Primule di Cristallo
di
Vanj B.
genere
prime esperienze
Cosa fate voi lì..!!!!.. Cosa state facendo..!!!..
La signora Mayer, quando urlava, scatenava un vero putiferio, e mia madre che correva ad aprire la finestra per guardare cosa stesse succedendo.
Culza e Caìno scappavano a gambe levate più divertiti che spaventati.
La porta del bagno si apre, mia madre entra con passo deciso e va subito controllare se la tenda della finestra fosse ben distesa.
Che succede?, le chiedo usando un tono di voce innocente, ho sentito la signora Mayer che gridava.
Niente!., niente.., mi risponde severa e seria, lo sai che la nostra vicina urla sempre, ma tu sbrigati!., è un ora che stai lì dentro.
La porta si richiude ed esco dalla vasca, prendo l’accappatoio e guardo la finestra..: si!.., lo sapevo che erano lì, vedevo le loro facce attaccate al vetro e gli occhi che sbirciavano in quel centimetro di spazio che la tenda offriva. Intendiamoci, non sono stata io ad accostarla, ne feci nulla per attirare la loro attenzione, e neanche per fargli capire che mi ero accorta della loro presenza. Lo presi più come un gioco che altro, però mi piaceva!.., mi piaceva molto sentirmi osservata.., ammirata..; mi dava una sensazione piacevole e inebriante.
Fuggirono sotto le urla della signora tedesca e subito distesi la tenda e m’infilai nella vasca intuendo cosa sarebbe successo.
Vivevamo in un quartiere di periferia; e da qui osservavamo la città che ogni giorno cresceva a vista d’occhio, non solo in dimensioni ma soprattutto in caos e frenesia. Più che un quartiere però, lo definirei un “fortino”, composto da molti cortili collegati fra loro, con le case tutte intorno strette l’una contro l’altra quasi messe così per proteggerne gli abitanti dal mondo di fuori.
Invidiavo i ragazzi, li invidiavo molto.., potevano uscire e andare dove volevano. Si radunavano tutti in quel campo dove passavano i pomeriggi a giocare al calcio. Non capivo perché si davano quegli strani soprannomi che, una volta acquisiti, gli rimanevano addosso per tutta la vita. Tra loro c’era Vimo, Castoro, Culza, Ghèlo, Caìno, Iojo, Cico, poi c’era “Il Bello” ed uno che chiamavano addirittura “l’Assurdo” e, quando lo cercavano dicevano: hei!!, avete visto l’Assurdo?. Tutti i giorni litigavano tra loro, e tutti i giorni si ritrovavano e sembravano più amici di prima, non come noi che eravamo sempre lì a guardarci addosso e a spettegolare su tutto; bene o male ci conoscevamo tutte, frequentavamo la stessa scuola, ma trovare una vera amica!, una con la quale condividere i segreti, i desideri, i sogni e gli sfoghi, era veramente difficile. Edy è l’unica con la quale riesco ad avere un legame, forse perché ha un carattere molto dolce e remissivo e accetta quasi sempre le mie decisioni su cosa fare o dove andare.
Tutti gli anni, la festa del quartiere si svolgeva su quel terreno che era anche il campo di calcio, e ci portava un piccolo Luna-park che, per una settimana, era il luogo d’incontro assoluto di tutti i ragazzi e non solo. Mi piaceva quel gruppo, mi piaceva molto.., non solo perché erano tutti carini, ma erano “svegli” e pieni d’iniziative. All’inizio sembravano non accorgersi di noi che, per due giorni, ci avvicinavamo cercando di non far capire il nostro interesse, poi, due di loro sembrano azzuffarsi. Dammi qualche gettone. No, hai già usato i tuoi. Allora facciamoci un giro insieme. Non posso, ho già un altro passeggero. Prende il polso di Edy e la trascina verso l’autoscontro; lei lo segue come un cagnolino senza dire nulla davanti ai miei occhi meravigliati. Più tardi scopro che, durante quel breve tragitto, lui gentilmente e sottovoce le dice: scusa!, verresti con me a fare un giro?, mentre Edy annuisce divertita. Possedevano un sacco di soldi. Per oltre due settimane, prima della festa, hanno passato al settaccio tutto il quartiere ripulendolo da tutta la carta e i metalli “specialmente il rame” che hanno “trovato” per poi venderli ai vari rottamai racimolando un bel gruzzolo, che hanno diviso con l’unico scopo di spenderlo su quelle giostre “probabilmente nessun altro ragazzo poteva disporre di una cifra simile in tutto il quartiere”. Trascorrevamo tutti i pomeriggi con loro, e già pensavo ai commenti delle altre ragazze che ci vedevano, così, l’ultimo giorno della festa, dopo avere sempre rifiutato, accettammo di salire su quella giostra che era da sempre considerata un luogo peccaminoso: il “trenino fantasma”. Entriamo nel primo tunnel e subito mi mette il braccio intorno al collo, non oso fare nulla e mi giro dietro per guardare Edy; con stupore vedo che si sta già baciando, poi, anche lui ci prova.., lo respingo, una.., due volte.., ma poi cedo… E’ stato bellissimo.., era la prima volta.
All’uscita già pensavo d’essermi innamorata, ma subito ho cominciato a conoscere gli uomini. Gli altri ragazzi del gruppo, che aspettavano fuori, vogliono fare un giro con noi; non capisco il motivo e proprio lui mi dice: se volete far parte del gruppo dovete dare un bacio anche a loro. Guardo Edy e il suo sorriso mi fa capire che dovrò decidere io come al solito..; mi viene una rabbia.., molta rabbia.., lo fisso negli occhi e dico: solo uno e mai più per sempre.., e questo vale anche per te.., il tuo l’hai già avuto. Rimane bloccato, penso di aver colpito nel segno ma poi accetta, così riprendiamo ad entrare ed uscire da quella giostra per diverse volte.., fino alla fine. Qualcuno però ha notato quella cosa, e qualcosa è arrivata alle orecchie di mia madre; anche se non mi chiese nulla, ci vollero più di tre settimane prima che allentasse quel controllo strettissimo su di me.
Disponevano di un locale “ma forse sarebbe meglio dire una stalla” dove si ritrovavano nei giorni di pioggia e nei mesi invernali, prima di diventare il loro covo ufficiale era una specie di officina meccanica e apparteneva ai genitori di uno di loro; lo chiamavano “l’Himalaya” e, quando si accordavano per incontrarsi lì, dicevano: ciao.. domani ci troviamo sull’Himalaya, suscitando stupore e interesse alle persone che erano intorno e li sentivano parlare. Per fortuna, nonostante non fosse molto lontano da casa, era in una posizione abbastanza nascosta del quartiere, così, anche se dovevamo stare sempre molto attente, riuscivamo a raggiungerlo e a frequentarlo.
Superato l’ingresso, si presentava un locale piuttosto grande che hanno diviso in due costruendo una parete con travi di legno provenienti sicuramente da qualche cantiere edile dei dintorni; l’hanno posizionata a circa due metri sul lato sinistro dell’ingresso, ricoperta di stoffe per creare un ambiente più “vivibile = meno stalla”, lasciando un’apertura sul fondo per accedere dall’altra parte. Sulla destra in fondo hanno costruito un palco sempre di legno e di fronte dei….??? tavolini?... con le rispettive sedie?? “da vedere”. Sopra il palco però, vi erano montati degli strumenti musicali, così scoprimmo con meraviglia che avevano formato un complessino. Mi piaceva come suonavano, mi piaceva molto; a me sembravano molto bravi, facevano tutte le canzoni in voga, quelle che si ballavano, lente e veloci; il cantante poi, aveva una voce bellissima… e… sarei rimasta lì ad ascoltarli per ore ed ore………
Eh?.. ah già!.. scusate.., mi sono persa. Dall’altra parte un vano molto più grande; tutte le pareti tappezzate di stoffe con colori e disegni diversi da sembrare un enorme patchwork, ma nell’insieme abbastanza armoniose, con attaccati sopra un sacco di poster di tutte le misure. Sette otto fra divani e poltrone posizionati tutti intono alla stanza probabilmente recuperati dalla discarica e rimessi in sesto alla bell’e meglio per poter riprendere la loro funzione. Nel fondo un grande mobile Bar con tanto di bancone, bello.., molto bello.., a parte qualche incrostazione sulla vernice era intatto e sicuramente antico e ho pensato subito fosse di gran valore: ma!.., dove lo avete preso?.., fu la mia domanda, e la risposta che mi diedero è stata: è caduto da un camion durante un trasloco; non ho osato dire più nulla ma sicuramente nessun altro sapeva dell’esistenza di quel mobile lì dentro in tutto il quartiere. Sulla soffitta diversi faretti sparsi fra cui quello che fa la famosa luce “viola”, ed una miriade di fili di lucine colorate, si.., proprio quelle che si usano per addobbare gli alberi di natale. Cos’è quello?, chiedo indicando una specie di pulpito appoggiato alla parete, il palco dei comizi?; ridono.. No, mi rispondono, è il banco di regia; insomma quella era la stanza delle feste, con l’unico problema che non ne avevano mai fatta una per la mancanza della “materia prima”, le ragazze.
Da quel giorno, iniziammo a frequentare l’Himalaya regolarmente “quando ci riuscivamo”; all’inizio capivamo che i ragazzi stavano molto attenti a quel che dicevano e a come si comportavano in nostra presenza, col passare del tempo però, si abituarono a noi e tornarono ad essere quel che era nella loro natura.., buzzurroni e “a volte” molto volgari, ma ci facevano “sentire” di essere accettate pienamente e di far parte del gruppo a tutti gli effetti.
Mi piaceva andare lì.., mi piaceva molto..; non ci s’annoiava mai. Tutte le volte c’era sempre qualcosa di nuovo e i ragazzi erano pieni di vitalità ed entusiasmo; organizzavano di tutto, dalle semplici escursioni in città per frequentare i vari mercatini “anche se i soldi erano pochini” alle gite al mare ai laghi o monti, sempre con la durata massima di un giorno e sempre viaggiando con i mezzi pubblici, e con il pranzo al “sacco”. Erano sempre molto attenti a noi, controllavano che non ci perdessimo e a volte sembravano gelosi degli altri ragazzi se per caso s’avvicinavano a parlarci, insomma..!, ci facevano sentire sicure e protette ma soprattutto ci divertivamo tantissimo.
Poi.., giunse quel giorno. Mia madre mi impone di darle un aiuto in casa, così, quando Edy suona alla porta, sono costretta a dirle che non posso andare con lei e che ci saremmo viste il giorno dopo; i lavori però finiscono prima del previsto così riesco ad uscire e raggiungere l’Himalaya. Apro la porta e subito una strana sensazione mi colpisce, sembra non ci sia nessuno.., uno strano silenzio ed un leggero ronzio.., scosto leggermente la tenda e.. rimango pietrificata. Edy è completamente nuda inginocchiata sul pavimento e circondata da quattro dei ragazzi del gruppo che, in piedi con i pantaloni abbassati, si fanno masturbare mentre la palpeggiano dappertutto. Guardo le sue mani muoversi agilmente su quei membri.., quasi da esperta penso, e ne rimango sconvolta; esco dal locale cercando di non farmi notare, m’appoggio al muro a fianco della porta d’ingresso e aspetto. Ho un “nervoso!!!” molto nervoso e mille pensieri m’assillano, di rabbia, gelosia e invidia, possibile che la mia migliore amica non m’abbia mai detto nulla di queste cose!!.., non ci posso credere. Uno dei ragazzi esce.., mi vede e dice: brava, brava, fai bene a tenere su il muro, stava proprio per crollare.., e se ne va via veloce; non posso dirvi il gesto che gli ho fatto perché perderei molti punti di “femminilità”.
Che succede?, dice con quella sua espressione innocente quando esce e mi vede lì appoggiata al muro. Dobbiamo parlare, le rispondo con voce severa prendendola sotto braccio e tirandola via dalla soglia. In un minuto le faccio mille domande alle quali tenta di rispondere divertita e tranquillamente. Così.., scopro che quella che mi lasciava decidere le cose perché pensavo timida e ingenua era più “matura” di me. Pochi minuti di conversazione mi fecero passare diverse notti insonni; aveva ragione, oramai avevamo l’età per affrontare il sesso come una cosa naturale e piacevole, bastava avere un minimo di conoscenza, cosa che sua madre fece con lei, non come la mia che, invece, faceva il possibile per nasconderlo.
Nei giorni che seguono, decido di avvicinarmi a lui; dapprima sembra meravigliato ma poi si dimostra felice, dopotutto m’ha sempre corteggiata, ed io sapevo da sempre che poteva essere solo e soltanto lui. Iniziò così la mia vita sessuale; imparai a masturbarmi e a farlo a lui e.., Edy aveva ragione: erano molto ma molto più imbranati di noi. Ricordo quel pomeriggio che, mentre i ragazzi preparavano gli strumenti per suonare, volle appartarsi nella sala delle feste; tentai invano di rifiutarmi perché mi erano appena arrivate le “mie cose”, ma alla fine fu anche piacevole e, quando ci chiamarono per iniziare..!!,; a proposito, ho dimenticato di dirvi che lui era il bassista del gruppo, salì sul palco prese il suo strumento e uno dei ragazzi disse con tono spaventato: ma che hai fatto..!!! ti sei tagliato le dita..??. Aveva le dita sporche di sangue e corse subito in bagno per lavarsi. Ci vollero diversi secondi prima che capirono e scoppiarono a ridere e non vi dico il “mazzo” che gli fecero quando ritornò.
E finalmente riuscirono ad organizzare la prima festa all’Himalaya “anche grazie a noi”, e devo dire che fu una cosa fantastica.., molto fantastica. Ancora oggi è uno dei ricordi più belli della mia vita. Ci vollero oltre due mesi per organizzare.., racimolare soldi vendendo tutto ciò che riuscivamo, chiedere contributi a parenti e conoscenti, spargere la voce, addobbare il locale, fare gli inviti, ore ed ore di discussioni ma tutto con un immenso entusiasmo. Tutto questo per la notte di carnevale con l’unica regola imposta che tutti devono essere in costume per poter entrare nel locale. Con le lucine colorate ed un telaio abbiamo costruito un pannello con la parola Himalaya e l’abbiamo attaccato fuori dell’ingresso la sera dell’evento, poi, con un po’ di timore, abbiamo atteso e sperato che qualcuno arrivasse. Verso le nove iniziarono ad arrivare i primi ragazzi, erano tutti in costume, tutti bellissimi..; anche noi lo eravamo, io ero vestita da farfalla con due ali favolose e pure le antennine sulla testa, un trucco perfetto ed un body “che avrei indossato solo con le calze ma mia madre non me lo permise” coloratissimo che trovai in una bancarella, e una gonnellina “le ali me le fece lui”. Lui invece era vestito da cacciatore di farfalle con un vestito tipo da legionario con tanto di cappello da deserto, il binocolo al collo e per l’occasione ha costruito una retina per farfalle gigantesca che aveva un diametro di un metro.
A tutti, quando entravano, veniva dato un bigliettino con un numero e alle ragazze subito un regalino: un portachiavi con un pelousce attaccato “molto apprezzato”. Dentro, oltre a ballare, c’era un ricco buffet disponibile, e i ragazzi organizzarono numerosi giochi di gruppo molto divertenti. Alle dieci il locale era strapieno, a mio parere più di cento persone e arrivava ancora qualcuno. Alle undici e trenta ci fu la vera sorpresa “e lo fu anche per me che non mi dissero nulla”, grazie al padre di uno dei ragazzi, ingaggiarono due giovani comici all’inizio di carriera che per mezz’ora ci fecero uno spettacolino di cabaret e ci sollazzarono molto con le loro battute e i loro sketch e, nessuno di noi poteva immaginare che dopo qualche anno sarebbero diventati famosissimi in Italia “e lo sono ancora oggi” sia in televisione ma anche come attori di cinema “e forse ricordano ancora l’esibizione che fecero alla nostra festa di carnevale”. Dopo lo spettacolo ci furono le premiazioni; abbiamo estratto dieci numeri e ai fortunati abbiamo regalato un cesto per ognuno“che io e Edy abbiamo confezionato” contenente dei dolci assortiti “tipo i cesti di natale” e abbiamo premiato i due costumi più belli “maschio e femmina” della serata “la giuria era composta da tutti noi del gruppo che ci siamo consultati durante la serata” regalando due buoni per una cena presso una pizzeria del quartiere “che ha sponsorizzato”.
La una passata… “in quei tempi era tardissimo” e il locale era ancora pieno..; mezz’ora dopo i ragazzi presero le chitarre acustiche e tutti “me compresa” iniziarono a cantare a squarciagola le canzoni più famose del momento “altro che il karaoke”; a concludere la festa però…!!!, ci pensarono i carabinieri che, chiamati da qualcuno che non riusciva a dormire per la troppa cagnara, devo dire con gentilezza e calma ci fecero chiudere il locale e andare a letto “che peccato.., molto peccato”.
Dopo tre giorni non avevamo ancora finito di ripulire il locale “l’unico modo per capire com’era ridotto.. è vederlo”, ma eravamo euforici, non facevamo altro che parlare della festa di quel che è successo e soprattutto del successo che ha avuto, cosa a cui noi non avremmo immaginato. Quel pomeriggio.., appoggio la scopa e mi siedo sul divano per rilassarmi un attimo, Edy viene a salutarmi e se ne va per un impegno che aveva e lui viene a sedersi al mio fianco e inizia a baciarmi.
Non so cosa mi successe, ma mi lasciai andare e mi assalì un fortissimo desiderio, così mi ritrovai il suo membro fra le mani ed iniziai a succhiarlo “non era la prima volta”, senza pensare.., senza curarmi degli altri ragazzi che erano tutti lì intorno a noi. La cosa però, durò poco “forse perché anche lui era molto eccitato” e non mi sentivo appagata, lui capì questa cosa e mi sussurrò all’orecchio se ero disposta ad accontentare anche i ragazzi che non avevano mai provato un rapporto orale; feci un gesto con la testa e subito mi ritrovai un altro membro che mi entrava nella bocca, e poi un altro.., e un altro.., e un altro.., e un altro ancora.., fino alla fine “non ho il coraggio di dirvi quanti erano”. Solo la sera, quando andai a letto, mi resi conto di quel che era successo.., di cosa avevo fatto.., l’ansia e la paura s’impadronirono della mia mente e mi misi a piangere..; se i ragazzi fossero andati a raccontare questa cosa in giro sarei diventata la puttana del quartiere.. Pensavo a mia madre e a tutti i suoi insegnamenti per far di me una brava ragazza.., e a come avrebbe reagito se fosse venuta a conoscenza di questa cosa. I ragazzi però, capirono e si dimostrarono “uomini” perché mai nessuno né allora né oggi fece o disse nulla che potesse mettermi in imbarazzo.
Pochi giorni dopo, lui mi dice che vuole portarmi a casa sua e farmi conoscere la sua famiglia, e mi chiede se voglio diventare ufficialmente la sua ragazza. Accetto con gioia.., molta gioia.., e questa cosa mi toglie di dosso tutte le paure che avevo e mi fa tornare serena e quella di sempre. Mi fa entrare nella sua casa tenendomi per mano, vedo sua madre in fondo nella cucina che, girata di spalle, sta svolgendo dei lavori domestici e mi sento un po’ emozionata; ci sente arrivare.., si gira e la prima cosa che dice è.: la ma par un caval de san sir, che tradotto dal nostro dialetto significa: mi sembra un cavallo di San Siro “sono alta un metro e settantadue, e allora ero magrissima e avevo dei capelli lunghissimi e neri”. E lui..? “che si divertì”, come uno stupido raccontò subito a tutti di questa cosa, così da quel giorno divenni in tutto il quartiere “il caval de san sir” e quando qualcuno mi menzionava o parlava di me diceva frasi tipo: hei ragazzi, ho incontrato il caval de san sir al mercato. Comunque.., tornando a noi; poco dopo usciamo dalla sua casa e c’incamminiamo verso la mia che dista circa duecento metri “tre cortili oltre”, strada facendo dice: ho un regalo per te, e tira fuori una scatolina che mi porge. Ho subito pensato ad un anello, apro la scatola e.. rimango incantata per un attimo senza dire nulla. C’è un piccolo mazzolino di fiori con un gambo in argento satinato e i fiori tutti di cristallo, bello.., molto bello anche se un po’ strano per essere un regalo di fidanzamento ho pensato.
Con il passare del tempo le cose cominciarono a cambiare, l’Himalaya cominciò ad essere frequentato da molte ragazze “anche troppe” e anche gli altri ragazzi del gruppo si accoppiarono, però, l’affiatamento che c’era andò man mano scemando; organizzarono qualche altra festa ma non fu mai come la prima, non c’era più lo “spirito” di allora anche perché le ragazze non andavano d’accordo tra di loro, e la vita cambiò. Decido di far conoscere lui ai miei genitori, e per l’occasione si presenta vestito “bene” che quasi non lo riconosco. Appena lo vede, mia madre gli dice: ahh..!! finalmente ti fai conoscere, adesso mi spiegherai perché tutti ti chiamano l’assurdo. Eh già..!!, mi ero dimenticata di dirvelo, lui è quello che tutti chiamavano l’assurdo, aveva una grande passione per la musica, fu il primo nel quartiere “e forse della città” a seguire le tendenze del punk e si vestiva sempre seguendo quella moda, così i suoi amici iniziarono a chiamarlo in quel modo “oggi è un affermato imprenditore”.
Guardo quel mazzolino di fiori appoggiato sulla mia mano e,dopo molti anni lo “vedo” ancora bellissimo.., molto bellissimo, penso che in fondo anche noi eravamo così: bellissimi e fragili, ma forse lo sono tutti i ragazzi di quell’età e di ogni tempo. Comunque ho ancora molte cose da raccontarvi, molte avventure.., Edy rimase incin…… Accidenti.., scusate ma devo lasciarvi, il mio bel nipotino s’è svegliato.
La signora Mayer, quando urlava, scatenava un vero putiferio, e mia madre che correva ad aprire la finestra per guardare cosa stesse succedendo.
Culza e Caìno scappavano a gambe levate più divertiti che spaventati.
La porta del bagno si apre, mia madre entra con passo deciso e va subito controllare se la tenda della finestra fosse ben distesa.
Che succede?, le chiedo usando un tono di voce innocente, ho sentito la signora Mayer che gridava.
Niente!., niente.., mi risponde severa e seria, lo sai che la nostra vicina urla sempre, ma tu sbrigati!., è un ora che stai lì dentro.
La porta si richiude ed esco dalla vasca, prendo l’accappatoio e guardo la finestra..: si!.., lo sapevo che erano lì, vedevo le loro facce attaccate al vetro e gli occhi che sbirciavano in quel centimetro di spazio che la tenda offriva. Intendiamoci, non sono stata io ad accostarla, ne feci nulla per attirare la loro attenzione, e neanche per fargli capire che mi ero accorta della loro presenza. Lo presi più come un gioco che altro, però mi piaceva!.., mi piaceva molto sentirmi osservata.., ammirata..; mi dava una sensazione piacevole e inebriante.
Fuggirono sotto le urla della signora tedesca e subito distesi la tenda e m’infilai nella vasca intuendo cosa sarebbe successo.
Vivevamo in un quartiere di periferia; e da qui osservavamo la città che ogni giorno cresceva a vista d’occhio, non solo in dimensioni ma soprattutto in caos e frenesia. Più che un quartiere però, lo definirei un “fortino”, composto da molti cortili collegati fra loro, con le case tutte intorno strette l’una contro l’altra quasi messe così per proteggerne gli abitanti dal mondo di fuori.
Invidiavo i ragazzi, li invidiavo molto.., potevano uscire e andare dove volevano. Si radunavano tutti in quel campo dove passavano i pomeriggi a giocare al calcio. Non capivo perché si davano quegli strani soprannomi che, una volta acquisiti, gli rimanevano addosso per tutta la vita. Tra loro c’era Vimo, Castoro, Culza, Ghèlo, Caìno, Iojo, Cico, poi c’era “Il Bello” ed uno che chiamavano addirittura “l’Assurdo” e, quando lo cercavano dicevano: hei!!, avete visto l’Assurdo?. Tutti i giorni litigavano tra loro, e tutti i giorni si ritrovavano e sembravano più amici di prima, non come noi che eravamo sempre lì a guardarci addosso e a spettegolare su tutto; bene o male ci conoscevamo tutte, frequentavamo la stessa scuola, ma trovare una vera amica!, una con la quale condividere i segreti, i desideri, i sogni e gli sfoghi, era veramente difficile. Edy è l’unica con la quale riesco ad avere un legame, forse perché ha un carattere molto dolce e remissivo e accetta quasi sempre le mie decisioni su cosa fare o dove andare.
Tutti gli anni, la festa del quartiere si svolgeva su quel terreno che era anche il campo di calcio, e ci portava un piccolo Luna-park che, per una settimana, era il luogo d’incontro assoluto di tutti i ragazzi e non solo. Mi piaceva quel gruppo, mi piaceva molto.., non solo perché erano tutti carini, ma erano “svegli” e pieni d’iniziative. All’inizio sembravano non accorgersi di noi che, per due giorni, ci avvicinavamo cercando di non far capire il nostro interesse, poi, due di loro sembrano azzuffarsi. Dammi qualche gettone. No, hai già usato i tuoi. Allora facciamoci un giro insieme. Non posso, ho già un altro passeggero. Prende il polso di Edy e la trascina verso l’autoscontro; lei lo segue come un cagnolino senza dire nulla davanti ai miei occhi meravigliati. Più tardi scopro che, durante quel breve tragitto, lui gentilmente e sottovoce le dice: scusa!, verresti con me a fare un giro?, mentre Edy annuisce divertita. Possedevano un sacco di soldi. Per oltre due settimane, prima della festa, hanno passato al settaccio tutto il quartiere ripulendolo da tutta la carta e i metalli “specialmente il rame” che hanno “trovato” per poi venderli ai vari rottamai racimolando un bel gruzzolo, che hanno diviso con l’unico scopo di spenderlo su quelle giostre “probabilmente nessun altro ragazzo poteva disporre di una cifra simile in tutto il quartiere”. Trascorrevamo tutti i pomeriggi con loro, e già pensavo ai commenti delle altre ragazze che ci vedevano, così, l’ultimo giorno della festa, dopo avere sempre rifiutato, accettammo di salire su quella giostra che era da sempre considerata un luogo peccaminoso: il “trenino fantasma”. Entriamo nel primo tunnel e subito mi mette il braccio intorno al collo, non oso fare nulla e mi giro dietro per guardare Edy; con stupore vedo che si sta già baciando, poi, anche lui ci prova.., lo respingo, una.., due volte.., ma poi cedo… E’ stato bellissimo.., era la prima volta.
All’uscita già pensavo d’essermi innamorata, ma subito ho cominciato a conoscere gli uomini. Gli altri ragazzi del gruppo, che aspettavano fuori, vogliono fare un giro con noi; non capisco il motivo e proprio lui mi dice: se volete far parte del gruppo dovete dare un bacio anche a loro. Guardo Edy e il suo sorriso mi fa capire che dovrò decidere io come al solito..; mi viene una rabbia.., molta rabbia.., lo fisso negli occhi e dico: solo uno e mai più per sempre.., e questo vale anche per te.., il tuo l’hai già avuto. Rimane bloccato, penso di aver colpito nel segno ma poi accetta, così riprendiamo ad entrare ed uscire da quella giostra per diverse volte.., fino alla fine. Qualcuno però ha notato quella cosa, e qualcosa è arrivata alle orecchie di mia madre; anche se non mi chiese nulla, ci vollero più di tre settimane prima che allentasse quel controllo strettissimo su di me.
Disponevano di un locale “ma forse sarebbe meglio dire una stalla” dove si ritrovavano nei giorni di pioggia e nei mesi invernali, prima di diventare il loro covo ufficiale era una specie di officina meccanica e apparteneva ai genitori di uno di loro; lo chiamavano “l’Himalaya” e, quando si accordavano per incontrarsi lì, dicevano: ciao.. domani ci troviamo sull’Himalaya, suscitando stupore e interesse alle persone che erano intorno e li sentivano parlare. Per fortuna, nonostante non fosse molto lontano da casa, era in una posizione abbastanza nascosta del quartiere, così, anche se dovevamo stare sempre molto attente, riuscivamo a raggiungerlo e a frequentarlo.
Superato l’ingresso, si presentava un locale piuttosto grande che hanno diviso in due costruendo una parete con travi di legno provenienti sicuramente da qualche cantiere edile dei dintorni; l’hanno posizionata a circa due metri sul lato sinistro dell’ingresso, ricoperta di stoffe per creare un ambiente più “vivibile = meno stalla”, lasciando un’apertura sul fondo per accedere dall’altra parte. Sulla destra in fondo hanno costruito un palco sempre di legno e di fronte dei….??? tavolini?... con le rispettive sedie?? “da vedere”. Sopra il palco però, vi erano montati degli strumenti musicali, così scoprimmo con meraviglia che avevano formato un complessino. Mi piaceva come suonavano, mi piaceva molto; a me sembravano molto bravi, facevano tutte le canzoni in voga, quelle che si ballavano, lente e veloci; il cantante poi, aveva una voce bellissima… e… sarei rimasta lì ad ascoltarli per ore ed ore………
Eh?.. ah già!.. scusate.., mi sono persa. Dall’altra parte un vano molto più grande; tutte le pareti tappezzate di stoffe con colori e disegni diversi da sembrare un enorme patchwork, ma nell’insieme abbastanza armoniose, con attaccati sopra un sacco di poster di tutte le misure. Sette otto fra divani e poltrone posizionati tutti intono alla stanza probabilmente recuperati dalla discarica e rimessi in sesto alla bell’e meglio per poter riprendere la loro funzione. Nel fondo un grande mobile Bar con tanto di bancone, bello.., molto bello.., a parte qualche incrostazione sulla vernice era intatto e sicuramente antico e ho pensato subito fosse di gran valore: ma!.., dove lo avete preso?.., fu la mia domanda, e la risposta che mi diedero è stata: è caduto da un camion durante un trasloco; non ho osato dire più nulla ma sicuramente nessun altro sapeva dell’esistenza di quel mobile lì dentro in tutto il quartiere. Sulla soffitta diversi faretti sparsi fra cui quello che fa la famosa luce “viola”, ed una miriade di fili di lucine colorate, si.., proprio quelle che si usano per addobbare gli alberi di natale. Cos’è quello?, chiedo indicando una specie di pulpito appoggiato alla parete, il palco dei comizi?; ridono.. No, mi rispondono, è il banco di regia; insomma quella era la stanza delle feste, con l’unico problema che non ne avevano mai fatta una per la mancanza della “materia prima”, le ragazze.
Da quel giorno, iniziammo a frequentare l’Himalaya regolarmente “quando ci riuscivamo”; all’inizio capivamo che i ragazzi stavano molto attenti a quel che dicevano e a come si comportavano in nostra presenza, col passare del tempo però, si abituarono a noi e tornarono ad essere quel che era nella loro natura.., buzzurroni e “a volte” molto volgari, ma ci facevano “sentire” di essere accettate pienamente e di far parte del gruppo a tutti gli effetti.
Mi piaceva andare lì.., mi piaceva molto..; non ci s’annoiava mai. Tutte le volte c’era sempre qualcosa di nuovo e i ragazzi erano pieni di vitalità ed entusiasmo; organizzavano di tutto, dalle semplici escursioni in città per frequentare i vari mercatini “anche se i soldi erano pochini” alle gite al mare ai laghi o monti, sempre con la durata massima di un giorno e sempre viaggiando con i mezzi pubblici, e con il pranzo al “sacco”. Erano sempre molto attenti a noi, controllavano che non ci perdessimo e a volte sembravano gelosi degli altri ragazzi se per caso s’avvicinavano a parlarci, insomma..!, ci facevano sentire sicure e protette ma soprattutto ci divertivamo tantissimo.
Poi.., giunse quel giorno. Mia madre mi impone di darle un aiuto in casa, così, quando Edy suona alla porta, sono costretta a dirle che non posso andare con lei e che ci saremmo viste il giorno dopo; i lavori però finiscono prima del previsto così riesco ad uscire e raggiungere l’Himalaya. Apro la porta e subito una strana sensazione mi colpisce, sembra non ci sia nessuno.., uno strano silenzio ed un leggero ronzio.., scosto leggermente la tenda e.. rimango pietrificata. Edy è completamente nuda inginocchiata sul pavimento e circondata da quattro dei ragazzi del gruppo che, in piedi con i pantaloni abbassati, si fanno masturbare mentre la palpeggiano dappertutto. Guardo le sue mani muoversi agilmente su quei membri.., quasi da esperta penso, e ne rimango sconvolta; esco dal locale cercando di non farmi notare, m’appoggio al muro a fianco della porta d’ingresso e aspetto. Ho un “nervoso!!!” molto nervoso e mille pensieri m’assillano, di rabbia, gelosia e invidia, possibile che la mia migliore amica non m’abbia mai detto nulla di queste cose!!.., non ci posso credere. Uno dei ragazzi esce.., mi vede e dice: brava, brava, fai bene a tenere su il muro, stava proprio per crollare.., e se ne va via veloce; non posso dirvi il gesto che gli ho fatto perché perderei molti punti di “femminilità”.
Che succede?, dice con quella sua espressione innocente quando esce e mi vede lì appoggiata al muro. Dobbiamo parlare, le rispondo con voce severa prendendola sotto braccio e tirandola via dalla soglia. In un minuto le faccio mille domande alle quali tenta di rispondere divertita e tranquillamente. Così.., scopro che quella che mi lasciava decidere le cose perché pensavo timida e ingenua era più “matura” di me. Pochi minuti di conversazione mi fecero passare diverse notti insonni; aveva ragione, oramai avevamo l’età per affrontare il sesso come una cosa naturale e piacevole, bastava avere un minimo di conoscenza, cosa che sua madre fece con lei, non come la mia che, invece, faceva il possibile per nasconderlo.
Nei giorni che seguono, decido di avvicinarmi a lui; dapprima sembra meravigliato ma poi si dimostra felice, dopotutto m’ha sempre corteggiata, ed io sapevo da sempre che poteva essere solo e soltanto lui. Iniziò così la mia vita sessuale; imparai a masturbarmi e a farlo a lui e.., Edy aveva ragione: erano molto ma molto più imbranati di noi. Ricordo quel pomeriggio che, mentre i ragazzi preparavano gli strumenti per suonare, volle appartarsi nella sala delle feste; tentai invano di rifiutarmi perché mi erano appena arrivate le “mie cose”, ma alla fine fu anche piacevole e, quando ci chiamarono per iniziare..!!,; a proposito, ho dimenticato di dirvi che lui era il bassista del gruppo, salì sul palco prese il suo strumento e uno dei ragazzi disse con tono spaventato: ma che hai fatto..!!! ti sei tagliato le dita..??. Aveva le dita sporche di sangue e corse subito in bagno per lavarsi. Ci vollero diversi secondi prima che capirono e scoppiarono a ridere e non vi dico il “mazzo” che gli fecero quando ritornò.
E finalmente riuscirono ad organizzare la prima festa all’Himalaya “anche grazie a noi”, e devo dire che fu una cosa fantastica.., molto fantastica. Ancora oggi è uno dei ricordi più belli della mia vita. Ci vollero oltre due mesi per organizzare.., racimolare soldi vendendo tutto ciò che riuscivamo, chiedere contributi a parenti e conoscenti, spargere la voce, addobbare il locale, fare gli inviti, ore ed ore di discussioni ma tutto con un immenso entusiasmo. Tutto questo per la notte di carnevale con l’unica regola imposta che tutti devono essere in costume per poter entrare nel locale. Con le lucine colorate ed un telaio abbiamo costruito un pannello con la parola Himalaya e l’abbiamo attaccato fuori dell’ingresso la sera dell’evento, poi, con un po’ di timore, abbiamo atteso e sperato che qualcuno arrivasse. Verso le nove iniziarono ad arrivare i primi ragazzi, erano tutti in costume, tutti bellissimi..; anche noi lo eravamo, io ero vestita da farfalla con due ali favolose e pure le antennine sulla testa, un trucco perfetto ed un body “che avrei indossato solo con le calze ma mia madre non me lo permise” coloratissimo che trovai in una bancarella, e una gonnellina “le ali me le fece lui”. Lui invece era vestito da cacciatore di farfalle con un vestito tipo da legionario con tanto di cappello da deserto, il binocolo al collo e per l’occasione ha costruito una retina per farfalle gigantesca che aveva un diametro di un metro.
A tutti, quando entravano, veniva dato un bigliettino con un numero e alle ragazze subito un regalino: un portachiavi con un pelousce attaccato “molto apprezzato”. Dentro, oltre a ballare, c’era un ricco buffet disponibile, e i ragazzi organizzarono numerosi giochi di gruppo molto divertenti. Alle dieci il locale era strapieno, a mio parere più di cento persone e arrivava ancora qualcuno. Alle undici e trenta ci fu la vera sorpresa “e lo fu anche per me che non mi dissero nulla”, grazie al padre di uno dei ragazzi, ingaggiarono due giovani comici all’inizio di carriera che per mezz’ora ci fecero uno spettacolino di cabaret e ci sollazzarono molto con le loro battute e i loro sketch e, nessuno di noi poteva immaginare che dopo qualche anno sarebbero diventati famosissimi in Italia “e lo sono ancora oggi” sia in televisione ma anche come attori di cinema “e forse ricordano ancora l’esibizione che fecero alla nostra festa di carnevale”. Dopo lo spettacolo ci furono le premiazioni; abbiamo estratto dieci numeri e ai fortunati abbiamo regalato un cesto per ognuno“che io e Edy abbiamo confezionato” contenente dei dolci assortiti “tipo i cesti di natale” e abbiamo premiato i due costumi più belli “maschio e femmina” della serata “la giuria era composta da tutti noi del gruppo che ci siamo consultati durante la serata” regalando due buoni per una cena presso una pizzeria del quartiere “che ha sponsorizzato”.
La una passata… “in quei tempi era tardissimo” e il locale era ancora pieno..; mezz’ora dopo i ragazzi presero le chitarre acustiche e tutti “me compresa” iniziarono a cantare a squarciagola le canzoni più famose del momento “altro che il karaoke”; a concludere la festa però…!!!, ci pensarono i carabinieri che, chiamati da qualcuno che non riusciva a dormire per la troppa cagnara, devo dire con gentilezza e calma ci fecero chiudere il locale e andare a letto “che peccato.., molto peccato”.
Dopo tre giorni non avevamo ancora finito di ripulire il locale “l’unico modo per capire com’era ridotto.. è vederlo”, ma eravamo euforici, non facevamo altro che parlare della festa di quel che è successo e soprattutto del successo che ha avuto, cosa a cui noi non avremmo immaginato. Quel pomeriggio.., appoggio la scopa e mi siedo sul divano per rilassarmi un attimo, Edy viene a salutarmi e se ne va per un impegno che aveva e lui viene a sedersi al mio fianco e inizia a baciarmi.
Non so cosa mi successe, ma mi lasciai andare e mi assalì un fortissimo desiderio, così mi ritrovai il suo membro fra le mani ed iniziai a succhiarlo “non era la prima volta”, senza pensare.., senza curarmi degli altri ragazzi che erano tutti lì intorno a noi. La cosa però, durò poco “forse perché anche lui era molto eccitato” e non mi sentivo appagata, lui capì questa cosa e mi sussurrò all’orecchio se ero disposta ad accontentare anche i ragazzi che non avevano mai provato un rapporto orale; feci un gesto con la testa e subito mi ritrovai un altro membro che mi entrava nella bocca, e poi un altro.., e un altro.., e un altro.., e un altro ancora.., fino alla fine “non ho il coraggio di dirvi quanti erano”. Solo la sera, quando andai a letto, mi resi conto di quel che era successo.., di cosa avevo fatto.., l’ansia e la paura s’impadronirono della mia mente e mi misi a piangere..; se i ragazzi fossero andati a raccontare questa cosa in giro sarei diventata la puttana del quartiere.. Pensavo a mia madre e a tutti i suoi insegnamenti per far di me una brava ragazza.., e a come avrebbe reagito se fosse venuta a conoscenza di questa cosa. I ragazzi però, capirono e si dimostrarono “uomini” perché mai nessuno né allora né oggi fece o disse nulla che potesse mettermi in imbarazzo.
Pochi giorni dopo, lui mi dice che vuole portarmi a casa sua e farmi conoscere la sua famiglia, e mi chiede se voglio diventare ufficialmente la sua ragazza. Accetto con gioia.., molta gioia.., e questa cosa mi toglie di dosso tutte le paure che avevo e mi fa tornare serena e quella di sempre. Mi fa entrare nella sua casa tenendomi per mano, vedo sua madre in fondo nella cucina che, girata di spalle, sta svolgendo dei lavori domestici e mi sento un po’ emozionata; ci sente arrivare.., si gira e la prima cosa che dice è.: la ma par un caval de san sir, che tradotto dal nostro dialetto significa: mi sembra un cavallo di San Siro “sono alta un metro e settantadue, e allora ero magrissima e avevo dei capelli lunghissimi e neri”. E lui..? “che si divertì”, come uno stupido raccontò subito a tutti di questa cosa, così da quel giorno divenni in tutto il quartiere “il caval de san sir” e quando qualcuno mi menzionava o parlava di me diceva frasi tipo: hei ragazzi, ho incontrato il caval de san sir al mercato. Comunque.., tornando a noi; poco dopo usciamo dalla sua casa e c’incamminiamo verso la mia che dista circa duecento metri “tre cortili oltre”, strada facendo dice: ho un regalo per te, e tira fuori una scatolina che mi porge. Ho subito pensato ad un anello, apro la scatola e.. rimango incantata per un attimo senza dire nulla. C’è un piccolo mazzolino di fiori con un gambo in argento satinato e i fiori tutti di cristallo, bello.., molto bello anche se un po’ strano per essere un regalo di fidanzamento ho pensato.
Con il passare del tempo le cose cominciarono a cambiare, l’Himalaya cominciò ad essere frequentato da molte ragazze “anche troppe” e anche gli altri ragazzi del gruppo si accoppiarono, però, l’affiatamento che c’era andò man mano scemando; organizzarono qualche altra festa ma non fu mai come la prima, non c’era più lo “spirito” di allora anche perché le ragazze non andavano d’accordo tra di loro, e la vita cambiò. Decido di far conoscere lui ai miei genitori, e per l’occasione si presenta vestito “bene” che quasi non lo riconosco. Appena lo vede, mia madre gli dice: ahh..!! finalmente ti fai conoscere, adesso mi spiegherai perché tutti ti chiamano l’assurdo. Eh già..!!, mi ero dimenticata di dirvelo, lui è quello che tutti chiamavano l’assurdo, aveva una grande passione per la musica, fu il primo nel quartiere “e forse della città” a seguire le tendenze del punk e si vestiva sempre seguendo quella moda, così i suoi amici iniziarono a chiamarlo in quel modo “oggi è un affermato imprenditore”.
Guardo quel mazzolino di fiori appoggiato sulla mia mano e,dopo molti anni lo “vedo” ancora bellissimo.., molto bellissimo, penso che in fondo anche noi eravamo così: bellissimi e fragili, ma forse lo sono tutti i ragazzi di quell’età e di ogni tempo. Comunque ho ancora molte cose da raccontarvi, molte avventure.., Edy rimase incin…… Accidenti.., scusate ma devo lasciarvi, il mio bel nipotino s’è svegliato.
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