Diario di una prima volta
di
scopertaeros69
genere
prime esperienze
Prona in ginocchio, scossa dai brividi, non per il freddo piuttosto per quell’eccitazione che la faceva tremare provocandole la pelle d’oca e nel contempo quei fiotti umidi a metà tra il fastidioso e il desiderato tra le cosce.
L’istinto di serrare le stesse e l’invito garbato di lui...invito, non ordine, di tenerle aperte, di lasciare che le lacrime tiepide del suo desiderio l’accarezzassero sulla pelle nella loro corsa verso il basso.
Gli occhi semichiusi, la bocca delicatamente serrata di labbra intorno alla sua carne, viva, partecipe, palpitante, una turgida certezza di essere stata accettata, piaciuta, gradita, desiderata.
La sua mano nodosa, eppure lieve, che sfiora la pesta, accarezza i capelli, cerca le guance, il mento… la sua mano che lieve solleva il viso per cercare lo sguardo dei suoi occhi.
Occhi...occhi che s’incontrano, si cercano, si pongono domande, cercano conferme.
Il lento moto del capo, in quell’amplesso orale, la bocca che si fa vagina per non essere distratta dal proprio piacere per darne a lui e, paradossalmente, goderne del suo, senza che neppure venga toccata là, dove il suo sesso pulsa, dove la sua fica tormentata grida il suo bisogno di essere considerata.
Tuttavia quello non ne è che il preludio, non è quello che succederà, non oggi, non solo… quell’atto non è destinato ad esaurire il desiderio stesso e neppure a placarne una parte ed è questo che la fa tremare.
Da brava moglie, madre attenta, quando riteneva chiuso il capitolo delle esperienze di letto, qualcosa, o meglio qualcuno, di inaspettato era giunto di soppiatto, un po’ come quella primavera che dopo un lungo inverno non ti aspetti più e che ti sorprende una mattina con dei raggi di sole più caldi del solito.
Lui aveva risvegliato desideri sopiti ed altri, che non sapeva neppure di poter possedere o anche solo immaginare; scoprire piacevolmente che, specularmente, lui provava le stesse cose, quasi il combinarsi insieme avesse generato una reazione a catena inarrestabile e i due fossero destinati ad una sorta di sindrome cinese sessuale inesorabile.
Dopo molti ripensamenti e preso il coraggio a quattro mani un giorno gli aveva confessato di essere vergine analmente, un po’ per paura, un po’ perché “non si fa”, un po’ perché non sapeva neppure lei, ma che lui le aveva fatto venire quel desiderio.
La richiesta era avvenuta naturalmente, non aveva avuto bisogno di buttarla fuori tutta d’un fiato, magari temendo che avrebbe potuto pentirsene subito dopo, lui l’aveva ascoltata con un mezzo sorriso e con una luce indefinibile negli occhi… desiderio … non del suo culo… di lei.
Dal canto suo lui pose solo una condizione: sarebbe stato gentile e delicato quella sua prima volta, per quanto l’esperienza in sé lo avrebbe reso possibile, ma non si sarebbe tornati indietro una volta iniziato.
Era importante che lei sapesse che quell’offerta di sé sarebbe stata totale, una volta iniziato si sarebbe andati avanti sino alla naturale conclusione, l’avrebbe penetrata violandole il culo e avrebbe continuato a farlo sino a che non fosse venuto dentro di esso.
Avrebbe usato ogni cautela necessaria, ma una volta dentro, né lacrime, ne gemiti, ne preghiere lo avrebbero fatto uscire, anzi… i suoi lamenti lo avrebbero eccitato e gli sarebbe stato più difficile controllarsi.
Glielo disse candidamente, che se fosse successo, sperava non avrebbe soffocato tutto dentro il cuscino ma si sarebbe lasciata ascoltare subendo ulteriormente la sua eccitazione dentro di lei…
Inspiegabilmente quella richiesta egoistica, le aveva causato un fiotto caldo tra le cosce, la paura del dolore non era scomparsa, tutt’altro, ma nel contempo era come se sperasse di potergli offrire abbastanza di quel dolore perché non riuscisse a smettere e a smettere di desiderarla ancora ed ancora.
Si era preparata a quel giorno accuratamente, con la trepidante impazienza e nervosismo della sua prima volta, la cosa in sé la riempì di piacere e sorprendersi a sentirsi ancora così fu un ulteriore sensazione piacevole di cui non si credeva ancora capace.
La porta della camera d’albergo si era chiusa alle loro spalle e già si baciavano con quella dolce furia che aveva riscoperto di avere, poi la doccia insieme, la preparazione, ed infinite le sue dita che la preparavano ad accogliere un piccolo plug, grande abbastanza per essere avvertito come una presenza tra le natiche, ma non a sufficienza da dilatarla per anestetizzare quello che sarebbe giunto dentro di lei.
Qualche giorno prima aveva provato ad inserire qualcosa di piccolo, cautamente, non tanto per paura di soffrire, quanto più per imparare a rilassarsi mentre lo accoglieva.
Erano entrambi sani, di comune accordo avevano fatto le analisi per potersi concedere serenamente quel piccolo lusso nelle loro intimità insieme, nessun preservativo, nessun filtro al loro piacere.
Si erano baciati ancora, stretti l’una contro l’altro nelle loro nudità, nel farlo lui si era sincerato della sua eccitazione saggiandola con le dita.
Il suo corpo non poteva nascondere ne tanto meno mentire ed ella parlò...parlò come non era possibile fare solo con la voce, con il semplice uso del suono o della parola, la sua pelle cantò per lui il proprio desiderio.
China in ginocchio, ora cercava di spingere il più possibile in gola il suo cazzo, per sentirlo crescere, pulsare o solo semplicemente di quel sentirlo duro contro le labbra, contro il palato.
Nel contempo aveva iniziato a toccarsi con sempre maggiore enfasi, sommando all’eccitazione data dalla situazione quella fisica della masturbazione.
La lingua in un osceno sillabario di mute parole avvolgeva ove possibile, la cappella, strappando sospiri, sapeva che quello sarebbe stato l’unico momento in cui avrebbe avuto ancora un controllo.
Non la sorprese quindi che lui all’improvviso la scostò uscendo da lei, si alzò e rapido la fece alzare, per spingerla prona sul letto con le gambe fuori da esso.
Sebbene felice, avrebbe voluto urlare di delusione, quando lui la infilò nella fica senza preamboli violentemente, pompando il cazzo in quella sua carne martoriata di desiderio.
Ma durò poco, ancora uscì da lei ed allora capì … si sentì quasi defraudata, quando l’improvviso vuoto lasciato dal plug la pervase, ma anche quello durò poco… la cappella umida di saliva ed umori aveva già cominciato a premerle tra le natiche forzando il buchetto appena dilatato.
In un secondo fu piena, in un attimo la sua pelle si tese fino a strapparsi o tale le parve, dolore e calore in contemporanea e la sensazione netta che qualcosa stava scorrendo dentro di lei, no non come nella fica, ma in modo più primordiale se vogliamo.
Curiosamente, quella sensazione si attenuò quando stranamente inaspettata la pelle di lui la tocco dietro, era arrivato sino in fondo.
Le prese la mano gliela fece mettere sotto tra le gambe, non ebbe bisogno di dirle nulla, iniziò a sditalinarsi furiosamente, poi lui iniziò a muoversi.
All’inizio però a scindere il dolore dall’eccitazione e il piacere della sua fica bagnata, del suo clitoride esasperato, all’inizio provò a trattenere le sue piccole urla di dolore, passò un lungo istante e poi, senza un pensiero coerente, si lasciò andare.
Urlò il suo dolore, la sua rabbia verso di lui senza per questo smettere di lasciarsi andare al piacere che...non era solo più nella sua fica e quel dolore, voleva che lui lo sentisse, e glielo diede come un offerta.
Accadde quello che lui le aveva detto, la infilò con maggior forza frequenza, sentì le sue mani divenire artigli sui suoi fianchi, sulle tette, sulle chiappe, mentre la sua carne le sbatteva contro.
Il dolore c’era ancora certo, accompagnato da un calore intenso, da un piacere strisciante, da un eccitazione che la pervadeva...il tutto divenendo...piacere.
I suoi lamenti non erano più trattenuti, ma quasi offerti, e meno veritieri, si scoperse desiderosa di cercare quel dolore misto al piacere ed eccitata di sentire il suo fremerle dentro; fu allora che le rovinò addosso schiacciandole la testa di lato sul letto e continuando a penetrarla sbattendo contro di lei.
Venne un attimo prima di lui, un secondo prima che l’uomo le assestasse, quattro poderose violente spinte da fargli sentire l’uccello in pancia, prima si svuotarsi dentro con una specie di rantolo.
Il calore dei fiotti nell’intestino fu una sensazione secondaria, il peso di lui sulla schiena e del fiato caldo contro l’orecchio aveva un che di rassicurante, la dolcezza dei suoi piccoli baci sul collo le parve la cosa più normale del mondo.
Lunghi minuti con i cuori che tornavano a battere più placidamente, prima di alzarsi da letto per andare sotto la doccia insieme.
Baciarsi, insaponarsi e lavarsi l’un l’altro la schiena e quando fu il turno di lei di offrirla alla spugna si appoggiò contro le fresche piastrelle del muro , con il busto piegato in avanti ...e tale rimase finché lui non comprese.
L’istinto di serrare le stesse e l’invito garbato di lui...invito, non ordine, di tenerle aperte, di lasciare che le lacrime tiepide del suo desiderio l’accarezzassero sulla pelle nella loro corsa verso il basso.
Gli occhi semichiusi, la bocca delicatamente serrata di labbra intorno alla sua carne, viva, partecipe, palpitante, una turgida certezza di essere stata accettata, piaciuta, gradita, desiderata.
La sua mano nodosa, eppure lieve, che sfiora la pesta, accarezza i capelli, cerca le guance, il mento… la sua mano che lieve solleva il viso per cercare lo sguardo dei suoi occhi.
Occhi...occhi che s’incontrano, si cercano, si pongono domande, cercano conferme.
Il lento moto del capo, in quell’amplesso orale, la bocca che si fa vagina per non essere distratta dal proprio piacere per darne a lui e, paradossalmente, goderne del suo, senza che neppure venga toccata là, dove il suo sesso pulsa, dove la sua fica tormentata grida il suo bisogno di essere considerata.
Tuttavia quello non ne è che il preludio, non è quello che succederà, non oggi, non solo… quell’atto non è destinato ad esaurire il desiderio stesso e neppure a placarne una parte ed è questo che la fa tremare.
Da brava moglie, madre attenta, quando riteneva chiuso il capitolo delle esperienze di letto, qualcosa, o meglio qualcuno, di inaspettato era giunto di soppiatto, un po’ come quella primavera che dopo un lungo inverno non ti aspetti più e che ti sorprende una mattina con dei raggi di sole più caldi del solito.
Lui aveva risvegliato desideri sopiti ed altri, che non sapeva neppure di poter possedere o anche solo immaginare; scoprire piacevolmente che, specularmente, lui provava le stesse cose, quasi il combinarsi insieme avesse generato una reazione a catena inarrestabile e i due fossero destinati ad una sorta di sindrome cinese sessuale inesorabile.
Dopo molti ripensamenti e preso il coraggio a quattro mani un giorno gli aveva confessato di essere vergine analmente, un po’ per paura, un po’ perché “non si fa”, un po’ perché non sapeva neppure lei, ma che lui le aveva fatto venire quel desiderio.
La richiesta era avvenuta naturalmente, non aveva avuto bisogno di buttarla fuori tutta d’un fiato, magari temendo che avrebbe potuto pentirsene subito dopo, lui l’aveva ascoltata con un mezzo sorriso e con una luce indefinibile negli occhi… desiderio … non del suo culo… di lei.
Dal canto suo lui pose solo una condizione: sarebbe stato gentile e delicato quella sua prima volta, per quanto l’esperienza in sé lo avrebbe reso possibile, ma non si sarebbe tornati indietro una volta iniziato.
Era importante che lei sapesse che quell’offerta di sé sarebbe stata totale, una volta iniziato si sarebbe andati avanti sino alla naturale conclusione, l’avrebbe penetrata violandole il culo e avrebbe continuato a farlo sino a che non fosse venuto dentro di esso.
Avrebbe usato ogni cautela necessaria, ma una volta dentro, né lacrime, ne gemiti, ne preghiere lo avrebbero fatto uscire, anzi… i suoi lamenti lo avrebbero eccitato e gli sarebbe stato più difficile controllarsi.
Glielo disse candidamente, che se fosse successo, sperava non avrebbe soffocato tutto dentro il cuscino ma si sarebbe lasciata ascoltare subendo ulteriormente la sua eccitazione dentro di lei…
Inspiegabilmente quella richiesta egoistica, le aveva causato un fiotto caldo tra le cosce, la paura del dolore non era scomparsa, tutt’altro, ma nel contempo era come se sperasse di potergli offrire abbastanza di quel dolore perché non riuscisse a smettere e a smettere di desiderarla ancora ed ancora.
Si era preparata a quel giorno accuratamente, con la trepidante impazienza e nervosismo della sua prima volta, la cosa in sé la riempì di piacere e sorprendersi a sentirsi ancora così fu un ulteriore sensazione piacevole di cui non si credeva ancora capace.
La porta della camera d’albergo si era chiusa alle loro spalle e già si baciavano con quella dolce furia che aveva riscoperto di avere, poi la doccia insieme, la preparazione, ed infinite le sue dita che la preparavano ad accogliere un piccolo plug, grande abbastanza per essere avvertito come una presenza tra le natiche, ma non a sufficienza da dilatarla per anestetizzare quello che sarebbe giunto dentro di lei.
Qualche giorno prima aveva provato ad inserire qualcosa di piccolo, cautamente, non tanto per paura di soffrire, quanto più per imparare a rilassarsi mentre lo accoglieva.
Erano entrambi sani, di comune accordo avevano fatto le analisi per potersi concedere serenamente quel piccolo lusso nelle loro intimità insieme, nessun preservativo, nessun filtro al loro piacere.
Si erano baciati ancora, stretti l’una contro l’altro nelle loro nudità, nel farlo lui si era sincerato della sua eccitazione saggiandola con le dita.
Il suo corpo non poteva nascondere ne tanto meno mentire ed ella parlò...parlò come non era possibile fare solo con la voce, con il semplice uso del suono o della parola, la sua pelle cantò per lui il proprio desiderio.
China in ginocchio, ora cercava di spingere il più possibile in gola il suo cazzo, per sentirlo crescere, pulsare o solo semplicemente di quel sentirlo duro contro le labbra, contro il palato.
Nel contempo aveva iniziato a toccarsi con sempre maggiore enfasi, sommando all’eccitazione data dalla situazione quella fisica della masturbazione.
La lingua in un osceno sillabario di mute parole avvolgeva ove possibile, la cappella, strappando sospiri, sapeva che quello sarebbe stato l’unico momento in cui avrebbe avuto ancora un controllo.
Non la sorprese quindi che lui all’improvviso la scostò uscendo da lei, si alzò e rapido la fece alzare, per spingerla prona sul letto con le gambe fuori da esso.
Sebbene felice, avrebbe voluto urlare di delusione, quando lui la infilò nella fica senza preamboli violentemente, pompando il cazzo in quella sua carne martoriata di desiderio.
Ma durò poco, ancora uscì da lei ed allora capì … si sentì quasi defraudata, quando l’improvviso vuoto lasciato dal plug la pervase, ma anche quello durò poco… la cappella umida di saliva ed umori aveva già cominciato a premerle tra le natiche forzando il buchetto appena dilatato.
In un secondo fu piena, in un attimo la sua pelle si tese fino a strapparsi o tale le parve, dolore e calore in contemporanea e la sensazione netta che qualcosa stava scorrendo dentro di lei, no non come nella fica, ma in modo più primordiale se vogliamo.
Curiosamente, quella sensazione si attenuò quando stranamente inaspettata la pelle di lui la tocco dietro, era arrivato sino in fondo.
Le prese la mano gliela fece mettere sotto tra le gambe, non ebbe bisogno di dirle nulla, iniziò a sditalinarsi furiosamente, poi lui iniziò a muoversi.
All’inizio però a scindere il dolore dall’eccitazione e il piacere della sua fica bagnata, del suo clitoride esasperato, all’inizio provò a trattenere le sue piccole urla di dolore, passò un lungo istante e poi, senza un pensiero coerente, si lasciò andare.
Urlò il suo dolore, la sua rabbia verso di lui senza per questo smettere di lasciarsi andare al piacere che...non era solo più nella sua fica e quel dolore, voleva che lui lo sentisse, e glielo diede come un offerta.
Accadde quello che lui le aveva detto, la infilò con maggior forza frequenza, sentì le sue mani divenire artigli sui suoi fianchi, sulle tette, sulle chiappe, mentre la sua carne le sbatteva contro.
Il dolore c’era ancora certo, accompagnato da un calore intenso, da un piacere strisciante, da un eccitazione che la pervadeva...il tutto divenendo...piacere.
I suoi lamenti non erano più trattenuti, ma quasi offerti, e meno veritieri, si scoperse desiderosa di cercare quel dolore misto al piacere ed eccitata di sentire il suo fremerle dentro; fu allora che le rovinò addosso schiacciandole la testa di lato sul letto e continuando a penetrarla sbattendo contro di lei.
Venne un attimo prima di lui, un secondo prima che l’uomo le assestasse, quattro poderose violente spinte da fargli sentire l’uccello in pancia, prima si svuotarsi dentro con una specie di rantolo.
Il calore dei fiotti nell’intestino fu una sensazione secondaria, il peso di lui sulla schiena e del fiato caldo contro l’orecchio aveva un che di rassicurante, la dolcezza dei suoi piccoli baci sul collo le parve la cosa più normale del mondo.
Lunghi minuti con i cuori che tornavano a battere più placidamente, prima di alzarsi da letto per andare sotto la doccia insieme.
Baciarsi, insaponarsi e lavarsi l’un l’altro la schiena e quando fu il turno di lei di offrirla alla spugna si appoggiò contro le fresche piastrelle del muro , con il busto piegato in avanti ...e tale rimase finché lui non comprese.
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