Ricordi dei vent'anni 3

di
genere
etero

Il giorno dopo passai la mattinata intera a studiare e alternai ben due materie per portarle avanti allo stesso ritmo. Dopo pranzo passeggiai intorno alla casa di Livia e lei mi notò dalla finestra e corse ad incontrarmi al cespuglio dove ci eravamo appartati al nostro primo incontro. Un lungo bacio sigillò il nostro sentimento e, dopo che lei s'inginocchiò davanti a me e mi tirò fuori il cazzo dai calzoni, se lo mise in bocca e lo spompinò fino a farmi sborrare intensamente. Poi lei si avviò al paese ed io la seguii a distanza per evitare pettegolezzi paesani. Ci ritrovammo davanti alla mia camera. Aprii la porta ed entrammo in fretta, presi dal desiderio di amarci. Ci spogliammo subito e, abbracciandoci finimmo col cadere sul letto ed iniziai a baciarla sul collo, dietro le orecchie, poi scesi ai seni che baciai e mordicchiai, continuai a scendere giù fino all'ombelico che leccai per passare alla fighina che sembrava si stesse sciogliendo da come uscivano umori profumati e gustosi. Lei mi aveva preso il cazzo in mano e lo aveva fatto crescere da far paura e, quando sentì che era rigidissimo, se lo giudò nella sua fighina palpitante che lo ricevette facendola gemere di dolore e piacere insieme. La scopai con passione con amore ma anche tanta voglia di godere insieme e così, fortunatamente, avvenne, ce ne venimmo nello stesso attimo e ci abbracciammo baciandoci in bocca per poi gustarci i nostri umori con un sessantanove che ci ridiede ancora accendere il desiderio e ricominciammo a scopare fino allo stremo delle nostre energie. Poi decidemmo di rivestirci ed andare a fare due passi insieme, senza preoccuparci più dei commenti dei paesani. La nostra storia sembrava dovesse continuare per sempre ma il destino cambiò le carte sul tavolo ed il nostro gioco terminò tristemente: il padre di Livia morì in seguito ad un incidente automobilistico e lei e la mamma, non avendo un lavoro da poterci vivere, dovettero lasciare il paese ed andarsene a Firenze dove un loro parente le offrì lavoro. Il distacco tra me e Livia fu dolorosissimo ed io tornai a Roma dove terminai l'Università laureandomi col massimo dei voti diventando Avvocato. La storia con Livia non si era certo spenta; ci vedevamo raramente ma il sentimento era ben radicato ed avemmo la costanza entrambe di attendere la mia laurea. Quando poi, dopo neanche un anno dalla laurea io potei aprire il mio studio in una stanza che mio padre mi mise a disposizione dal suo studio di Architetto, allora Livia lasciò Firenze e, dopo esserci sposati, venne a vivere con me e mio padre in casa nostra a Roma. Lei si occupò nei primi mesi della casa e mi scriveva anche quanto avrei dovuto esprimere nelle cause che conducevo in tribunale, col computer, dopo che io le avevo dato i miei appunti scritti a mano. Come Avvocato seppi affermarmi bene ed in poco tempo potei aprire un vero e proprio studio dove Livia venne a lavorare con me. Lì, come prima cosa ci facemmo l'amore eccitatissimi per il bel locale e sopratutto per la speranza di un futuro professionale sempre più solido economicamente. Quel nostro amplesso si rivelò meravigliosamente fruttuoso: dopo poche settimane Livia fece riunire me e mio padre per dirci che saremmo divenuti lei madre, io padre e mio padre nonno. Poi, con la automobile da poco acquistata, andammo noi due a Firenze per dire alla mamma di Livia che stava per diventare nonna. Poi venne nostro figlio e, fatte le giuste considerazioni, convincemmo Alberta, la mamma di Livia, a trasferirsi da noi a Roma per farle fare la nonna a tempo pieno. Tutto andava assai bene e tutti eravamo felici. Spesso mi trovavo a pensare:"Però, guarda te come è la vita, da un fuoco di passione di giovani ventenni, destinato a spegnersi nel tempo, tutto si è tramutato in maniera concreta e così bella da sembrare solo un sogno!"
scritto il
2018-10-30
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