Ricordi dei vent'anni
di
Franco 018
genere
etero
Avevo appunto vent'anni ed ero un disastro a scuola perchè tutto facevo fuorchè studiare: ragazze bellissime, disponibili ad ogni forma di sesso ed che avrei dovuto diplomarmi a diciott'anni, due anni dopo ero ancora al Liceo. Mio padre fu costretto a segregarmi in una Abbazia dove i frati affittavano stanze agli studenti per prepararmi agli esami di Settembre, di riparazione, e lì il paesino aveva solo settanta abitanti, vecchi in prevalenza poi ragazzini con mamme messe male, perciò lì studiai per forza, non avendo alternative. Andavo anche alla Messa alla Domenica con lo scopo di cercare tra le presenze femminili una donna giovane da trombare. Un giorno però, trovandomi a passeggiare dopo pranzo nella via unica del paesino, vidi una ragazza un pò bruttina di viso ma un corpo da rimanerci incollato con gli occhi. Vidi che entrava dritta nell'Abbazia e, dato che era estate, decisi di rifugiarmi dal caldo nella Chiesa. Vidi che al confessionale c'era un comodo sedile con cuscino e mi ci accomodai con il libro sulle ginocchia. Mi venne poi la curiosità di tirare la tendina per provare l'emozione di sentirsi impegnato a confessare. Ironia della sorte: non avevo sentito entrare nessuno ma sentii però bussare sulla grata ed intravidi il viso della ragazza vista prima sulla strada del paesino. Che fare? Rivelare subito la mia reale identità o indossare falsamente l'abito sacerdotale? Per uno come me, sempre pronto a scherzare con tutto e tutti, decisi di autonominarmi Padre ecc.. Non sapendo cosa dice il padre quando confessa, borbottai frasi incomprensibili anche a me stesso e dopo esortai la fanciulla a confessare i suoi peccati: Iniziò a parlare delle sue debolezze che la portavano alla ricerca di figure maschili nude su certe riviste ed infine concluse col suo pensiero più tormentante: aveva incontrato un giovane moro e bello che le aveva dato un profondo sguardo e che, nell'osservarla aveva lasciato cadere un libro dalle mani, facendolo piegare e mettere in mostra un membro assai voluminoso che sembrava scoppiare dentro i pantaloni. Cribbio! Quel giovane in questione ero proprio io a ripensarci sopra e così mi diedi da fare per spianarmi l'aggancio alla pollastrella. Le dissi che se il tipo le piaceva, non doveva avere incertezze, esitazioni, anzi, avrebbe dovuto fare di tutto per interessare il giovane e non fermarsi al pudore, alla timidezza, perchè l'amore bisogna viverlo interamente, sia spiritualmente che sessualmente. Insomma le feci capire che il peccato maggiore era rinunciare ai piaceri del sesso. Chiedendole poi se aveva ulteriori peccati da confessare, lei rispose di no ed allora le diedi l'assoluzione. Le chiesi poi il suo nome. Disse di chiamarsi Livia, poi andò via. Attesi di sentire chiudere il portone poi sgattaiolai fuori da lì e corsi sulla strada dove trovai lei che parlava con una signora. Mi feci ben notare e presi la strada della campagna. Mi fermai dietro ad un cespuglio e, come avevo previsto, lei sopraggiunse a passo svelto e, nel vedermi, mi chiese di dirle che ora era. Soddisfai la sua richiesta e iniziai l'avvicinamento del cacciatore alla preda. Le dissi che era molto carina e in effetti era una biondina tutte curve con un culetto da sogno e le cosce sinuose ed abbronzate dorate, occhi azzurri e bocca perfettissima:labbra carnose da pompinara, da morderle con passione. Per attirare la sua attenzione, le svelai che ero un sensitivo e già capivo quanto lei fosse interessata a me. Le dissi poi che intuivo il suo nome: Livia!. Lì lei spalancò gli occhi e mi fissò sbalordita. Le dissi poi che lei era turbata da una presenza maschile ma non potevo specificare chi la scuoteva interiormente, comunque invidiavo molto che regnava nei suoi pensieri, nei suoi sogni e, mentre parlandole mi ero avvicinato moltissimo alle sue guance ormai arrossatissime, lei iniziò a tremare ed abbassò lo sgurdo. Le presi una mano che accarezzai delicatamente e lei sospirò profondamente. Intuii che era l'attimo magico e le diedi un casto bacio sulla guancia ma lei non indietreggiò, anzi, girò la testa per fare incontrare le nostre labbra e lì ci fu un bacio storico che firmò la reciproca voglia di sentirsi ambedue una cosa sola e, lasciando il libro cadere sul prato, ci adagiammo dietro ad un cespuglio dove iniziammo a baciarci ed a far scorrere le mani l'uno sul corpo dell'altra. Le accarezzai le cosce, risalendo alla sua fighina chiusa e stretta come un'ostrica e con l'insidioso dito andavo a sentire se c'erano barriere naturali e c'erano sì, caspiterina! Decisi che non meritava di essere posseduta subito e su un prato dove mancava l'intimità, così le dissi che morivo dal desiderio di possederla ma volevo farlo in un luogo tranquillo per maggior piacere e pace. Le proposi di andare nuovamente all'Abbazia, ed io l'avrei seguita entrando per altro ingresso, poi l'avrei condotta nella mia cameretta dove un letto ci attendeva per dare sfogo ai nostri appetiti, fino allo sfinimento totale delle nostre energie di giovani innamorati. Lei seguì il mio piano ed in poco tempo ero a prenderla per mano e condurla in camera. Giunti lì, l'abbracciai con decisione e baciai infilandole la lingua in bocca, cosa che lei non conosceva affatto e la guidai a baciare, a prendere in mano il mio già rigidissimo cazzo che quasi scorticò con le unghie lunghe. La spogliai tutta e dopo la seguii io, la distesi sul letto e, carezzandole le gambe gliele feci allargare al massimo e mi fiondai a leccarle la fighetta che iniziò subito a colare umori bollenti, con i quali mi lubrificai la punta del cazzo che scalpitava per entrare dentro la bambolina eccitatissima anche lei. le baciai i seni, le leccai poi i lobi delle orecchie le accarezzai anche le sode natiche, poi, con delicatezza ma fermezza insieme, iniziai a penetrarla in figa sentendola vibrare di piacere e lì lei mi disse che stava avendo paura per il dolore che immaginava intensissimo ma la rassicurai che l'avrei posseduta con dolcezza, come meritava per quanto era bella. Le entrai ancora un poco e mi fermai per baciarla in bocca e distrarla dall'operazione dolorosa. Quando sentii di essere giunto all'imene, le strinsi un capezzolo con le dita, distraendola da quanto stava per accadere ed infatti, presa dalla stretta. non percepì dolore e la sua verginità la perse senza neanche rendersene conto. Dopo che le sussurrai all'orecchio che mi piaceva molto, le sfilai il cazzo per nuovamente infilarglielo dentro ma con più decisione, facendole capire che la sua verginità non l'avrebbe condizionata più e lei si rese conto che le avevo rotto l'imene e non aveva sentito gran dolore. Mi abbracciò appassionatamente dandomi dei baci da aspirare la mia lingua nella sua bocca, poi mi disse che aveva temuto tanto di sentire un gran dolore e che invece era stata un'esperienza dolcissima. Dopo che la vidi distesa e tranquilla, dato che non avevo potuto godere perchè non usai il preservativo, mi infilai il "guanto" al cazzo e la penetrai con più foga di prima, iniziando un su e giù che la portò rapidamente all'orgasmo e quello fu il suo primo godimento , piacere sessuale. La penetrai altre due volte, dopo, godendo sempre insieme; prima di riprendere il seguente round, lei mi chiese se era vero che nel fare all'amore si metteva il cazzo dentro il culo. Le dissi di sì ed anzi, decidemmo subito di lasciare la verginità del suo bel culo al giorno dopo e così finì il nostro primo giorno.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Trasferito per fare maggiori esperienze...e ne feci proprio tante! 5racconto sucessivo
Ricordi dei vent'anni 2
Commenti dei lettori al racconto erotico