influenzabile a quel modo. Io lo amo. Ma poi lo amo veramente o mi piace soltanto? Semplice, son tanto fortunata da amare un uomo che sappia piacermi. Come sempre attendo una sua telefonata che tarda ormai da giorni e divento sempre più ansiosa. Accendo una sigaretta vietatissima. Disobbedirgli per un attimo mi eccita dimostrandomi se mai servisse che succube non sono. E' solo un amante, eccezionale, ma solo un amante. Uno dei tanti che ho avuto, l' ultimo...per ora, ma solo per ora. Mi concedo a lui e gli concedo solo quanto decido e voglio. Alla terza o quarta boccata spengo. Sento in bocca un pessimo sapore, acre e sgradevole, sudo. Neppure lavarmi i denti lo fa scomparire.
Ciao amore, come stai? Non oso dirgli che speravo di sentirlo da giorni. Non vuole lo solleciti, si innervosisce. Poche parole, poi l' ora de l' incontro ed il posto, il solito. Sai, ho fumato una sigaretta, gli dico prima che riappenda. Mi sento gelare, sono pervasa dal sentore tremendo della paura. Lui tace. Non tutta, proseguo, solo tre o quattro boccate. Lui riaggancia. Io piango preoccupatissima.
Sono le undici e l' ora de l' appuntamento è passata. Gelo anche se fa caldo, tremo. La gente si ferma a fare benzina, entra ed esce dal bar. Molto più tardi, disperata, sto per entrare a telefonare pur sperandoci poco ma sono veramente disperata. Perché son stata tanto cretina? Ho fatto quello che non dovevo ma perché mai dirglielo? Perché?
Vado nel mefitico gabinetto e svuoto la vescica, poi compro dei gettoni del telefono.
I tre numeri suonano tutti a vuoto, liberi. Scoppio in un pianto dirotto appoggiata al muro, sto scivolando, cado ma un braccio robusto mi trattiene, il suo braccio.
Sei qui da stamattina? Faccio segno di si col capo, ancora non riesco a parlare. Siamo seduti su una panchina dietro il piazzale. E' stranamente elegante nel doppiopetto che mai gli ho visto indossare. Ma ho altro cui pensare. Mi dirà di andarmene o mi perdona? La cosa però mi sembra indifferente, anzi, indifferente no, di certo no, ma non mi perdonerà mai, non vorrà saperne più di me e questo mi toglie quasi la forza di pensare e di sperare. Uno strano groviglio di pensieri mi distrugge. Cosa farò? Ma di uomini ne posso trovare quanti ne voglio. Io però voglio lui. Lo amo! Non è vero, neppure so cosa significhi essere innamorata. Ma lui mi ama? Perché mai è qui? Tengo la testa bassa, non oso guardarlo. Perché lo hai fatto? Esito. Perché l'ho fatto? Non lo so rispondo poi. Un gesto...di ribellione, finisce piano. E' il tono che mi spaventa ancora di più. Sembra dispiaciuto, dispiaciuto di dovermi abbandonare...lo conferma un attimo dopo. Dovrò fare a meno di te. Riesco a vederne per un attimo il viso, sembra proprio gli spiaccia e guarda assorto per terra. Se gli spiace perdermi...è la disperazione a darmi il coraggio di parlare. Tienimi con te, lo supplico, non ti chiedo di perdonarmi...non so cosa altro dire, taccio di nuovo.
Non ho intenzione di perdonarti. E qualche attimo dopo. Raddrizzarti, modellarti come voglio però sarebbe estremamente faticoso, anche lungo. Mi piaci ma sei una ribelle...una ribelle nata. No, impossibile. Quei ma e però avevano acceso una fiammella di speranza. Farò quello che vuoi, ti prego. Esita. Ti prego, ripeto con un singhiozzo mentre cerco di abbracciarlo. Non si scosta, sembra indifferente. Va bene, parliamone, non qui però. Vai al solito posto. Ti daranno la chiave, sali e mi aspetti. Nuda ed in ginocchio, io devo fare qualche telefonata urgente...non farti troppe illusioni però. Posso lavarmi, gli chiedo mentre già si allontana. Scuote le spalle. E' un si, un no od un fai quello che vuoi? Un quarto d' ora soltanto e sono nella sua camera. Fremente e titubante mi libero di tutto, puzzo, puzzo come una capra. Nel dubbio passo un asciugamano umido per tutto il corpo, mi asciugo e mi pettino. Ho il viso segnato da l' ansia, neppure mi riconosco più. Sento un motore sotto le due finestre che ho spalancato per dare aria alla camera. Le richiudo e mi inginocchio nel centro della stanza.
Non ha accennato a punizioni. Non oggi almeno. Cosa potrà mai farmi? Sono già stata punita con qualche “buffetto”, due o tre scapaccioni neanche forti. Poi scuoto le spalle, faccio un sospiro profondo. Tutto ma non essere lasciata. Che sarà mai qualche scapaccione?
Sta arrivando ed io rapidamente mi giro verso la porta, chino il capo mentre questa si apre. Non fiato e lui sembra neppure vedermi. Sento lo scroscio, sta facendo la pipì, poi lo sciacquone, qualche attimo ed è seduto sulla poltroncina. La mia ansia cresce ma spero. Se mi ha fatta venire...
Mi fissa in silenzio ed io ne rabbrividisco. Dovrò punirti, lo sai. Lo capisci? Si, lo sapevo fin da prima. Ti ho disobbedito...si tu mi hai sfidato. La punizione sarà dura, dolorosa. Puoi però evitarla. Alzo il capo speranzosa, ma il suo viso mi toglie ogni illusione. Puoi evitare la punizione dicendo che te ne vai. Per un attimo resto immobile perché incredula di questa enormità. E' impossibile dico e capisco di aver parlato così piano che lui non ha capito. E' impossibile, ripeto facendomi capire.
Posso accettare di tenerti come succube ma solo in questo modo. Sarà quel che sarà, penso sollevata e poi a voce alta anche se a denti stretti, accetto, resto, puniscimi come devi. Ne sei certa? Guarda! Apre con la chiave le due ante del mobile vicino alla porta del bagno. Guarda, ripete. Quel che vedo mi lascia annichilita. Una serie di oggetti che a l' inizio, nella poca luce fatico a distinguere ma che subito dopo riconosco. Corde, catene, manette e poi fruste e scudisci. Inorridisco letteralmente, poi penso mi stia prendendo in giro...no, non sta scherzando. Mi alzo in piedi per andarmene. Vorrei almeno farlo ma non ci riesco. Non sta scherzando eppure rispondo con voce decisa sia pure con qualche secondo di ritardo, VA BENE.
Forse si aspettava una risposta diversa e resta immobile, il viso duro come non mai. Lasciando le antine spalancate torna a sedere.
Se resti per prima cosa ti punirò. Aspetta forse una mia risposta che gli do dopo un attimo. Va bene.
Poi, quando ti sarai riavuta mi racconterai tutto della tua vita. Correggerai le frottole che mi hai ammannito. Mi spiegherai perché mi hai disubbidito. Giurerai di essere in futuro quello che voglio, una succube e che farai di tutto per diventare una succube migliore prima e poi perfetta. Dentro di me sono felice ed al tempo stesso terrorizzata. Ma cosa intende per succube? Non oso chiederlo e pochi attimi più tardi...C' è un grosso trave poco oltre i piedi del letto.
Ho i polsi ammanettati molto in alto e mi fanno male, i piedi posano solo in parte a terra. Respiro a fatica, impedita dal bavaglio di tela già intrisa di saliva. Ti imbavaglio perché altrimenti grideresti troppo. Non può essere, non a me, questo a me non può capitare, penso mentre mi benda impedendomi anche la vista, vietandomi di vedere. Ho solo l' udito e lo sento camminare. Forse mi sta prendendo in giro, è tutto uno scherzo. Un sibilo e brucio. Urlo anche se avevo giurato a me stessa di sopportare tutto in silenzio. Ed urlo ancora ed ancora, più volte, mentre i colpi si accaniscono distanziati sul mio corpo.
In qualche modo mi ha riportata a terra, mi bacia ed io rispondo ai suoi baci mentre le mani percorrono il mio corpo seguendo i segni vi ha lasciato. Lascio mi stenda sul letto ma non mi libera i polsi che unisce alla testata. Lo odio ed un attimo dopo schiudo le gambe e capisco di non poterlo odiare ed amare al tempo stesso. Il cazzo penetra rude nel sesso bagnato. Bagnato? Poi, immediatamente dopo, piacere e dolore. Fatico sempre più a respirare, ansimo gemo e dimentico il dolore mentre il ventre viene squassato dal mio crescente inarrestabile godere che cresce a raggiungere il cuore ed i polmoni poi anche il cervello che dichiara forfait, va in pappa. Urlo quasi e lo chiamo padrone.
Prima dell' alba gli ho detto tutto di me. Non sono stata incalzata dalle sue domande. Una sola cosa gli celo fin quasi a l' ultimo: mi masturbo, spesso, anche adesso... Mi frusta di nuovo stesa sul letto. Solo tre colpi ma più forti che di nuovo cerco inutilmente di sopportare senza gridare. Stai imparando, mi dice.
Che ora è? Lui non c' è ma ha lasciato un biglietto con le istruzioni. Scappare? Esito ma so già che non fuggirò, mai. Mi ha marchiata. Non con un ferro rovente ma in qualche modo mi ha marchiato il corpo ed anche il cervello. Non oggi, non ieri, fin dal primo incontro, poco per volta. Ora so cosa voglia dire succube. Ora so anche cosa significhi l' altra parola che ora non ricordo. Sono una ragazzina che si è fatta impregnare il cervello da lui.
Un bagno appena tiepido con un cucchiaio della polverina che mi ha dato. Brucia da cani a l' inizio ma poi passa, un poco almeno e dovrebbe far scomparire più in fretta i segni, mi ha spiegato. Per frustarmi ancora? Rifaccio il letto e mi stendo tra le lenzuola. Ha un cazzo piccolo ma lo usa da dio...ed io non so...non centra il fatto che abbia goduta come una troia. Ma le troie non godono, fingono di godere per soddisfare l' ego dei clienti. Muovermi mi causa bruciori ma...sopporto. E dovrò sopportare anche altro? Mi devo porre un limite oltre il quale dire no. Non a lui, non ci riuscirei mai, e a chi allora? Ecco, scomparirei. Metterei giù il telefono subito quando mi chiama. E se non mi chiama? Posso scrivergli...se vai oltre, se...e cosa cambierebbe?
Cosa sarebbe cambiato? Assolutamente niente. Quel pomeriggio abbiamo fatto l' amore e sono tornata a casa felice. Qualche giorno dopo mi richiama spiegandomi cosa debba fare. Quella sera ho di nuovo i segni della frusta su tutto il corpo ed uno zigomo gonfio. Gonfia di disperazione e disgusto sono anche io, dentro. Fammi un pompino, succhiamelo bene, mi ha detto come se fosse la cosa più normale di questa terra e la mia esitazione mi è costata cara. Non voglio più, mai più...ma dopo qualche giorno mi richiama e mi richiama ancora, spesso, anche di notte. Mi serve un sonnifero mi dice ed io accorro. Stai diventando brava, e sorride compiaciuto. Merito di un buon maestro, prosegue tronfio.
Con disappunto mi sono accorta qualche settimana prima di compiacermi di questi apprezzamenti e con un sospiro mi abbandono tra le sue braccia. Mi piace ormai sentirlo crescere nella mia bocca, capire che gli piaccio, che sono brava ad eccitarlo, in fretta anche quasi subito dopo che ha goduto. Si, mi abbandono felice sentendo le mani che carezzano il mio corpo, lo suonano come fosse uno strumento musicale. Quando raggiunge la fessura la trova come sempre già inumidita ed usa i miei umori per titillare il mio puntino già emerso fino a scappucciarlo del tutto.
Mi penetra con un dito, mi bacia il petto e ne succhia avido i capezzoli, li stringe tra i denti facendomi gemere di dolore e sussultare di piacere. Ecco, lo conosco bene, adesso se lo fa succhiare e baciare, poi mi stende sul letto e mi prende. Qualche volta mi prende da dietro ed a me non piace molto, preferisco essere scopata potendolo vedere in faccia, ma non importa. Cosa fate? Già, ormai lo chiamo Padrone e mi rivolgo a lui col Voi. Mi sta legando, ammanettando i piedi a gambe aperte e temo le novità. Non risponde e mi imbavaglia. Ora ho veramente paura.
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Ti rompo il culetto d' oro mia cara....
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