La mia storia con lui - Capitolo 2
di
Aramis
genere
gay
Capitolo 2
Perdono
Mezzanotte. Felice Halloween. Piansi mentre guidavo nella pioviggine verso un punto ed una destinazione che dovevo ancora trovare. La cadenza del secondo concerto di violino di Mozart, movimento andante, aveva raggiunto la sua vetta gloriosa quando mi fermai al mio luogo di ritrovo favorito, un precipizio appartato che sporgeva sul fiume. Cosa ero andato a fare lì? Saltare giù? No la vita era troppo bella per quello. Spensi i tergicristalli e la cassetta. I fari dalla strada illuminarono per un momento il fiume come cortei di fantasmi ubriachi mentre io mi facevo trasportare nell’oscurità con la mente ancora piena degli angeli di Mozart. Quindici minuti prima avevo lasciato l’oggetto dei miei desideri omosessuali nel mio appartamento. Io avevo assaggiato i miei sogni. Ora ero nella mia macchina, piangente, depresso e rattristato dai festeggiamenti della notte. Nonostante lo stato in cui ero, dovevo ritornare nell’appartamento e confrontarmi con Ben. Forse dopo un buon argomento, avrei potuto affogarmi nel whisky che stava dietro la televisione dei miei genitori.
Forse.
Guidare a casa era una sfida. Le lacrime oscuravano continuamente la mia visuale, stronzi ubriachi, che riversavano la loro atmosfera festiva su ragazze che continuavano a succhiargli il cazzo, giravano a caso nelle strade del mio sobborgo in uno stupore stordito. Il giorno che avevo cominciato a guidare avevo colpito qualche cosa di vivo, l’avevo sentito gridare e l’avevo schiacciato sotto le ruote della potente macchina che comandavo. Quel stesso giorno, il mio vicino a due isolati da me, cominciò ad affiggere sui pali annunci per il suo gatto bianco. Dopo avere trovato un gattino sotto la mia ruota, feci voto di non agire mai più così incautamente. Guidai sempre preoccupato per gli altri, che loro guidassero o no. Quasi ruppi il voto quella sera. Qualcuno saltò davanti a me mentre giravo a destra verso la mia strada e poi saltò rapidamente via. Il mio piede colpì istantaneamente il pedale. Batticuore a cento all’ora per un minuto e racchetta di tennis in mano saltai fuori dalla macchina: “Figlio di puttana!” Silenzio. Sbattei la portiera della macchina mentre rientravo e poi continuai lentamente fino al mio appartamento che era alla fine della strada.
La luce del sensore automatico si accese quando entrai nel passo carraio. Armeggiai quietamente con le chiavi mentre ascoltavo gli alberi del bosco vicino frusciare per il vento freddo. Luci spente. Ben non c’era. Il suo profumo era ancora nell’ingresso. Lui era andato via. Era andato. Ed i miei pantaloni erano ben piegati, ancora freschi di stiratura, sul letto dei miei genitori. Un foglietto sopra di loro mi ridusse in lacrime silenziose: “Mi spiace.”
Almeno il sacchetto di patatine non si sarebbe sentito solo quella notte.
Ottobre cambiò il suo vestito. Le foglie morirono. La mia anima era angosciata. La mia vita proseguiva. Evitai Ben per quanto possibile durante la scuola. Ambedue sapevamo dove avremmo potuto vederci durante il giorno ed usavamo quel vantaggio per prendere strade diverse. In classe i posti erano ora sistemati stile pallavolo con le squadre che si affrontano con l’insegnante che camminava in mezzo. Dannazione, eravamo esattamente uno di fronte all’altro! Tuttavia i nostri occhi guardavano in basso, non di incontrarono mai, sapevo che lui gettava rapidi sguardi verso di me. Io facevo lo stesso, ma con più tristezza. La fortuna volle che un giorno il nostro insegnante chiese di metterci in coppia con quelli che ci stavano di fronte per un progetto. Questo voleva dire Ben.
Lui si alzò, era vestito di un blu rigato e camicia bianca che accentuavano la sua forma ben cesellata, mi faceva impazzire. Io sorrisi. I nostri occhi si incontrarono per la prima volta dopo quella sera. Poi, tutto quello che era accaduto, tutte le apprensioni passate, le lacrime non necessarie, tutto fu perdonato. Stavamo ricominciando. Lui ancora una volta era il mio amico. E questa volta l’avrei tenuto. Cominciammo il lavoro, poi ci fu il momento in cui, con voce sommessa, Ben chiese: “Vuoi venire a casa mia dopo la scuola? Io ho bisogno di aiuto per il prossimo compito.” Con mia sorpresa mi trovai a rispondere: “È facile, Ben. Tutto quello che devi fare è leggerlo bene.” “Bene” Disse: “Ma realmente, ragazzo, devi venire. Ho il nuovo album di Alanis.” Wow. Shock. Come diavolo faceva a sapere che adoravo Alanis?: “Dannazione sì, baby, verrò sicuramente, ci sarò alle tre e venti; devo anche andare per quella lezione di orchestra che ho perso.” Scherzai.
Ben dopo la scuola andava all’allenamento col resto della squadra di calcio. Facendolo otteneva che il suo corpo da Adone di un bel velo di sano sudore di ragazzo. Indossava i suoi pantaloncini, ovvero, quei meravigliosi pantaloncini blu che non lasciavano niente all’immaginazione. Mentre stavo guardando il gruppo dei fumatori al confine della scuola, Ben si avvicinò rumorosamente: “Non voglio, Sergio… scoparti! Lasciami in pace!” Mi voltai rapidamente. Là lui era, vestito dei famosi pantaloncini blu, perseguitato da Sergio, il suo migliore amico. Ben mi sorpassò. Io lo chiamai: “Oh merda Michele, ragazzo mi spiace, mi sono dimenticato….” Lo seguii alla sua macchina e aspettai che aprisse la mia portiera. Lui era visibilmente sconvolto. “Tutto ok?” “Sì, non era nulla, solo Sergio… Oh non fa niente.”
Fu un altro tragitto silenzioso. Questa volta era Ben che stava guidando e poi c’era quell’aroma delizioso della pelle di Ben, che fluiva dal suo sudore raffreddato. Arrivati dopo cinque minuti a casa sua, non potevo fare a meno di fare un “O” perfetto con la bocca. La sua casa era meravigliosamente enorme! L’ingresso era più grande di tutta la mia casa, per non parlare del resto incluso il bagno. Parcheggiammo i nostri corpi leggermente raffreddati nella sua calda e comoda cucina. “Vuoi qualche cosa da mangiare?” Chiese frugando nel frigorifero: “Abbiamo avanzi del cibo indiano della sera scorsa, oh, ed alcuni cioccolatini per dolce.”
“Prenderò solo alcuni cioccolatini, Ben.”
“Tartufi o altro?”
Cosa diavolo? Andai verso il soggiorno notando il bel divano di cuoio e cominciai a guardare la sua raccolta di CD.
“Hey…come diavolo hanno fatto i tuoi genitori a diventare così ricchi?”
Un discutibile: “umm…niente …”“ seguì.
“I cioccolatini sono sul bar, vuoi qualche da bere?”
Leggermente irritato sbottai: “Perché diavolo ti infastidisce se chiedo?”
Visibilmente offeso, lui emise un: “Suppongo che sarà acqua” e poi rimase silenzioso. Ma ero disorientato e ribattei piano. Per qualche ragione, lui aveva conosciuto tutte le mie debolezze segrete che non avevo mai rivelato a nessuno: cioccolatini, cibo indiano, Mozart, Shakira sulla sua mensola dei CD. Mi sentivo un po’ invaso: “Cosa sei, Ben, un genere di psicologo?” e ricordando poi una lezione di spagnolo appena seguita chiesi: “predices el futuro tambíen?” Il suo sorriso fece sorridere anche me. E con i cioccolatini per tutti e due, prese posto sul divano vicino a me.
“Michele, c’è una cosa di cui ti volevo parlarti da tempo…”
“Uh… uh, cosa?” Risposi masticando una deliziosa nocciola del tartufo, senza sapere cosa stava per succedere.
“Io ti voglio.”
Gulp. Un po’ di dolce cioccolato sciolto mi rimase in bocca.
Nervosamente e con una furia di parole, lui disse: “Stavo tentando solo di farti felice. Ho letto il tuo profilo in internet. Io ti voglio, Michele, è così semplice. Il mio corpo e la mia mente soffrono per te. Io mi agito nel sonno chiamando il tuo nome. Dannazione, mi masturbo pensando te. Non mi era mai successo prima. Infatti è una tale fottuta sensazione ed esperienza che sta facendomi impazzire. Esploderò.”
“Sì, esploderai, Ben, ma nella mia bocca.” Presi l’iniziativa e lo baciai.
Prendemmo posizione sul divano. Tartufi e CD caddero rumorosamente sul pavimento, ignorati, mentre noi due esploravamo l’uno la bocca dell’altro. I baci divennero appassionatamente intensi ed in breve stavamo emettendo bassi rumori di estasi.
“… dammi il tuo cazzo, Ben…”
Ma quel desiderio non si sarebbe ancora avverato, si mise su di me a gambe divaricate sul divano e fece avverare un altro desiderio. Io ero perso nei suoi occhi mentre si toglieva allegramente la camicia, tormentosamente lentamente, facendo una pausa ad ogni bottone con un sorriso ed un ammicco. Io lo aiutai a far scivolare la stoffa sul suo corpo e cominciai a slacciargli la cintura. “No, non ancora, verrà il tuo turno.” Mi misi a sedere e presi il suo capezzolo sinistro nella mia bocca. Oh, era così dannatamente delizioso! I ricordi di quella prima notte mi riempirono il cervello. Assaggiare e leccare via i resti del sudore da Ben era un sogno. Mi alzai e gli leccai il collo, morsi allegramente il suo lobo ed ancora una volta ripresi la mia ardente esplorazione della sua bocca. Mentre lo facevo gli slacciai la cintura e sbottonai il primo bottone dei pantaloni. “Mi sembrava di averti detto di aspettare.” Disse: “Io non ho mai avuto la possibilità di renderti il favore dopo quella volta.”
Così dicendo mi spinse in giù e sollevò la camicia dal mio corpo. La sua lingua errò sul mio stomaco e mi solleticò i capezzoli sensibili. Mi stuzzicò e torturò al limite dell’alienazione mentale. Stavo per esplodere, ma lui continuò la tortura, esplorando lentamente la flessibilità dell’interno delle mie cosce e succhiando con raffinatezza ogni dito del piede con grazia. Io mi lamentai, stavo vivendo un sogno. Ben era sopra di me sul punto di prendere in bocca il mio uccello. Con più entusiasmo di quanto avevo avuto io prima, lo fece. In un istante stavo vaneggiando. Guardai giù e vidi il suo viso da cherubino andare su e giù tra le mie gambe. La sensazione era indimenticabile. Il mio cazzo era in paradiso per il piacere: così caldo ed umido. Presi la sua testa e gli scopai ferocemente la faccia. Con la lingua mi dava piacere, salendo e scendendo sulla mia asta da quindici centimetri. Prese le mie palle nella sua bocca, una alla volta e ne amai ogni minuto. Mentre lo faceva si abbassò i pantaloni e rivelò la grande gloria della sua virilità. La sola vista spedì brividi attraverso il mio corpo. Sentii la familiare tensione, il piacevole dolore ed il delizioso peccato. Io stavo per eiaculare. La mia respirazione divenne più veloce: “Ben… merda! Sparerò dentro di te!” E sguinzagliai fiotto dopo fiotto del mio seme. Ben lo prese graziosamente tutto con un sorriso fradicio di sperma per il mio dessert. Allora mi baciò e per la prima volta l’assaggiai. Qualcosa di pungente e delizioso. A quel punto, godendo delle sensazioni del mio post orgasmo, volli vedere se il mio aveva lo stesso sapore del suo.
Mi misi in posizione seduta. Lui era un angelo di Dio. Nudo, vero, erezione disponibile, e sì, bocca aperta in un “O” di estasi… “Michele, succhiami, in fretta per favore!” Nessun problema, pensai. Lo voglio dannatamente come lo vuoi tu, così… presi il suo uccello eretto nelle mie mani e lo masturbai. Lui cominciò a lamentarsi veramente forte; a quel punto ragionai se eravamo o no soli in casa. Ma, avanti come eravamo, non me ne fregava un cazzo. Il suo pene, diciannove centimetri e li ingoiai tutti. E, dannazione, mi piacque immensamente farlo. Ne esplorai ogni centimetro, toccai con la lingua la sua bella fessura, tirai i peli marroni che incoronavano la sua bellezza ed ingoiai le palle che stavano attaccate alla base. Poiché stavo a gambe divaricate, il mio pene ancora una volta schiaffeggiava con forza il suo stomaco, poi lui venne. Mentre lo baciavo, lui venne. Quando ritornai giù a prendere quelle che pensavo fossero le ultime gocce, lui venne. Dannazione, non ne avevo mai visto così tanto prima di allora. Era tutto su di noi e per noi fu un punto d’onore assaporarne lentamente e sensualmente ogni goccia.
“Hai ancora voglia di un po’ di cioccolato?” Chiese.
“Sicuro” Risposi: “Ma preferirei avere sempre te.” Io sorrisi.
Assaporando gli ultimi bagliori decisi di rimanere ancora sdraiato sul divano con lui. Chiesi: “Sei sicuro che non ci sarà nessuno in casa fino a domani?”
“Sì, tutti e due i miei genitori sono via per affari.” Disse malinconicamente.
“Indovino che nulla può fermarmi dal godere al massimo di te fino a domani, vero?”
“Sì. Sergio voleva venire per aiutarmi in matematica ma…”
“Cosa è successo oggi con Sergio a scuola?”
“Nulla.”
“Ok. Ehi, dove è il tuo CD di Alanis?”
Lui sorrise: “Non l’ho mai avuto. Se tu fossi intelligente sapresti che il nuovo album uscirà domani!”
Lottammo nudi sul pavimento per un po’ finché alla fine non lo immobilizzai.
“Sai? Il nuovo idromassaggio dei miei genitori è stato installato solo ieri. È nel retro. Chi vuole fare una bella immersione calda?”
Alzai subito la mano: “Io!”
“Io” Disse una voce dietro le tende.
Saltammo su tutti e due ma mentre le mani di Ben volarono a prendere il cuscino del divano più vicino per coprire la sua nudità all’intruso, io presi un attizzatoio dal camino e mi avviai alle tende. Ben lasciò andare il cuscino quando da dietro le tende si sentì un “aiuto” soffocato e mi fermò dicendo: “Michele fermati per favore…è solo lui.”
Perdono
Mezzanotte. Felice Halloween. Piansi mentre guidavo nella pioviggine verso un punto ed una destinazione che dovevo ancora trovare. La cadenza del secondo concerto di violino di Mozart, movimento andante, aveva raggiunto la sua vetta gloriosa quando mi fermai al mio luogo di ritrovo favorito, un precipizio appartato che sporgeva sul fiume. Cosa ero andato a fare lì? Saltare giù? No la vita era troppo bella per quello. Spensi i tergicristalli e la cassetta. I fari dalla strada illuminarono per un momento il fiume come cortei di fantasmi ubriachi mentre io mi facevo trasportare nell’oscurità con la mente ancora piena degli angeli di Mozart. Quindici minuti prima avevo lasciato l’oggetto dei miei desideri omosessuali nel mio appartamento. Io avevo assaggiato i miei sogni. Ora ero nella mia macchina, piangente, depresso e rattristato dai festeggiamenti della notte. Nonostante lo stato in cui ero, dovevo ritornare nell’appartamento e confrontarmi con Ben. Forse dopo un buon argomento, avrei potuto affogarmi nel whisky che stava dietro la televisione dei miei genitori.
Forse.
Guidare a casa era una sfida. Le lacrime oscuravano continuamente la mia visuale, stronzi ubriachi, che riversavano la loro atmosfera festiva su ragazze che continuavano a succhiargli il cazzo, giravano a caso nelle strade del mio sobborgo in uno stupore stordito. Il giorno che avevo cominciato a guidare avevo colpito qualche cosa di vivo, l’avevo sentito gridare e l’avevo schiacciato sotto le ruote della potente macchina che comandavo. Quel stesso giorno, il mio vicino a due isolati da me, cominciò ad affiggere sui pali annunci per il suo gatto bianco. Dopo avere trovato un gattino sotto la mia ruota, feci voto di non agire mai più così incautamente. Guidai sempre preoccupato per gli altri, che loro guidassero o no. Quasi ruppi il voto quella sera. Qualcuno saltò davanti a me mentre giravo a destra verso la mia strada e poi saltò rapidamente via. Il mio piede colpì istantaneamente il pedale. Batticuore a cento all’ora per un minuto e racchetta di tennis in mano saltai fuori dalla macchina: “Figlio di puttana!” Silenzio. Sbattei la portiera della macchina mentre rientravo e poi continuai lentamente fino al mio appartamento che era alla fine della strada.
La luce del sensore automatico si accese quando entrai nel passo carraio. Armeggiai quietamente con le chiavi mentre ascoltavo gli alberi del bosco vicino frusciare per il vento freddo. Luci spente. Ben non c’era. Il suo profumo era ancora nell’ingresso. Lui era andato via. Era andato. Ed i miei pantaloni erano ben piegati, ancora freschi di stiratura, sul letto dei miei genitori. Un foglietto sopra di loro mi ridusse in lacrime silenziose: “Mi spiace.”
Almeno il sacchetto di patatine non si sarebbe sentito solo quella notte.
Ottobre cambiò il suo vestito. Le foglie morirono. La mia anima era angosciata. La mia vita proseguiva. Evitai Ben per quanto possibile durante la scuola. Ambedue sapevamo dove avremmo potuto vederci durante il giorno ed usavamo quel vantaggio per prendere strade diverse. In classe i posti erano ora sistemati stile pallavolo con le squadre che si affrontano con l’insegnante che camminava in mezzo. Dannazione, eravamo esattamente uno di fronte all’altro! Tuttavia i nostri occhi guardavano in basso, non di incontrarono mai, sapevo che lui gettava rapidi sguardi verso di me. Io facevo lo stesso, ma con più tristezza. La fortuna volle che un giorno il nostro insegnante chiese di metterci in coppia con quelli che ci stavano di fronte per un progetto. Questo voleva dire Ben.
Lui si alzò, era vestito di un blu rigato e camicia bianca che accentuavano la sua forma ben cesellata, mi faceva impazzire. Io sorrisi. I nostri occhi si incontrarono per la prima volta dopo quella sera. Poi, tutto quello che era accaduto, tutte le apprensioni passate, le lacrime non necessarie, tutto fu perdonato. Stavamo ricominciando. Lui ancora una volta era il mio amico. E questa volta l’avrei tenuto. Cominciammo il lavoro, poi ci fu il momento in cui, con voce sommessa, Ben chiese: “Vuoi venire a casa mia dopo la scuola? Io ho bisogno di aiuto per il prossimo compito.” Con mia sorpresa mi trovai a rispondere: “È facile, Ben. Tutto quello che devi fare è leggerlo bene.” “Bene” Disse: “Ma realmente, ragazzo, devi venire. Ho il nuovo album di Alanis.” Wow. Shock. Come diavolo faceva a sapere che adoravo Alanis?: “Dannazione sì, baby, verrò sicuramente, ci sarò alle tre e venti; devo anche andare per quella lezione di orchestra che ho perso.” Scherzai.
Ben dopo la scuola andava all’allenamento col resto della squadra di calcio. Facendolo otteneva che il suo corpo da Adone di un bel velo di sano sudore di ragazzo. Indossava i suoi pantaloncini, ovvero, quei meravigliosi pantaloncini blu che non lasciavano niente all’immaginazione. Mentre stavo guardando il gruppo dei fumatori al confine della scuola, Ben si avvicinò rumorosamente: “Non voglio, Sergio… scoparti! Lasciami in pace!” Mi voltai rapidamente. Là lui era, vestito dei famosi pantaloncini blu, perseguitato da Sergio, il suo migliore amico. Ben mi sorpassò. Io lo chiamai: “Oh merda Michele, ragazzo mi spiace, mi sono dimenticato….” Lo seguii alla sua macchina e aspettai che aprisse la mia portiera. Lui era visibilmente sconvolto. “Tutto ok?” “Sì, non era nulla, solo Sergio… Oh non fa niente.”
Fu un altro tragitto silenzioso. Questa volta era Ben che stava guidando e poi c’era quell’aroma delizioso della pelle di Ben, che fluiva dal suo sudore raffreddato. Arrivati dopo cinque minuti a casa sua, non potevo fare a meno di fare un “O” perfetto con la bocca. La sua casa era meravigliosamente enorme! L’ingresso era più grande di tutta la mia casa, per non parlare del resto incluso il bagno. Parcheggiammo i nostri corpi leggermente raffreddati nella sua calda e comoda cucina. “Vuoi qualche cosa da mangiare?” Chiese frugando nel frigorifero: “Abbiamo avanzi del cibo indiano della sera scorsa, oh, ed alcuni cioccolatini per dolce.”
“Prenderò solo alcuni cioccolatini, Ben.”
“Tartufi o altro?”
Cosa diavolo? Andai verso il soggiorno notando il bel divano di cuoio e cominciai a guardare la sua raccolta di CD.
“Hey…come diavolo hanno fatto i tuoi genitori a diventare così ricchi?”
Un discutibile: “umm…niente …”“ seguì.
“I cioccolatini sono sul bar, vuoi qualche da bere?”
Leggermente irritato sbottai: “Perché diavolo ti infastidisce se chiedo?”
Visibilmente offeso, lui emise un: “Suppongo che sarà acqua” e poi rimase silenzioso. Ma ero disorientato e ribattei piano. Per qualche ragione, lui aveva conosciuto tutte le mie debolezze segrete che non avevo mai rivelato a nessuno: cioccolatini, cibo indiano, Mozart, Shakira sulla sua mensola dei CD. Mi sentivo un po’ invaso: “Cosa sei, Ben, un genere di psicologo?” e ricordando poi una lezione di spagnolo appena seguita chiesi: “predices el futuro tambíen?” Il suo sorriso fece sorridere anche me. E con i cioccolatini per tutti e due, prese posto sul divano vicino a me.
“Michele, c’è una cosa di cui ti volevo parlarti da tempo…”
“Uh… uh, cosa?” Risposi masticando una deliziosa nocciola del tartufo, senza sapere cosa stava per succedere.
“Io ti voglio.”
Gulp. Un po’ di dolce cioccolato sciolto mi rimase in bocca.
Nervosamente e con una furia di parole, lui disse: “Stavo tentando solo di farti felice. Ho letto il tuo profilo in internet. Io ti voglio, Michele, è così semplice. Il mio corpo e la mia mente soffrono per te. Io mi agito nel sonno chiamando il tuo nome. Dannazione, mi masturbo pensando te. Non mi era mai successo prima. Infatti è una tale fottuta sensazione ed esperienza che sta facendomi impazzire. Esploderò.”
“Sì, esploderai, Ben, ma nella mia bocca.” Presi l’iniziativa e lo baciai.
Prendemmo posizione sul divano. Tartufi e CD caddero rumorosamente sul pavimento, ignorati, mentre noi due esploravamo l’uno la bocca dell’altro. I baci divennero appassionatamente intensi ed in breve stavamo emettendo bassi rumori di estasi.
“… dammi il tuo cazzo, Ben…”
Ma quel desiderio non si sarebbe ancora avverato, si mise su di me a gambe divaricate sul divano e fece avverare un altro desiderio. Io ero perso nei suoi occhi mentre si toglieva allegramente la camicia, tormentosamente lentamente, facendo una pausa ad ogni bottone con un sorriso ed un ammicco. Io lo aiutai a far scivolare la stoffa sul suo corpo e cominciai a slacciargli la cintura. “No, non ancora, verrà il tuo turno.” Mi misi a sedere e presi il suo capezzolo sinistro nella mia bocca. Oh, era così dannatamente delizioso! I ricordi di quella prima notte mi riempirono il cervello. Assaggiare e leccare via i resti del sudore da Ben era un sogno. Mi alzai e gli leccai il collo, morsi allegramente il suo lobo ed ancora una volta ripresi la mia ardente esplorazione della sua bocca. Mentre lo facevo gli slacciai la cintura e sbottonai il primo bottone dei pantaloni. “Mi sembrava di averti detto di aspettare.” Disse: “Io non ho mai avuto la possibilità di renderti il favore dopo quella volta.”
Così dicendo mi spinse in giù e sollevò la camicia dal mio corpo. La sua lingua errò sul mio stomaco e mi solleticò i capezzoli sensibili. Mi stuzzicò e torturò al limite dell’alienazione mentale. Stavo per esplodere, ma lui continuò la tortura, esplorando lentamente la flessibilità dell’interno delle mie cosce e succhiando con raffinatezza ogni dito del piede con grazia. Io mi lamentai, stavo vivendo un sogno. Ben era sopra di me sul punto di prendere in bocca il mio uccello. Con più entusiasmo di quanto avevo avuto io prima, lo fece. In un istante stavo vaneggiando. Guardai giù e vidi il suo viso da cherubino andare su e giù tra le mie gambe. La sensazione era indimenticabile. Il mio cazzo era in paradiso per il piacere: così caldo ed umido. Presi la sua testa e gli scopai ferocemente la faccia. Con la lingua mi dava piacere, salendo e scendendo sulla mia asta da quindici centimetri. Prese le mie palle nella sua bocca, una alla volta e ne amai ogni minuto. Mentre lo faceva si abbassò i pantaloni e rivelò la grande gloria della sua virilità. La sola vista spedì brividi attraverso il mio corpo. Sentii la familiare tensione, il piacevole dolore ed il delizioso peccato. Io stavo per eiaculare. La mia respirazione divenne più veloce: “Ben… merda! Sparerò dentro di te!” E sguinzagliai fiotto dopo fiotto del mio seme. Ben lo prese graziosamente tutto con un sorriso fradicio di sperma per il mio dessert. Allora mi baciò e per la prima volta l’assaggiai. Qualcosa di pungente e delizioso. A quel punto, godendo delle sensazioni del mio post orgasmo, volli vedere se il mio aveva lo stesso sapore del suo.
Mi misi in posizione seduta. Lui era un angelo di Dio. Nudo, vero, erezione disponibile, e sì, bocca aperta in un “O” di estasi… “Michele, succhiami, in fretta per favore!” Nessun problema, pensai. Lo voglio dannatamente come lo vuoi tu, così… presi il suo uccello eretto nelle mie mani e lo masturbai. Lui cominciò a lamentarsi veramente forte; a quel punto ragionai se eravamo o no soli in casa. Ma, avanti come eravamo, non me ne fregava un cazzo. Il suo pene, diciannove centimetri e li ingoiai tutti. E, dannazione, mi piacque immensamente farlo. Ne esplorai ogni centimetro, toccai con la lingua la sua bella fessura, tirai i peli marroni che incoronavano la sua bellezza ed ingoiai le palle che stavano attaccate alla base. Poiché stavo a gambe divaricate, il mio pene ancora una volta schiaffeggiava con forza il suo stomaco, poi lui venne. Mentre lo baciavo, lui venne. Quando ritornai giù a prendere quelle che pensavo fossero le ultime gocce, lui venne. Dannazione, non ne avevo mai visto così tanto prima di allora. Era tutto su di noi e per noi fu un punto d’onore assaporarne lentamente e sensualmente ogni goccia.
“Hai ancora voglia di un po’ di cioccolato?” Chiese.
“Sicuro” Risposi: “Ma preferirei avere sempre te.” Io sorrisi.
Assaporando gli ultimi bagliori decisi di rimanere ancora sdraiato sul divano con lui. Chiesi: “Sei sicuro che non ci sarà nessuno in casa fino a domani?”
“Sì, tutti e due i miei genitori sono via per affari.” Disse malinconicamente.
“Indovino che nulla può fermarmi dal godere al massimo di te fino a domani, vero?”
“Sì. Sergio voleva venire per aiutarmi in matematica ma…”
“Cosa è successo oggi con Sergio a scuola?”
“Nulla.”
“Ok. Ehi, dove è il tuo CD di Alanis?”
Lui sorrise: “Non l’ho mai avuto. Se tu fossi intelligente sapresti che il nuovo album uscirà domani!”
Lottammo nudi sul pavimento per un po’ finché alla fine non lo immobilizzai.
“Sai? Il nuovo idromassaggio dei miei genitori è stato installato solo ieri. È nel retro. Chi vuole fare una bella immersione calda?”
Alzai subito la mano: “Io!”
“Io” Disse una voce dietro le tende.
Saltammo su tutti e due ma mentre le mani di Ben volarono a prendere il cuscino del divano più vicino per coprire la sua nudità all’intruso, io presi un attizzatoio dal camino e mi avviai alle tende. Ben lasciò andare il cuscino quando da dietro le tende si sentì un “aiuto” soffocato e mi fermò dicendo: “Michele fermati per favore…è solo lui.”
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