La ragazza con il cagnolino

di
genere
trans

Dicevano che era stato lui.
Per ore e ore lo torchiarono, lo derisero, lo umiliarono.
Gli dissero che sarebbe stato meglio se avesse confessato subito.
Non confessò perché non era stato lui.
Cercò di spiegarsi, di raccontare, sapendo che non avrebbero capito o avrebbero finto di non capire. Che lo denigrassero o mostrassero di disprezzarlo lo lasciava indifferente. Erano dei militari, abituati al machismo o al perbenismo familiare. Ma quanti di loro non avevano approfittato della divisa per ottenere rapporti sessuali in cambio di silenzio? Quanti tornavano dalle mogli e dai figli dopo avere consumato un rapido rapporto con una nigeriana o essersi fatti leccare da una rumena?
Lui, invece, non nascondeva la verità: era sempre stato un puttaniere. Se sei solo e non hai fatto voto di castità e le donne, almeno quelle belle che tu ammiri, non ti degnano di uno sguardo, e persino certe racchie ti fissano dall'alto in basso, che cosa ti resta se non le mercenarie? E lasciali evocare il mondo perfetto in cui non esiste la prostituzione e lasciali moraleggiare sul fatto che in certi paesi i clienti delle prostitute finiscono sotto processo, lascia che i signori con il rolex al polso e l'abito firmato si vantino di non avere mai pagato una donna e magari escono da una pellicceria dove hanno appena comprato il visone all'amante, lasciali dire. La notte sei da solo e ti corichi con il desiderio e ti svegli con la voglia.
Ne aveva frequentate tante. Giovani e quasi anziane, magre e grasse, dalla pelle ambrata o dai capelli biondi, le parlate magrebine e sudamericane e dell'est si confondevano nella sua mente, eppure sapeva collocare accanto al nome di ciascuna un segno particolare, un neo, una smagliatura, dei seni enormi, delle gambe tozze, la lingua fresca di chi si era appena succhiata un ghiacciolo.
Poi aveva conosciuto lei, la più bella. Gli risero in faccia, lo chiamarono con i soliti nomi che da generazioni vengono ripetuti come marchi infamanti e che ormai umiliano soprattutto chi li ridice.
L'aveva vista per la prima volta in una torrida giornata di luglio. Si era ritrovato davanti per caso questa ragazza alta, dai lunghi capelli scuri, le gambe scoperte da una tutina azzurra, che portava a spasso un piccolo cane bianco, un barboncino. Lo colpì la bellezza delle gambe ma la vide solo di profilo per poi perderla di vista. Fantasticò su di lei come era solito fare quando incontrava qualcuna che gli piaceva, poi la dimenticò. Quando la rivide. mesi dopo, sempre incontrandola per caso, nello stesso quartiere, la riconobbe dal barboncino bianco. Stavolta indossava un vestito corto che metteva in risalto il magnifico corpo: i seni sodi, i fianchi rotondi, le splendide gambe e un sedere bellissimo, invitante come nessun altro. Un alito di vento sollevava appena il vestitino creando un effetto vedo non vedo che lo eccitò tantissimo. Iniziò a seguirla nei suoi giri, stavolta le vide bene il volto e la desiderò ancora di più. L'ovale del viso era perfetto, i capelli neri scendevano sulle spalle e due occhi verdi si voltavano a guardarlo quando si accorse di essere seguita.
Il pedinamento durò a lungo, fino a quando lei entrò in un vicolo, seguita dal cane ormai lasciato senza guinzaglio. Lui si avvicinò e le chiese se era libera. Gli rispose con una voce bassa, un pò rauca, e all'inizio non capì bene, gli sembrava che gli avesse detto di tornare più tardi. Ma quando lei, alzando la voce, richiamò il cane e gli fece cenno di andarle dietro, capì che il paradiso era a portata di mano. Aprì un portoncino scuro, si diresse verso la sinistra ad una porta al piano terra: il barboncino entrò per primo, lei subito dopo e lui per ultimo. Nonostante fosse pieno giorno l'interno era avvolto in un chiaroscuro eccitante e tutto era molto ordinato e pulito. Il barboncino si nascose da qualche parte come se fosse abituato a eclissarsi quando la padrona aveva ospiti e lui si ritrovò a metterle le mani sui fianchi e a baciarla.
"Ce li hai i soldi?", gli chiese piano. Le porse le banconote e lei le ripose con calma e tutto quello che faceva, del resto, era all'insegna della placidità. Si tolse il vestito, gli mostrò i seni duri e rigidi e lui vi pose le mani mentre lei lo sbottonava e gli abbassava tutto. Gli infilò il preservativo, lo fece distendere sul letto e gli fece un lavoro di mano e di bocca che gli procurò un'erezione favolosa. Quando lavorava con la mano si chinava a baciarlo sulle labbra, quando lavorava con la bocca, una mano lo frugava tra i testicoli, li massaggiava delicatamente, li soppesava, li stringeva appena. Lui intanto le baciava le bellissime natiche, pensava di non averne mai viste di così perfette, le sfilò il succinto tanga che copriva pochissimo, almeno dietro, e le vide un piccolo pene, glielo accarezzò sotto il pube liscio, rasato.
"Sì, toccami lì, mi piace", sussurrò lei.
Quanto durarono quegli attimi di felicità? Secondi o minuti? E i minuti furono a una o a due cifre? Non avrebbe saputo dirlo, seppe solo che a un certo punto un fiume sgorgò da lui e, come commentò lei divertita, andò a riempire tutto il serbatoio del guanto.
Questi particolari non glieli raccontò, non era il caso di aumentare la derisione. E tanto meno gli disse che si era innamorato di lei, meglio lo considerassero un pervertito zozzo piuttosto che un romanticone.
"Se avessi i soldi ti porterei via di qui", le diceva quando andava a trovarla. Lei rideva, lo baciava, gli diceva che era dolcissimo e che gli voleva bene. Sorrideva raramente ma quando lo faceva e gli metteva nei suoi i propri occhi verdi lui era convinto che non si può chiedere di più al mondo. Un giorno le chiese il suo vero nome, non quello improbabile da pornostar con cui si faceva chiamare dai clienti. Lei ci pensò a lungo poi glielo disse.
Nei sei mesi che la frequentò non si fecero molte confidenze personali. Che cosa avrebbero dovuto dirsi? Confessarsi le reciproche umiliazioni, le delusioni, le difficoltà di vivere una vita che vorresti diversa ma che non hai la forza o la fortuna di cambiare...
E quelli dicevano che era stato lui! Avrebbe mai potuto perdere l'unico essere a cui voleva davvero bene e in cui, ne era sicuro, aveva suscitato anche lui un pò d'affetto?
Possibile che fossero così idioti da non capire che quando lui era entrato, meravigliato di trovare il portoncino e la porta di casa socchiusi, dopo averla inutilmente chiamata al cellulare, lei era già fredda? La cosa che l'aveva sconvolto di più era vedere anche il barboncino morto, sgozzato come un agnello, il sangue che formava una pozza disgustosa. Su di lei non c'era sangue, forse l'avevano soffocata, i grandi occhi verdi spalancati verso l'infinito. Era rimasto paralizzato a fissarli, la padrona e il cagnolino.
Li avrebbe chiamati, se fosse stato lui?
Poi, a un tratto, gli avevano detto che poteva andare.
Era la solita storia di protettori, di sgarbi, di ragazze che non pagavano il dovuto.
Non poteva essere stato un cliente, del resto, lui lo sapeva, era così dolce e buona.
Vattene in pace, gli dissero, e metti giudizio, non frequentare più certi ambienti.
Un nuovo inutile giorno nasceva quando uscì dalla caserma e si avviò verso l'infelicità.
scritto il
2018-08-01
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