Pagine di vita. Don Celestino.
di
Tibet
genere
interviste
"Cio' che conta nella vita non e' quello che ti succede ma cio' che ricordi. E come lo ricordi per raccontarlo. (Gabriel Garcia Màrquez.)"
Colombia-gennaio 2010, (sempre anno della tigre di metallo)
-Le donne sono tutte puttane...-.
Lo dice con l'aria d’essere dio e di star dettando a Mosè le tavole della legge, mentre accarezza la ragazza come fosse un gatto.
Io cerco di interromperlo.
-Non solo loro, la verità e' che puttane lo siamo tutti...-.
Ora che lo conosco mi chiedo che ci faccio qui.
Sto cercando di vendere l'anima? A lui? Venderla non per qualcosa di davvero importante ma per denaro? Non mi si addice sacrificarmi idealmente come Giuda, ma sarei qui se non fossi una puttana anch'io? E una puttana senza scusanti, dato non ho la fame atavica di questa ragazza.
Lui non mi ascolta, è perso in se stesso e ora mi sta spiegando come si devono trattare le putas.
Naturalmente il suo credo è il bastone, senza la carota.
Mai portarle in Europa queste puttanelle mi dice, alzano le pretese. Sono belle, sono ammirate, sono desiderate e credono d’essere importanti, uomini affamati di fica stanno loro addosso come cani litigiosi attorno ad un osso e te le portano via, qui invece sono merce inflazionata, c'è tanta di quella fica in giro che non vale nulla.
Lui è Don Celestino.
Non è un prete, il Don è un appellativo di rispetto.
E' un uomo di potere in questo paese graziato dalla natura e dimenticato da dio.
Abita in una villa in riva al Mar Caraibico nel tratto fra Barravieja e Tesajeras, appena fuori dalla statale 90. Una villa enorme, 25 stanze, il parco e la spiaggia privata. E' protetto da un piccolo esercito di miliziani. E' sfuggito per miracolo a due attentati delle FARC, i guerriglieri di sinistra che combattono il potere con i sequestri di persona e gli omicidi.
E' un vecchio Don Celestino, per quello che ne so supera gli 80 e la ragazza che ha sulle ginocchia è giovanissima. Poco più di una bambina. Lui le cambia in continuazione, le compra dai genitori come del pollame. E ogni volta più giovani.
La sua mano scosta i lembi della leggera lunga camicia maschile e le scopre il seno, un seno perfetto, due piccole e tonde cupole di carne soda, strizza con forza un capezzolo, grosso e inturgidito causandole un gemito. La mano passa ripetutamente da una cupola all'altra in lunghe carezze violente. Poi scende lungo l'addome, lungo il ventre leggermente arrotondato e arriva fra le cosce, la costringe ad allargarle mettendo in mostra una meraviglia di vagina. Un grosso monte di Venere nudo da pelo e uno spacco deciso. Ora le dita passano lungo le labbra esterne, gonfie, in lunghi passaggi ripetuti, forzando, facendo intravedere l'interno di un color corallo carico. Ora è aperta, mostra le piccole labbra a forma di ali di farfalla, così come un clitoride consistente, una canocchia di carne rosata.
-Te gusta...?-
Mi chiede mentre la mano la masturba e stringe il clito con le dita crudeli. Gli occhi sono alterati, lucidi e capisco che è fatto. Il vecchio fa uso pesantemente di coca.
-Me gusta... ma sono qui per parlare di affari Don Celestino…-
-Tu scopala questa puta... voglio che le fai male. Picchiala... frustala. Voglio vederla soffrire mentre tu la prendi e poi parleremo di affari...-.
La lascia e beve direttamente a collo da una bottiglia di Moet Chandon. Il mio sguardo ritorna al corpo della ragazza, abbandonato, scosciato.
E' bella, come può essere bella una giovanissima donna. Il corpo aggraziato dalla pelle ambrata, pelle che sembra seta. Ma gli occhi? Gli occhi sono nascosti dalle lunghe ciglia e sono colmi della sua paura.
E ancora mi chiedo perché sono qui. Perché mi sono fatto coinvolgere in questa cosa. E mi rispondo anche, evidentemente perché sono bacato, marcio dentro.
E' presto detto, il vecchio possiede una proprietà in Italia, al suo paese d'origine, fra il Veneto e il Trentino. Una proprietà a fine locazione agricola ventennale. Una proprietà che con un intrallazzo italico fra qualche tempo passerà ad edificabile rendendo possibile una speculazione enorme. Quello che gli sto proponendo è la sua firma a una procura a vendere in cambio di 130.000 euro a ettaro per 13 ettari e qualcosa. A me spetta il 2 per cento se va in porto la cosa ma per lui è una fregatura e anche grossa.
Alla fine che mi costa?
Di fare delle cose che ho già fatto? Picchiarla un pò, lasciarle un pò di segni. Violentarla, far godere cerebralmente questo vecchio degenerato. Venduto mi sono già venduto, non c’è nulla di nuovo. Sarebbe solo una volta in più. Di lei sinceramente non ho compassione, anche per me è poco più di un oggetto.
Ma lui?
Lui...?
Cazzo... io mi vedo in lui!
Mi vedo quando avrò la sua età e mi vedo fare le stesse medesime cose!
E ho pietà di me stesso.
Più tardi nell'accomiatarmi da lui capisco che comunque avrebbe usato anche me, che non avrebbe aderito alla transazione. La sua famiglia non ha mai venduto un metro di terra e il suo legame con essa è l'unica cosa che lo collega alle sue radici in patria. E sa anche del cambio di destinazione urbana.
Gioca con me come un gatto con il topo e questo mi fa sentire un cretino e ho paura. Una paura viscerale.
Mi lascia un attimo e al suo ritorno mi dona una scatola di legno pregiato di sigari. Dei Bolivar Royal Corona extra, Reserva Especial. In suo ricordo mi dice.
Sento un brivido lungo la spina dorsale nell'accettare e non per la commozione.
Ore più tardi lancio la scatola nel Rio Magdalena dal traghetto che mi porta verso Barranquilla e la guardo galleggiare lungo la corrente, destinazione il mare.
Galleggio anch'io ma non so verso dove.
Chissà perché ma in uscita dal paese, in aeroporto, vengo minuziosamente esaminato, bagaglio e tutto, persino sottoposto a ispezione corporale, passato letteralmente al setaccio e noto l’aria di disappunto dei militari antidroga quando non trovano nulla.
Ringrazio la mia intuizione.
Quella di aver buttato la scatola dei sigari.
E maledico Don Celestino. Lo maledico con tutte le mie forze, uomo crudele e vendicativo. Penso agli anni che mi avrebbe fatto passare in carcere.
"Che tu possa morire fra mille tormenti... maledetto vecchio!".
Tibet.
( da sempretibet blog)
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