Il segreto di Piero
di
Edipo
genere
etero
Sono un tipo deciso, molto deciso, se un ragazzo mi piace non mi creo problemi e glielo faccio capire, se poi pensa che sono una zoccola chissenefrega, tanto per la mentalità maschile lo sei comunque. Se invece uno non mi piace può essere fico come un attore americano ma non gliela do, per niente al mondo. So di esasperare gli uomini, il sesso debole. Se uno preferisce una partita di calcio a una scopata con me è libero di farsi un calciatore ma con me ha chiuso. Ci sono cose su cui non transigo: la pulizia, ad esempio. L'igiene intima non è cosa da femmine come pensano ancora molti tipi. C'era un ragazzo che spedivo sempre a farsi la doccia prima di scopare, alla fine si è stufato dicendo che voleva una donna non una dell'ufficio igiene. Non l'ho rimpianto come non ho rimpianto mai nessuno.
Questa premessa per dire che quando lo vidi per la prima volta non fu esattamente un colpo di fulmine ma pensai che me lo sarei fatto volentieri. Eravamo su un viottolo di campagna, da tre giorni ero da mia zia. Avevo trascorso una settimana al mare e dopo, dovendo preparare esami importanti per l'autunno, avevo deciso che la pace rurale era quello che ci voleva. Mia zia era stata felicissima di accogliermi, come sempre: ero la nipote preferita. La mattina mi alzavo presto, studiavo un paio d'ore, poi uscivo per una passeggiata fino a pranzo. Fu durante una di queste escursioni che lo incrociai. Fisicamente era il tipo che preferivo, magro ma non esile, un pò di muscoli ma appena accennati. Non ho mai amato i tipi palestrati, quelli con i bicipiti scolpiti e il pettorale possente: a letto, spesso, sono una frana.
"Ciao, mi chiamo Melania, e tu?", gli chiesi senza esitazioni.
"Piero."
"Sei di qui?"
"Lo sono i miei nonni, io sto da loro per le vacanze."
"Che leggi?"
Portava un libro sotto il braccio, lessi il titolo: Le amicizie particolari.
"Mai letto. Com'è?"
"Bello."
"Abiti lontano?"
"No, lì." Mi mostrò una villetta poco distante.
"Vuoi passeggiare con me oggi pomeriggio? In genere verso le sei, quando fa fresco, faccio un'altra camminata."
"Io...va bene, grazie."
"E di che? Allora alle sei, qui."
Facile come approccio, no? Era davvero bellino e da come mi aveva guardato (portavo una gonna al ginocchio ma l'abito era molto scollato), sapevo di non dispiacergli.
Il pomeriggio lo trovai che mi aspettava e scommetto che si era presentato con largo anticipo. Mi ero messa una maglietta attillata che fasciava la mia quarta di seno e degli shorts non meno stretti. Da come mi guardò capii di essere subito in vantaggio.
Parlammo dei nostri studi, in verità parlavo soprattutto io, il bel tenebroso era timido, parlava poco ma quel poco non era stupido o banale. Notai che era molto pulito e aveva un buon odore e questo era un punto a suo favore. Ero lì per studiare ma se mi concedevo una distrazione non ci rimettevo niente. Ci fermammo a un piccolo ponte che sormontava un ruscello, indicandoci i pesci che scorgevamo nell'acqua. I nostri visi erano così vicini che le labbra distavano solo pochi centimetri. Fu il bacio più lungo e dolce che avessi mai dato...
Una settimana dopo ero furiosa, incredula, delusa, sconcertata, sbalordita, per essere breve: incazzata nera. Se erano bastati dieci minuti per baciarlo, una settimana non era stata sufficiente per concludere qualcosa di sostanzioso. Non si sottraeva ai baci ma non appena provavo a stringerlo a me, si ritraeva, si tirava indietro e si staccava.
"Scusa", dissi acida la prima volta, "non sapevo di fare così schifo."
"Scusa tu", rispose arrossendo,"non mi sento a mio agio, è solo questo."
"Meno male che è solo questo: cosa c'è, mi puzza il fiato? Eppure ho lavato i denti prima di uscire."
"No, tu non c'entri, è colpa mia."
All'inizio pensai che il mio approccio era stato troppo immediato. Un ragazzo timido come lui evidentemente era un pò confuso davanti a una disinvolta come me. Provai con modi soft, carezze sulle mani e sulle braccia, lievi tocchi sul petto, una mano che stringeva una delle sue nelle passeggiate...tutto molto romantico. Un giorno lo abbracciai da dietro e lo baciai su una guancia e poi, sempre di lato, scesi alla bocca. Stavolta non si ritrasse ma mi restituì il bacio con gli interessi e pareva che finalmente avessi trovato la chiave giusta per entrare in lui; lo accarezzavo sulla spalla, sul petto, la mano scendeva, scendeva, era all'altezza dell'ombelico, già le dita si insinuavano, si allungavano sulla cintura quando ecco che si scioglie dall'abbraccio e mi lascia come una stupida per l'ennesima volta. Era troppo. Bello, certo, ma non poteva permettersi di trattarmi così, nessuno si era mai sottratto a un mio abbraccio, anche se non c'era la fila davanti al mio letto potevo trovare altre centinaia di maschi per divertirmi.
"Mi spieghi che cazzo di problema hai?"
"Te l'ho detto, non sei tu il problema..."
"Sai una cosa? Se hai dei problemi, risolvili, altrimenti queste passeggiate romantiche d'ora in avanti te le fai da solo."
Lo piantai in asso e me ne andai.
A casa mi collegai via skype con la mia amica Gabriella. Le raccontai la strana avventura che mi stava capitando, come venissi accesa ogni volta per essere subito bruscamente spenta.
"Senti, due sono le cose: o è gay e non ha il coraggio di dirtelo o ha problemi sessuali, soffre di insicurezza e non vuole entrare in intimità."
"Non credo sia gay, le poche volte che l'ho baciato rispondeva e ..."
"Cosa c'è?"
"La prima volta che l'ho visto teneva un libro che stava leggendo, si intitolava "Le amicizie particolari" o "Le relazioni particolari", qualcosa del genere."
"Aspetta che vedo su google. Ecco qua: l'autore è un francese, tale Peyrefitte, e il romanzo...scritto nel 1943, è uno dei primi romanzi che parlano esplicitamente di omosessualità maschile. Bingo!"
"Bingo un cazzo! Che significa? Se uno legge romanzi gialli è per forza un assassino?"
"Allora è impotente."
"No, è solo mostruosamente timido..."
"In quel caso lo avresti già sciolto, non credi? Ha paura di andare oltre il petting, secondo me soffre di disfunzione erettile."
"In entrambi i casi resto come una stronza."
"Sei cascata male, mi dispiace."
Il giorno dopo mi avviai per la mia consueta camminata. Lo trovai sul ponticello che tirava sassolini nell'acqua. Sussultò quando mi vide.
"Melania! Pensavo a te..."
"Ovvio, qui ti ho dato il primo bacio e tu mi hai dato la prima fregatura. Nemmeno ti sognavi di venirmi a cercare, eh?"
"Sei tu che te ne sei andata via..."
"Un vero uomo mi avrebbe seguita. Se ti faccio una domanda, mi rispondi con la massima sincerità?"
"Certo."
"Sei gay?"
"No."
"Hai problemi intimi?"
Ci pensò a lungo e alla fine lo ammise. Brava Gabriella, aveva azzeccato la diagnosi senza conoscere il malato.
"Sei stato da un medico? Sono problemi fisici o psicologici?"
"Sto bene fisicamente, non ho malattie."
"Allora è un problema mentale."
"Sì, lo è. Io...Sai perchè cerco di evitare i tuoi baci, soprattutto quando me li dai frontalmente?"
"Perché?"
"Ho paura che tu...senta, ti accorga delle mie reazioni..."
"Ogni volta che ho baciato qualcuno gli ho sempre provocato delle reazioni. Ti vergognavi di questo? Senti, non so che idea ti sei fatta di me, non credo di avere avuto più ragazzi delle altre, solo che io non nascondo di essere piuttosto esperta e nemmeno mi vergogno di dire che so fare bene l'amore. Questo forse ti ha messo a disagio, ti chiedo scusa, forse hai paura del confronto che posso stabilire fra te e gli altri ma ti assicuro che non do tanto peso a certe cose, l'importante non è il "quanto" ma il "come". Capisci?"
Restò zitto e dovetti ripetergli la domanda.
"I miei nonni sono fuori tutto il giorno, tornano tardi stasera, a casa ci sono solo io...vuoi venire?"
Lo guardai meravigliata.
"Scusa, ti sei offesa?"
"Offesa? E' una settimana che mi mandi in bianco e mi chiedi se...Andiamo subito!"
Lo presi per mano e ci dirigemmo verso la casa dei nonni.
Mi portò nella sua stanza e mi chiese: "Ti dispiace se abbasso le persiane? Preferisco la penombra..."
Quando ho voglia di farlo mi interessa poco se c'è luce o buio e considerai inoltre che non era il caso di contraddirlo: stavolta non avrebbe avuto nessuna scusa per darmi un'altra sola.
Mi spogliai e i miei occhi, non ancora abituati alla semioscurità, cercarono di indovinare i suoi movimenti. Ero rimasta in mutandine e reggiseno e allungai le mani verso di lui. Ci baciammo e stavolta finalmente lo sentii abbandonarsi completamente. Si era tolto tutto e appiccicai le mani sul suo sedere, stringendolo forte, mossa che precedeva l'altra, inevitabile, quella in cui avrei saggiato la consistenza della passione che suscitavo in lui.
"Che cos'è?", gridai all'improvviso. Avevo afferrato quello che nel buio sembrava un serpente o comunque un animale. Ma possibile...
"Accendi la luce!", gli intimai.
"Ti prego, restiamo così, io..."
Cercai io stessa l'interruttore e quando finalmente lo trovai, si era coperto il pube con un lenzuolo.
"Levalo, fammi vedere."
"Ti prego, mi vergogno..."
"Non sei un bambino e stavamo per scopare...Fammelo vedere, altrimenti me ne vado."
Con il volto tutto rosso si scoprì e io restai come una cretina. Il ragazzo più dotato con cui ero stata fino ad allora sfiorava i venti centimetri e ne era molto fiero ma questo mostro che stavo fissando raggiungeva almeno i venticinque e forse oltre!
Mi avvicinai e lo sfiorai ma lui tornò a coprirsi.
"Ma perché ti vergogni? Ti rendi conto che milioni di uomini in tutto il mondo vorrebbero essere come te? Sei magnifico!"
"Tu non capisci! Nessuno mi vuole capire, non immagini nemmeno le umiliazioni, le curiosità morbose che da sempre devo affrontare..."
"Ma dai, ti lamenti della fortuna che hai? Non essere ridicolo..."
"Lo vedi? Anche tu...Basta, mi rivesto..."
Eh no, adesso più che mai lo volevo e lo volevo nudo...
"Aspetta, aspetta, tesoro, sono qui ad ascoltare, forse sono davvero ottusa, spiegami, ora capisco le tue fughe, non volevi che mi accorgessi...Raccontami, forza!"
Piero si passò una mano sulla faccia e nei capelli, una smorfia di sofferenza che gli alterava i bei lineamenti.
"Fin da quando avevo tre o quattro anni e giocavo nudo sulla spiaggia le donne e le ragazze mi fissavano con curiosità divertita e non capivo perché. I commenti erano del tipo: quando si fa grande come gli diventa? oppure: ah, se ti vedessi fra dieci anni...Per fortuna mia madre iniziò a coprirmi ma intanto fra zie e cugine era un continuo ridacchiare sulle mie dimensioni. Con il passare degli anni i problemi aumentarono perché mia madre lavorava tutto il giorno in un negozio e a me badavano delle baby sitter. La prima volta che mi spogliavano per farmi il bagno era il solito spettacolo: risatine, fischi, commenti scemi... Una di loro portò a vedermi due sue amiche, ero un bambino timido e riservato, afferri la vergogna che provavo? Ero una specie di fenomeno da baraccone...Imparai presto a badare da solo a me stesso, in modo che quando non c'era mia madre me la cavavo comunque benissimo. Mi sottraevo a baci e carezze evitando che il mio corpo aderisse a quelli delle parenti, non volevo avere reazioni incontrollate...
A scuola, in palestra, evitavo sempre di mostrarmi di fronte quando mi spogliavo per mettermi la tuta da ginnastica e rifiutai sempre di frequentare piscine e altri centri per praticare sport: mi vergognavo delle docce tra maschi e dei commenti che avrei suscitato tra i miei compagni fra i quali qualcuno mostrava tendenze gay e non ci tenevo affatto ad aprire un nuovo fronte di combattimento. Poi è venuta l'epoca delle prime esperienze..."
"Continua, dai, di me non ti devi vergognare, su."
"Era una ragazza nemmeno tanto bella, non so cosa ci trovassi ma fu la prima...Il giorno dopo tutte le sue amiche sapevano del mio segreto e ridendo mi scrutavano in basso...Quella scema l'aveva raccontato a tutti com'ero. Purtroppo non fu l'unica...nessuna di loro riusciva a stare zitta, doveva dire alle amiche che ero superdotato...Cominciai a ricevere sms e mail in cui mi chiedevano foto intime, se potevano venire a misurarmelo, una arrivò a inviarmi la foto della sua cosa scrivendo: ce l'ho abbastanza larga per te? Insomma ero diventato l'equivalente maschile delle prostitute, le donne si sentivano autorizzate a permettersi ogni oscenità con me! L'unica seria che ho conosciuto e a cui ho voluto bene, un giorno mi disse: "Chiudiamola qui, è stato bello ma so che io da sola non ti basterò mai..." L'ho supplicata di ripensarci ma è stato inutile. Sono stato sei mesi senza donne, ho fatto grandi sforzi per resistere e ho sofferto molto ma non volevo sbagliare ancora persona. Tu mi piaci molto ma sei così sconcertante, imprevedibile, temevo come avresti reagito..."
"Lo so, ho reagito da stronza e ti chiedo scusa ma la sorpresa è stata grande...Non sono cattiva, te l'assicuro. E poi dovresti ricordare che mi sei piaciuto subito e allora non immaginavo neanche certi particolari...Sono venuta per fare l'amore con te e l'avrei fatto anche se...l'avessi avuto molto più piccolo. Non puoi confondermi con quelle che ti avvicinavano solo per vedertelo."
"Vorrei davvero che fosse così, io...ti voglio bene!"
"Anch'io te ne voglio. Baciami."
Unimmo le lingue e io dovetti resistere alla tentazione di afferrarglielo, finii di spogliarmi e mi disse che ero la ragazza più bella con cui fosse mai stato.
"Allora dimostrami che ti piaccio veramente."
Si ha un bel dire che le dimensioni non sono importanti. Certo, se vuoi bene a uno non stai lì a misurarglielo con il righello, però se oltre a essere buono, carino, intelligente, generoso e benestante ha anche molto da offrirti dal punto di vista fisico, non ci sputi sopra, s enon per lubrificarlo bene.
Inutile aggiungere che quel pomeriggio, complici le nostre rispettive astinenze (anch'io non lo facevo da un pò), ci demmo dentro all'impazzata. Modestamente feci la mia parte: lui era quello che era ma i tre orgasmi glieli provocai io e non sto a dire quanti furono i miei perché presto persi il conto. Alla fine gli dissi che non doveva cercare nessun'altra, d'ora in avanti ci sarei stata solo io e adesso che l'avevo trovato non ci avrei rinunciato per nulla al mondo.
"Ma allora mi vuoi bene davvero, non è solo divertimento..."
"Sei straordinario, in tutti i sensi. Ora che ho conosciuto te non esiste nessun altro. Vieni qui."
Gli feci poggiare la testa sul seno e lo coccolai a lungo mentre l'occhio andava sempre giù e sbalordivo nel vedere che a riposo ce l'aveva come molti altri al massimo dell'erezione...
Il mio baby si addormentò sulle tette della mamma, era stanco, lo avevo svuotato ben bene. Non ci pensai un attimo: presi il cellulare e feci un selfie con il mio viso vicino al suo pene.
Lo inviai subito a Gabriella.
"Ecco la disfunzione erettile, che ne pensi? Rosica, rosica, è tutto mio...P.S. Non ti sognare di girarlo!"
Naturalmente quella cretina lo girò a tutte le amiche.
Questa premessa per dire che quando lo vidi per la prima volta non fu esattamente un colpo di fulmine ma pensai che me lo sarei fatto volentieri. Eravamo su un viottolo di campagna, da tre giorni ero da mia zia. Avevo trascorso una settimana al mare e dopo, dovendo preparare esami importanti per l'autunno, avevo deciso che la pace rurale era quello che ci voleva. Mia zia era stata felicissima di accogliermi, come sempre: ero la nipote preferita. La mattina mi alzavo presto, studiavo un paio d'ore, poi uscivo per una passeggiata fino a pranzo. Fu durante una di queste escursioni che lo incrociai. Fisicamente era il tipo che preferivo, magro ma non esile, un pò di muscoli ma appena accennati. Non ho mai amato i tipi palestrati, quelli con i bicipiti scolpiti e il pettorale possente: a letto, spesso, sono una frana.
"Ciao, mi chiamo Melania, e tu?", gli chiesi senza esitazioni.
"Piero."
"Sei di qui?"
"Lo sono i miei nonni, io sto da loro per le vacanze."
"Che leggi?"
Portava un libro sotto il braccio, lessi il titolo: Le amicizie particolari.
"Mai letto. Com'è?"
"Bello."
"Abiti lontano?"
"No, lì." Mi mostrò una villetta poco distante.
"Vuoi passeggiare con me oggi pomeriggio? In genere verso le sei, quando fa fresco, faccio un'altra camminata."
"Io...va bene, grazie."
"E di che? Allora alle sei, qui."
Facile come approccio, no? Era davvero bellino e da come mi aveva guardato (portavo una gonna al ginocchio ma l'abito era molto scollato), sapevo di non dispiacergli.
Il pomeriggio lo trovai che mi aspettava e scommetto che si era presentato con largo anticipo. Mi ero messa una maglietta attillata che fasciava la mia quarta di seno e degli shorts non meno stretti. Da come mi guardò capii di essere subito in vantaggio.
Parlammo dei nostri studi, in verità parlavo soprattutto io, il bel tenebroso era timido, parlava poco ma quel poco non era stupido o banale. Notai che era molto pulito e aveva un buon odore e questo era un punto a suo favore. Ero lì per studiare ma se mi concedevo una distrazione non ci rimettevo niente. Ci fermammo a un piccolo ponte che sormontava un ruscello, indicandoci i pesci che scorgevamo nell'acqua. I nostri visi erano così vicini che le labbra distavano solo pochi centimetri. Fu il bacio più lungo e dolce che avessi mai dato...
Una settimana dopo ero furiosa, incredula, delusa, sconcertata, sbalordita, per essere breve: incazzata nera. Se erano bastati dieci minuti per baciarlo, una settimana non era stata sufficiente per concludere qualcosa di sostanzioso. Non si sottraeva ai baci ma non appena provavo a stringerlo a me, si ritraeva, si tirava indietro e si staccava.
"Scusa", dissi acida la prima volta, "non sapevo di fare così schifo."
"Scusa tu", rispose arrossendo,"non mi sento a mio agio, è solo questo."
"Meno male che è solo questo: cosa c'è, mi puzza il fiato? Eppure ho lavato i denti prima di uscire."
"No, tu non c'entri, è colpa mia."
All'inizio pensai che il mio approccio era stato troppo immediato. Un ragazzo timido come lui evidentemente era un pò confuso davanti a una disinvolta come me. Provai con modi soft, carezze sulle mani e sulle braccia, lievi tocchi sul petto, una mano che stringeva una delle sue nelle passeggiate...tutto molto romantico. Un giorno lo abbracciai da dietro e lo baciai su una guancia e poi, sempre di lato, scesi alla bocca. Stavolta non si ritrasse ma mi restituì il bacio con gli interessi e pareva che finalmente avessi trovato la chiave giusta per entrare in lui; lo accarezzavo sulla spalla, sul petto, la mano scendeva, scendeva, era all'altezza dell'ombelico, già le dita si insinuavano, si allungavano sulla cintura quando ecco che si scioglie dall'abbraccio e mi lascia come una stupida per l'ennesima volta. Era troppo. Bello, certo, ma non poteva permettersi di trattarmi così, nessuno si era mai sottratto a un mio abbraccio, anche se non c'era la fila davanti al mio letto potevo trovare altre centinaia di maschi per divertirmi.
"Mi spieghi che cazzo di problema hai?"
"Te l'ho detto, non sei tu il problema..."
"Sai una cosa? Se hai dei problemi, risolvili, altrimenti queste passeggiate romantiche d'ora in avanti te le fai da solo."
Lo piantai in asso e me ne andai.
A casa mi collegai via skype con la mia amica Gabriella. Le raccontai la strana avventura che mi stava capitando, come venissi accesa ogni volta per essere subito bruscamente spenta.
"Senti, due sono le cose: o è gay e non ha il coraggio di dirtelo o ha problemi sessuali, soffre di insicurezza e non vuole entrare in intimità."
"Non credo sia gay, le poche volte che l'ho baciato rispondeva e ..."
"Cosa c'è?"
"La prima volta che l'ho visto teneva un libro che stava leggendo, si intitolava "Le amicizie particolari" o "Le relazioni particolari", qualcosa del genere."
"Aspetta che vedo su google. Ecco qua: l'autore è un francese, tale Peyrefitte, e il romanzo...scritto nel 1943, è uno dei primi romanzi che parlano esplicitamente di omosessualità maschile. Bingo!"
"Bingo un cazzo! Che significa? Se uno legge romanzi gialli è per forza un assassino?"
"Allora è impotente."
"No, è solo mostruosamente timido..."
"In quel caso lo avresti già sciolto, non credi? Ha paura di andare oltre il petting, secondo me soffre di disfunzione erettile."
"In entrambi i casi resto come una stronza."
"Sei cascata male, mi dispiace."
Il giorno dopo mi avviai per la mia consueta camminata. Lo trovai sul ponticello che tirava sassolini nell'acqua. Sussultò quando mi vide.
"Melania! Pensavo a te..."
"Ovvio, qui ti ho dato il primo bacio e tu mi hai dato la prima fregatura. Nemmeno ti sognavi di venirmi a cercare, eh?"
"Sei tu che te ne sei andata via..."
"Un vero uomo mi avrebbe seguita. Se ti faccio una domanda, mi rispondi con la massima sincerità?"
"Certo."
"Sei gay?"
"No."
"Hai problemi intimi?"
Ci pensò a lungo e alla fine lo ammise. Brava Gabriella, aveva azzeccato la diagnosi senza conoscere il malato.
"Sei stato da un medico? Sono problemi fisici o psicologici?"
"Sto bene fisicamente, non ho malattie."
"Allora è un problema mentale."
"Sì, lo è. Io...Sai perchè cerco di evitare i tuoi baci, soprattutto quando me li dai frontalmente?"
"Perché?"
"Ho paura che tu...senta, ti accorga delle mie reazioni..."
"Ogni volta che ho baciato qualcuno gli ho sempre provocato delle reazioni. Ti vergognavi di questo? Senti, non so che idea ti sei fatta di me, non credo di avere avuto più ragazzi delle altre, solo che io non nascondo di essere piuttosto esperta e nemmeno mi vergogno di dire che so fare bene l'amore. Questo forse ti ha messo a disagio, ti chiedo scusa, forse hai paura del confronto che posso stabilire fra te e gli altri ma ti assicuro che non do tanto peso a certe cose, l'importante non è il "quanto" ma il "come". Capisci?"
Restò zitto e dovetti ripetergli la domanda.
"I miei nonni sono fuori tutto il giorno, tornano tardi stasera, a casa ci sono solo io...vuoi venire?"
Lo guardai meravigliata.
"Scusa, ti sei offesa?"
"Offesa? E' una settimana che mi mandi in bianco e mi chiedi se...Andiamo subito!"
Lo presi per mano e ci dirigemmo verso la casa dei nonni.
Mi portò nella sua stanza e mi chiese: "Ti dispiace se abbasso le persiane? Preferisco la penombra..."
Quando ho voglia di farlo mi interessa poco se c'è luce o buio e considerai inoltre che non era il caso di contraddirlo: stavolta non avrebbe avuto nessuna scusa per darmi un'altra sola.
Mi spogliai e i miei occhi, non ancora abituati alla semioscurità, cercarono di indovinare i suoi movimenti. Ero rimasta in mutandine e reggiseno e allungai le mani verso di lui. Ci baciammo e stavolta finalmente lo sentii abbandonarsi completamente. Si era tolto tutto e appiccicai le mani sul suo sedere, stringendolo forte, mossa che precedeva l'altra, inevitabile, quella in cui avrei saggiato la consistenza della passione che suscitavo in lui.
"Che cos'è?", gridai all'improvviso. Avevo afferrato quello che nel buio sembrava un serpente o comunque un animale. Ma possibile...
"Accendi la luce!", gli intimai.
"Ti prego, restiamo così, io..."
Cercai io stessa l'interruttore e quando finalmente lo trovai, si era coperto il pube con un lenzuolo.
"Levalo, fammi vedere."
"Ti prego, mi vergogno..."
"Non sei un bambino e stavamo per scopare...Fammelo vedere, altrimenti me ne vado."
Con il volto tutto rosso si scoprì e io restai come una cretina. Il ragazzo più dotato con cui ero stata fino ad allora sfiorava i venti centimetri e ne era molto fiero ma questo mostro che stavo fissando raggiungeva almeno i venticinque e forse oltre!
Mi avvicinai e lo sfiorai ma lui tornò a coprirsi.
"Ma perché ti vergogni? Ti rendi conto che milioni di uomini in tutto il mondo vorrebbero essere come te? Sei magnifico!"
"Tu non capisci! Nessuno mi vuole capire, non immagini nemmeno le umiliazioni, le curiosità morbose che da sempre devo affrontare..."
"Ma dai, ti lamenti della fortuna che hai? Non essere ridicolo..."
"Lo vedi? Anche tu...Basta, mi rivesto..."
Eh no, adesso più che mai lo volevo e lo volevo nudo...
"Aspetta, aspetta, tesoro, sono qui ad ascoltare, forse sono davvero ottusa, spiegami, ora capisco le tue fughe, non volevi che mi accorgessi...Raccontami, forza!"
Piero si passò una mano sulla faccia e nei capelli, una smorfia di sofferenza che gli alterava i bei lineamenti.
"Fin da quando avevo tre o quattro anni e giocavo nudo sulla spiaggia le donne e le ragazze mi fissavano con curiosità divertita e non capivo perché. I commenti erano del tipo: quando si fa grande come gli diventa? oppure: ah, se ti vedessi fra dieci anni...Per fortuna mia madre iniziò a coprirmi ma intanto fra zie e cugine era un continuo ridacchiare sulle mie dimensioni. Con il passare degli anni i problemi aumentarono perché mia madre lavorava tutto il giorno in un negozio e a me badavano delle baby sitter. La prima volta che mi spogliavano per farmi il bagno era il solito spettacolo: risatine, fischi, commenti scemi... Una di loro portò a vedermi due sue amiche, ero un bambino timido e riservato, afferri la vergogna che provavo? Ero una specie di fenomeno da baraccone...Imparai presto a badare da solo a me stesso, in modo che quando non c'era mia madre me la cavavo comunque benissimo. Mi sottraevo a baci e carezze evitando che il mio corpo aderisse a quelli delle parenti, non volevo avere reazioni incontrollate...
A scuola, in palestra, evitavo sempre di mostrarmi di fronte quando mi spogliavo per mettermi la tuta da ginnastica e rifiutai sempre di frequentare piscine e altri centri per praticare sport: mi vergognavo delle docce tra maschi e dei commenti che avrei suscitato tra i miei compagni fra i quali qualcuno mostrava tendenze gay e non ci tenevo affatto ad aprire un nuovo fronte di combattimento. Poi è venuta l'epoca delle prime esperienze..."
"Continua, dai, di me non ti devi vergognare, su."
"Era una ragazza nemmeno tanto bella, non so cosa ci trovassi ma fu la prima...Il giorno dopo tutte le sue amiche sapevano del mio segreto e ridendo mi scrutavano in basso...Quella scema l'aveva raccontato a tutti com'ero. Purtroppo non fu l'unica...nessuna di loro riusciva a stare zitta, doveva dire alle amiche che ero superdotato...Cominciai a ricevere sms e mail in cui mi chiedevano foto intime, se potevano venire a misurarmelo, una arrivò a inviarmi la foto della sua cosa scrivendo: ce l'ho abbastanza larga per te? Insomma ero diventato l'equivalente maschile delle prostitute, le donne si sentivano autorizzate a permettersi ogni oscenità con me! L'unica seria che ho conosciuto e a cui ho voluto bene, un giorno mi disse: "Chiudiamola qui, è stato bello ma so che io da sola non ti basterò mai..." L'ho supplicata di ripensarci ma è stato inutile. Sono stato sei mesi senza donne, ho fatto grandi sforzi per resistere e ho sofferto molto ma non volevo sbagliare ancora persona. Tu mi piaci molto ma sei così sconcertante, imprevedibile, temevo come avresti reagito..."
"Lo so, ho reagito da stronza e ti chiedo scusa ma la sorpresa è stata grande...Non sono cattiva, te l'assicuro. E poi dovresti ricordare che mi sei piaciuto subito e allora non immaginavo neanche certi particolari...Sono venuta per fare l'amore con te e l'avrei fatto anche se...l'avessi avuto molto più piccolo. Non puoi confondermi con quelle che ti avvicinavano solo per vedertelo."
"Vorrei davvero che fosse così, io...ti voglio bene!"
"Anch'io te ne voglio. Baciami."
Unimmo le lingue e io dovetti resistere alla tentazione di afferrarglielo, finii di spogliarmi e mi disse che ero la ragazza più bella con cui fosse mai stato.
"Allora dimostrami che ti piaccio veramente."
Si ha un bel dire che le dimensioni non sono importanti. Certo, se vuoi bene a uno non stai lì a misurarglielo con il righello, però se oltre a essere buono, carino, intelligente, generoso e benestante ha anche molto da offrirti dal punto di vista fisico, non ci sputi sopra, s enon per lubrificarlo bene.
Inutile aggiungere che quel pomeriggio, complici le nostre rispettive astinenze (anch'io non lo facevo da un pò), ci demmo dentro all'impazzata. Modestamente feci la mia parte: lui era quello che era ma i tre orgasmi glieli provocai io e non sto a dire quanti furono i miei perché presto persi il conto. Alla fine gli dissi che non doveva cercare nessun'altra, d'ora in avanti ci sarei stata solo io e adesso che l'avevo trovato non ci avrei rinunciato per nulla al mondo.
"Ma allora mi vuoi bene davvero, non è solo divertimento..."
"Sei straordinario, in tutti i sensi. Ora che ho conosciuto te non esiste nessun altro. Vieni qui."
Gli feci poggiare la testa sul seno e lo coccolai a lungo mentre l'occhio andava sempre giù e sbalordivo nel vedere che a riposo ce l'aveva come molti altri al massimo dell'erezione...
Il mio baby si addormentò sulle tette della mamma, era stanco, lo avevo svuotato ben bene. Non ci pensai un attimo: presi il cellulare e feci un selfie con il mio viso vicino al suo pene.
Lo inviai subito a Gabriella.
"Ecco la disfunzione erettile, che ne pensi? Rosica, rosica, è tutto mio...P.S. Non ti sognare di girarlo!"
Naturalmente quella cretina lo girò a tutte le amiche.
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