Osteria del Castello
di
Edipo
genere
tradimenti
Avevo bisogno di pace e tranquillità per ultimare un lavoro importante, così il mio amico Raf mi mise a disposizione per un paio di settimane una sua casa in un posto che non conoscevo.
Pur avendo dato un'occhiata su internet rimasi ugualmente sbalordito. Si trattava di un vero e proprio borgo medioevale al quale si accedeva tramite una porta antichissima. Il termine castello con cui veniva indicato non era esatto perché l'unica fortificazione era una torre pendente che incombeva sul paese, tutto il resto erano antiche case sorte nella cinta muraria, per la maggior parte disabitate sia perché la gente del posto ormai risiedeva in una serie di palazzine e villette a schiera fuori delle mura, sia perché i frequenti sismi avevano lesionato alcuni edifici e allontanato altri proprietari. Così quelle antiche case erano affittate a giorni o a settimane a turisti che volevano provare l'emozione di trascorrere qualche tempo in un passato remoto. La casa del mio amico si trovava in una piazzetta in cui si affacciavano il municipio, la torre civica pendente, una fontana antichissima e l'antica porta, sormontata da una torre campanaria che suonava ogni quarto d'ora e alla quale mi abituai prima di quanto pensassi. L'interno della casa era un susseguirsi di scale che salivano e scendevano, con ripostigli e un soppalco in legno che incombeva sulla grande stanza che fungeva da cucina e da soggiorno. Il giro completo del paese antico richiedeva pochi minuti e nella mia prima escursione l'unico essere vivente che incrociai fu un gatto. Non avevo mai provato prima la sensazione di camminare in un paese fantasma, tra case vecchie di secoli e mi chiedevo come mai un posto del genere non fosse stato scelto come set cinematografico.
Per mangiare il mio amico mi aveva consigliato l'unico locale che ancora si trovasse all'interno delle mura, dissuadendomi dal recarmi nelle varie pizzerie e trattorie sorte nella parte moderna, tutte mediocri. All''Osteria del Castello si mangiava bene, cucina tradizionale in un locale antico e suggestivo, e poi, aggiunse Raf, c'era l'ostessa che era il dessert ideale. Non volle aggiungere altro, così, incuriosito mi recai la prima sera nel piccolo locale. All'interno c'era posto soltanto per sei o sette tavoli e a parte la presenza incongruente di un televisore sembrava davvero un'osteria dei tempi andati. Tavoli di legno rifatti in stile antico, panche al posto delle sedie, scaffali con una lunga fila di bottiglie, un camino con alari non saprei se davvero antichi o no, in un angolo un'intera armatura con tanto di spada e infine, come si usa da quelle parti, uno scaffale con libri da sfogliare tra una portata e l'altra.
Quando entrai un solo tavolo era occupato da una famiglia milanese in vacanza. Mi sedetti ad un tavolino minuscolo, giusto di fronte all'armatura e una giovane donna bionda venne da me. Aveva un bel sorriso, un viso gradevole ma più che bella era piacevole da guardare. Indossava un grembiule su degli shorts che le lasciavano scoperte le gambe, notai in fretta che aveva forse qualche chilo di troppo e diedi un'occhiata al menu che mi porse. Era davvero una cucina tradizionale, tipica, e ordinai un piatto di strozzapreti alla norcina. Nell'attesa mi guardai meglio attorno e capii che quello in cui mi trovavo altro non era che il primo piano di una casa adattato a ristorante. Prima della cucina si intravvedeva una scala che portava al piano superiore, abitato dai padroni e la discesa da quella scala di un bellissimo bambino biondo, molto somigliante alla signora, me ne convinse. Attraverso la porta della cucina che si apriva e chiudeva in continuazione vidi il cuoco, un omone grasso e pelato, con un gran paio di baffi e un vocione che si sentiva distintamente anche con la porta chiusa. La signora bionda, dopo avere dato un bacio al bambino e averlo rimandato di sopra, venne a fare due chiacchiere con me.
"E' in vacanza qui?" chiese. Parlava benissimo italiano con un leggero accento dell'est.
Le spiegai che ero lì per un paio di settimane e che alloggiavo nella casa sulla piazza, di fronte alla fontana.
"La casa di Raf? Sei suo amico?" Rise.
"Sei anche tu sua amica?", le chiesi, passando al tu come aveva fatto lei.
"E' molto simpatico, no?"
Mi chiesi fino a che punto si fosse spinta quell'amicizia. Conoscevo Raf e sapevo che quella oscura allusione alla padrona dell'osteria poteva significare molte cose.
Mi portò i miei strozzapreti, davvero ottimi. Quando venne ad assicurarsi che mi piacessero le chiesi se il cuoco era il padrone.
"E' mio marito, sì."
"Come ti chiami?"
"Lyudmila ma tutti mi chiamano Mila. Vengo dalla Moldavia."
"Quel bambino che ho visto prima è tuo figlio?"
"Sì, ha sette anni. Solo da due anni ho potuto farlo venire qui, sono stata tre anni senza vederlo."
Altri avventori avevano chiesto una particolare bottiglia di vino e venne a prenderla vicino a me, chinandosi e porgendomi quasi il suo culo. Non era la donna più bella del mondo ma mi piaceva.
Non sono un latin lover. Non ho avuto tantissime storie nella mia vita ma devo dire che quando mi sono interessato a una donna ho quasi sempre avuto successo. Questo dipende, credo, da un sesto senso che ho scoperto di avere molto presto: rendermi conto di quando la donna che mi piace è, a sua volta, interessata a me. Quando non trovo immediata corrispondenza oppure una conquista si rivela troppo complicata, lascio perdere. Non capisco perché tanti uomini perdano tempo dietro donne che, il più delle volte, non meritano tanto affanno e zelo. Ho sempre odiato complicarmi la vita e se devo impiegare settimane o mesi per convincere una donna a venire a letto con me, preferisco aspettare di incontrarne una che mi faccia capire subito se le vado a genio o no. Non credo che Mila andasse a letto con tutti gli ospiti dell'osteria, e il vocione brusco e autoritario del marito avrebbe scoraggiato molti, ma avevo l'impressione che se qualcuno le piaceva non faceva la difficile. Mangiai bene e mentre consumavo un dolce tipico le dissi che sarei senz'altro tornato.
"Allora ti piace il locale..."
"Soprattutto mi piacciono le gambe della padrona", dissi sottovoce.
Non rispose nulla ma quando mi portò il conto, sorrideva.
"Allora, a presto."
Il mattino dopo, non riuscendo ad andare avanti nel lavoro, uscii per schiarirmi le idee e prendere un caffé. Mi ritrovai a camminare udendo solo il suono dei miei passi e la fantasia mi trascinò a immaginare scenari da film dell'orrore e mi aspettavo che dai vicoli deserti di quel paese sbucassero fuori degli zombi per assalirmi. Trasalii quando dall'alto qualcuno mi disse:"Buongiorno." Alzai la testa e vidi Mila affacciata a una finestra. Stavo passando, senza rendermene conto, davanti all'osteria chiusa. Le restituii il saluto.
"Hai fatto colazione?", mi chiese.
"Non sapevo che foste anche un bar", risposi.
"Solo per pochi. Vai al portoncino."
Accanto all'ingresso chiuso del locale, c'era davvero una piccola porta. Venne ad aprirmi e mi guidò per una ripida scala. Indossava solo una cortissima camicia da notte e non resistetti all'impulso di toccarla tutta.
"Ssssh, aspetta, fai piano, mio figlio dorme ancora."
Mi prese per mano e mi condusse in una grande stanza matrimoniale dove il letto era disfatto solo da una parte.
"Tuo marito non dorme con te?"
"Russa molto e per farmi dormire si mette sul divano in salotto."
"E adesso..."
"Non c'è, oggi è giorno di chiusura e lui va sempre a fare commissioni, a trovare la sua famiglia..."
Se dovessi fare una classifica delle mie migliori scopate quella finirebbe sicuramente sul podio. Era una femmina da letto nel senso più letterale dell'espressione, sembrava nata per fare l'amore. Il suo fisico non era perfetto. I fianchi erano troppo larghi, le cosce un pò grosse, il sedere, sebbene bellissimo, risentiva dei chili superflui, eppure l'insieme era piacevolissimo. Così morbida e sensuale, complice una certa astinenza che mi trascinavo da tempo, mi provocò due orgasmi in mezz'ora e penso che se non fosse stata preoccupata per il risveglio del bambino, non avrei mancato la terza.
Alla fine mi offrì davvero la colazione e chiacchierammo un pò.
"Tuo marito non è geloso?"
"Oh, sì, grida sempre, a volte gli strilli spaventano i clienti e perdiamo soldi."
"Ti picchia?"
"No, non permetto più di mettermi le mani addosso, il primo marito mi picchiava. Da noi gli uomini bevono e picchiano le mogli."
"Era il padre del bimbo?"
"Sì. E' morto."
"Come?"
"Una sera è tornato ubriaco, noi abitavamo in una casa su molte scale e lui salendo è caduto e ha picchiato la testa. Allora siamo rimasti senza soldi, la mia famiglia era povera, io sono venuta qui, ero infermiera e speravo di fare lo stesso mestiere ma mi hanno fatto fare la puttana."
Non mi aspettavo una confessione del genere.
"Ti meravigli che lo dico? E' la verità, così ho conosciuto Marcello, lui si è innamorato, mi ha sposato e ho fatto venire mio figlio. All'inizio lui aveva una trattoria per camionisti, a venti chilometri da qui, poi ha preferito prendere l'osteria, più tranquilla, non sopportava che i camionisti mi dicessero le cose. Qui stiamo bene."
"E non hai paura che si accorga..."
"Anche se si accorge so come calmarlo. Ci sto attenta, mica vado con tutti, adesso posso scegliere io. Mi piace fare l'amore."
Mi eccitò di nuovo e le strinsi le braccia.
"No, adesso basta. Vengo io a trovarti appena posso."
Lo fece il giorno successivo. Erano le tre del pomeriggio, impossibile camminare sotto il sole cocente ma i vicoli del borgo erano quasi tutti all'ombra, coperti dalle case e dai tetti. La piazza in cui stavo, sebbene fosse la principale del paese, era quasi sempre deserta e avrei potuto ricevere cento visite al giorno senza che nessuno se ne accorgesse. Il suono del campanello mi fece sussultare e capii che poteva essere solo lei. Mi spiegò che Marcello a quell'ora cascava sempre dal sonno e si addormentava per almeno un'ora. Lei aveva portato il bambino a giocare da certi amichetti e aveva solo una mezz'ora per me. Avendo poco tempo, non lo sprecammo. Penso che avesse una qualche caratteristica fisica che rendeva più facile il rapporto sessuale, intendo dire che non ho mai penetrato una donna con la stessa facilità con cui entravo in lei. Isolati in quella vecchia casa potemmo dare sfogo alle nostre emozioni senza paura di svegliare nessuno e i suoi gemiti e urli, accompagnati dagli umori che dimostravano come stesse godendo veramente, mi fecero vivere una senzazione nuova: quella che, per la prima volta, davo piacere nella stessa misura in cui ne ricevevo.
Alla fine mi chiese se poteva rimettersi a posto in bagno: volevo accompagnarla ma mi prevenne dicendo che sapeva dov'era.
Nelle due settimane del mio soggiorno scopammo quasi quotidianamente. Trovava spesso una mezz'ora per fare un salto da me e del resto da casa sua alla mia la distanza era così breve, due minuti, non di più, che una sveltina ci scappava sempre. La sera andavo a mangiare all'osteria e presto mi accorsi che la mia presenza ormai abituale attirava l'attenzione del marito che, la terza o quarta volta, a sorpresa venne a sedersi al mio tavolo. Mi chiese che cosa pensavo della sua cucina e io, con la massima sincerità, la elogiai molto, aggiungendo che era fortunato a gestire un locale storico in un posto così suggestivo e che aveva anche una bella famiglia. Soppesò le mie parole, ignoro se sospettasse qualcosa o vedesse in me un vecchio cliente di Mila, capitato per caso da quelle parti; cominciò un lungo discorso sull'insipienza delle autorità locali incapaci di valorizzare un posto così bello e storico e alla fine mi chiese quanto mi sarei trattenuto. Saputolo, si alzò in fretta e disse che doveva tornare in cucina, il che mi fece pensare che quell'ultima domanda era lo scopo principale del suo interesse nei miei confronti. Peraltro il suo comportamento fu sempre più scorbutico. Gridava contro Mila per ogni sciocchezza e le diceva brutte parole. Alcuni francesi, una sera, spaventati, volevano fuggire ma li rassicurai nella loro lingua che si trattava solo di scaramucce tra marito e moglie. Mila rimaneva impertubabile sotto gli insulti e le urla di quell'energumeno, il suo sorriso era sempre pronto a rassicurare tutti, soprattutto il pupo biondo e tranquillizzava anche me.
Non mi faceva mai domande intime, accontentandosi di quello che le dicevo di mia iniziativa. Era, in un certo senso, la situazione che avevo semrpe sognato: una breve relazione senza problemi, limitata nel tempo e con una donna che non dava fastidi ma solo momenti piacevoli. Eppure...Sentivo che mi mancava qualcosa, che avrei voluto ancora di più ma non sapevo cosa. Una delle ultime sere camminavo per le strade come al solito deserte del paese e la luna piena era l'unica compagnia che avessi. Tra quelle antiche mura il tempo si era fermato: quella sera non era diversa da tante che l'avevano preceduta nel corso dei secoli. Inevitabilmente mi avvicinai all'Osteria del Castello, sapendo che l'orario di chiusura era trascorso da un pezzo. I forestieri prendevano il fresco sui viali del paese nuovo, consumavano gelati nei bar fuori le mura, io solo mi trattenevo lì, portato dal desiderio di Mila (quel giorno non era venuta a trovarmi). Distinsi già a distanza la voce del marito che urlava.
"Sei solo una puttana incapace, io ti riporto dove ti ho trovata, a fare la succhiacazzi, l'unico mestiere che sai." La pesante porta d'ingresso era ancora semiaperta, attraverso la fessura tra i cardini potevo spiare qualcosa. Mila, come al solito, rispondeva quieta agli insulti, invitando ogni tanto Marcello ad abbassare la voce, cosa che lo faceva imbufalire ulteriormente.
"Io non abbasso un bel niente, abbassati tu le mutande, sai fare solo questo! Con chi stai scopando in questo periodo? Scommetto con quello scribacchino che viene ogni sera ma vi faccio vedere io! Ho visto come gli sorridi."
"Io sorrido a tutti."
"Lo hai imparato facendo la mignotta, stai sempre ad acchiappare clienti, eh? Vaffanculo, sai che ti dico? Vado a dormire, finisci tu di pulire tutto e guai a te se domani trovo qualcosa che non va." Sentii i suoi passi pesanti che salivano le scale interne. Aspettai un minuto e battei piano contro il vetro. Mila scostò la tenda, mi vide e sembrò contenta della sorpresa. Mi fece entrare.
"Ho sentito tutto, avevo paura che ti facesse male."
"Ma no, te l'ho detto: abbaia ma non morde."
"Come fai a sopportarlo? Quegli insulti..."
"Non è nulla, solo acqua che si asciuga...Hai fatto bene a passare. Hai voglia?"
"Vuoi farlo qui?"
"Dove se no?"
In breve mi ritrovai con i pantaloni abbassati e Mila che giocava con il mio pula, come lo chiamava nella sua lingua (avevo scoperto una cosa che non sapevo: nel suo paese si parlava il rumeno). Dopo avermelo rizzato per bene si alzò la minigonna che portava e si sedette sul mio tavolo, invitandomi a scoparla lì sopra. Sapevo che pochi metri sopra le nostre teste Il marito non aveva ancora avuto il tempo di addormentarsi ma quella situazione di pericolo era un nuovo stimolo al piacere e lo colsi al volo. La penetrai sul tavolo mentre lei mi abbracciava e mi stringeva le gambe attorno alla vita. Gemiti soffocati accompagnarono la fenomenale chiavata e alla fine mi ringraziò con un lungo bacio lingua a lingua. Si risistemò lo slip, si abbassò la gonna e mi disse:"Ora vai, devo pulire tutto."
Il mio lavoro, così lento inizialmente, procedette spedito negli ultimi giorni. Arrivai così alla fien del mio soggiorno e non c'era possibilità di proroga perché Raf aveva affittato la casa per una settimana a dei turisti olandesi. Era il giorno di chiusura dell'osteria, così scopai due volte con Mila: la mattina a casa sua, quando il marito non c'era, e il pomeriggio quando venne a trovarmi. Io mi sentivo triste e le chiesi se le dispiaceva che andassi via.
"Oh sì, scopiamo bene insieme noi due, vero?"
Rimasi interdetto. Confesso che avevo pensato a lungo se chiederle di venire via con me, non perché pensassi che accettasse e nemmeno forse lo desideravo, ma mi pareva che dopo due settimane di sesso senza inibizioni fosse il minimo che potessi fare per dimostrarle quanto mi era piaciuto stare con lei. La sua risposta mi dimostrò che ero stupido.
"Tornerai, vero?", mi domandò mentre si rivestiva per l'ultima volta.
"Torna, ci divertiamo ancora."
"Mi dispiace che tu rimanga con quel... quello stronzo."
"Non preoccuparti, ci vuole solo pazienza."
Mi baciò per l'ultima volta e andò via. Mai più conosciuta una femmina così.
Due anni dopo percorrevo in auto la strada verso M*, dove avevo un impegno importante. Era stato un periodo di intenso lavoro che mi aveva portato spesso all'estero, soprattutto in Africa, ma di questo parlerò in un'altra occasione. Mi resi conto che facendo una breve deviazione avrei potuto rivedere il vecchio borgo. Era ora di pranzo e pensai di andare a mangiare all'Osteria del Castello. La fame e la curiosità di rivedere Mila si equivalevano, così parcheggiai in un viale della zona nuova e salii verso la porta sopra la quale il campanile batteva sempre le ore. Tutto era rimasto uguale: rividi la casa di Raf, la fontana, la torre pendente, i vicoli immersi nell'ombra. L'osteria era piena, mentre mi guardavo intorno per vedere se c'era un angolo libero, udii il mio nome, mi voltai e mi ritrovai fra le braccia di Mila che mi baciava sulle guance e mi accarezzava il viso come si fa con un vecchio amico. Portava i capelli un pò più corti e il ventre prominente denunciava una gravidanza ormai avanzata. Si toccò la pancia e rise. "Sette mesi, un altro maschio."
"Complimenti."
Mi fece spazio verso il mio vecchio tavolino, lo stesso su cui ci eravamo agganciati così bene due anni prima. Mi fece qualche rapida domanda poi le chiesi se facevano ancora quei magnifici strozzapreti.
"Oh sì, anche se il cuoco è cambiato. Si chiama Omar, è egiziano ma ha imparato bene la cucina di qui."
"E come mai avete cambiato cuoco? Tuo marito non cucina più?"
"No, è morto."
"Mi... mi dispiace. Come è successo?"
"Un anno e mezzo fa, il cuore. Doveva succedere, poverino, soffriva da tempo. Me la sono vista brutta, da sola, poi ho conosciuto Omar e ci siamo sposati. Va tutto bene, è sempre pieno."
Attraverso la porta della cucina vidi Omar: un ragazzo di almeno dieci anni più giovane di lei, dai capelli ricci ricci e l'espressione semplice.
"Dispiace che sei venuto adesso che sono così ma se torni il prossimo anno ci divertiamo di nuovo, se vuoi."
Si allontanò per portare in cucina la mia comanda e la vidi che baciava il suo terzo marito che le accarezzava il pancione.
Bevvi un sorso di vino alzando il calice verso la cucina.
"Auguri, Omar. Sei così giovane e spero che tu viva a lungo."
Pur avendo dato un'occhiata su internet rimasi ugualmente sbalordito. Si trattava di un vero e proprio borgo medioevale al quale si accedeva tramite una porta antichissima. Il termine castello con cui veniva indicato non era esatto perché l'unica fortificazione era una torre pendente che incombeva sul paese, tutto il resto erano antiche case sorte nella cinta muraria, per la maggior parte disabitate sia perché la gente del posto ormai risiedeva in una serie di palazzine e villette a schiera fuori delle mura, sia perché i frequenti sismi avevano lesionato alcuni edifici e allontanato altri proprietari. Così quelle antiche case erano affittate a giorni o a settimane a turisti che volevano provare l'emozione di trascorrere qualche tempo in un passato remoto. La casa del mio amico si trovava in una piazzetta in cui si affacciavano il municipio, la torre civica pendente, una fontana antichissima e l'antica porta, sormontata da una torre campanaria che suonava ogni quarto d'ora e alla quale mi abituai prima di quanto pensassi. L'interno della casa era un susseguirsi di scale che salivano e scendevano, con ripostigli e un soppalco in legno che incombeva sulla grande stanza che fungeva da cucina e da soggiorno. Il giro completo del paese antico richiedeva pochi minuti e nella mia prima escursione l'unico essere vivente che incrociai fu un gatto. Non avevo mai provato prima la sensazione di camminare in un paese fantasma, tra case vecchie di secoli e mi chiedevo come mai un posto del genere non fosse stato scelto come set cinematografico.
Per mangiare il mio amico mi aveva consigliato l'unico locale che ancora si trovasse all'interno delle mura, dissuadendomi dal recarmi nelle varie pizzerie e trattorie sorte nella parte moderna, tutte mediocri. All''Osteria del Castello si mangiava bene, cucina tradizionale in un locale antico e suggestivo, e poi, aggiunse Raf, c'era l'ostessa che era il dessert ideale. Non volle aggiungere altro, così, incuriosito mi recai la prima sera nel piccolo locale. All'interno c'era posto soltanto per sei o sette tavoli e a parte la presenza incongruente di un televisore sembrava davvero un'osteria dei tempi andati. Tavoli di legno rifatti in stile antico, panche al posto delle sedie, scaffali con una lunga fila di bottiglie, un camino con alari non saprei se davvero antichi o no, in un angolo un'intera armatura con tanto di spada e infine, come si usa da quelle parti, uno scaffale con libri da sfogliare tra una portata e l'altra.
Quando entrai un solo tavolo era occupato da una famiglia milanese in vacanza. Mi sedetti ad un tavolino minuscolo, giusto di fronte all'armatura e una giovane donna bionda venne da me. Aveva un bel sorriso, un viso gradevole ma più che bella era piacevole da guardare. Indossava un grembiule su degli shorts che le lasciavano scoperte le gambe, notai in fretta che aveva forse qualche chilo di troppo e diedi un'occhiata al menu che mi porse. Era davvero una cucina tradizionale, tipica, e ordinai un piatto di strozzapreti alla norcina. Nell'attesa mi guardai meglio attorno e capii che quello in cui mi trovavo altro non era che il primo piano di una casa adattato a ristorante. Prima della cucina si intravvedeva una scala che portava al piano superiore, abitato dai padroni e la discesa da quella scala di un bellissimo bambino biondo, molto somigliante alla signora, me ne convinse. Attraverso la porta della cucina che si apriva e chiudeva in continuazione vidi il cuoco, un omone grasso e pelato, con un gran paio di baffi e un vocione che si sentiva distintamente anche con la porta chiusa. La signora bionda, dopo avere dato un bacio al bambino e averlo rimandato di sopra, venne a fare due chiacchiere con me.
"E' in vacanza qui?" chiese. Parlava benissimo italiano con un leggero accento dell'est.
Le spiegai che ero lì per un paio di settimane e che alloggiavo nella casa sulla piazza, di fronte alla fontana.
"La casa di Raf? Sei suo amico?" Rise.
"Sei anche tu sua amica?", le chiesi, passando al tu come aveva fatto lei.
"E' molto simpatico, no?"
Mi chiesi fino a che punto si fosse spinta quell'amicizia. Conoscevo Raf e sapevo che quella oscura allusione alla padrona dell'osteria poteva significare molte cose.
Mi portò i miei strozzapreti, davvero ottimi. Quando venne ad assicurarsi che mi piacessero le chiesi se il cuoco era il padrone.
"E' mio marito, sì."
"Come ti chiami?"
"Lyudmila ma tutti mi chiamano Mila. Vengo dalla Moldavia."
"Quel bambino che ho visto prima è tuo figlio?"
"Sì, ha sette anni. Solo da due anni ho potuto farlo venire qui, sono stata tre anni senza vederlo."
Altri avventori avevano chiesto una particolare bottiglia di vino e venne a prenderla vicino a me, chinandosi e porgendomi quasi il suo culo. Non era la donna più bella del mondo ma mi piaceva.
Non sono un latin lover. Non ho avuto tantissime storie nella mia vita ma devo dire che quando mi sono interessato a una donna ho quasi sempre avuto successo. Questo dipende, credo, da un sesto senso che ho scoperto di avere molto presto: rendermi conto di quando la donna che mi piace è, a sua volta, interessata a me. Quando non trovo immediata corrispondenza oppure una conquista si rivela troppo complicata, lascio perdere. Non capisco perché tanti uomini perdano tempo dietro donne che, il più delle volte, non meritano tanto affanno e zelo. Ho sempre odiato complicarmi la vita e se devo impiegare settimane o mesi per convincere una donna a venire a letto con me, preferisco aspettare di incontrarne una che mi faccia capire subito se le vado a genio o no. Non credo che Mila andasse a letto con tutti gli ospiti dell'osteria, e il vocione brusco e autoritario del marito avrebbe scoraggiato molti, ma avevo l'impressione che se qualcuno le piaceva non faceva la difficile. Mangiai bene e mentre consumavo un dolce tipico le dissi che sarei senz'altro tornato.
"Allora ti piace il locale..."
"Soprattutto mi piacciono le gambe della padrona", dissi sottovoce.
Non rispose nulla ma quando mi portò il conto, sorrideva.
"Allora, a presto."
Il mattino dopo, non riuscendo ad andare avanti nel lavoro, uscii per schiarirmi le idee e prendere un caffé. Mi ritrovai a camminare udendo solo il suono dei miei passi e la fantasia mi trascinò a immaginare scenari da film dell'orrore e mi aspettavo che dai vicoli deserti di quel paese sbucassero fuori degli zombi per assalirmi. Trasalii quando dall'alto qualcuno mi disse:"Buongiorno." Alzai la testa e vidi Mila affacciata a una finestra. Stavo passando, senza rendermene conto, davanti all'osteria chiusa. Le restituii il saluto.
"Hai fatto colazione?", mi chiese.
"Non sapevo che foste anche un bar", risposi.
"Solo per pochi. Vai al portoncino."
Accanto all'ingresso chiuso del locale, c'era davvero una piccola porta. Venne ad aprirmi e mi guidò per una ripida scala. Indossava solo una cortissima camicia da notte e non resistetti all'impulso di toccarla tutta.
"Ssssh, aspetta, fai piano, mio figlio dorme ancora."
Mi prese per mano e mi condusse in una grande stanza matrimoniale dove il letto era disfatto solo da una parte.
"Tuo marito non dorme con te?"
"Russa molto e per farmi dormire si mette sul divano in salotto."
"E adesso..."
"Non c'è, oggi è giorno di chiusura e lui va sempre a fare commissioni, a trovare la sua famiglia..."
Se dovessi fare una classifica delle mie migliori scopate quella finirebbe sicuramente sul podio. Era una femmina da letto nel senso più letterale dell'espressione, sembrava nata per fare l'amore. Il suo fisico non era perfetto. I fianchi erano troppo larghi, le cosce un pò grosse, il sedere, sebbene bellissimo, risentiva dei chili superflui, eppure l'insieme era piacevolissimo. Così morbida e sensuale, complice una certa astinenza che mi trascinavo da tempo, mi provocò due orgasmi in mezz'ora e penso che se non fosse stata preoccupata per il risveglio del bambino, non avrei mancato la terza.
Alla fine mi offrì davvero la colazione e chiacchierammo un pò.
"Tuo marito non è geloso?"
"Oh, sì, grida sempre, a volte gli strilli spaventano i clienti e perdiamo soldi."
"Ti picchia?"
"No, non permetto più di mettermi le mani addosso, il primo marito mi picchiava. Da noi gli uomini bevono e picchiano le mogli."
"Era il padre del bimbo?"
"Sì. E' morto."
"Come?"
"Una sera è tornato ubriaco, noi abitavamo in una casa su molte scale e lui salendo è caduto e ha picchiato la testa. Allora siamo rimasti senza soldi, la mia famiglia era povera, io sono venuta qui, ero infermiera e speravo di fare lo stesso mestiere ma mi hanno fatto fare la puttana."
Non mi aspettavo una confessione del genere.
"Ti meravigli che lo dico? E' la verità, così ho conosciuto Marcello, lui si è innamorato, mi ha sposato e ho fatto venire mio figlio. All'inizio lui aveva una trattoria per camionisti, a venti chilometri da qui, poi ha preferito prendere l'osteria, più tranquilla, non sopportava che i camionisti mi dicessero le cose. Qui stiamo bene."
"E non hai paura che si accorga..."
"Anche se si accorge so come calmarlo. Ci sto attenta, mica vado con tutti, adesso posso scegliere io. Mi piace fare l'amore."
Mi eccitò di nuovo e le strinsi le braccia.
"No, adesso basta. Vengo io a trovarti appena posso."
Lo fece il giorno successivo. Erano le tre del pomeriggio, impossibile camminare sotto il sole cocente ma i vicoli del borgo erano quasi tutti all'ombra, coperti dalle case e dai tetti. La piazza in cui stavo, sebbene fosse la principale del paese, era quasi sempre deserta e avrei potuto ricevere cento visite al giorno senza che nessuno se ne accorgesse. Il suono del campanello mi fece sussultare e capii che poteva essere solo lei. Mi spiegò che Marcello a quell'ora cascava sempre dal sonno e si addormentava per almeno un'ora. Lei aveva portato il bambino a giocare da certi amichetti e aveva solo una mezz'ora per me. Avendo poco tempo, non lo sprecammo. Penso che avesse una qualche caratteristica fisica che rendeva più facile il rapporto sessuale, intendo dire che non ho mai penetrato una donna con la stessa facilità con cui entravo in lei. Isolati in quella vecchia casa potemmo dare sfogo alle nostre emozioni senza paura di svegliare nessuno e i suoi gemiti e urli, accompagnati dagli umori che dimostravano come stesse godendo veramente, mi fecero vivere una senzazione nuova: quella che, per la prima volta, davo piacere nella stessa misura in cui ne ricevevo.
Alla fine mi chiese se poteva rimettersi a posto in bagno: volevo accompagnarla ma mi prevenne dicendo che sapeva dov'era.
Nelle due settimane del mio soggiorno scopammo quasi quotidianamente. Trovava spesso una mezz'ora per fare un salto da me e del resto da casa sua alla mia la distanza era così breve, due minuti, non di più, che una sveltina ci scappava sempre. La sera andavo a mangiare all'osteria e presto mi accorsi che la mia presenza ormai abituale attirava l'attenzione del marito che, la terza o quarta volta, a sorpresa venne a sedersi al mio tavolo. Mi chiese che cosa pensavo della sua cucina e io, con la massima sincerità, la elogiai molto, aggiungendo che era fortunato a gestire un locale storico in un posto così suggestivo e che aveva anche una bella famiglia. Soppesò le mie parole, ignoro se sospettasse qualcosa o vedesse in me un vecchio cliente di Mila, capitato per caso da quelle parti; cominciò un lungo discorso sull'insipienza delle autorità locali incapaci di valorizzare un posto così bello e storico e alla fine mi chiese quanto mi sarei trattenuto. Saputolo, si alzò in fretta e disse che doveva tornare in cucina, il che mi fece pensare che quell'ultima domanda era lo scopo principale del suo interesse nei miei confronti. Peraltro il suo comportamento fu sempre più scorbutico. Gridava contro Mila per ogni sciocchezza e le diceva brutte parole. Alcuni francesi, una sera, spaventati, volevano fuggire ma li rassicurai nella loro lingua che si trattava solo di scaramucce tra marito e moglie. Mila rimaneva impertubabile sotto gli insulti e le urla di quell'energumeno, il suo sorriso era sempre pronto a rassicurare tutti, soprattutto il pupo biondo e tranquillizzava anche me.
Non mi faceva mai domande intime, accontentandosi di quello che le dicevo di mia iniziativa. Era, in un certo senso, la situazione che avevo semrpe sognato: una breve relazione senza problemi, limitata nel tempo e con una donna che non dava fastidi ma solo momenti piacevoli. Eppure...Sentivo che mi mancava qualcosa, che avrei voluto ancora di più ma non sapevo cosa. Una delle ultime sere camminavo per le strade come al solito deserte del paese e la luna piena era l'unica compagnia che avessi. Tra quelle antiche mura il tempo si era fermato: quella sera non era diversa da tante che l'avevano preceduta nel corso dei secoli. Inevitabilmente mi avvicinai all'Osteria del Castello, sapendo che l'orario di chiusura era trascorso da un pezzo. I forestieri prendevano il fresco sui viali del paese nuovo, consumavano gelati nei bar fuori le mura, io solo mi trattenevo lì, portato dal desiderio di Mila (quel giorno non era venuta a trovarmi). Distinsi già a distanza la voce del marito che urlava.
"Sei solo una puttana incapace, io ti riporto dove ti ho trovata, a fare la succhiacazzi, l'unico mestiere che sai." La pesante porta d'ingresso era ancora semiaperta, attraverso la fessura tra i cardini potevo spiare qualcosa. Mila, come al solito, rispondeva quieta agli insulti, invitando ogni tanto Marcello ad abbassare la voce, cosa che lo faceva imbufalire ulteriormente.
"Io non abbasso un bel niente, abbassati tu le mutande, sai fare solo questo! Con chi stai scopando in questo periodo? Scommetto con quello scribacchino che viene ogni sera ma vi faccio vedere io! Ho visto come gli sorridi."
"Io sorrido a tutti."
"Lo hai imparato facendo la mignotta, stai sempre ad acchiappare clienti, eh? Vaffanculo, sai che ti dico? Vado a dormire, finisci tu di pulire tutto e guai a te se domani trovo qualcosa che non va." Sentii i suoi passi pesanti che salivano le scale interne. Aspettai un minuto e battei piano contro il vetro. Mila scostò la tenda, mi vide e sembrò contenta della sorpresa. Mi fece entrare.
"Ho sentito tutto, avevo paura che ti facesse male."
"Ma no, te l'ho detto: abbaia ma non morde."
"Come fai a sopportarlo? Quegli insulti..."
"Non è nulla, solo acqua che si asciuga...Hai fatto bene a passare. Hai voglia?"
"Vuoi farlo qui?"
"Dove se no?"
In breve mi ritrovai con i pantaloni abbassati e Mila che giocava con il mio pula, come lo chiamava nella sua lingua (avevo scoperto una cosa che non sapevo: nel suo paese si parlava il rumeno). Dopo avermelo rizzato per bene si alzò la minigonna che portava e si sedette sul mio tavolo, invitandomi a scoparla lì sopra. Sapevo che pochi metri sopra le nostre teste Il marito non aveva ancora avuto il tempo di addormentarsi ma quella situazione di pericolo era un nuovo stimolo al piacere e lo colsi al volo. La penetrai sul tavolo mentre lei mi abbracciava e mi stringeva le gambe attorno alla vita. Gemiti soffocati accompagnarono la fenomenale chiavata e alla fine mi ringraziò con un lungo bacio lingua a lingua. Si risistemò lo slip, si abbassò la gonna e mi disse:"Ora vai, devo pulire tutto."
Il mio lavoro, così lento inizialmente, procedette spedito negli ultimi giorni. Arrivai così alla fien del mio soggiorno e non c'era possibilità di proroga perché Raf aveva affittato la casa per una settimana a dei turisti olandesi. Era il giorno di chiusura dell'osteria, così scopai due volte con Mila: la mattina a casa sua, quando il marito non c'era, e il pomeriggio quando venne a trovarmi. Io mi sentivo triste e le chiesi se le dispiaceva che andassi via.
"Oh sì, scopiamo bene insieme noi due, vero?"
Rimasi interdetto. Confesso che avevo pensato a lungo se chiederle di venire via con me, non perché pensassi che accettasse e nemmeno forse lo desideravo, ma mi pareva che dopo due settimane di sesso senza inibizioni fosse il minimo che potessi fare per dimostrarle quanto mi era piaciuto stare con lei. La sua risposta mi dimostrò che ero stupido.
"Tornerai, vero?", mi domandò mentre si rivestiva per l'ultima volta.
"Torna, ci divertiamo ancora."
"Mi dispiace che tu rimanga con quel... quello stronzo."
"Non preoccuparti, ci vuole solo pazienza."
Mi baciò per l'ultima volta e andò via. Mai più conosciuta una femmina così.
Due anni dopo percorrevo in auto la strada verso M*, dove avevo un impegno importante. Era stato un periodo di intenso lavoro che mi aveva portato spesso all'estero, soprattutto in Africa, ma di questo parlerò in un'altra occasione. Mi resi conto che facendo una breve deviazione avrei potuto rivedere il vecchio borgo. Era ora di pranzo e pensai di andare a mangiare all'Osteria del Castello. La fame e la curiosità di rivedere Mila si equivalevano, così parcheggiai in un viale della zona nuova e salii verso la porta sopra la quale il campanile batteva sempre le ore. Tutto era rimasto uguale: rividi la casa di Raf, la fontana, la torre pendente, i vicoli immersi nell'ombra. L'osteria era piena, mentre mi guardavo intorno per vedere se c'era un angolo libero, udii il mio nome, mi voltai e mi ritrovai fra le braccia di Mila che mi baciava sulle guance e mi accarezzava il viso come si fa con un vecchio amico. Portava i capelli un pò più corti e il ventre prominente denunciava una gravidanza ormai avanzata. Si toccò la pancia e rise. "Sette mesi, un altro maschio."
"Complimenti."
Mi fece spazio verso il mio vecchio tavolino, lo stesso su cui ci eravamo agganciati così bene due anni prima. Mi fece qualche rapida domanda poi le chiesi se facevano ancora quei magnifici strozzapreti.
"Oh sì, anche se il cuoco è cambiato. Si chiama Omar, è egiziano ma ha imparato bene la cucina di qui."
"E come mai avete cambiato cuoco? Tuo marito non cucina più?"
"No, è morto."
"Mi... mi dispiace. Come è successo?"
"Un anno e mezzo fa, il cuore. Doveva succedere, poverino, soffriva da tempo. Me la sono vista brutta, da sola, poi ho conosciuto Omar e ci siamo sposati. Va tutto bene, è sempre pieno."
Attraverso la porta della cucina vidi Omar: un ragazzo di almeno dieci anni più giovane di lei, dai capelli ricci ricci e l'espressione semplice.
"Dispiace che sei venuto adesso che sono così ma se torni il prossimo anno ci divertiamo di nuovo, se vuoi."
Si allontanò per portare in cucina la mia comanda e la vidi che baciava il suo terzo marito che le accarezzava il pancione.
Bevvi un sorso di vino alzando il calice verso la cucina.
"Auguri, Omar. Sei così giovane e spero che tu viva a lungo."
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